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Bagavadgita

Ultimo Aggiornamento: 28/05/2009 16:07
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Bhagavad Gita
Il canto del Beato


Sri Krishna




INTRODUZIONE ALLA "BHAGAVAD GITA"

di Guido Da Todi

Il "Canto del Beato" rappresenta - senza ombra di dubbio - uno dei testi più sacri e sbalorditivi dell'intera umanità storica. Intanto, perchè esso offre non già un'indicazione di Dio, ma la Sua visione completa, a chi sappia abbandonarsi completamente ai fremiti di rivelazione che vengono, ivi, esposti.

Codesta, è una distinzione che è necessario approfondire. Ogni religione, evidentemente, scaturisce dalle più alte necessità spirituali dell'uomo. Ognuna d'esse - a prescindere dalla latitudine in cui nasce - indica Dio; e lo fa, cercandoLo oltre il vasto mondo della forma, mentre Lo considera - in un certo senso - avulso da questa.
La Bhagavad Gita - capovolgendo i termini del rapporto - mostra Dio, strettamente identificato con la natura universale, e colma, così, ogni vuoto tra l'uomo e Lui.

Il Poema sacro è uno dei capitoli della Mahabharata, e ci riporta l'insegnamento, il Vangelo di Sri Krishna. È stato composto 300 anni circa avanti la nascita di Cristo; tuttavia, gli avvenimenti storici con i quali si confronta si situano in epoca più antica; la grande guerra descritta dalla Bhagavad Gita avvenne in una data che la critica moderna fissa a 1.000 anni prima di Cristo.

Tuttavia, forse, non importa molto cercare dei riferimenti realmente accaduti, in rapporto al senso che pervade il simbolismo del Testo. È comune abitudine considerare ogni sutra dell'Opera come una corrispondenza della vita di tutti gli individui.

La Bhagavad rappresenta indiscutibilmente una totale immersione nei concetti e nei principi del "karma yoga": ossia, lo yoga dell'azione. La guerra di cui tratta (il campo di Kurukshetra) s'identifica con il forte impatto che l'animo di ognuno di noi risente, quando s'immerge nel livello reincarnativo quotidiano.

Non esiste un solo versetto che non possa e debba essere applicato a ciascuna delle contingenze che incontriamo nella vita.

Nel Vangelo hindù vengono bilanciati e fusi i due poli della ricerca soggettiva umana: il monismo e il dualismo. Krishna - uno dei più amati Avatar dell'India - appare il protagonista della compiuta lezione di vita che - lungo l'intero arco dell'Opera - egli soffonde ad Arjuna, il suo discepolo.

Tuttavia, è abitudine acquisita dallo spiritualismo storico d'ogni tempo, identificare l'Incarnazione divina con il più prezioso vertice di coscienza di qualunque essere, che si avvicini allo studio e alla lettura dei Sutra di cui parliamo.

Krishna, il protagonista della Bhagavad Gita, l'Incarnazione medesima di Dio è identificabile con il nostro "Io" più profondo ed immortale, che si rivolge alla propria ombra - la personalita' - immersa nelle fumose volute dei livelli incarnativi.

Va, ancora, sostenuto che la sintesi vivente dell'intero insegnamento che Krishna propone al suo discepolo s'identifica in un totale colpo di scure che s'abbatte su qualsiasi valore superfluo, che appesantisce e anchilosa la coscienza relativa di quest'ultimo: assetato di verità e liberta'.

Sepolta nel medesimo seno di quel sovrumano edificio al Pensiero Puro ed al più astratto spiritualismo, che sono i Veda, l'Opera di cui trattiamo ne costituisce - per certi versi - una natura anomala; pur rappresentandone, forse, la sostanza più mistica e la sintesi vivente e definita. I mille e mille versi cantati dei Veda, qui, si collegano in una nota sfolgorante finale, in cui il Verbo Medesimo della Vita Universale, si fa Logos e si propone come Nucleo e Coscienza Cosmica d'ogni cosa relativa.


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28/05/2009 15:09
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Che importa - quando Vita e Forma sono totalmente trascese - privilegiare un qualsivoglia angolo della manifestazione eterna, e desiderare manifestarsi come ragion pura, oppure come amore? Che importa insistere su migliori ed ancora migliori espressioni aristocratiche dell'Essere, se - di già - "l'assoluto è manifesto, dai tempi dei tempi"?

Come il nostro organismo fisico è composto da miliardi di vite infinitesimali - le cellule - cosi' ogni individuo è onda di un Infinito Mare Universale, della cui ampia Coscienza è parte intrinseca e vitale. Questa Coscienza parla nella Bhagavad Gita, ed attrae nel suo vortice di infuocato amore il proprio minore riflesso esistenziale: Arjuna.

"Il vero yoghi vede Me in tutti gli esseri e tutti gli esseri in Me. In verità, l'anima realizzata Mi vede ovunque."

"Lo yoghi, sapendo che Io e l'Anima Suprema, situata in tutte le creature, siamo Uno, Mi adora e dimora sempre in Me."

Oltre, quindi, a rivelare il "supremo segreto", sepolto sotto la coltre degli irriducibili veli di maya, Krishna - la Vita Universale, fatta Verbo - indica ad Arjuna, nei 18 capitoli della Bhagavad Gita, le tecniche mistiche per liberarsi definitivamente dal vincolo delle reincarnazioni.

Sta di fatto che molti tra coloro che giungono sulle incantevoli sponde del sacro Testo vengono benedetti dalla rivelazione che tal episodio della loro vita fa proprio parte di quell'azione incessante che l'Anima delle cose rivolge agli infiniti aspetti del suo cosmico organismo, per riassorbirli a Sè.

Chi è predestinato riconosce, senza ombra di dubbi, la Voce del Silenzio, nel suo cuore, mentre promana dai sutra del Vangelo Hindù.

È nell'intensa speranza che tutti voi possiate ritrovarvi in Seno al Padre Originario, mentre v'inebrierete con la musica dell'insegnamento di Krishna - proprio come lo scrivente ha terminato il suo lunghissimo viaggio reincarnativo, ritrovando le radici da cui era nato, e dissolvendosi in esse - che vi si augura si' immensa gioia e beatitudine!
* * *
Significato dei Nomi usati nella Bhagavad Gita

Per designare Sri Krishna:

Achyuta: Immutabile; Immacolato. Bhagavan: Beato Signore.
Deva: Dio; Signore. Govinda: Capo Mandriano, che governa e controlla le 'mucche' dei sensi.
Hari: Colui che ruba i cuori
Hrishikesha: Signore dei sensi.
Janardana: Colui che esaudisce tutti i desideri e le preghiere dell'uomo. Datore di Salvezza.
Keshava: Uccisore del demone Keshi; Distruttore del male.
Madhava: Dio della Fortuna.
Vishnu, di cui Krishna è un'incarnazione, è lo sposo di Lakshmi, la dea della bellezza, della prosperità e della fortuna.
Madhusudana: Uccisore del demone Madhu; Uccisore dell'ignoranza.
Mahatma: Grande Anima.
Prabhu: Signore o Maestro.
Prajapati: Padre Divino degli innumerevoli esseri.
Purushottama: Spirito o Essere Supremo. La Suprema Persona
Varshneya: Discendente della dinastia dei Vrishni.
Vasudeva: Signore dell'Universo. Discendente di Vasudeva.
Vishnu: Dio Onnipotente, Colui che sostiene il mondo. La seconda Persona della Trinità Indù.
Yadava: Discendente di Yadu.
Yogeshwara: Signore dello Yoga.

Per designare Arjuna:

Bharata: Discendente di Re Bharata.
Dhananjaya: Conquistatore di ricchezza.
Gudakesha: Conquistatore del sonno.
Kaunteya: Figlio di Kunti.
Mahabaho: Eroe dal Braccio Possente.
Pandava: Figlio di Pandu.
Parantapa: Terrore dei nemici. Uccisore dei nemici.
Partha: Figlio di Pritha (altro nome di Kunti, la madre di Arjuna).




* * *
Capitolo I - Il Dolore di Arjuna

Il re cieco Dhritarashtra (la mente cieca) disse o chiese a Sanjaya (l'introspezione imparziale):

1. "Che cosa fecero i miei figli, le cattive, seducenti tendenze mentali e dei sensi, opposti alle pure tendenze mentali discriminative, radunatisi sulla sacra pianura del campo di battaglia della Vita (dharmakshetra) desiderosi di darsi battaglia psicologica e morale".

Sanjaya disse:

2. Allora Re Duryodhana, dopo aver visto le armate dei Pandava schierate in ordine di battaglia, si rifugiò dal suo precettore Drona, e così gli parlò:

3. "O Maestro, guarda il grande esercito dei figli di Pandu, schierato in ordine di battaglia dal figlio di Drupada, tuo discepolo di grande talento.

4. "In esso vi sono potenti eroi, grandi arcieri abili in battaglia come Bhima e Arjuna; i guerrieri veterani Yuyiidhana, Virata e Drupada;

5. "I potenti Dhristaketu, Cekitana e il re di Kashi; il fiore degli uomini, Purujit; e Kuntibhoja e Shaibya;

6. "Il forte Yudhamanyu e il prode Uttamauja; il figlio di Subhadra e i figli di Draupadi - tutti signori di grandi carri.

7. "Ascolta anche, o Fiore dei Brahmini due-volte-nati, chi sono i generali del nostro esercito che si distinguono tra noi; te li nominerò per tua conoscenza.

8. "Tu stesso e Bhishma, Karna e Kripa - i vittoriosi nelle battaglie. Aswatthama, Vikarna, il figlio di Somadatta, e Jayadratha sono tutti dalla nostra parte.

9. "E numerosi altri guerrieri, anche loro ben esperti nelle battaglie e muniti di diversi tipi di armi, sono qui presenti, pronti a sacrificare le loro vite per me.

10. "Le nostre forze protette da Bhishma sono difficili da contare, mentre il loro esercito, difeso da Bhima, è facile da contare".

Duryodhana (Re Desiderio Materiale) disse al suo precettore Drona (Abitudine Passata):

11. "Perciò tutti voi, rimanendo nei vostri rispettivi posti nei reparti dell'esercito, proteggete Bhishma".

12. Allora Bhishma, il Grande Avo, il più forte e il più anziano dei Kaurava, allo scopo di rincuorare Duryodhana suonò la sua conchiglia ruggendo forte come un leone.

13. Seguendo Bhishma, dal lato dei Kaurava ora suonarono conchiglie, grancasse, tamburi, corni e trombe, e il rumore fu tremendo.

14. Poi anche Madhava (Krishna) e il Pandava (Arjuna), stando sul loro grande carro tirato da cavalli bianchi, suonarono splendidamente le loro conchiglie celestiali.

15. Hrishikesha (Krishna) suonò il suo Panchajanya; Dhananjaya (Arjuna) il suo Devadatta; e Vrikodara (Bhima), dalle imprese terrificanti, suonò la sua grande conchiia Paundra.

16. Re Yudhisthira, il figlio di Kunti, suonò la sua conchiglia chiamata Anantavijaya. Nakula e Sahadeva suonarono rispettivamente le loro Sughosha e Manipushpaka.

17. Il re di Kashi, eccellente arciere; il grande guerriero Sikhandi; Dhristadyumna, Virata e l'invincibile Satyaki,

18. Drupada, i figli di Draupadi, e il potente figlio di Subhadra, tutti insieme - o Signore della Terra - fecero risuonare le loro conchiglie.

19. E quei suoni emanati dalle attività astrali dei centri di terra, acqua, fuoco, aria ed etere, uditi dal devoto in meditazione, scoraggiarono i desideri mentali e materiali legati al corpo (il clan di Dhritarashtra).

20. Vedendo il clan di Dhritarashtra pronto a dare inizio alla battaglia, il Pandava - la cui bandiera ha per emblema la scimmia - sollevò l'arco e rivolse queste parole a Hrishikesha:

Arjuna disse con reverenza:

21 - 22. "O Immutabile Krishna, ti prego di portare il mio carro fra i due eserciti, affinché possa vedere coloro che sono pronti a darsi battaglia! Alla vigilia della guerra, fammi vedere con chi devo combattere.

23. "Desidero vedere tutti quelli che si sono radunati in questo campo (di Kurukshetra) pronti a combattere, schierati dalla parte del malvagio figlio di Dhritarashtra (Durvodhana)".

Sanjaya disse:

24 - 25. O Discendente di Bharata, comandato così da Gudakesha, Hrishikesha condusse il migliore dei carri in un punto tra i due eserciti, di fronte a Bhishma, Drona e a tutti i regnanti della terra, e poi disse: "Guarda, o Partha, tutti i Kaurava radunati insieme".

26. Partha (Arjuna) vide là radunati in entrambi gli eserciti nonni, padri, suoceri, zii, fratelli e cugini, figli e nipoti, compagni, maestri e altri amici ancora.

27. Vedendo tutti quei parenti schierati in fila, il Figlio di Kunti fu preso da profonda compassione e così parlò tristemente:

Arjuna disse:

28. "Vedendo, o Krishna, questi miei parenti radunati qui desiderosi di combattere, le mie membra vengono meno e la mia bocca è secca.

29. "Tremo tutto e mi si rizzano i capelli. Il sacro arco Gandiva mi scivola dalla mano e la mia pelle brucia.

30. "Né riesco a rimanere in piedi. La mia mente erra di qua e di là, o Keshava, e vedo cattivi presagi.

31. "Né, o Krishna, percepisco alcun effetto salutare nell'uccidere i miei parenti in battaglia. Io non desidero né il trionfo né il regno, e neppure i piaceri dei sensi.

32 - 34. "A che ci serve il dominio, a che ci serve la felicità o perfino continuare a vivere, o Govinda? Gli stessi cari per amore dei quali desideriamo l'impero, la gioia e il piacere, sono qui schierati in battaglia, pronti ad abbandonare vita e ricchezze: precettori, padri, figli, nonni, zii, suoceri, nipoti, cognati e altri parenti.

35. "O Madhusudana, anche se questi guerrieri dovessero uccidermi, io non potrei mai desiderare di ucciderli, neanche se facendolo ottenessi il dominio sui tre mondi. E quanto meno potrei farlo per amore della terra!

36. "Invero quale felicità potremmo ottenere, o Janardana, uccidendo i figli di Dhritarashtra? L'uccisione di questi uomini malvagi ci getterebbe soltanto nelle grinfie del peccato.

37. "Perciò non siamo legittimati a uccidere i nostri parenti, i figli di Dhritarashtra. O Madhava, come potremmo ottenere la felicità uccidendo i nostri parenti?

38 - 39. "Sebbene costoro, con l'intelligenza offuscata dall'avidità, non vedano calamità nella rovina delle famiglie e non vedano il male nell'ostilità contro gli amici, perché - o Janardana - noi, che percepiamo distintamente il male dovuto alla distruzione delle famiglie, non dovremmo cercare di evitare questo peccato? 40. "Con la distruzione della famiglia, periscono gli antichissimi riti religiosi familiari. Quando viene distrutta la religione che ci sostiene, allora il peccato sopraffà l'intera famiglia.

41."O Krishna, per mancanza di religione (adharma) le donne della famiglia diventano cattive. E quando - o Varshneya - le donne sono corrotte, l'adulterio si diffonde tra le caste.

42. "L'adulterazione del sangue della famiglia manderà all'inferno i distruttori del clan, insieme alla famiglia stessa. E soccomberanno anche gli spiriti dei loro antenati, privati delle offerte di acqua e dolci di riso.

43. "Con le malefatte dei distruttori della famiglia, che producono la confusione delle caste, vengono distrutti gli antichissimi riti religiosi (dharma) di casta e di stirpe.

44. "E noi abbiamo appreso, o Janardana, che gli uomini privi di riti religiosi familiari vengono certamente condannati a dimorare all'inferno.

45. "Spinti dall'avidità del piacere di possedere un regno, siamo pronti ad uccidere i nostri parenti - un'azione che ci coinvolgerà in una grande iniquità.

46. "Se i figli di Dhritarashtra, con le armi in mano, mi uccidessero nella battaglia mentre io rimango disarmato e senza opporre resistenza, questo mi sarebbe più gradito e benefico".

Sanjaya disse:

47. Dopo aver così parlato sul campo di battaglia, con la mente angosciata dal dolore, gettando l'arco e le frecce, Arjuna sedette sul sedile del suo carro".

Qui finisce il primo capitolo chiamato "Arjuna vishada-Yoga" "Lo yoga del dolore di Arjuna"




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Capitolo II - Sankhya Yoga

Sanjaya disse:

1. Madhusudana rivolse queste parole a colui che aveva gli occhi offuscati dalle lacrime ed era stato sopraffatto dalla pietà e dal dolore.

Il Signore Beato disse:

2. "In un tale momento, da dove ti viene - o Arjuna questo scoramento indegno di un ariano, ignobile e contrario all'ottenimento del cielo?

3. "Figlio di Pritha, non abbandonarti a questa debolezza, che non ti s'addice. O Terrore dei Nemici, abbandona questa meschina debolezza d'animo! Sorgi!".

Arjuna disse:

4. "O Distruttore dei Nemici, o Madhusudana, come posso combattere questa guerra scagliando frecce contro Bhishma e Drona, che sono degni di adorazione!

5. "Per me sarebbe perfino meglio vivere mendicando piuttosto che uccidere i miei venerandi maestri! Uccidendoli, anche in questa stessa esistenza terrena tutte le mie gioiose esperienze di ricchezze e piaceri dei sensi sarebbero macchiate dal sangue delle cattive vibrazioni.

6. "Difficilmente posso dire che cosa sarebbe meglio, che essi ci vincessero o che noi li conquistassimo. Di fronte a noi ci sono gli stessi figli di Dhritarashtra, uccidendo i quali non dovremmo più desiderare vivere.

7. "Con la mia natura interiore offuscata dalla debolezza della simpatia e della pietà, e con la mente confusa circa il dovere, T'imploro di dirmi qual è per me la via migliore da seguire. Io sono Tuo discepolo. Istruiscimi, perché ho preso rifugio in Te.

8. "Io non vedo nulla che possa rimuovere l'angoscia interiore che colpisce i miei sensi, neppure se ricevessi un regno prosperoso e senza pari sulla terra e diventassi signore e maestro delle divinità astrali".

Sanjaya disse a Dhritarashtra:

9. Dopo avere così parlato a Hrishikesha, Gudakesha-Parantapa (Arjuna) disse a Govinda (Krishna): "Io non combatterò", e rimase in silenzio.

10. O Bharata! A colui che si lamentava tra i due eserciti, il Signore dei Sensi (Krishna) parlò, sorridendo, in questo modo:

Il Signore Beato disse:

11. "Hai pianto per coloro che non sono degni del tuo dolore! Tuttavia hai pronunciato parole d'amore. I veri saggi però non s'affliggono né per i vivi né per i morti.

12. "Non è che Io non sia mai stato incarnato prima, né tu né questi altri principi! Né mai in futuro qualcuno di noi cesserà di esistere.

13. "Come l'anima incarnata nel corpo passa attraverso l'infanzia, la gioventù e la vecchiaia, allo stesso modo passa in un altro corpo. I saggi non sono turbati da questo.

14. "Figlio di Kunti, le idee di caldo e freddo, piacere e dolore, sono prodotte dal contatto dei sensi con i loro oggetti. Queste idee sono limitate da un inizio e una fine, e sono di natura transitoria. Sopportale con pazienza, o Discendente di Bharata.

15. "Fiore tra gli Uomini, colui che non può essere turbato da queste cose, chi rimane calmo ed equanie nel dolore e nel piacere, lui solo è degno d'ottenere l'immortalità.

16. "Dell'irreale non vi è esistenza. Dei reale non vi è non esistenza. Gli uomini pieni di saggezza conoscono la verità ultima sulla realtà.

17. "L'Uno che pervade tutte le cose è imperituro. Nessuno ha il potere di distruggere lo Spirito Immutabile.

18. "Il Sé che dimora dentro, eternamente immutabile, indeperibile e illimitato, considera questi abiti corporei come aventi un termine. Perciò combatti, o Discendente di Bharata.

19. "Chi considera il Sé come l'uccisore, e chi pensa che Esso possa venire ucciso, nessuno di questi conosce la verità. Perché il Sé non uccide né può essere ucciso.

20. "Questo Sé non è mai nato né perisce. Né essendo venuto in esistenza cesserà mai di essere. Esso è senza nascita, eterno, immutabile, sempre se stesso. E non viene ucciso con l'uccisione del corpo.

21. "Come potrebbe - o Partha - colui che conosce il Se come imperituro, eternamente permanente, senza nascita e immutabile, pensare che Esso possa uccidere qualcuno o causare la distruzione di un altro?

22. "Come un individuo getta degli abiti logori per indossare nuovi vestiti, così l'anima incarnata abbandona le dimore corporee rovinate per entrare in altre nuove.

23. "L'anima non può essere ferita dalle armi; non può essere bruciata dal fuoco; non può essere bagnata dall'acqua; non può essere seccata dal vento.

24. "L'anima non può essere tagliata né bruciata, né bagnata né seccata. L'anima é immortale, onnipervadente, sempre calma e immutabile, eternamente la stessa.

25. "L'anima è inconcepibile, non manifesta e immutabile. Perciò, conoscendola come tale, non devi affliggerti.

26. "Ma anche se pensassi che l'anima nasce e muore incessantemente, anche in questo caso - o Eroe dal Braccio Possente - non dovresti affliggerti.

27. "Perché ciò che nasce deve morire e ciò che muore deve nascere di nuovo. Allora perché affliggersi per qualcosa che è inevitabile?

28. "L'inizio di tutte le creature non è manifestato, solo la parte di mezzo è manifestata, e la fine è di nuovo non percettibile. Che motivo c'è di dolersi per questo?

29. "Alcuni guardano l'anima pieni di stupore. Altri la descrivono come meravigliosa. Altri ancora ne sentono parlare come di un'entità meravigliosa. E vi sono altri che dopo avere ascoltato tutto dell'anima, non la comprendono affatto.

30. "O Bharata, l'Uno che dimora nei corpi di tutti gli esseri è sempre indistruttibile. Perciò non devi dolerti per nessuna creatura.

31. "Anche dal punto di vista del tuo dharma (il giusto dovere), non devi esitare internamente, perché per uno kshatriya non c'è nulla di più fausto che una giusta battaglia (per difendere gli interessi dei suoi compagni e gli ideali della vita).

32. "Figlio di Pritha, beati e fortunati sono gli kshatriya (guerrieri) chiamati a combattere in una giusta battaglia che viene senza averla provocata, e che apre loro la porta del cielo.

33. "Ma nel caso rifiutassi d'impegnarti in questa giusta battaglia, abbandonando il tuo dharma (dovere) e il tuo onore specifico, faresti peccato.

34. "Gli uomini parlerebbero sempre della tua disonorevole azione. E per I'uomo d'onore, il disonore è davvero peggiore della morte.

35. "I grandi guerrieri penserebbero che ti sei ritirato dalla battaglia per paura. Così coloro che ti tenevano in grande considerazione ti stimerebbero da poco.

36. "Inoltre i tuoi nemici criticherebbero la tua attitudine indolente e proferirebbero contro di te parole insolenti. Cosa potrebbe esserci di più penoso?

37. "Se morirai (combattendo i tuoi nemici), guadagnerai il cielo; se vincerai, godrai la gloria terrena. Perciò, Figlio di Kunti, alzati, deciso a combattere!

38. "Rimanendo equanime nella felicità e nel dolore, nel guadagno e nella perdita, nella vittoria e nella sconfitta, affronta la battaglia della vita. Così non commetterai peccato.

39. "Ti ho spiegato la saggezza fondamentale del Sankhya. Adesso ascolta la saggezza dello Yoga, possedendo la quale - o Partha spezzerai le catene del karma.

40. "In questo sentiero d'azione (yoga) non c'è la perdita dello sforzo incompleto per la realizzazione, né si creano effetti contrari. Anche una minuscola parte di questo dharma (religione) protegge uno dalla grande paura (di essere prigioniero della ruota di nascita e morte).

41. "O Discendente di Kuru! In questo (karma yoga) vi è solo una risoluzione interiore unica e concentrata; mentre le argomentazioni della mente indecisa sono senza fine e variamente ramificate.

42 - 44. "O Partha, coloro che sono caparbiamente attaccati al potere e alle delizie dei sensi, e la cui intelligenza discriminativa è fuorviata dalle fiorite parole delle persone spiritualmente ignoranti, non possono conseguire l'equilibrio mentale della meditazione e dunque non possono ottenere l'unione con Dio nel samadhi (estasi). Sostenendo che non vi è altro che trovare diletto negli aforismi laudatori dei Veda, con la loro natura tormentata dalle inclinazioni terrene, considerando i piaceri celesti (del mondo astrale) la loro mèta suprema, compiendo numerosi riti sacrificali specifici per ottenere il potere terreno e i piaceri dei sensi - queste persone vanno invece incontro a nuove nascite, come conseguenza delle loro azioni (istigate dai desideri).

45. "I Veda parlano delle tre qualità universali o guna. O Arjuna, liberati dalle tre qualità e dalle coppie di opposti. Sempre bilanciato e libero dal pensiero di ricevere e mantenere, stabilisciti nel Sé.

46. "Per colui che conosce Brahman (lo Spirito) tutti i Veda (le sacre scritture) non gli sono di maggiore utilità di quanto non lo sia una riserva d'acqua quando c'è un'alluvione.

47. "Tu hai diritto soltanto all'azione, e mai ai frutti che derivano dalle azioni. Non considerarti il produttore dei frutti delle tue azioni, e non permettere a te stesso d'essere attaccato all'inattività.

48. "O Dhananjaya, rimanendo immerso nello yoga (unione con lo Spirito attraverso la meditazione), compi tutte le azioni abbandonando l'attaccamento (ai loro frutti). Rimani indifferente al successo e al fallimento (mentre agisci). L'equanimità mentale (riguardo il successo e il fallimento) è chiamata yoga.

49. "Tutte le azioni (fatte con desiderio) sono di molto inferiori a quelle fatte sotto la guida della saggezza; perciò - o Dhananjaya - prendi rifugio nella saggezza che ti guida sempre. Miserabili sono coloro che compiono le azioni solo per i loro frutti.

50. "Chi è unito alla saggezza cosmica va oltre gli effetti di virtù e vizio, anche in questa stessa vita. Dedicati dunque all'arte dell'unione divina o yoga. Lo yoga è l'arte della giusta azione. 51. "Coloro che hanno controllato le loro menti vengono assorbiti nella saggezza infinita; e non hanno più interesse ai frutti delle azioni. Liberati dal ciclo delle rinascite, raggiungono lo stato al di là del male, che è la causa del dolore.

52. "Quando il tuo intelletto andrà oltre l'oscurità dell'illusione, allora realizzerai lo stato d'indifferenza riguardo le cose udite in passato e le cose da udire in futuro.

53. "Quando il tuo intelletto, agitato dalla varietà di opinioni differenti, rimarrà immoto, fermamente ancorato nell'estasi della beatitudine dell'anima, allora otterrai l'unione finale (yoga)".

Arjuna disse:

54. "Quali sono, o Keshava, le caratteristiche dell'uomo saldamente stabilito nella saggezza e immerso nel samadhi? Come si comporta l'uomo di saggezza stabile quando parla, siede o cammina?".

Il Signore Beato disse:

55. "O Partha, quando un uomo abbandona completamente tutti i desideri della mente, del tutto soddisfatto nel Sé soltanto dal Sé, allora viene considerato stabilito nella saggezza.

56. "Colui la cui mente non è turbata dall'ansietà durante il dolore né dall'attaccamento alla felicità; che è libero - da affetti mondani, paure e collera - è davvero un muni che ha una saggezza stabile.

57. "Colui che in tutte le circostanze è senza attaccamento - non felicemente eccitato quando riceve il bene né disturbato quando sperimenta il male - ha una saggezza saldamente stabilita.

58. "Quando lo yogi può ritirare completamente i sensi dai loro oggetti di percezione, come la tartaruga ritira i suoi arti, allora la sua saggezza è saldamente stabilita.

59. "L'uomo che s'astiene fisicamente dagli oggetti dei sensi vede che per un po' questi si ritraggono, lasciandosi dietro solo il desiderio. Ma colui che contempla il Supremo è liberato anche dal desiderio.

60. "O Figlio di Kunti, gli avidi ed eccitabili sensi afferrano violentemente anche la coscienza di un saggio che lotta per la liberazione.

61. "Chi unisce il suo spirito a Me, avendo soggiogato tutti i sensi, rimane concentrato su di Me come il Supremamente Desiderabile. La saggezza intuitiva diventa ferma e stabile, in colui che ha i sensi sotto controllo.

62. "Pensare agli oggetti dei sensi causa attaccamento ad essi. Dall'attaccamento nasce il desiderio, e dal desiderio scaturisce la collera.

63. "Dalla collera nasce l'illusione; l'illusione genera perdita di memoria (del Sé). Dalla distruzione della memoria deriva la rovina della facoltà discriminativa. Dalla rovina della discriminazione segue l'annientamento (della vita spirituale).

64. "L'uomo autocontrollato, muovendosi in mezzo agli oggetti materiali con i sensi soggiogati, privo d'attrazione e repulsione, perviene ad una imperturbabile calma interiore.

65. "Nella beatitudine dell'anima scompare ogni dolore. E l'intelletto di chi è calmo diventa presto saldamente stabilito nel Sé.

66. "Chi è disunito (perché non stabilito nel Sé) non ha saggezza né meditazione. Per chi non medita non vi è tranquillità. E a chi è senza pace com'è (possibile) la felicità?

67. "Come una nave sulle acque viene portata fuori rotta da una tempesta di vento, così la discriminazione umana è allontanata dalla via che intende seguire quando la mente soccombe alle tempeste dei sensi vagabondi.

68. "Mahabaho! La saggezza è saldamente stabilita in quell'uomo i cui sensi sono completamente controllati riguardo gli oggetti.

69. "Ciò che è notte (di sonno) per tutte le creature è veglia (luminosa) per l'uomo d'autocontrollo. Ciò che è veglia per tutti gli esseri è notte (un momento di sonno) per il muni che percepisce il Sé.

70. "Come l'oceano calmo e traboccante non viene cambiato dalle acque che vi affluiscono - è pieno di pace chi assorbe dentro tutti i desideri, non chi è avido di desideri.

71. "La persona che, avendo rinunciato a tutti i desideri, vive senza brame e non s'identifica con l'ego mortale, e il suo senso di 'mio' realizza la pace.

72. "Questo, o Partha, è lo stato di chi è 'stabilito in Brahman'. Chi vi entra non cade più nell'illusione. Anche se uno vi si stabilisce nel momento stesso della transizione (dal fisico all'astrale), ottiene lo stato finale di comunione con lo Spirito".

Qui finisce il secondo capitolo chiamato "Sankhya (*) Yoga" "Lo Yoga del Sankhya"



*Il Sankhya è un sistema filosofico indiano che sostiene che l'uomo cerca Dio per il bisogno di vincere e distruggere il dolore.


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CAPITOLO III - Karma Yoga

Arjuna disse:

1. "O Janardana, se Tu consideri la conoscenza superiore all'azione, allora perché - o Keshava vuoi che m'impegni in questa terribile azione?

2. "Con queste parole apparentemente contraddittorie Tu stai, per così dire, confondendo il mio intelletto. Ti prego, fammi conoscere con certezza l'unica cosa mediante la quale potrò raggiungere il bene supremo". Il Signore Cosmico disse:

3. "O Senza Peccato, all'inizio della creazione Io diedi al mondo la duplice via della salvezza. Il sentiero dell'unione divina attraverso la saggezza Jnana-yoga), per i saggi (i seguaci del Sankhya); il sentiero dell'unione divina attraverso la meditazione attiva (karma-yoga), per gli yogi.

4. "Nessuno raggiunge lo stato dell'inazione evitando di compiere azioni. Nessuno raggiunge la perfezione rinunciando semplicemente all'azione.

5. "In verità nessuno può rimanere neppure un momento senza agire; perché invero tutti sono ineluttabilmente costretti all'azione dalle qualità (guna) nate dalla Natura (Prakriti).

6. "L'individuo che controlla con la forza gli organi dell'azione, ma la cui mente ruota intorno ai pensieri degli oggetti dei sensi, viene chiamato ipocrita, uno che inganna se stesso.

7. "Mentre l'uomo che disciplina i sensi con la mente, senza attaccamento, mantenendo saldamente i suoi organi d'azione sul sentiero del karma yoga, questi - o Arjuna - ha grande successo.

8. "Compi le azioni che costituiscono il tuo sacro dovere, perché l'azione è migliore dell'inattività. Anche il semplice mantenimento del corpo sarebbe impossibile senza attività.

9. "Le persone del mondo sono legate karmicamente da attività diverse da quelle fatte come yajna (riti religiosi). O Figlio di Kunti, agisci perciò senza attaccamento, nello spirito dello yajna, offrendo le azioni come oblazioni.

10. "All'inizio Prajapati (il Creatore degli esseri umani), creando l'umanità insieme allo yajna (il fuoco della saggezza cosmica), disse: "Con questo vi propagherete; questo sarà la vacca dell'abbondanza che esaudirà i vostri desideri".

11. "Con questo yajna meditate sui deva (angeli luminosi), e possano gli angeli astrali pensare a voi. Comunicando in tal modo gli uni con gli altri, riceverete il Bene Supremo".

12. "Gli angeli astrali con cui entrerete in comunione attraverso il fuoco (della meditazione, yajna) vi concederanno i doni della vita desiderati". Chi gode dei doni gratuiti delle divinità universali senza far loro le dovute offerte (di devozione) è davvero un ladro.

13. "I santi - quelli che mangiano ciò che rimane del cibo dopo aver fatto le debite offerte al fuoco (yajna) - sono liberati dal peccato. Ma i peccatori - quelli che prendono il cibo (solo) per loro stessi - si nutrono di peccato.

14. "Dal cibo nascono le creature; dalla pioggia è generato il cibo. Dallo yajna (il fuoco cosmico sacrificale) viene fuori la pioggia; il fuoco cosmico yajna) nasce dal karma (l'azione vibratoria divina).

15. "Sappi che il karma (l'attività vibratoria divina) trae la sua esistenza da Brahma (la Coscienza Creativa di Dio); e la Coscienza Creativa (Brahma) proviene dall'Imperituro (la Coscienza Cosmica al di là della creazione). Perciò Brahma, la Coscienza Creativa onnipervadente, è presente in maniera inestricabile nello yajna (la luce o il fuoco cosmico che è l'essenza di tutti gli atomi della creazione vibratoria).

16. "Colui che non segue la ruota così messa in movimento e vive nell'iniquità, appagato nei sensi, costui -Figlio di Pritha - vive invano!

17. "Ma per colui che ama veramente l'anima, che è soddisfatto pienamente dall'anima e trova appagamento solo nell'anima, non esiste dovere.

18. "Costui non ha scopi di guadagno nel mondo facendo un azione né perde qualcosa non compiendo azioni. Egli non dipende da alcuno per nessuna cosa.

19. "Compi dunque sempre le buone azioni materiali (karyam) e le azioni spirituali (karman) senza attaccamento. Facendo tutte le azioni senza attaccamento, si ottiene il Supremo.

20. "Invero Janaka e altri (santi come lui) raggiunsero la perfezione solo seguendo il sentiero delle giuste azioni. Inoltre devi impegnarti nell'azione allo scopo di guidare i mortali.

21. "Tutto ciò che fa un individuo superiore viene imitato dalle persone di livello inferiore. Le sue azioni sono d'esempio per la gente del mondo.

22. "Io non ho alcun dovere (obbligatorio) da compiere - o Figlio di Pritha. Non v'è nulla che Io non abbia acquisito né vi è qualcosa che debba guadagnare nei tre mondi! Eppure sono coscientemente impegnato a compiere tutte le azioni.

23. "O Partha, se Io non fossi continuamente impegnato a compiere azioni, senza pausa, gli uomini seguirebbero in tutti i modi le Mie orme.

24. "Se Io non agissi, tutti gli universi perirebbero. Diventerei causa di ogni confusione (dell'impropria mescolanza delle razze). In tal modo diventerei lo strumento della rovina degli uomini.

25. "O Discendente di Bharata, come l'ignorante agisce con attaccamento e speranza di ricompensa, così il saggio deve agire senza attaccamento, e servire felice come guida della gente del mondo.

26. "In nessuna circostanza il saggio deve turbare le menti delle persone ignoranti attaccate alle azioni. Agendo invece con coscienza, l'essere illuminato deve ispirare nell'ignorante il desiderio per le giuste azioni.

27. "Gli attributi (guna) della Natura primordiale (Prakriti) compiono tutte le azioni. L'uomo il cui Sé è ingannato dall'egoismo pensa: 'Sono io l'autore delle mie azioni'.

28. "Chi conosce la verità sulle divisioni dei guna e le loro azioni (karma) - realizzando che sono i guna come attributi dei sensi che si attaccano ai guna come oggetti dei sensi - si mantiene distaccato da essi.

29. "Gli uomini di perfetta conoscenza non devono turbare le menti delle persone che hanno una conoscenza imperfetta. Ingannato dagli attributi della Natura primordiale, l'ignorante si attacca alle attività generate dai guna.

30. "(Abbandona a Me tutte le azioni! Privo di egoismo ed aspettative, con l'attenzione concentrata sull'anima e libero da questa febbrile preoccupazione, combatti la battaglia (dell'attività)!

31. "Anche gli uomini che praticano costantemente i Miei precetti, pieni di devozione e senza criticismo, sono liberati da ogni karma.

32. "Ma coloro che rifiutano il Mio insegnamento e non vivono in conformità ad esso, totalmente illusi riguardo la vera saggezza e privi di discriminazione, sappi che sono condannati alla distruzione.

33. "Anche il saggio agisce seguendo le tendenze della propria natura. Tutte le creature viventi vanno secondo Natura; a che serve la repressione (superficiale)?

34. "L'attaccamento e l'avversione dei sensi per i loro rispettivi oggetti sono stabiliti dalla Natura. Che nessuno cada sotto l'influenza della dualità. Invero queste due (qualità psicologiche) sono i propri nemici.

35. "È meglio fare il proprio dovere (dharma), anche se in maniera imperfetta, che compiere bene il dovere di un altro. È meglio morire adempiendo i propri doveri; perché i doveri altrui sono pieni di paura e pericolo".

Arjuna disse:

36. "O Varshneya, da che cosa è spinto un uomo, anche contro la sua volontà, a fare il male - costretto, sembrerebbe, con la forza?".

Il Signore Beato disse:

37. "È il desiderio (kama), è la collera, (la forza costrittiva) che nasce dalla qualità attivante della Natura (rajo-guna) - piena di desideri inappagabili e di grande male. Sappi che questa è la peggiore nemica sulla terra.

38. "Come il fuoco è coperto dal fumo, come uno specchio dalla polvere, come un embrione è avvolto dall'utero, così (la saggezza) è ricoperta dal desiderio (kama).

39. "O Figliò di Kunti, il nemico costante dei saggi è il fuoco inestinguibile del desiderio, che nasconde la saggezza.

40. "I sensi, la mente e l'intelletto sono considerati la roccaforte del desiderio. Tramite questi tre esso illude l'anima incarnata, oscurando la sua saggezza.

41. "Perciò, o Migliore dei Bharata, disciplina per prima i sensi e poi uccidi il desiderio - il peccaminoso distruttore della saggezza e della realizzazione.

42. "I sensi, dicono, sono superiori (al corpo fisico); la mente è superiore alle facoltà dei sensi; l'intelligenza è superiore alla mente; ma il Sé (Atman) è superiore all'intelligenza.

43. "O Eroe dal Braccio Possente, conoscendo che il Sé è superiore all'intelligenza e disciplinando il sé (l'ego) con il Sé (l'anima), uccidi questo nemico, difficile da vincere, che ha la forma del desiderio".

Qui finisce il terzo capitolo chiamato "Karma Yoga" "Lo Yoga dell'Azione"



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CAPITOLO IV - Jnana Yoga

Il Signore Supremo disse ad Arjuna:

1 - 2. "Io esposi questo yoga imperituro a Vivasvat (il dio sole); Vivasvat passò la conoscenza a Manu (il legislatore indù); Manu lo insegnò a Ikshvaku (il fondatore della dinastia solare). In questo modo è stato trasmesso in regolare successione, finché lo conobbero i rajarishi (saggi reali). Ma durante il lungo scorrere del tempo, o Arjuna, la conoscenza dello yoga è andata perduta nel mondo.

3. "Quest'oggi ti ho parlato di quello stesso antico yoga, perché tu sei Mio devoto e amico. Invero il sacro mistero (dello yoga) dà il sommo bene (all'umanità)". Arjuna disse:

4. "Vivasvat è nato prima, e la Tua nascita è avvenuta dopo. Come posso dunque comprendere che Tu abbia insegnato questo yoga all'inizio (prima della Tua nascita)?".

Il Signore Beato disse:

5. "Molte nascite sono state sperimentate da Me e da te, Arjuna. Io le conosco tutte, mentre tu non le ricordi.

6. "Malgrado Io sia senza nascita e d'essenza immutabile, tuttavia diventando il Signore della creazione, entrando nella Mia Natura Cosmica (Prakriti), Mi rivesto degli abiti cosmici della Mia maya (potere illusorio).

7. "o Bharata, ogni volta che la virtù (dharma) declina e il vizio (adharma) predomina, Io M'incarno come un Avatar.

8. "Di era in era Io appaio in forma visibile per proteggere i virtuosi, distruggere chi fa il male e ristabilire la giustizia.

9. "Colui che intuisce nella loro vera luce le Mie manifestazioni divine e azioni vibratorie, dopo aver lasciato il corpo non rinasce; egli viene a Me, o Arjuna:

10. "Santificati dall'ascetismo della saggezza, liberati da attaccamento, paura e collera - con le menti assorte e ancorate in Me - molti hanno realizzato il Mio Essere.

11. "O Figlio di Pritha, nello stesso modo in cui gli uomini Mi sono devoti, così Mi manifesto loro. Perciò in tutti i modi (di cercarMi) gli uomini seguono il sentiero che porta a Me.

12. "Desiderando il successo delle loro azioni sulla terra, gli uomini adorano gli dèi (diversi ideali) perché i frutti derivati dalle azioni si ottengono rapidamente nel mondo umano.

13. "Io ho creato le quattro caste, secondo le diversità di attributi (guna) e azioni (karma). Sebbene ne sia l'Autore, sappi però che Io non agisco e sono al di là di ogni mutamento.

14. "Le azioni non causano attaccamento in Me, né Io ho desiderio per i loro frutti. Chi s'identifica con Me, chi conosce la Mia natura, è anche libero dalle catene karmiche delle azioni.

15. "Sapendo questo, i saggi che hanno cercato la liberazione sin dai tempi antichi hanno compiuto le azioni dovute. Perciò agisci anche tu responsabilmente, come fecero gli antichi dei tempi passati.

16. "Anche i saggi sono confusi riguardo l'azione e l'inazione. Perciò ti spiegherò che cosa costituisce la vera azione, conoscendo la quale sarai liberato dal male.

17. "La natura del karma (azione) è molto difficile da comprendere. Per capire davvero la natura della giusta azione, bisogna comprendere anche la natura dell'azione proibita (sbagliata) e quella dell'inazione.

18. "Chi vede l'inazione nell'azione e l'azione nell'inazione è dotato di discriminazione ed è uno yogi. Egli ha realizzato lo scopo di tutte le azioni (ed è libero).

19. "I sapienti chiamano saggio l'uomo che agisce senza piani egoistici e senza desideri per i risultati, e le cui azioni sono purificate (bruciate) dal fuoco della saggezza.

20. "Abbandonando l'attaccamento ai frutti dell'azione, sempre contento, non dipendendo da nulla, pur impegnandosi nelle azioni il saggio non compie alcuna azione (che lo lega).

21. "Facendo semplici azioni fisiche, non ne subisce le cattive conseguenze il saggio che ha rinunciato a ogni senso di possesso, che è libero dalle speranze (umane illusorie) e la cui mente (e cuore, citta) è controllata dall'anima.

22. "Contento di ricevere quel che gli viene senza sforzo, stabilito al di sopra delle coppie di opposti, privo di gelosia, invidia e inimicizia, considerando in ugual misura il guadagno e la perdita, pur agendo egli non è legato dal karma.

23. "Tutto il karma (il risultato delle azioni) si dissolve completamente per l'essere liberato che, privo d'attaccamento, con la mente centrata nella saggezza, agisce solo per compiere la vera cerimonia spirituale del fuoco (yajna).

24. "Il processo di offrire e la stessa oblazione (ghi) sono Brahman (Spirito). Il fuoco e colui che fa l'oblazione in esso sono altre forme dello Spirito. Chi realizza questo, rimanendo assorto in Brahman durante tutte le attività, raggiunge soltanto Brahman.

25. "Invero alcuni yogi offrono sacrifici ai deva (divinità); mentre altri offrono il sé, come un sacrificio fatto dal Sé, nel fuoco dello Spirito soltanto.

26. "Alcuni devoti offrono, come oblazioni nel fuoco del controllo interiore, i poteri dell'udito e degli altri sensi. Altri ancora offrono come sacrificio, nel fuoco dei sensi, il suono e gli altri oggetti dei sensi.

27. "Alcuni (seguaci del sentiero del jnana-yoga) offrono tutte le attività dei sensi e le funzioni della loro forza vitale come oblazioni nel fuoco yoga del controllo interiore nel Sé, acceso dalla conoscenza.

28. "Altri devoti offrono come oblazioni ricchezza, autodisciplina e i metodi dello yoga; mentre altri, pieni d'autocontrollo e prendendo rigidi voti, offrono in sacrificio lo studio di sé e l'acquisizione della conoscenza delle sacre scritture.

29. "Altri devoti offrono il respiro inalante del prana nel respiro esalante dell'apana, e il respiro esalante dell'apana nel respiro inalante del prana, arrestando così la causa di inalazione ed esalazione (rendendo non necessario il respiro) attraverso la pratica costante del pranayama (la tecnica di controllo vitale del Kriya Yoga).

30. "Altri devoti, seguendo una dieta appropriata, offrono tutti i diversi tipi di prana - e le loro funzioni - come oblazioni nel fuoco dell'unico prana. Tutti questi devoti conoscono la vera cerimonia del fuoco (della saggezza) che estingue i loro peccati karmici.

31. "Mangiando il nettare che rimane da una qualunque di queste cerimonie del fuoco spirituale, essi (gli yogi) raggiungono lo Spirito Infinito (Brahman). Ma la realizzazione dello Spirito non è per gli uomini che non compiono i veri riti spirituali. Senza vero sacrificio, o Fiore dei Kuru, da dove può venire un mondo migliore (un'esistenza migliore o un più elevato stato di coscienza)?

32. "Diverse cerimonie spirituali (yajna fatti con la saggezza o con oggetti materiali) si trovano nel tempio dei Veda (lett. 'bocca di Brahman'). Sapendo che nascono tutte dall'azione, e realizzandolo (e praticando queste azioni), troverai la salvezza.

33. "O Parantapa! La cerimonia del fuoco spirituale della saggezza è superiore a qualunque rituale fatto con oggetti materiali. O Partha, ogni azione nella sua globalità (l'atto, la causa, l'effetto karmico) raggiunge la sua consumazione nella saggezza.

34. "Comprendi questo! Abbandonandoti (al guru), ponendo domande (al guru e alla tua percezione interiore) e servendo (il guru), i saggi che hanno realizzato la Verità ti impartiranno la saggezza.

35. "Ricevendo questa conoscenza da un guru, o Pandava, non cadrai più nell'illusione come ora! Con quella saggezza vedrai l'intera creazione nel tuo Sé e poi in Me (Spirito).

36. "Anche se fossi il più grande dei peccatori, tuttavia con la sola zattera della saggezza attraverserai senza pericolo il mare del peccato.

37. "Come il fuoco ardente riduce la legna in cenere, allo stesso modo - o Arjuna - il fuoco della saggezza riduce tutto il karma in cenere.

38. "Invero non c'è nulla in questo mondo più santificante della saggezza. A suo tempo il devoto che avrà successo nello yoga realizzerà spontaneamente questa verità dentro il suo Sé.

39. "L'uomo di devozione che è assorto nell'Infinito, che ha controllato i sensi, ottiene la saggezza. La realizzazione della saggezza dona immediatamente la pace suprema.

40. "L'ignorante, l'uomo senza devozione e quello pieno di dubbi, alla fine periscono. L'individuo instabile non ha né questo mondo (la felicità terrena), né il prossimo (la felicità astrale), né la felicità suprema (Dio).

41. "O Dhananjaya, chi ha rinunciato all'azione mediante lo yoga ed ha dissipato i suoi dubbi con la saggezza, si stabilisce nel Sé; le azioni non lo legano.

42. "Perciò sorgi, o Bharata! Prendi rifugio nello yoga, recidendo con la spada della saggezza il dubbio - nato dall'ignoranza - che esiste nel tuo cuore circa il Sé".

Qui finisce il quarto capitolo chiamato "Jnana Yoga" "Lo Yoga della Saggezza Divina"




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CAPITOLO V - Lo Yoga della Rinuncia

Arjuna disse:

1. "O Krishna, Tu parli di rinuncia alle azioni e nello stesso tempo ne raccomandi la pratica. Delle due, qual è la via migliore? Ti prego di dirmelo con chiarezza".

Il Signore Beato rispose:

2. "La libertà si ottiene sia con la rinuncia che con l'adempimento delle azioni. Delle due, la via dello yoga dell'azione è migliore della via della rinuncia all'azione.

3. "O Eroe dal Braccio Possente, si deve considerare un costante sannyasi (rinunciante), facilmente liberato da ogni schiavitù, chi non ha simpatie né antipatie perché libero dalle coppie di opposti.

4. "I bambini, non i saggi, parlano di differenze tra la via della saggezza (Sankhya) e la via dell'azione spirituale (Yoga). Chi è veramente stabilito in una delle due, riceve i frutti di entrambe.

5. "Lo stato ottenuto dai saggi (jnana-yogi) viene ottenuto anche dai karma-yogi. Percepisce la verità chi vede la conoscenza (Sankhya) e la pratica delle azioni (Yoga) come una cosa sola.

6. "O Eroe dal Braccio Possente, è difficile conseguire la rinuncia all'azione senza compiere le azioni che uniscono a Dio. Con la pratica dello yoga, il devoto che ha la mente assorta in Dio giunge rapidamente all'Infinito.

7. "Nessuna macchia (coinvolgimento karmico) tocca l'uomo d'azione santificato che è impegnato nella comunione divina (yoga), che ha conquistato la sua coscienza egoistica (realizzando la percezione dell'anima), che è vittorioso sui sensi e percepisce il suo sé come il Sé esistente in tutti gli esseri.

8 - 9. "Chi conosce la verità, unito a Dio, pensa automaticamente: "Io non faccio assolutamente nulla" - anche quando vede, ascolta, tocca, odora, mangia, cammina, dorme, respira, parla, prende, lascia, apre e chiude gli occhi - realizzando che sono i sensi che operano tra gli oggetti dei sensi.

10. "Come la foglia del loto non viene contaminata dall'acqua (fangosa), così lo yogi che rinunciando all'attaccamento compie tutte le azioni offrendole all'Infinito, rimane libero, non intrappolato nei sensi.

11. "Gli yogi compiono tutte le azioni soltanto con il corpo, la mente, l'intelletto o semplicemente con gli organi dei sensi, rinunciando all'attaccamento, per la purificazione dell'ego.

12. "Abbandonando l'attaccamento ai frutti delle azioni, lo yogi unito a Dio ottiene la pace incrollabile (perché radicata nell'autodisciplina). L'uomo non unito a Dio è governato dai desideri; e per questo attaccamento rimane in schiavitù.

13. "Avendo rinunciato mentalmente a tutte le azioni, l'anima incarnata che ha controllato i sensi dimora felicemente nella città corporea dalle nove porte - senza agire lei stessa né causare l'agire di altri (i sensi).

14. "Il Signore Dio non crea negli uomini la coscienza di essere gli autori delle azioni, non impone le azioni su di loro né li irretisce con i frutti delle azioni. La Natura Cosmica Illusoria è all'origine di tutti questi (mali).

15. "L'Onnipresente non prende in considerazione le virtù o i peccati di alcuno. La saggezza è eclissata dall'illusione cosmica: per questo l'umanità è smarrita.

16. "Ma in quelli che hanno bandito l'ignoranza per mezzo della conoscenza, la loro saggezza, come il sole splendente, rende manifesto il Supremo (Brahman).

17. "Coi pensieri immersi in Quello (lo Spirito), con le anime unite a Quello, con la loro fedeltà e devozione consacrata a Quello, coi loro esseri purificati dalla velenosa illusione mediante l'antidoto della saggezza - questi uomini raggiungono lo. stato dal quale non vi è ritorno.

18. "I saggi autorealizzati guardano con occhio equanime un colto e umile brahmino, una mucca, un elefante, un cane e un fuoricasta.

19. "Le relatività dell'esistenza (nascita e morte, piacere e dolore) sono vinte, anche in questo mondo, da coloro che hanno la mente stabilita nell'equanimità. Perché invero essi dimorano in Brahman, lo Spirito immacolato e perfettamente equilibrato.

20. "Dimorando in Brahman, con ferma discriminazione, libero dall'illusione, chi conosce lo Spirito non gioisce nelle esperienze piacevoli né si fa abbattere dalle esperienze spiacevoli.

21. "Non attirato dal mondo dei sensi, lo yogi realizza la gioia sempre nuova che vi è nel Sé. Impegnato nell'unione divina dell'anima con lo Spirito, egli ottiene l'eterna beatitudine.

22. "O Figlio di Kunti, poiché i piaceri dei sensi nascono dai contatti esteriori e hanno un inizio e una fine (sono effimeri), generano soltanto dolore. Nessun saggio cerca la felicità in essi.

23. "È veramente uno yogi chi, su questa terra e fino al momento della morte, è in grado di dominare ogni impulso di desiderio e collera. Egli è un uomo felice!

24. "Soltanto lo yogi che possiede la Beatitudine interiore, che dimora sul Fondamento interiore, che è, uno con la Luce interiore, diventa una sola cosa con lo Spirito (dopo essersi affrancato dal karma relativo ai corpi fisico, astrale e causale). Egli ottiene la liberazione assoluta nello Spirito (anche mentre vive nel corpo).

25. "Con i peccati cancellati, i dubbi rimossi e i sensi soggiogati, contribuendo al benessere dell'umanità, i rishi (saggi) ottengono la libertà assoluta nello Spirito.

26. "I rinuncianti che si sono liberati dal desiderio e dalla collera, che hanno controllato la loro mente e hanno realizzato il Sé, sono completamente liberi sia in questo mondo che nell'aldilà.

27 - 28. "Un muni - chi pone la liberazione come mèta suprema della vita e dunque si libera da desideri, paure e collera - controlla i suoi sensi, la mente e l'intelletto, e rimuove i loro contatti esterni equilibrando (o 'neutralizzando' con una tecnica) le correnti di prana e apana (manifeste come inalazione ed esalazione) nelle narici. Egli fissa il suo sguardo nel mezzo delle due sopracciglia (convertendo la corrente duale della vista fisica nella corrente singola dell'onnisciente occhio spirituale). Tale muni ottiene la libertà assoluta.

29.. "Trova pace chi Mi conosce come Colui che gode dei sacri riti (yajna) e delle austerità (offerte dai devoti), come il Signore Infinito della creazione e l'Amico di tutte le creature".

Qui finisce il quinto capitolo chiamato "Karma-sannyasa-yoga"
"Lo Yoga della Rinuncia ai Frutti delle Azioni"



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CAPITOLO VI - Lo Yoga della Meditazione

Il Signore Beato disse:

1. "Vero rinunciante e vero yogi è chi compie le azioni spirituali (karma) e quelle che costituiscono il suo sacro dovere (karyam) senza desiderarne i frutti - non colui che non compie la cerimonia del fuoco (il sacrificio) né chi abbandona l'azione.

2. "Comprendi, o Pandava, che ciò che (nelle sacre scritture) viene chiamata rinuncia non è altro che lo yoga; perché chi non ha rinunciato alla motivazione egoistica (sankalpa) non può essere uno yogi.

3. "Per il muni che desidera ascendere, l'azione meditativa (karma) che porta all'unione divina (yoga) è detta la 'sua via'. Quando ha raggiunto la perfezione nello yoga, l'inazione è detta la 'sua via'.

4. "Chi ha vinto l'attaccamento agli oggetti dei sensi e alle azioni, chi è libero dalle fantasticherie istigate dall'ego - di costui si dice che ha realizzato la salda unione dell'anima con lo Spirito.

5. "Un uomo deve innalzare il sé (ego) con il sé; e non degradare il sé. Invero il sé è suo amico, e il sé è su nemico.

6. "Per colui il cui sé (ego) è stato conquistato dal Sé (l'anima), il Sé è l'amico del sé. Ma verso il sé che non è sotto controllo, il Sé si comporta in maniera ostile, come un nemico.

7. "Il saggio tranquillo e vittorioso sul sé (ego) è sempre pienamente stabilito nel Supremo Sé, sia che incontri caldo o freddo, piacere o dolore, lode o biasimo.

8. "Lo yogi beatamente assorto nella verità e nella realizzazione del Sé è indissolubilmente unito (allo Spirito). Imperturbabile, conquistatore dei suoi sensi, egli guarda con occhio equanime una zolla di terra, una pietra e l'oro.

9. "È uno yogi eccelso chi guarda con mente equanime tutti gli uomini: benefattori, amici, nemici, stranieri, mediatori, esseri odiosi, parenti, peccatori e santi.

10. "Libero dalle speranze dei desideri e dalle brame possesso, con il cuore e la mente controllati dall'anima (per mezzo della concentrazione yoga), ritirandosi da solo in un posto tranquillo, lo yogi deve cercare costantemente di unirsi all'anima.

11. "Il seggio dello yogi dev'essere fermo (non vacillante), posto in un luogo pulito, né troppo alto né troppo basso, e ricoperto prima d'erba kusha, poi da una pelle (di tigre o di daino) e infine da una stoffa.

12. "Seduto su questo seggio, concentrando la mente su un punto, e controllando le attività della facoltà immaginativa (citta, il potere di creare immagini mentali) e i sensi, che egli pratichi lo yoga per la purificazione del sé.

13. "Tenendo la schiena, il collo e la testa fermamente dritti e immobili, lo yogi concentri i suoi occhi sul punto d'origine del naso (tra le due sopracciglia); che egli non guardi intorno in varie direzioni.

14. "Sereno e impavido, fermo nel voto di brahmacharya (castità e autodisciplina), con la mente controllata e i pensieri rivolti a Me, lo yogi deve sedere meditando su di Me come Mèta Suprema.

15. "Lo yogi padrone di sé, la cui mente è totalmente sotto controllo, dedicandosi alla continua unione meditativa con lo Spirito, ottiene la pace del Mio essere: la liberazione (nirvana) finale.

16. "O Arjuna, la persona golosa e quella che mangia troppo poco, la persona che abitualmente dorme troppo e quella che dorme troppo poco nessuna di queste ottiene successo nello yoga.

17. "Colui che mangia, riposa, lavora, dorme e rimane sveglio con la giusta moderazione, scoprirà che lo yoga è il distruttore della sofferenza.

18. "Quando il citta (sentimento) è completamente sotto controllo e dimora serenamente nel Sé, si dice che lo yogi - libero dall'attaccamento ai desideri - è unito a Dio.

19. "Nel caso dello yogi che ha conquistato il suo citta (simpatie e antipatie emozionali) con la pratica della meditazione sul Sé, si può usare la similitudine di una fiammella di luce non tremolante posta in un luogo senza vento.

20. "Lo stato di completa tranquillità del citta (la mente emotiva), ottenuto con la meditazione yoga, in cui il sé (ego) si percepisce come Sé (anima) ed è appagato (stabilito) nel Sé;

21. "Lo stato in cui l'incommensurabile beatitudine che trascende i sensi viene percepita dall'intelligenza intuitiva risvegliata, e in cui lo yogi si stabilisce per non esserne più rimosso;

22. "Quello stato che, una volta realizzato, lo yogi considera come il tesoro più prezioso di tutti; e stabilito nel quale, egli è immune anche al più forte dolore;

23. "Quello stato libero da dolore è chiamato yoga. Perciò la pratica dello yoga dev'essere intrapresa con determinazione e con cuore impavido.

24. "Abbandonando senza riserva tutti i desideri nati dai sankalpa (pensieri+immaginazione) e controllando totalmente - solo con la mente - gli organi e i poteri dei sensi, e il loro contatto con gli oggetti materiali onnipresenti;

25. "Con la discriminazione intuitiva piena di pazienza, con la mente assorta nell'anima, liberando la mente da tutti i pensieri, lo yogi otterrà gradualmente la tranquillità.

26. "Ogni volta che per qualsiasi ragione la mente instabile e agitata esce fuori strada, che lo yogi la ritiri dalle distrazioni e la riporti sotto l'esclusivo controllo del Sé.

27. "Lo yogi che ha calmato del tutto la mente - che ha controllato le passioni liberandole da ogni impurità ed è diventato uno con lo Spirito - invero ha realizzato la beatitudine suprema.

28. "Liberato da tutte le impurità, impegnando senza tregua la mente nella pratica dello yoga, lo yogi ottiene facilmente la beatitudine dell'essere assorbito nello Spirito.

29. "Con l'anima unita allo Spirito dallo yoga, con visione equanime verso tutti gli esseri, lo yogi vede il suo Sé (unito allo Spirito) in tutte le creature e tutte le creature nello Spirito.

30. "Chi Mi percepisce ovunque e vede tutte le cose in Me non Mi perde mai di vista, né Io perdo mai di vista lui.

31. "Rimane per sempre in Me lo yogi che, ancorato nell'unità divina qualunque sia il suo modo di vita, Mi realizza presente in tutti gli esseri.

32. "O Arjuna, lo yogi migliore è colui che, sia nel dolore che nel piacere, sente per gli altri esattamente ciò che sente per se stesso".

Arjuna disse:

33. "O Madhusudana, a causa della mia agitazione non vedo l'effetto permanente e durevole dello yoga dell'equanimità che mi hai insegnato.

34. "Invero la mente è agitata, turbolenta, possente e ostinata! O Krishna, io considero la mente difficile da controllare come il vento!".

Il signore Beato disse:

35. "Eroe dal Braccio Possente! Senza dubbio la mente è agitata e difficile da controllare; ma con la pratica (dello yoga) e il non-attaccamento può essere controllata.

36. "Questo è il Mio credo: lo yoga è difficile da realizzare per l'uomo che non sa controllarsi; ma chi è controllato e fa lo sforzo con i metodi giusti, riuscirà a realizzarlo".

Arjunà disse:

37. "Che cosa accade, o Krishna, a chi non riesce nello yoga - a chi ha cercato devotamente di meditare, ma non è riuscito a controllarsi perché la sua mente s'è smarrita durante la pratica yoga?

38. "Forse lo yogi perisce come una nuvola lacerata se non trova la via a Brahman - non trovando rifugio in Lui e rimanendo immerso nell'illusione, uscito fuori strada da entrambe le vie (quella dell'unione Divina e delle giuste attività)?

39. "Rimuovi per sempre tutti i miei dubbi, Krishna, perché nessuno tranne Te può dissipare le mie incertezze".

Il Signore Beato disse:

40. "Arjuna, figlio Mio, per chi fa buone azioni non vi e mai distruzione. Sia in questo mondo che nell'aldilà, egli non cade in una brutta condizione!

41. "Avendo guadagnato l'ingresso al mondo dei giusti, uno yogi decaduto vi rimane per innumerevoli anni; quindi rinasce (sulla terra) in una casa pura e prospera.

42. "Oppure può reincarnarsi in una famiglia di yogi illuminati; ma una tale nascita è veramente difficile da ottenere in questo mondo!

43. "Là riacquista la discriminazione yoga ottenuta nell'esistenza precedente e si sforza ancora più strenuamente per il successo spirituale.

44. "Il potere della precedente pratica yoga è sufficiente a spingere lo yogi avanti sul sentiero. Un sincero studente della stessa teoria yoga è più avanzato di chi segue i riti esterni delle sacre scritture.

45. "Seguendo con diligenza la sua via, guadagnando la perfezione con gli sforzi di molte nascite, lo yogi viene purificato dal peccato e infine entra nella Beatitudine Suprema.

46. "Lo yogi è considerato più grande degli asceti che disciplinano il corpo; più grande anche di coloro che seguono il sentiero della saggezza (jnana yoga) e il sentiero dell'azione (karma yoga). Perciò sii uno yogi, o Arjuna!

47. "E di tutti gli yogi, colui che con devozione è assorto in Me, con l'anima immersa in Me, questi considero il più equilibrato".

Qui finisce il sesto capitolo chiamato "Dhyana Yoga" "Lo Yoga della Meditazione"



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CAPITOLO VI - Lo Yoga della Meditazione

Il Signore Beato disse:

1. "Vero rinunciante e vero yogi è chi compie le azioni spirituali (karma) e quelle che costituiscono il suo sacro dovere (karyam) senza desiderarne i frutti - non colui che non compie la cerimonia del fuoco (il sacrificio) né chi abbandona l'azione.

2. "Comprendi, o Pandava, che ciò che (nelle sacre scritture) viene chiamata rinuncia non è altro che lo yoga; perché chi non ha rinunciato alla motivazione egoistica (sankalpa) non può essere uno yogi.

3. "Per il muni che desidera ascendere, l'azione meditativa (karma) che porta all'unione divina (yoga) è detta la 'sua via'. Quando ha raggiunto la perfezione nello yoga, l'inazione è detta la 'sua via'.

4. "Chi ha vinto l'attaccamento agli oggetti dei sensi e alle azioni, chi è libero dalle fantasticherie istigate dall'ego - di costui si dice che ha realizzato la salda unione dell'anima con lo Spirito.

5. "Un uomo deve innalzare il sé (ego) con il sé; e non degradare il sé. Invero il sé è suo amico, e il sé è su nemico.

6. "Per colui il cui sé (ego) è stato conquistato dal Sé (l'anima), il Sé è l'amico del sé. Ma verso il sé che non è sotto controllo, il Sé si comporta in maniera ostile, come un nemico.

7. "Il saggio tranquillo e vittorioso sul sé (ego) è sempre pienamente stabilito nel Supremo Sé, sia che incontri caldo o freddo, piacere o dolore, lode o biasimo.

8. "Lo yogi beatamente assorto nella verità e nella realizzazione del Sé è indissolubilmente unito (allo Spirito). Imperturbabile, conquistatore dei suoi sensi, egli guarda con occhio equanime una zolla di terra, una pietra e l'oro.

9. "È uno yogi eccelso chi guarda con mente equanime tutti gli uomini: benefattori, amici, nemici, stranieri, mediatori, esseri odiosi, parenti, peccatori e santi.

10. "Libero dalle speranze dei desideri e dalle brame possesso, con il cuore e la mente controllati dall'anima (per mezzo della concentrazione yoga), ritirandosi da solo in un posto tranquillo, lo yogi deve cercare costantemente di unirsi all'anima.

11. "Il seggio dello yogi dev'essere fermo (non vacillante), posto in un luogo pulito, né troppo alto né troppo basso, e ricoperto prima d'erba kusha, poi da una pelle (di tigre o di daino) e infine da una stoffa.

12. "Seduto su questo seggio, concentrando la mente su un punto, e controllando le attività della facoltà immaginativa (citta, il potere di creare immagini mentali) e i sensi, che egli pratichi lo yoga per la purificazione del sé.

13. "Tenendo la schiena, il collo e la testa fermamente dritti e immobili, lo yogi concentri i suoi occhi sul punto d'origine del naso (tra le due sopracciglia); che egli non guardi intorno in varie direzioni.

14. "Sereno e impavido, fermo nel voto di brahmacharya (castità e autodisciplina), con la mente controllata e i pensieri rivolti a Me, lo yogi deve sedere meditando su di Me come Mèta Suprema.

15. "Lo yogi padrone di sé, la cui mente è totalmente sotto controllo, dedicandosi alla continua unione meditativa con lo Spirito, ottiene la pace del Mio essere: la liberazione (nirvana) finale.

16. "O Arjuna, la persona golosa e quella che mangia troppo poco, la persona che abitualmente dorme troppo e quella che dorme troppo poco nessuna di queste ottiene successo nello yoga.

17. "Colui che mangia, riposa, lavora, dorme e rimane sveglio con la giusta moderazione, scoprirà che lo yoga è il distruttore della sofferenza.

18. "Quando il citta (sentimento) è completamente sotto controllo e dimora serenamente nel Sé, si dice che lo yogi - libero dall'attaccamento ai desideri - è unito a Dio.

19. "Nel caso dello yogi che ha conquistato il suo citta (simpatie e antipatie emozionali) con la pratica della meditazione sul Sé, si può usare la similitudine di una fiammella di luce non tremolante posta in un luogo senza vento.

20. "Lo stato di completa tranquillità del citta (la mente emotiva), ottenuto con la meditazione yoga, in cui il sé (ego) si percepisce come Sé (anima) ed è appagato (stabilito) nel Sé;

21. "Lo stato in cui l'incommensurabile beatitudine che trascende i sensi viene percepita dall'intelligenza intuitiva risvegliata, e in cui lo yogi si stabilisce per non esserne più rimosso;

22. "Quello stato che, una volta realizzato, lo yogi considera come il tesoro più prezioso di tutti; e stabilito nel quale, egli è immune anche al più forte dolore;

23. "Quello stato libero da dolore è chiamato yoga. Perciò la pratica dello yoga dev'essere intrapresa con determinazione e con cuore impavido.

24. "Abbandonando senza riserva tutti i desideri nati dai sankalpa (pensieri+immaginazione) e controllando totalmente - solo con la mente - gli organi e i poteri dei sensi, e il loro contatto con gli oggetti materiali onnipresenti;

25. "Con la discriminazione intuitiva piena di pazienza, con la mente assorta nell'anima, liberando la mente da tutti i pensieri, lo yogi otterrà gradualmente la tranquillità.

26. "Ogni volta che per qualsiasi ragione la mente instabile e agitata esce fuori strada, che lo yogi la ritiri dalle distrazioni e la riporti sotto l'esclusivo controllo del Sé.

27. "Lo yogi che ha calmato del tutto la mente - che ha controllato le passioni liberandole da ogni impurità ed è diventato uno con lo Spirito - invero ha realizzato la beatitudine suprema.

28. "Liberato da tutte le impurità, impegnando senza tregua la mente nella pratica dello yoga, lo yogi ottiene facilmente la beatitudine dell'essere assorbito nello Spirito.

29. "Con l'anima unita allo Spirito dallo yoga, con visione equanime verso tutti gli esseri, lo yogi vede il suo Sé (unito allo Spirito) in tutte le creature e tutte le creature nello Spirito.

30. "Chi Mi percepisce ovunque e vede tutte le cose in Me non Mi perde mai di vista, né Io perdo mai di vista lui.

31. "Rimane per sempre in Me lo yogi che, ancorato nell'unità divina qualunque sia il suo modo di vita, Mi realizza presente in tutti gli esseri.

32. "O Arjuna, lo yogi migliore è colui che, sia nel dolore che nel piacere, sente per gli altri esattamente ciò che sente per se stesso".

Arjuna disse:

33. "O Madhusudana, a causa della mia agitazione non vedo l'effetto permanente e durevole dello yoga dell'equanimità che mi hai insegnato.

34. "Invero la mente è agitata, turbolenta, possente e ostinata! O Krishna, io considero la mente difficile da controllare come il vento!".

Il signore Beato disse:

35. "Eroe dal Braccio Possente! Senza dubbio la mente è agitata e difficile da controllare; ma con la pratica (dello yoga) e il non-attaccamento può essere controllata.

36. "Questo è il Mio credo: lo yoga è difficile da realizzare per l'uomo che non sa controllarsi; ma chi è controllato e fa lo sforzo con i metodi giusti, riuscirà a realizzarlo".

Arjunà disse:

37. "Che cosa accade, o Krishna, a chi non riesce nello yoga - a chi ha cercato devotamente di meditare, ma non è riuscito a controllarsi perché la sua mente s'è smarrita durante la pratica yoga?

38. "Forse lo yogi perisce come una nuvola lacerata se non trova la via a Brahman - non trovando rifugio in Lui e rimanendo immerso nell'illusione, uscito fuori strada da entrambe le vie (quella dell'unione Divina e delle giuste attività)?

39. "Rimuovi per sempre tutti i miei dubbi, Krishna, perché nessuno tranne Te può dissipare le mie incertezze".

Il Signore Beato disse:

40. "Arjuna, figlio Mio, per chi fa buone azioni non vi e mai distruzione. Sia in questo mondo che nell'aldilà, egli non cade in una brutta condizione!

41. "Avendo guadagnato l'ingresso al mondo dei giusti, uno yogi decaduto vi rimane per innumerevoli anni; quindi rinasce (sulla terra) in una casa pura e prospera.

42. "Oppure può reincarnarsi in una famiglia di yogi illuminati; ma una tale nascita è veramente difficile da ottenere in questo mondo!

43. "Là riacquista la discriminazione yoga ottenuta nell'esistenza precedente e si sforza ancora più strenuamente per il successo spirituale.

44. "Il potere della precedente pratica yoga è sufficiente a spingere lo yogi avanti sul sentiero. Un sincero studente della stessa teoria yoga è più avanzato di chi segue i riti esterni delle sacre scritture.

45. "Seguendo con diligenza la sua via, guadagnando la perfezione con gli sforzi di molte nascite, lo yogi viene purificato dal peccato e infine entra nella Beatitudine Suprema.

46. "Lo yogi è considerato più grande degli asceti che disciplinano il corpo; più grande anche di coloro che seguono il sentiero della saggezza (jnana yoga) e il sentiero dell'azione (karma yoga). Perciò sii uno yogi, o Arjuna!

47. "E di tutti gli yogi, colui che con devozione è assorto in Me, con l'anima immersa in Me, questi considero il più equilibrato".

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CAPITOLO VIII - L'Assoluto Imperituro

Arjuna disse:

1. "O Purushottama! Ti prego di dirmi che cos'è Brahman (lo Spirito). Cos'è l'adhyatma (la coscienza creativa kutastha che sta alla base di tutte le manifestazioni e che esiste come le anime di tutti gli esseri dell'universo)? E cos'è il karma (le azioni cosmiche e meditative che nascono da Aum)? Cos'è l'adhibhuta (la coscienza immanente nelle creature e nell'universo fisico)? E cos'è l'adhidaiva (la coscienza manifestata nei corpi astrali e nell'universo astrale)?

2. "O Madhusudana! Che cos'è l'adhiyajna (lo Spirito Supremo che crea e conosce), e in che modo l'adhiyajna è presente (come anima) nel corpo? E come, al momento della morte, Tu devi essere conosciuto dall'auto-disciplinato?".

Il Signore Beato rispose:

3. "Lo Spirito Supremo e Imperituro è Brahman. La Sua manifestazione indifferenziata (come Kutastha Chaitanya e come anima individuale) è chiamata adhyatma. L'Aum (Vibrazione Cosmica o Visarga) che causa la nascita, la crescita e la dissoluzione di tutti gli esseri e delle loro varie nature, è chiamato karma (azione cosmica).

4. "O Migliore degli Incarnati! L'adhibhuta è la base dell'esistenza fisica; ì'adhidaiva è la base dell'esistenza astrale; ed Io, lo Spirito dentro il corpo e il cosmo, sono l'Adhiyajna (la Causa Prima, il Grande Sacrificatore, il Creatore e Conoscitore di tutto).

5. "Entra infine nel Mio Essere chi, al momento del trapasso, quando abbandona il corpo, pensa soltanto a Me. Questo è vero a' di là di ogni dubbio.

6. "Figlio di Kunti! Il pensiero con il quale un morente lascia il corpo determina - per la sua lunga persistenza in esso - il suo prossimo stato d'esistenza.

7. "Perciò ricordaMi sempre e impegnati nella battaglia dell'attività! Abbandona a Me la tua mente e il tuo intelletto! Così verrai senza dubbio a Me.

8. "O Partha! Raggiunge il Supremo Signore Risplendente la persona la cui mente, resa stabile dalla pratica yoga, è fermamente concentrata sul pensiero di Lui.

9 - 10 "Al momento della morte uno yogi raggiunge il Supremo Signore Risplendente se, grazie al potere dello yoga, fa passare con amore la sua forza vitale fra le sopracciglia (la sede dell'occhio spirituale) e fissa con fermezza la sua mente sull'Essere che splende come il sole, oltre le illusioni delle tenebre - l'Uno la cui forma è inimmaginabile, più sottile dell'atomo più sottile, il Sostegno di tutto, il Grande Sovrano, eterno ed onnisciente.

11. "Ti dirò in breve qual è il metodo per ottenere Quello che i veggenti vedici chiamano l'Imperituro, Quello che è realizzato dai rinuncianti liberi da attaccamenti, Quello desiderando il quale essi conducono una vita di autodisciplina.

12 - 13. "Chi chiude le nove aperture del corpo, chi raccoglie la mente nel centro del cuore, chi concentra tutta la forza vitale nel cervello - chi è in tal modo impegnato nella pratica costante dello yoga, stabilendosi in Aum, il Verbo Santo di Brahman, e ricordando Me (lo Spirito) al momento della sua uscita finale dal corpo, raggiunge la Mèta Suprema.

14. "O Partha! Mi raggiunge facilmente lo yogi che con aspirazione sincera Mi ricorda costantemente tutti i giorni, con la mente focalizzata soltanto su di Me.

15. "Dopo avere realizzato Me (Spirito), i Miei nobili devoti raggiungono la perfezione suprema; essi non sono più soggetti ad ulteriori rinascite in questa dimora di dolore e transitorietà.

16. "Gli yogi non ancora liberi dal mondo tornano di nuovo (nel mondo) perfino dall'alta sfera di Brahma (dall'unione con Dio in samadhi). Ma entrando in Me, o Arjuna, non vi è più rinascita.

17. "Sono veri conoscitori del 'giorno' e della 'notte' coloro che comprendono il Giorno di Brahma, che dura mille cicli (yuga), e la Notte di Brahma, che dura pure mille cicli.

18. "All'alba del Giorno di Brahma tutta la creazione, rinata, emerge dallo stato di non manifestazione; al calare della Notte di Brahma tutta la creazione sprofonda nel sonno della non manifestazione.

19. "O Partha, la stessa moltitudine di uomini rinasce di continuo senza poter far nulla. La loro serie di incarnazioni cessa all'arrivo della Notte, e poi riappare al sorgere del Giorno.

20. "Ma trascendente questo stato di non manifestazione (dell'essere fenomenico) esiste il vero Non Manifesto, l'Immutabile, l'Assoluto, che non è toccato dai cicli della dissoluzione cosmica.

21. "Questo Assoluto Non Manifesto e Imperituro è stato chiamato la Mèta Suprema. Quelli che realizzano il Mio stato supremo non sono più soggetti alla rinascita.

22. "O Partha, l'Essere Supremo Non Manifesto è raggiungibile con una devozione sincera e totale. Lui solo, l'Onnipresente, è la Dimora di tutte le creature.

23. "Adesso, o Bharata, ti parlerò del sentiero attraversando il quale, al momento della morte, gli yogi ottengono la libertà; e anche del sentiero in cui vi è rinascita.

24. "Il fuoco, la luce, il giorno, la quindicina ascendente del mese lunare, i sei mesi in cui il corso del sole è al nord - seguendo questo sentiero al momento della morte, i conoscitori di Dio (Brahman) vanno a Dio.

25. "Il fumo, la notte, la quindicina discendente del mese lunare, i sei mesi in cui il corso del sole è al sud - chi segue questo sentiero ottiene solo la luce lunare e poi torna sulla terra.

26. "Queste due vie per uscire dal mondo sono considerate eterne. La via della luce porta alla liberazione, la via delle tenebre alla rinascita.

27. "Nessuno yogi che conosce le due vie cade mai nell'illusione (di seguire la via delle tenebre). Perciò, o Arjuna, mantieniti sempre fermo e costante nello yoga.

28. "Chi conosce la verità sulle due vie ottiene un merito infinitamente superiore a quello derivato dallo studio delle sacre scritture, dai sacrifici, dalle austerità e dall'offerta di doni. Quello yogi raggiunge la sua Origine Suprema".

Qui finisce l'ottavo capitolo chiamato "Akshara-brahma-yoga"
"Lo Yoga dell'Assoluto Imperituro"



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CAPITOLO IX - La Scienza e il Mistero Regale

Il Signore Beato disse:

1. "A te, che non fai critiche vane, adesso rivelerò il mistero sublime (la natura immanente e trascendente dello Spirito). Possedendo la realizzazione intuitiva di questa saggezza, sarai liberato dal male.

2. "Questa realizzazione intuitiva è la scienza suprema, il segreto regale, il purificatore incomparabile, l'essenza del dharma (il giusto dovere dell'uomo); è la percezione diretta della verità - l'illuminazione imperitura - che si ottiene con vie (dello yoga) molto facili da praticare.

3. "O Terrore dei Nemici, gli uomini che non hanno fede in questo dharma (perché non sono devoti alle pratiche yoga) non Mi realizzano. Essi percorrono ripetutamente l'oscuro sentiero pieno di morte del samsara (il ciclo delle rinascite).

4. "Io - il Non Manifesto - pervado l'intero universo. Tutte le creature risiedono in Me, ma Io non sono in esse.

5. "Guarda il Mio mistero divino, in cui tutti gli esseri apparentemente non sono in Me, né il Mio Sé dimora in loro; eppure Io soltanto sono il loro Creatore e Sostenitore!

6. "Come l'aria (vayu) si muove liberamente nell'infinità dello spazio (akasha) ed ha il suo essere nello spazio (pur essendo differente da esso), allo stesso modo tutte le creature hanno il loro essere in Me (ma non sono Me).

7. "Al termine di un ciclo (kalpa), o Figlio di Kunti, tutti gli esseri ritornano allo stato non manifesto della Mia Natura Cosmica (Prakriti). All'inizio del ciclo seguente Io li proietto di nuovo fuori.

8. "Ridando vita a Prakriti, Mia stessa emanazione, Io proietto ripetutamente la moltitudine delle creature, tutte soggette alle leggi finite della Natura.

9. "Queste attività non Mi legano, o Dhananjaya, perché Io ne rimango al di sopra, distaccato e indifferente.

10. "Soltanto la Mia presenza vivificante fa sì che Madre Natura generi l'universo animato e inanimato. A causa Mia (attraverso Prakriti i mondi girano in cicli alterni (di creazione e dissoluzione).

11. "L'ignorante, dimentico della Mia natura trascendente di Gran Signore di tutti gli esseri, disconosce anche la Mia presenza nella forma umana.

12. "Privi di intuizione, coi loro desideri; pensieri e azioni completamente vani, questi uomini possiedono la natura illusa dei demoni e degli esseri malvagi.

13. "Mentre i mahatrna (le grandi anime), che nella loro natura esprimono le qualità divine, Mi offrono la devozione esclusiva delle loro menti, conoscendoMi come la Fonte Imperitura di tutti gli esseri.

14. "Costantemente assorti in Me, inchinandosi con devozione, essi Mi adorano e glorificano sempre il Mio Nome, fermi e risoluti nella loro aspirazione suprema.

15. "Altri ancora, celebrando il sacrificio della conoscenza (jnana-yajna), adorano Me - il Signore dal corpo cosmico - in diversi modi, prima come il Molteplice e poi come l'Uno.

16. "Io sono il rito, il sacrificio, l'offerta agli antenati, l'erba medicinale, il canto sacro (mantra), il burro sacrificale, il fuoco sacro e l'oblazione.

17. "Di questo mondo Io sono il Padre, la Madre, l'Avo, il Sostenitore, il Purificatore, il solo Oggetto di conoscenza, il Suono Cosmico Aum e anche la tradizione vedica (il Rig, Sama e Yajur-Veda).

18. "Io sono la Mèta Finale, il Sostenitore, il Signore, il Testimone, la Dimora, il Rifugio e l'unico Amico. Io sono l'Origine, la Dissoluzione, il Fondamento, la Miniera Cosmica e il Seme Indistruttibile.

19. "Io do il calore del sole, o Arjuna, e mando o trattengo la pioggia. Io sono l'Immortalità e anche la Morte. Io sono l'Essere (Sat) e il Non-Essere (Asat).

20. "I conoscitori dei tre Veda, purificandosi dal peccato con il rito del Soma, Mi adorano attraverso lo yajna (sacrificio) e così realizzano il loro desiderio di entrare in cielo. Là, nel regno sacro delle divinità astrali, i devoti godono i sottili piaceri celesti.

21. "Dopo essersi deliziati nelle gloriose regioni superiori, quando il loro buon karma ha termine, questi esseri ritornano sulla terra. Pur conformandosi alle ingiunzioni delle sacre scritture, desiderando i piaceri (le ricompense celesti), essi vanno e vengono (tra cielo e terra).

22. "Agli uomini che meditano su di Me come il loro stesso Sé, sempre uniti a Me con un'adorazione incessante, Io do tutto ciò di cui. hanno bisogno e rendo permanenti i loro guadagni.

23. "O Figlio di Kunti, anche i devoti di altri dèi che offrono loro sacrifici con fede, in effetti adorano soltanto Me, anche se non nella maniera giusta.

24. "Invero Io sono il solo Signore che gode di tutti i sacrifici. Ma siccome (gli adoratori delle Mie forme inferiori) non Mi percepiscono nella Mia vera natura, essi ritornano (in questo mondo).

25. "I devoti delle divinità astrali vanno ad esse; coloro che venerano gli antenati vanno ai mani. Agli spiriti della natura vanno coloro che li cercano; e i Miei devoti vengono a Me.

26. "La reverente offerta di una foglia, un fiore, un frutto o dell'acqua, fattaMi con cuore puro, è un atto di devozione ben accetto ai Miei occhi.

27. "O Figlio di Kunti, dedica tutte le tue azioni - sia che mangi o celebri riti spirituali, che offra doni o pratichi l'autodisciplina - come offerte a Me.

28. "Così nessuna azione potrà incatenarti con i risultati buoni o cattivi del karma. Con il tuo Sé saldamente ancorato in Me, mediante lo yoga e la rinuncia, otterrai la libertà e verrai a Me.

29. "Io sono imparziale verso tutti gli esseri. Nessuno Mi è odioso, nessuno caro. Ma quelli che Mi offrono l'amore dei loro cuori sono in Me, come Io sono in loro.

30. "Anche un grande peccatore che rifugge tutto il resto per adorare soltanto Me può essere annoverato tra i buoni, perché ha deciso rettamente.

31. "Diventerà rapidamente virtuoso e otterrà la pace eterna. O Figlio di Kunti, di' a tutti con certezza che il Mio devoto non perisce mai!

32. "Prendendo rifugio in Me, tutti gli esseri possono conseguire la Realizzazione Suprema - anche se di nascita peccaminosa, donne, vaishya o sudra.

33. "Quanto più facilmente, dunque, posso essere realizzato dai santi brahmini (conoscitori di Dio o Brahman) e dai devoti rajarishi (saggi reali)! Essendo entrato in questo mondo impermanente e senza felicità, adora soltanto Me (Spirito).

34. "Fissa la tua mente su di Me, sii Mio devoto, inchinati a Me con reverenza in un'adorazione incessante. Unito così a Me, che sono la tua Mèta Suprema, tu sarai Mio".

Qui finisce il nono capitolo chiamato "Rajavidya-rajaguhya-yoga"
"Lo Yoga della Scienza Regale e del Mistero Regale".







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CAPITOLO X - Le Manifestazioni Divine

Il Signore Beato disse:

1. "O Eroe dal Braccio Possente, ascolta ancora una volta la Mia parola suprema. Per il tuo sommo bene, parlerò di nuovo a te che ascolti con gioia.

2. "Né la moltitudine degli angeli né i grandi saggi conoscono la Mia natura non generata, perché anche deva e rishi (sono esseri creati, e dunque) hanno origine in Me.

3. "Ma l'uomo che realizza che Io sono senza nascita e senza inizio, il Gran Signore della creazione, conquista l'illusione e perviene allo stato senza peccato anche mentre vive in un corpo mortale.

4 - 5. "Discriminazione, saggezza, mancanza d'illusione, tolleranza, verità, controllo dei sensi, pace di mente, gioia, dolore, nascita, morte, paura, coraggio, non violenza, equanimità, serenità, autodisciplina, carità, fama e infamia - tutti questi diversi stati scaturiscono soltanto da Me, come modificazioni della Mia natura.

6. "I sette grandi Rishi, i quattro Antichi e i (quattordici) Manu sono pure modificazioni della Mia natura, nati dal Mio pensiero e dotati di poteri (creativi) come i Miei. Da questi progenitori derivano tutte le creature viventi sulla terra.

7. "Chi con lo yoga realizza la verità delle Mie molteplici manifestazioni, e il potere creativo e distruttivo del Mio yoga divino, è saldamente unito a Me. Questo è al di là di ogni dubbio.

8. "Io sono la Sorgente di ogni cosa; da Me scaturisce tutta la creazione. Con questa realizzazione, il saggio Mi adora pieno di reverenza.

9. "Coi pensieri rivolti totalmente a Me, con le loro vite abbandonate a Me, illuminandosi l'un l'altro, glorificandoMi sempre, i Miei devoti sono soddisfatti e gioiosi.

10. "A coloro che sono sempre attaccati a Me e che Mi adorano con amore, Io trasmetto la saggezza discriminativa (buddhi yoga) per mezzo della quale Mi realizzano totalmente.

11. "Per pura compassione Io - il Divino che risiede nei cuori - accendo in loro la luce radiosa della saggezza che bandisce l'oscurità nata dall'ignoranza".

Arjuna disse:

12 - 13. "Tu sei lo Spirito Supremo, la Dimora Suprema, la Purezza Suprema! Tutti i grandi saggi, il divino veggente Narada, come pure Asita, Devala~ e Vyasa Ti hanno descritto come l'Eterno Purusha che splende di luce propria, la Divinità Originaria, Senza Nascita ed Onnipresente! Ed ora Tu Stesso me lo dici!

14. "O Keshava! Considero verità eterna tutto quello che mi hai rivelato. Invero, mio Signore, né i deva (dèi) né i danava (titani) conoscono gli infiniti modi delle Tue manifestazioni.

15. "O Divino Purusha, Origine degli esseri, Signore di tutte le creature, Dio degli dèi, Sostenitore del mondo in verità Tu soltanto conosci Te Stesso mediante Te Stesso.

16. "Ti prego perciò di espormi senza riserve i Tuoi poteri e attributi divini, per mezzo dei quali la Tua Onnipresenza sostiene tutti i mondi.

17. "O Grande Yogi! Come dovrò meditare per conoscerTi veramente? In quali aspetti e forme, Beato Signore, devo concepirTi?

18. "O Janardana! Parlami ancora estesamente dei Tuoi poteri yoga e delle Tue manifestazioni; perche' non sono mai pago d'ascoltare le Tue parole d'ambrosia!".

Il Signore Beato disse:

19. "O Migliore dei Principi! Adesso ti parlerò delle Mie manifestazioni fenomeniche - ma solo delle principali, perché non vi è fine alla Mia varietà.

20. "O Conquistatore del sonno! Io sono il Sé nel cuore di tutte le creature. Io sono l'Origine, l'Esistenza e la Fine di tutti gli esseri.

21. "Degli Aditya (dodici esseri risplendenti), Io sono Vishnu; degli astri luminosi, Io sono il sole raggiante; dei Marut (divinità del vento), sono Marici; dei corpi celesti, sono la luna.

22. "Tra i Veda, Io sono il Sama Veda tra gli dèi, sono Vasava (Indra); tra i sensi, sono la mente (manas); negli esseri viventi, sono l'intelligenza.

23. "Dei Rudra (undici esseri radiosi), Io sono (il loro capo) Shankara (Shiva); tra gli Yaksha e i Rakshasa (esseri semi divini), sono Kubera (il Signore delle ricchezze); dei Vasu (Otto esseri vitalizzanti), Io sono Pavalta (il dio del fuoco, il potere purificante); delle montagne, sono il monte Meru.

24. "E dei sacerdoti - o Figlio di Pritha - sappi che Io sono il loro capo, Brihaspati. Tra i generali, Io sono Skanda; delle distese d'acqua, sono l'oceano.

25. "Tra i maharishi (grandi saggi), Io sono Bhrigu; tra le parole, sono il monosillabo 'Aum'; tra gli yajna (cerimonie sacre), sono il japa-yajna (il canto estatico silenzioso); delle cose inamovibili, sono l'Himalaya.

26. "Tra tutti gli alberi, sono l'Ashvattha; tra i devarishi (veggenti divini) sono Narada. Tra i Gandharva (semidèi) sono Citraratha; e tra i siddha (esseri perfetti liberati) sono il muni (santo) Kapila.

27. "Tra i cavalli, sappi che sono Uchchaihshrava, nato dal nettare; tra gli elefanti (sono) Airavata, l'elefante bianco di Indra; e tra gli uomini, l'imperatore.

28. "Delle armi, sono il fulmine; dei bovini, sono Kamadhuk (la mucca celeste che soddisfa tutti i desideri). Io sono Kandarpa (il dio dell'amore, la personificazione della coscienza creativa), la causa delle nascite; e tra i serpenti sono Vasuki.

29. "Tra i serpenti Naga, sono Ananta (l'eterno); fra le creature delle acque, sono Varuna (dio dell'oceano); tra gli antenati (pitri), sono Aryama; fra tutti coloro che controllano, Io sono Yama.

30. "Tra i daitya (demoni e giganti), sono Prahlada; fra i misuratori, Io sono il Tempo. Tra gli animali, sono il re delle bestie (il leone); e tra gli uccelli sono Garuda ('signore dei cieli', il veicolo di Vishnu).

31. "Tra i purificatori, Io sono il vento; fra i guerrieri armati sono Rama; tra gli esseri acquatici, sono Makara (il veicolo del dio dell'oceano, lo squalo); tra i fiumi, Io sono Jahnavi (il Gange).

32. "Di tutte le manifestazioni - o Arjuna - Io sono il principio, il mezzo ed anche la fine. Di tutti i rami della conoscenza, Io sono la saggezza del Sé. Per gli oratori, sono la logica discriminativa (vada).

33. "Delle lettere, sono la lettera A; e dei composti grammaticali, sono il dvandva (quello che congiunge). Io sono il Tempo eterno e immutabile; sono il Creatore Onnipresente (che dispensa i frutti delle azioni), la cui faccia è rivolta in ogni direzione.

34. "Io sono la Morte che tutto divora; e la Nascita, l'origine di tutto ciò che sarà. Tra le qualità femminili (di Prakriti) sono la gloria, la prosperità (o bellezza, Sri), il potere illuminante della parola, la memoria, l'intelligenza, il potere dell'intuizione e la costanza della pazienza divina.

35. "Degli inni (del Sama Veda), Io sono il Brihat-Sama; dei metri poetici, sono il Gayatri; dei mesi, sono Margasirsha (novembre-dicembre); delle stagioni, sono Kusumakara, quella dei fiori (la primavera).

36. "Io sono il gioco d'azzardo dei fraudolenti; sono lo splendore del radioso. Sono la vittoria e il potere di fare lo sforzo; Io sono il Sattva dei buoni (sattvici).

37. "Dei Vrishni, Io sono Vasudeva (Krishna); fra i Pandava, sono Dhananjaya (Arjuna). Tra i muni (santi), sono Vyasa; fra i saggi sono il savio Ushanas.

38. "Io sono lo scettro dei sovrani e l'arte politica di chi cerca la vittoria. Sono anche il silenzio delle cose segrete e la saggezza dei sapienti.

39. "Inoltre - Arjuna - sono qualunque cosa costituisca il seme riproduttivo di tutti gli esseri. Non vi è nulla, mobile o immobile, che possa esistere senza di Me.

40. "O Parantapa, le manifestazioni dei Miei divini attributi (vibhuti) sono illimitate. La Mia breve esposizione è solo un semplice accenno ai Miei poteri infiniti.

41. "Sappi che qualunque essere operi miracoli, possieda vera prosperità e sia dotato di grande valore, è la manifestazione di una particella del Mio splendore.

42. "Ma a che ti può servire - o Arjuna - la conoscenza di tutti questi particolari? (Sappi semplicemente che) Io, l'Immutabile ed Eterno, sostengo e permeo l'intero universo con un solo frammento del Mio Essere".

Qui finisce il decimo capitolo chiamato "Vibhuti-yoga"
"Lo Yoga delle Manifestazioni Divine"



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CAPITOLO XI - La Visione della Forma Universale

Arjuna disse:

1. "Pieno di compassione, Tu mi hai rivelato la saggezza segreta del vero Sé, bandendo così la mia illusione.

2. "Tu - (Krishna) Occhi di Loto - mi hai parlato estesamente dell'origine e della dissoluzione di tutti gli esseri, e della Tua eterna sovranità.

3. "Così invero Ti sei proclamato a me, o Signore Supremo! Tuttavia desidero ardentemente vederTi nella Tua Forma Divina (Ishvarica), o Purushottama.

4. "O Maestro, Signore degli Yogi! Se mi ritieni capace di vederLo, mostrami il Tuo Sé Infinito". Il Signore Beato disse.

5. "Guarda, o Partha, le Mie forme divine, a centinaia, a migliaia - di svariati colori e d'ogni genere!

6. "Guarda gli Aditya, i Vasu, i Rudra, i gemelli Ashvin, i Marut e molte altre cose meravigliose mai viste prima!

7. "O Conquistatore del Sonno! Guarda ora riuniti nel Mio Corpo Cosmico tutti i mondi, tutto ciò che si muove o è immobile, e qualunque altra cosa desideri vedere.

8. "Ma tu non puoi vederMi con occhi mortali. Perciò ti concedo la vista divina. Guarda il potere supremo del Mio yoga!".

Sanjaya disse (a re Dhritarashtra):

9. Con queste parole Hari, l'eccelso Signore dello Yoga, mostrò ad Arjuna la Sua Completa Manifestazione, la Forma Cosmica di Ishvara.

10- 11. (Arjuna vide) la multiforme e meravigliosa Presenza della Divinità - infinita nelle forme, splendente in ogni direzione dello spazio, onnipotenza onnipervadente, adorna d'innumerevoli abiti, ghirlande e ornamenti celesti, con in pugno armi divine, fragrante di ogni amabile essenza, con occhi e bocche dappertutto!

12. Se un migliaio di soli apparissero simultaneamente nel cielo, fiocamente la loro luce potrebbe rassomigliare allo splendore di quel potente Essere!

13. Dimorando nella forma infinita del Dio degli dèi, Arjuna vide l'intero universo con tutte le sue variegate manifestazioni.

14. Allora Dhananjaya, pieno di stupore e con i peli ritti, con le mani giunte (in segno di preghiera) e inchinando con reverenza la testa davanti al Signore, così Gli si rivolse: Arjuna disse:

15. "Amato Signore, Adorato dagli dèi! Vedo il Tuo corpo che sostiene tutti gli esseri incarnati, i grandi veggenti e gli innumerevoli angeli-santi divini. Dimorando nel profondo della caverna misteriosa, l'ardente desiderio della natura serpentina, pur feroce e sottile, ora è domato, dimentico del suo gioco mortale. E il Signore Brahma, dio degli dèi, siede al sicuro sul fiore di loto.

16. "Gran Signore dei mondi dal Corpo Cosmico, oh, io Ti vedo dappertutto all'infinito, con innumerevoli braccia, petti, bocche ed occhi! Tuttavia rimango all'oscuro della Tua nascita, del Tuo regno e della Tua presenza qui.

17. "O Dirompente Fiamma Risplendente, o Raggio Accecante! Oggi divampa il Tuo potere concentrato: il Tuo Nome si diffonde ovunque fin nei più remoti recessi abissali. Ornato di una corona di stelle e impugnando lo scettro del potere sovrano, Tu fai girare il disco roteante dell'evoluzione, o Ardente Febo!

18."Tu sei l'Imperituro Brahman, l'Essere Supremo, il Rifugio Cosmico, il Tema della Saggezza, il vero Guardiano dell'Eterno Dharma Tu sei per me l'Antico Purusha!

19. "O Tu senza principio, senza mezzo e senza fine, vedo le Tue infinite braccia al lavoro; i Tuoi occhi onnipresenti fatti di soli e lune e cieli stellati; dalla Tua bocca fuoriescono fiamme vibranti, mentre pronunci Aum, il Tuo Nome Cosmico. Il Tuo innato splendore protegge dal danno e scalda la distante creazione.

20. "O Anima Suprema, lo spazio tra la terra e la casa degli dèi, tutte le direzioni e ogni zolla di terra, tutte le alte dimore e le sfere che le circondano sono da Te pervase, vicino e lontano. E i tre mondi impauriti adorano la Tua forma temibile e meravigliosa.

21. "In Te entrano moltitudini di dèi. Con le mani giunte, timorosi, alcuni pregano per prendere rifugio in Te. Con splendidi inni di 'pace', i grandi rishi e i siddha (che hanno attraversato con successo il sentiero spirituale) adorano Te e solo Te!

22. "Gli undici astri del cielo (Rudra); i dodici soli luminosi (Aditya); gli otto Antichi (Vasu), grande lustro delle stelle; i rispettati eremiti (Vishva-deva); le divinità protettrici (Sadhya), agenti dei signori cosmici; i forti principi gemelli (Ashvin), dal valore ben noto; i quarantanove venti (Marut), che legano intimamente l'atomo; gli antichi spiriti tutelari (Ushmapa); moltitudini di Yaksha (spiriti-folletti), semidèi (Gandharva) e demoni (Asura); i Perfetti (Siddha) nel sentiero spirituale, contemplano con meraviglia il Tuo eccelso valore!

23. "Vedo Te - dalle braccia possenti - con innumerevoli bocche e occhi stellati, con infinite mani e gambe adorne di piedi di loto. L'immensa voragine della Tua bocca, con i denti del giorno del giudizio, si spalanca ad ingoiare i mondi intorno che si dissolvono, e lascia in me un puro e gioioso timore reverenziale. Vedendo la Tua immensità tutti i mondi rimangono esterrefatti, ed anch' io!

24. "Vedendo le profondità dell'immenso vuoto piene di Te, la Tua bocca spalancata e i diversi colori del Tuo fiammeggiante corpo luminoso, sono in cuor mio terrorizzato - o Vishnu - e non trovo né coraggio né pace.

25. "Nelle Tue bocche vedo denti feroci e le fiamme distruttrici del tempo che mi minacciano. Non riconosco le quattro direzioni. Mostrami compassione! Da solo non trovo pace. O Custode Cosmico, Signore degli dèi, Ti prego d'ascoltare le mie umili parole.

26. "I figli dei sensi dominati dall'orgoglio principesco, insieme all'ego, alle abitudini karmiche e ai piaceri materiali, sono in attesa di scagliarsi sui nostri saggi capi; eppure essi guidano la corsa della morte, per cadere e svanire per sempre nella Tua bocca vorace adorna di crudeli denti sgraziati.

27. "Il vincitore e il vinto (il giusto e l'ingiusto, entrambi Tuoi figli) reclamano ancora il Tuo amore; eppure tutti un giorno baceranno la polvere e dormiranno sul suolo comune della terra. Si vedono le teste maciullate di alcuni incastrate fra i Tuoi denti avidi.

28. "Come le onde impetuose dei ruscelli desiderano farsi strada in mezzo a una moltitudine di ondine e scorrere verso L'oceano, così gli eroici rivoli della vita vanno a scontrarsi in una lotta furibonda nella bocca schiumeggiante del Tuo mare di fuoco, dove le scintille della vita danzano in Te.

29. "Come i moscerini incantati dal gioco della bellezza si precipitano guizzanti e incuranti nella fiamma, così i fuochi illusori della passione pretendono di splendere come la Tua luce divina, spronando i mortali a rispondere al richiamo della morte.

30."Dalla Tua bocca fiammeggiante guizzano lingue saettanti che leccano il sangue caldo di forti e deboli. Tu, Dio Goloso, divori con fame infinita. O Vishnu, Tu distruggi i mondi con raggi di fuoco onnipervadenti.

31. "Sii benevolo, o Principio degli dèi! Io desidero veramente conoscere chi sei - Signore Primevo, Forma Terrificante e nello stesso tempo infinitamente buona. Dimmi qual è la Tua volontà sovrana, perché ancora non la conosco". Il Signore Beato disse:

32. "In guisa di Destino Infinito, Io vengo come l'avaro Tempo per cogliere e accogliere nelle Mie ardenti fauci i deboli timorosi, e tutti gli esseri mortali stanchi del mutamento della morte, e con il nettare della Mia vita prepararli ad affrontare impavidi nuove lotte superliori. Anche se tu non uccidessi i tuoi malvagi nemici, un giorno questi guerrieri schierati in battaglia cadranno sicuramente nelle fauci della Mia giustizia.

33 ."Sorgi, svegliati! Sorgi, svegliati! Colpisci a morte i tuoi nemici, fa, prigioniera la carne e cogli la gloria della vittoria partecipando al gioco della battaglia. Goditi la ricchezza del Re della pace, e del regno dei cieli! Ben conosco gli avvenimenti che ha in serbo il mistico futuro; e invero ti dico che molto tempo fa Io ho ucciso i tuoi nemici e questi guerrieri, molto prima che la tua mano-agente potesse sapere (che avrei fatto approdare i tuoi nemici alle buie rive della morte).

34. "Tu sei il Mio strumento; ed è così che attuo i Miei piani nell'universo, servendomi di diversi strumenti. Io ho già ucciso e ancora ucciderò le schiere dei sensi (Drona, Bhishma, Jayadratha, Karna e altri potenti guerrieri), sia tramite te che attraverso i Miei soldati del passato e del futuro!".

Sanjaya disse (a Re Dhritarashtra):

35. Dopo avere ascoltato le parole di Keshava, tremante e intimorito, con le mani giunte in segno di preghiera, Arjuna s'inchinò ancora una volta umilmente e con voce tremula si rivolse a Krishna:

Arjuna disse:

36. "A ragione, Hrishikesha, i mondi sono fieri e felici di cantare la Tua gloria! I demoni, terrorizzati, cercano salvezza fuggendo in tutte le direzioni; mentre le moltitudini dei siddha (esseri perfetti) s'inchinano per adorarTi.

37. "E perché non dovrebbero adorarTi, Spirito Infinito? Poiché Tu sei più grande di Brahma, il Creatore, che è scaturito da Te. O Essere Infinito, Dio degli dèi, Rifugio dell'universo, Tu sei l'Imperituro: il Manifesto, il Non Manifesto e Quello oltre (il Mistero Supremo)!

38. "Tu sei il Dio Primevo, l'Antico Purusha! Tu sei il Rifugio Supremo dei mondi, il Conoscitore e il Conosciuto, la Mèta Suprema! La Tua onnipresenza splende nell'universo - o Tu dalla Forma Illimitata!

39. "O Fluida Vita delle Correnti Cosmiche (Vayu), o Re della Morte (Yama), o Dio del Fuoco (Agni), o Sovrano del Mare e de! Cielo (Varuna), o Signore della Notte (la Luna), o Padre Divino dall'innumerevole progenie (Prajapati), o Grande Antenato di tutti! A Te lode, lode senza fine! A Te rivolgo migliaia di volte i miei saluti!

40. "O Potenza Infinita, o Invincibile Onnipresenza Onnisciente, o Tutto! Io m'inchino a Te davanti e di dietro, m'inchino a Te a sinistra e a destra, m'inchino a Te sopra e sotto, m'inchino a Te che mi avvolgi e mi compenetri dappertutto!

41 - 42. "Inconsapevole della Tua gloria cosmica e considerandoTi come un compagno familiare, spesso mi sono rivolto a Te chiamandoti con audacia 'Krishna', 'Yadava' e 'Amico'. Per tutte queste parole, sia dette con incuranza o con affetto, e per qualunque irriverenza possa aver mostrato nei Tuoi confronti - Signore Incrollabile! - durante lo scherzo o a pranzo, mentre camminavamo, sedevamo o riposavamo, da solo con Te o in compagnia di altri - per tutte queste mancanze involontarie, o Incommensurabile, io chiedo perdono.

43. "Tu sei il Padre di tutto, di ciò che si muove e di ciò che non si muove. Nessun altro che Te è degno di essere adorato, o Guru Sublime! Non esiste un altro uguale a Te nei tre mondi. Chi Ti può superare, Signore dalla potenza incomparabile?

44. "Perciò, Signore Adorabile, mi getto ai Tuoi piedi implorando il Tuo perdono. O Signore, perdonami come un padre suo figlio, come un amico un caro amico, come un amante la sua amata!

45. "Colmo di gioia per aver contemplato una visione mai vista prima, la mia mente non è però libera dalla paura. Sii misericordioso con me, o Signore degli dèi, Rifugio dei mondi! Mostrami soltanto la Tua forma divina (del benevolo Vishnu).

46. "Desidero vederTi come prima, come Vishnu con quattro braccia, cinto di corona e con in mano la mazza e il disco. MostraTi di nuovo a me in quella forma, Tu che hai migliaia di braccia e assumi la forma dell'universo"!

Il Signore Beato disse:

47."Pieno di grazia ho esercitato il Mio potere yoga per rivelare a te, Arjuna, la Mia suprema forma originaria, la Mia infinita e radiosa forma universale, che nessun altro ha mai visto prima.

48."Nessun essere mortale - eccetto te, o Grande Eroe dei Kuru - è in grado di contemplare la Mia forma universale. Questa visione non si può ottenere con i sacrifici o la carità né facendo rituali o rigorose austerità né con lo studio dei Veda.

49."Non devi aver timore né essere turbato, vedendo il Mio aspetto terribile. Rimuovendo ogni paura e col cuore colmo di gioia, guarda ancora una volta la Mia forma a te familiare".

Sanjaya disse (a Re Dhritarashtra):

50.Dopo aver parlato così, Vasudeva, il Signore dell'universo, riassunse la forma di Krishna. Riapparendo ad Arjuna in quella forma di grazia, la Grande Anima consolò il Suo devoto intimorito.

Arjuna disse:

51. "O Tu che esaudisci tutti i desideri (Janardana)! Guardando di nuovo la Tua dolce forma umana, la mia mente si acquieta e sento di essere tornato alla mia vera natura".

Il Signore Beato disse:

52. "É davvero molto difficile contemplare la Mia Visione Universale, come tu l'hai vista! Perfino gli dei desiderano continuamente vedere quella Forma.

53. "Essa non viene svelata né attraverso le austerità né con lo studio delle sacre scritture né elargendo doni nè facendo adorazioni e sacrifici formali.

54. "O Terrore dei sensi-nemici! Soltanto con l'indivisa devozione (facendo convergere, mediante lo yoga, tutti i pensieri in un'unica percezione divina) Io posso essere contemplato nella Forma Cosmica in cui Mi hai visto e conosciuto in realtà e infine abbracciato nell'Unità!

55. "O Arjuna, chi agisce soltanto per Me, chi fa di Me la sua mèta suprema, chi s'abbandona con amore a Me, non è attaccato (ai Miei illusori mondi di sogno) e non nutre inimicizia verso alcuno (vedendo Me in tutto) questi entra nel Mio essere!".

Qui finisce l'undicesimo capitolo chiamato "Vishvarupa-darshana-yoga"
"Lo Yoga della visione della Forma Universale"'


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CAPITOLO XII - Bhakti Yoga

Arjuna disse:

1. "Fra quei devoti che Ti adorano con costante fermezza e quelli che adorano l'Imperituro, il Non Manifesto quali sono maggiormente versati nello yoga?".

Il Signore Beato disse:

2. "Coloro che fissando le loro menti su di Me, Mi adorano stando sempre uniti a Me con devozione suprema, sono a Mio parere i perfetti conoscitori dello yoga.

3. "Ma quelli che adorano l'Imperituro, l'Indescrivibile, il Non Manifesto, l'Onnipresente, l'Inconcepibile, l'Immutabile, l'Eterno;

4. "Che hanno soggiogato tutti i sensi, che sono sempre in possesso di equanimità e si dedicano al benessere di tutti gli esseri - invero anch'essi ottengono Me.

5. "Coloro che si prefiggono per mèta il Non Manifesto aumentano le difficoltà; perché per gli esseri incarnati arduo è il sentiero che porta all'Assoluto.

6 - 7. "Ma quelli che Mi adorano, abbandonando a Me tutte le attività (pensandoMi come l'unico Autore delle azioni), contemplandoMi con uno yoga totale ed esclusivo - rimanendo assorti in Me - invero, Figlio di Pritha, per questi che hanno la coscienza fissa in Me Io divento ben presto il Salvatore che li tira fuori dall'oceano delle nascite mortali.

8. "Immergi la tua mente soltanto in Me, concentra su di Me la tua percezione discriminativa, e al di là di ogni dubbio dimorerai eternamente in Me.

9. "O Dhananjaya, se non fossi capace di tenere ferma la tua mente su di Me, cerca allora di raggiungerMi con la pratica costante dello yoga.

10. "Se però non fossi capace di praticare yoga con continuità, dedicati con diligenza a compiere azioni pensando a Me. Anche impegnandoti nelle attività per amor Mio otterrai il supremo successo divino.

11. "Se non riuscissi a fare neppure questo, allora, rimanendo attaccato a Me come tuo Rifugio, rinuncia ai frutti di tutte le azioni mentre continui a sforzarti di ottenere l'autocontrollo.

12. "Invero la saggezza (nata dalla pratica yoga) è superiore alla pratica (meccanica) dello yoga; la meditazione è più desiderabile del possesso della conoscenza (teorica); la rinuncia ai frutti delle azioni è meglio (degli stati iniziali) della meditazione. la rinuncia ai frutti delle azioni è seguita immediatamente dalla pace.

13 - 14. "Chi è libero dall'odio verso tutte le creature ed è amichevole e compassionevole verso tutti; chi è privo della coscienza di "Io e mio" e di possessività; chi è equanime nella sofferenza e nella gioia; paziente e misericordioso, sempre contento; chi pratica regolarmente yoga, sforzandosi costantemente di conoscere il Sé e unirsi allo Spirito; chi è in possesso di ferma determinazione, con la mente e la discriminazione abbandonate a Me questi è Mio devoto, e Mi è caro.

15. "L'individuo che non crea disturbo nel mondo e che non può essere disturbato dal mondo, che è libero da esultanza, gelosia, paura e ansietà - anche questi Mi è caro.

16. "Chi è libero dai desideri mondani, chi è puro (nel corpo e nella mente), chi è sempre pronto (ad agire), chi rimane indifferente e non turbato dalle circostanze, chi ha rinunciato a tutte le imprese piacevoli (iniziate dall'ego) - questi è Mio devoto, e Mi è caro.

17. "Chi non sente né gioia né avversione verso le cose tristi e piacevoli (della vita), chi è libero da dolori e desideri, chi ha bandito (la coscienza relativa di) bene e male, e chi è intensamente devoto - questi Mi è caro.

18 - 19. "Chi è ugualmente tranquillo davanti ad amici e nemici, (ricevendo) adorazione e insulti, e durante le esperienze di caldo e freddo e di piacere e sofferenza; chi ha rinunciato all'attaccamento, considerando allo stesso modo lode e biasimo; chi è tranquillo e contento con qualunque cosa, non attaccato alla vita di casa, ed ha una natura calma e piena di devozione - questi Mi è caro.

20. "Ma quelli che perseguono con fede (shraddha) questa religione (dharma) immortale, come ho detto prima, colmi di devozione e supremamente assorti in Me - questi devoti Mi sono estremamente cari".

Qui finisce il dodicesimo capitolo chiamato "Bhakti-yoga"
"Lo Yoga della Devozione."

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CAPITOLO XII - Bhakti Yoga

Arjuna disse:

1. "Fra quei devoti che Ti adorano con costante fermezza e quelli che adorano l'Imperituro, il Non Manifesto quali sono maggiormente versati nello yoga?".

Il Signore Beato disse:

2. "Coloro che fissando le loro menti su di Me, Mi adorano stando sempre uniti a Me con devozione suprema, sono a Mio parere i perfetti conoscitori dello yoga.

3. "Ma quelli che adorano l'Imperituro, l'Indescrivibile, il Non Manifesto, l'Onnipresente, l'Inconcepibile, l'Immutabile, l'Eterno;

4. "Che hanno soggiogato tutti i sensi, che sono sempre in possesso di equanimità e si dedicano al benessere di tutti gli esseri - invero anch'essi ottengono Me.

5. "Coloro che si prefiggono per mèta il Non Manifesto aumentano le difficoltà; perché per gli esseri incarnati arduo è il sentiero che porta all'Assoluto.

6 - 7. "Ma quelli che Mi adorano, abbandonando a Me tutte le attività (pensandoMi come l'unico Autore delle azioni), contemplandoMi con uno yoga totale ed esclusivo - rimanendo assorti in Me - invero, Figlio di Pritha, per questi che hanno la coscienza fissa in Me Io divento ben presto il Salvatore che li tira fuori dall'oceano delle nascite mortali.

8. "Immergi la tua mente soltanto in Me, concentra su di Me la tua percezione discriminativa, e al di là di ogni dubbio dimorerai eternamente in Me.

9. "O Dhananjaya, se non fossi capace di tenere ferma la tua mente su di Me, cerca allora di raggiungerMi con la pratica costante dello yoga.

10. "Se però non fossi capace di praticare yoga con continuità, dedicati con diligenza a compiere azioni pensando a Me. Anche impegnandoti nelle attività per amor Mio otterrai il supremo successo divino.

11. "Se non riuscissi a fare neppure questo, allora, rimanendo attaccato a Me come tuo Rifugio, rinuncia ai frutti di tutte le azioni mentre continui a sforzarti di ottenere l'autocontrollo.

12. "Invero la saggezza (nata dalla pratica yoga) è superiore alla pratica (meccanica) dello yoga; la meditazione è più desiderabile del possesso della conoscenza (teorica); la rinuncia ai frutti delle azioni è meglio (degli stati iniziali) della meditazione. la rinuncia ai frutti delle azioni è seguita immediatamente dalla pace.

13 - 14. "Chi è libero dall'odio verso tutte le creature ed è amichevole e compassionevole verso tutti; chi è privo della coscienza di "Io e mio" e di possessività; chi è equanime nella sofferenza e nella gioia; paziente e misericordioso, sempre contento; chi pratica regolarmente yoga, sforzandosi costantemente di conoscere il Sé e unirsi allo Spirito; chi è in possesso di ferma determinazione, con la mente e la discriminazione abbandonate a Me questi è Mio devoto, e Mi è caro.

15. "L'individuo che non crea disturbo nel mondo e che non può essere disturbato dal mondo, che è libero da esultanza, gelosia, paura e ansietà - anche questi Mi è caro.

16. "Chi è libero dai desideri mondani, chi è puro (nel corpo e nella mente), chi è sempre pronto (ad agire), chi rimane indifferente e non turbato dalle circostanze, chi ha rinunciato a tutte le imprese piacevoli (iniziate dall'ego) - questi è Mio devoto, e Mi è caro.

17. "Chi non sente né gioia né avversione verso le cose tristi e piacevoli (della vita), chi è libero da dolori e desideri, chi ha bandito (la coscienza relativa di) bene e male, e chi è intensamente devoto - questi Mi è caro.

18 - 19. "Chi è ugualmente tranquillo davanti ad amici e nemici, (ricevendo) adorazione e insulti, e durante le esperienze di caldo e freddo e di piacere e sofferenza; chi ha rinunciato all'attaccamento, considerando allo stesso modo lode e biasimo; chi è tranquillo e contento con qualunque cosa, non attaccato alla vita di casa, ed ha una natura calma e piena di devozione - questi Mi è caro.

20. "Ma quelli che perseguono con fede (shraddha) questa religione (dharma) immortale, come ho detto prima, colmi di devozione e supremamente assorti in Me - questi devoti Mi sono estremamente cari".

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"Lo Yoga della Devozione."

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CAPITOLO XIII - Il Campo e il Conoscitore del Campo

Arjuna disse:

"O Keshava, desidero sapere di Prakriti (l'intelligente Madre Natura) e di Purusha (Dio Padre trascendente); dello kshetra (il 'campo' del corpo) e dello kshetrajna (l'anima o conoscitore del 'campo'); della conoscenza e di Quello che dev'essere conosciuto".

Il Signore Beato disse:

1. "Figlio di Kunti, coloro che conoscono la verità chiamano il corpo kshetra (il 'campo' in cui si semina e si raccoglie buono e cattivo karma); allo stesso modo chiamano kshetrajna (anima) ciò che conosce il campo.

2. "O Discendente di Bharata, sappi anche che Io sono lo Kshetrajna (Colui che percepisce) in tutti gli kshetra (i corpi emanati dal principio cosmico creativo e dalla Natura). Per Me la comprensione di kshetra e kshetrajna costituisce la vera saggezza.

3. "Ora ti dirò in breve dello kshetra, dei suoi attributi, del suo principio di causa ed effetto, delle sue influenze che causano modificazioni, ed anche chi è Lui (lo Kshetrajna) e qual è la natura dei Suoi poteri.

4. "(Queste verità) sono state chiaramente celebrate dai Rishi in molti modi; in vari canti nei Veda e nelle convincenti analisi piene di logica degli aforismi su Brabman (i 'Brahma Sutra).

5. "Brevemente descritto, lo kshetra e le sue modificazioni sono composte dal Non Manifesto (Mula-Prakriti, la Natura indifferenziata), dai cinque elementi cosmici, dai dieci sensi e dalla mente, dall'intelligenza (buddhi), dall'egoismo, dai cinque oggetti dei sensi;

6. "Da desiderio, odio, piacere e dolore; dall'aggregazione (il corpo, che è una combinazione di forze diverse), dalla coscienza e dalla persistenza.

7. "(Il saggio è contraddistinto da) umiltà, mancanza d'ipocrisia, non violenza, clemenza, rettitudine, servizio al guru, purezza di mente e corpo, fermezza e auto-controllo;

8. "Indifferenza verso gli oggetti dei sensi, assenza di egoismo, comprensione delle sofferenze e dei mali (impliciti nella vita mortale): nascita, malattia, vecchiaia e morte;

9. "Non attaccamento, non identificazione del Sé con cose come figli, moglie e casa; costante equanimità in tutte le circostanze desiderabili e indesiderabili;

10. "Incrollabile devozione a Me mediante lo yoga della non-separazione; vivere in luoghi solitari, evitare la compagnia delle persone mondane;

11. "Perseveranza nella conoscenza del Sé e percezione intuitiva dello scopo di ogni sapere. Tutte queste qualità costituiscono la saggezza; (le qualità) ad esse opposte costituiscono l'ignoranza.

12. "Ti dirò di Quello che dev'essere conosciuto, perché tale conoscenza dà l'immortalità. Ascolta del Brahman Supremo senza principio - Colui che non è chiamato né esistente (sat) né inesistente (asat).

13. "Egli è presente nel mondo, avvolgendo tutto le Sue mani e i Suoi piedi sono dappertutto; i Suoi occhi e le Sue orecchie sono da tutte le parti, le Sue bocche e le Sue teste sono ovunque;

14. "Splendente in tutte le funzioni dei sensi e tuttavia trascendente i sensi; non attaccato alla creazione e tuttavia il Sostegno di tutto; libero dai guna (le tre qualità della Natura) e tuttavia Colui che ne gode.

15. "Egli è dentro e fuori tutto ciò che esiste, l'animato e l'inanimato; Egli è nel contempo vicino e lontano; impercettibile a causa della Sua sottigliezza.

16. "Egli - l'Uno Indivisibile - appare come innumerevoli esseri. Egli sostiene e distrugge le loro forme, e poi le crea di nuovo.

17. "Luce di tutte le Luci, al di là dell'oscurità; Conoscenza stessa, Quello che dev'essere conosciuto, la Mèta di ogni sapere, Egli dimora nei cuori di tutti.

18. "Ho descritto brevemente il Campo, la natura della saggezza e l'Oggetto della saggezza. Conoscendo queste cose, il Mio devoto entra nel Mio essere.

19. "Sappi che Purusha e Prakriti sono entrambi senza principio; sappi anche che tutte le modificazioni e le qualità (guna) nascono da Prakriti.

20. "Della creazione del corpo e degli strumenti (i sensi), Prakriti è la causa. Dell'esperienza di gioia e dolore, il Purusha è la causa.

21. "Il Purusha coinvolto da Prakriti fa esperienza dei guna nati dalla Natura. L'attaccamento alle tre qualità di Prakrìti causa l'incarnazione dell'anima in buoni e cattivi grembi.

22. "Il Supremo Purusha, trascendente ed esistente nel corpo, è lo Spettatore distaccato, Colui che dà il consenso e che ne gode, il Sostenitore, il Gran Signore ed anche il Sé Supremo.

23. "Qualunque sia il suo modo di vita, chi realizza in tal modo il Purusha e la triplice natura di Prakriti non sarà più soggetto alla rinascita.

24. "Per vedere il Sé nel sé (l'ego purificato) mediante il sé (la mente illuminata), alcuni seguono il sentiero della meditazione, altri il sentiero della conoscenza e altri ancora il sentiero dell'azione disinteressata.

25. "Altri ancora, ignoranti delle tre vie principali, ascoltano le istruzioni del guru. Seguendo il sentiero dell'adorazione, considerando gli antichi insegnamenti come il Supremo Rifugio, anche questi ottengono l'immortalità.

26. "O Migliore dei Bharata! Sappi che tutto ciò che esiste - ogni essere, ogni oggetto, la creazione animata e inanimata - nasce dall'unione di Kshetra e Kshetrajna (Natura e Spirito).

27. "Vede realmente chi percepisce il Signore Supremo presente ugualmente in tutte le creature, l'Imperituro nel transitorio.

28. "Chi è consapevole dell'onnipresenza di Dio non ferisce il Sé con il sé. Quest'uomo raggiunge la Mèta Suprema.

29. "Percepisce la verità chi vede che tutte le azioni sono fatte interamente da Prakriti soltanto e non dal Sé, che non agisce.

30. "Quando un uomo vede che tutti gli esseri separati esistono nell'Uno, che Si è espanso nei molti, allora si fonde con Brahman.

31. "O Figlio di Kunti! Siccome il Sé Supremo e Immutabile è senza principio e senza attributi (guna), non compie azioni e non ne viene influenzato, anche quando dimora nel corpo.

32. "Come l'etere onnipervadente, per la sua essenza sottile, è al di là di ogni contaminazione - similmente il Sé, pur presente ovunque nel corpo, è sempre immacolato.

33. "O Bharata! Come il sole illumina da solo il mondo intero, così il Signore del Campo (Dio e il Suo riflesso, l'anima) illumina il campo intero (la Natura e la 'piccola natura' del corpo).

34. "Entrano nel Supremo coloro che percepiscono con l'occhio della saggezza la distinzione tra Kshetra e Kshetrajna, e anche coloro che conoscono il metodo per liberare gli esseri da Prakriti.

Qui finisce il tredicesimo capitolo chiamato "Kshetra-kshtrajna-vibhaga-yoga"
"Lo Yoga delta Distinzione fra il Campo e il Conoscitore del Campo"


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CAPITOLO XIV - I Tre Guna

Il Signore Beato disse:

1. "Ti esporrò di nuovo la saggezza suprema che trascende ogni conoscenza. Con tale saggezza, al termine di questa vita, tutti i saggi hanno ottenuto la perfezione finale.

2. "Realizzando questa saggezza, stabiliti nel Mio Essere, i saggi non rinascono nemmeno all'inizio di un nuovo ciclo di creazione, né sono turbati al tempo della dissoluzione universale.

3. "La Grande Prakriti (Mahat-Brahma) è il Mio grembo, nel quale deposito il seme (della Mia Intelligenza): questa è la causa della nascita di tutti gli esseri.

4. "Figlio di Kunti! Di tutte le forme - prodotte da qualsiasi tipo di grembo - la Grande Prakriti è la matrice (Madre) originaria ed Io sono il Padre che fornisce il seme.

5. "O Eroe dal Braccio Possente! I guna che nascono da Prakriti - sattva, rajas e tamas - imprigionano saldamente nel corpo l'Incarnato Imperituro.

6. "O Senza-peccato! Dei tre guna, l'immacolato sattva dà illuminazione e salute. Tuttavia lega l'uomo con l'attaccamento alla felicità e l'attaccamento alla conoscenza.

7. "Sappi, Figlio di Kunti, che l'attivante rajas è permeato di passione e fa nascere il desiderio e l'attaccamento; esso lega saldamente l'anima incarnata mediante l'attaccamento alle azioni.

8. "O Bharata! Sappi che il tamas nasce dall'ignoranza, illudendo tutti gli esseri incarnati. Esso li incatena con il fraintendimento, l'indolenza ed il sonno.

9. "Il sattva fa attaccare alla felicità; il rajas all'attività; mentre il tamas, eclissando il potere della discriminazione, fa attaccare al fraintendimento.

10. "A volte predomina il sattva sopraffacendo il rajas e il tamas. A volte prevale il rajas, non il sattva o il tamas; mentre a volte il tamas oscura il sattva e il rajas.

11. "Si può sapere che predomina il sattva quando la luce della saggezza risplende attraverso tutte le porte dei sensi del corpo.

12. "La predominanza del rajas causa cupidigia, attività, bisogno di agire, agitazione e desiderio.

13. "Il tamas come guna dominante produce oscurità, indolenza, trascuratezza nei doveri e illusione.

14. "L'uomo che muore con le qualità sattviche predominanti raggiunge le regioni immacolate in cui dimorano i conoscitori del Supremo.

15. "Se al momento della morte prevale il rajas, l'individuo rinasce tra quelli attaccati all'attività. Chi muore permeato dal tamas entra nei grembi di coloro che sono profondamente immersi nell'illusione.

16. "(I saggi) dicono che il frutto delle azioni sattviche è armonia e purezza. Il frutto delle azioni rajasiche è il dolore. Il frutto delle azioni tamasiche è l'ignoranza.

17. "Dal sattva nasce la saggezza; dal rajas la cupidigia; dal tamas la negligenza, l'illusione e l'ignoranza.

18. "Coloro che sono stabiliti nel sattva vanno in alto; i rajasici dimorano nel mezzo; mentre i tamasici, che sono immersi nel guna più basso, scendono giù.

19. "Quando il veggente non percepisce (nella creazione) alcun agente eccetto i tre guna, e conosce Quello che è superiore ai guna, entra nel Mio Essere.

20. "Avendo trasceso le tre qualità della Natura che sono la causa dell'incarnazione fisica - un uomo è liberato dalle sofferenze di nascita, vecchiaia, dolore e morte; e ottiene l'immortalità".

Arjuna disse:

21. "O Signore, quali segni contraddistinguono colui che ha trasceso le tre qualità? Qual è il suo comportamento? Come fa ad andare oltre i tre guna?".

Il Signore Beato disse:

22. "O Pandava! Colui che non aborrisce la presenza dei guna - (e dei loro effetti): illuminazione, attività e ignoranza - né deplora la loro assenza;

23. "Che rimane indifferente e non turbato dalle tre qualità - realizzando che esse soltanto operano nella creazione; con la mente che non oscilla, ma sempre centrata nel Sé;

24. "Uguale nel piacere e nel dolore, nella lode e nel biasimo - ben saldo nella sua natura divina; guardando con occhio equanime un pezzo di terra, una pietra e l'oro; uguale nella sua attitudine verso (persone ed esperienze) piacevoli e spiacevoli; fermo di mente;

25. "Uguale nell'onore e nel disonore; trattando allo stesso modo l'amico e il nemico; abbandonata ogni illusione di essere la persona che agisce - questi è colui che ha trasceso le tre qualità!

26. "Chi Mi serve con ferma devozione trascende i guna ed è qualificato a diventare Brahman.

27. "Poiché Io sono la base dell'Infinito, Immortale e Immutabile; e dell'eterno Dharma e della Beatitudine Assoluta".

Qui finisce il quattordicesimo capitolo chiamato "Guna-traya-vibhaga-yoga"
"Lo Yoga della Distinzione fra i tre Guna"

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CAPITOLO XV - Purushottama - L'Essere Supremo

Il Signore Beato disse:

1. "Essi (i saggi) parlano di un eterno albero ashvattha, con le radici in alto e i rami in basso, le cui foglie sono i Veda Chi conosce quest'albero della vita è un conoscitore dei Veda.

2. "I suoi rami, nutriti dai guna, si estendono in alto e in basso; i suoi germogli sono gli oggetti dei sensi; e sotto, nel mondo degli uomini, estende le radici che forzano l'uomo alle azioni.

3 - 4. "Le persone comuni non possono percepire la vera natura di quest'Albero, il suo principio, la sua fine e i suoi modi di continuità. I saggi dopo aver reciso l'Ashvattha saldamente radicato con la potente ascia del non attaccamento, pensando "lo prendo rifugio nel Primevo Purusha dal quale sono stati emanati gli eterni processi della creazione" - cercano la Mèta Suprema. E raggiuntala, non fanno più ritorno all'esistenza fenomenica.

5. "Senza brama di onore; libero dall'illusione e dal malevolo attaccamento; con i desideri banditi completamente; liberato dalle coppie di opposti, come piacere e dolore; sempre stabilito nel Sé, il saggio non più ingannato raggiunge lo stato immutabile.

6. "Laddove non splende il sole né la luna né il fuoco, quella è la Mia Dimora Suprema. Dopo averla raggiunta, gli uomini non rinascono mai più.

7. "Una parte eterna di Me Stesso, manifestata come anima vivente (jiva) nel mondo degli esseri, attira a sé i sei sensi - inclusa la mente che dimorano in Prakriti.

8. "Quando il Signore (come jiva) assume un corpo, porta con sé la mente e i sensi. Quando lascia quel corpo, li prende e se ne va, come il vento porta via i profumi dalle loro sedi (nei fiori).

9. "Governando la mente e i sensi dell'udito, della vista, del tatto, del gusto e dell'odorato, Egli gode del mondo dei sensi.

10. "Le persone immerse nell'illusione non Lo percepiscono mentre Egli rimane o diparte o fa esperienza del mondo dei guna. Ma Lo vedono quelli che hanno l'occhio della saggezza aperto.

11. "Gli yogi che si sforzano di ottenere la liberazione Lo vedono esistere in loro; ma le persone indisciplinate e non purificate non riescono a percepirLo, anche quando si sforzano di farlo.

12. "Sappi che la radiosità della luce del sole - che illumina il mondo intero - della luce che proviene dalla luna e della luce del fuoco, è la Mia.

13. "Permeando la terra con la Mia energia vitale (ojas), Io sostengo tutti gli esseri; e diventando la linfa lunare (soma), nutro tutte le forme vegetali.

14. "Diventato (il potente fuoco) Vaishvanara, sono presente nel corpo delle creature viventi; e, agendo attraverso il prana e l'apana, digerisco il cibo ingerito in quattro modi.

15. "Io dimoro nel cuore di tutti gli esseri. Da Me viene la memoria e la conoscenza, come pure la loro perdita. In verità Io sono Quello che dev'essere conosciuto attraverso i Veda, invero, Io sono il Conoscitore dei Veda e l'Autore del Vedanta.

16. "Nel cosmo vi sono due Esseri (Purusha), il perituro e l'imperituro. Tutte le creature costituiscono il perituro, mentre il Kutastha è l'Imperituro.

17. "Vi è però un altro, il Supremo Purusha, chiamato Spirito Supremo (Paramatma) - l'Eterno Signore che permea e sostiene i tre mondi.

18. "Io (il Signore) sono oltre il perituro (Prakriti) e sono anche superiore all'Imperituro (Kutastha). Per questo nei mondi e nei Veda (nella percezione intuitiva delle anime liberate) sono glorificato col nome di Purushottama, l'Essere Supremo.

19. "Discendente di Bharata! Colui che, liberato dall'illusione, Mi conosce come lo Spirito Supremo, conosce tutto. Egli Mi adora con tutto il suo essere.

20. "Così, o Senza-Peccato, ti ho impartito questa profondissima saggezza. Realizzandola, l'uomo diventa un saggio, uno che ha adempiuto con successo tutti i suoi doveri e tuttavia continua ad agire".

Qui finisce il quindicesimo capitolo chiamato "Purushottama-yoga"
"Lo Yoga del Supremo Purusha"


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28/05/2009 15:22
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CAPITOLO XVI - Il Divino e il Demoniaco

Il Signore Beato disse:

1. "Assenza di paura, purezza di cuore, perseveranza nell'acquisizione della saggezza e nella pratica yoga, carità, controllo dei sensi, compiere riti sacri (yajna), studio delle sacre scritture, austerità, rettitudine;

2. "Non violenza, verità, assenza di collera, rinuncia interiore, pace, avversione alla calunnia, compassione verso tutte le creature, assenza di cupidigia, gentilezza, modestia, tranquillità;

3. "Radiosità di carattere, clemenza, pazienza, purezza, mancanza di odio e assenza di orgoglio - queste qualità, o Bharata, sono la ricchezza di chi ha inclinazioni divine.

4. "O Partha, il vanitoso orgoglio, l'arroganza, l'eccessiva stima di sé, la collera, come pure l'asprezza e l'ignoranza, contraddistinguono l'uomo nato con una natura demoniaca (asurica).

5. "Le qualità divine donano la liberazione; le qualità demoniache portano alla schiavitù. Non temere, o Pandava! Tu sei dotato di caratteristiche divine.

6. "In questo mondo vi sono due tipi di uomini: il divino e il demoniaco. Ti ho già descritto ampiamente quali sono le qualità divine. Ascolta ora, o Partha, quali sono quelle demoniache.

7. "Le persone di natura demoniaca non conoscono il giusto sentiero dell'azione o quando astenersi dall'azione. Esse mancano di purezza, di verità e di buona condotta.

8. "Dicono: "Il mondo non ha un fondamento morale né una verità permanente, né un Dio o Signore. Tutte le cose traggono origine dalla mutua unione, causata dal desiderio lussurioso. Che altro?".

9. "Coi loro piccoli intelletti, questi esseri rovinati s'attaccano alle loro erronee convinzioni e commettono molte atrocità. Essi sono nemici del mondo, propensi alla sua distruzione. 10. "Dediti a insaziabili desideri, pieni d'ipocrisia, orgoglio e arroganza, nutrendo idee malvagie a causa dell'illusione, tutte le loro azioni sono impuramente motivate.

11. "Credendo che l'appagamento dei desideri lussuriosi del corpo sia lo scopo supremo della vita, sicuri che questo mondo sia 'tutto', questi uomini sono immersi fino al momento della morte nelle cure e nelle preoccupazioni terrene.

12. "Legati da centinaia di catene di speranze ed aspettative egoistiche, schiavi del desiderio e della collera, si sforzano di procurarsi i godimenti fisici accumulando ricchezze in maniera disonesta.

13. ""Oggi ho ottenuto questo, e presto appagherò un altro desiderio. Questa è la mia attuale ricchezza, ma in futuro molto di più sarà mio".

14. ""Ho ucciso questo nemico, e presto ne ucciderò anche altri. Sono un signore tra gli uomini; godo di tanti possessi; ho successo, sono potente e felice".

15. ""Sono ricco e di nobile famiglia. Chi altri può essere paragonato a me? Offrirò doni con ostentazione e farò sacrifici formali; sarò felice". Così parlano, fuorviati dall'ignoranza.

16. "Nutrendo pensieri confusi, presi nella rete dell'illusione, bramando solo la gratificazione dei piaceri dei sensi, essi sprofondano in un orribile inferno.

17. "Pieni d'arroganza, ostinati, inebriati dall'orgoglio della ricchezza, essi compiono ipocritamente sacrifici che sono tali solo di nome, senza seguire le ingiunzioni delle sacre scritture.

18. "Essendo pieni d'egoismo, di violenza, d'arroganza, di lussuria, e inclini all'ira - questi uomini malvagi disprezzano Me, che dimoro in loro e in tutti gli altri.

19. "Questi crudeli perpetratori del male che non sanno che odiare, i peggiori tra gli uomini, Io li getto ripetutamente nei grembi demoniaci del mondo delle rinascite.

20. "Entrando in grembi di asura, illusi nascita dopo nascita, non riuscendo ad ottenerMi, essi discendono in abissi sempre più profondi.

21. "Tre sono le porte dell'inferno che portano alla distruzione del bene dell'anima: lussuria, collera e cupidigia. Perciò, l'uomo deve abbandonare queste tre.

22. "Figlio di Kunti! Allontanandosi dalle tre porte del regno delle tenebre, l'uomo agisce per il bene della propria anima e quindi raggiunge la Mèta Suprema.

23. "Chi ignora i comandamenti delle sacre scritture e agisce seguendo i propri folli desideri, non ottiene la felicità né la perfezione né la Mèta Suprema.

24. "Prendi dunque le sacre scritture come guida per determinare ciò che dev'essere fatto e ciò che dev'essere evitato. Con la comprensione intuitiva degli insegnamenti esposti nei testi sacri, sii felice di compiere il tuo dovere qui (nel mondo)".

Qui finisce il sedicesimo capitolo chiamato "Daivasura-sampad-vibhaga-yoga"
"Lo Yoga della Distinzione fra le Qualità Divine e quelle Demoniache"


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28/05/2009 15:23
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CAPITOLO XVII - I Tre Tipi di Fede

Arjuna disse:

1. "Qual è, o Krìshna, lo stato di coloro che ignorano i comandamenti delle sacre scritture, ma compiono i sacrifici pieni di fede?. Sono di natura sattvca, rajasica o tamasica?".

Il Signore Beato disse:

2. "La fede insita nella natura degli esseri incarnati è triplice: sattvica, rajasica e tamasica. Ascolta ciò che ti dico.

3. "La fede di ciascuno è conforme alla propria natura innata, o Bharata. L'uomo è fatto dalla sua fede; com'è la sua fede, così invero egli è.

4. "Gli uomini sattvici rendono omaggio ai deva, i rajasici agli yaksha e ai rakshasa, e i tamasici ai preta e alla moltitudine di bhuta.

5 - 6. "Sappi che gli uomini che praticano terribili austerità non autorizzate dalle sacre scritture sono di natura asurica. Pieni d'ipocrisia ed egoismo - dominati dalla lussuria, dall'attaccamento e dalla follia violenta del potere - torturano in maniera insensata gli elementi del corpo e inoltre offendono Me, che sono Colui che vi dimora dentro.

7. "Ciascuno dei tre tipi di uomini ama uno dei tre tipi di cibo. Anche i sacrifici, le austerità e l'offerta di doni hanno una triplice natura. Ascolta adesso quali sono le loro distinzioni.

8. "I cibi che aumentano la vitalità, l'energia, la forza, la salute, la gioia e il buon appetito, e che sono dolci, soffici, sostanziosi e piacevoli, sono amati dalle persone pure (sattviche).

9. "I cibi amari, acidi, salati, eccessivamente caldi, piccanti, - aspri e che producono bruciore, sono preferiti dagli uomini rajasici; essi producono dolore, malessere e malattie.

10. "I cibi che non hanno alcun valore nutritivo, che sono insipidi, putridi, stantii, cucinati in precedenza, fatti di avanzi e impuri, sono graditi alle persone tamasiche.

11. "Lo yajna (sacrificio o dovere) offerto dagli uomini che non desiderano il frutto dell'azione, e fatto secondo le ingiunzioni delle sacre scritture, solo per amore della giustizia, è sattvico.

12. "O Migliore dei Bharata! Lo yajna fatto per amore della ricompensa e in uno spirito di vana- ostentazione è di natura rajasica.

13. "Lo yajna fatto senza alcun rispetto delle ingiunzioni delle sacre scritture, senza offerte di cibo e doni di apprezzamento, senza preghiere o canti sacri, e senza devozione (a Dio) - è tamasico.

14. "L'adorazione degli dèi, dei due-volte-nati, dei guru e dei saggi; la purezza, la rettitudine, la castità e la non violenza sono considerate le austerità del corpo.

15. "Lo studio regolare delle sacre scritture (la comunione interiore con il proprio Sé), e il proferire parole che non causano risentimento, ma che sono vere, piacevoli e benefiche - sono considerati austerità della parola.

16. "La serenità di mente, la dolcezza, il silenzio, l'autocontrollo e la purezza di carattere costituiscono le austerità della mente.

17. "Questa triplice austerità, praticata dagli uomini perseveranti che hanno una grande fede e non desiderano il frutto delle azioni, è considerata di natura sattvica.

18. "Le austerità sono considerate rajasiche, instabili e transitorie, quando sono praticate con ostentazione e per ottenere il rispetto, l'onore e la venerazione degli uomini.

19. "Le austerità tamasiche sono quelle che si basano sull'ignoranza o su una folle concezione, o che sono praticate per torturare se stessi o per fare del male agli altri.

20. "Il dono sattvico è quello che si fa per amore della giustizia, senza aspettarsi nulla in cambio; e donato nel momento e nel posto giusto ad una persona che ne è degna.

21. "Il dono offerto con riluttanza o nella speranza di ricevere qualcosa in cambio o di guadagnare del merito, è considerato rajasico.

22. "Il dono tamasico è quello dato nel momento e nel posto sbagliato, ad una persona che non ne è degna, senza rispetto o con disprezzo.

23. "'Aum Tat Sat' sono state tramandate come le tre parole che designano Brahman (Dio). Da questo potere furono creati all'inizio i brahmana (i conoscitori di Brahman), i Veda e i riti sacrificali (yajna).

24. "Per questo tutti gli atti dei devoti di Brahman - sacrifici, offerte di doni e austerità, fatti secondo le ingiunzioni delle sacre scritture - cominciano sempre con il canto di "Aum".

25. "Coloro che cercano la liberazione compiono i diversi atti di sacrificio, offrono doni e fanno austerità mentre si concentrano su "Tat", senza alcun desiderio per il risultato.

26. "La parola "Sat" indica la Realtà Suprema (oltre la creazione) e il Bene (che da Essa emana in tutta la creazione). La parola "Sat" si riferisce anche alle più alte forme di azione spirituale.

27. "Lo stato di stabilità nei più alti riti sacrificali, nell'autodisciplina e nelle offerte devozionali viene chiamato "Sat" (comunione con Dio, la Coscienza Cosmica trascendente). Invero la stessa azione spirituale connessa a "Tat" (realizzazione di Dio immanente nella creazione) è ugualmente chiamata "Sat".

28. "O Partha! Ogni sacrificio, offerta di doni o austerità che venga praticato senza fede (o devozione) è chiamato "asat". Esso non ha alcun valore né qui né nell'aldilà".

Qui finisce il diciassettesimo capitolo chiamato "Shraddha-traya-vibhaga-yoga"
"Lo Yoga della Distinzione fra i tre Tipi di Fede"

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28/05/2009 15:24
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CAPITOLO XVIII - La Liberazione attraverso La Rinuncia

Arjuna disse:

1. "O Hrishikesha! Guerriero dal Braccio Possente! Uccisore del demone Keshi! Desidero conoscere il vero significato di sannyasa (rinuncia) ed anche di tyaga (abbandono), e qual è la loro differenza".

Il Signore Beato disse:

2. "I saggi chiamano 'sannyasa' la rinuncia a tutte le azioni fatte con desiderio. I saggi dicono che 'tyaga' è la rinuncia ai frutti delle azioni.

3. "Alcuni filosofi dicono che bisogna rinunciare a tutte le azioni perché piene di male. Altri dichiarano che gli atti di sacrificio (yajna), di filantropia (dana, offerte di doni) e di autodisciplina (tapas) non devono essere abbandonati.

4. "Ascolta dunque da Me, o Migliore dei Bharata, la verità finale sulla rinuncia. Infatti, Tigre tra gli Uomini, è stato detto che la rinuncia è di tre tipi.

5. "Invero le azioni implicite nello yajna, nel dana e nel tapas devono essere compiute, e non devono essere abbandonate; poiché il sacro rito del fuoco, la filantropia e l'autodisciplina santificano il saggio.

6. "Ma anche queste azioni, o Partha, devono essere fatte abbandonando l'attacamento (ad esse) e il desiderio per i (loro) frutti. Questa è la Mia certa e suprema convinzione.

7. "La rinuncia all'azione prescritta non è giustificabile. La rinuncia a tale azione, fatta a causa dell'illusione, è considerata tamasica.

8. "Chi rinuncia all'azione realmente difficile per timore della sofferenza e dei problemi che potrebbe avere il corpo, compie una rinuncia 'rajasica'; e non può ricevere il frutto di tale rinuncia (cioè, la salvezza).

9. "O Arjuna, quando l'azione prescritta viene fatta soltanto perché dev'essere fatta, abbandonando l'attaccamento ad essa e al suo frutto, questa rinuncia è considerata sattvica.

10. "Il rinunciante pervaso dal sattva, con l'intelletto calmo, libero dai dubbi, non aborrisce l'azione spiacevole né è felice di compiere quella piacevole.

11. "Per un essere identificato con il corpo è veramente impossibile abbandonare completamente le azioni, ma chi rinuncia al frutto delle azioni è chiamato tyagi (rinunciante).

12. "Il triplice frutto dell'azione - buono, cattivo e misto - si presenta ai non rinuncianti dopo la loro morte, ma mai ai rinuncianti.

13. "O Eroe dal Braccio Possente! Apprendi da Me quali sono le cinque cause che servono a compiere ogni azione, e che sono state esposte nella suprema saggezza (il Sankhya) in cui termina ogni azione.

14. "Il corpo umano; lo pseudo-agente; le molteplici facoltà dei sensi (la mente, l'intelligenza, i cinque strumenti d'azione e i cinque strumenti di conoscenza); le loro varie funzioni di diversa natura; e in ultimo, come quinta, la divinità che vi presiede.

15. "Queste cinque sono le cause di tutte le azioni -siano giuste o sbagliate - che un uomo compie attraverso il corpo, la parola e la mente.

16. "Stando così le cose, l'uomo di mente perversa che a causa dell'intelletto non purificato considera il suo Sé Assoluto come l'autore delle azioni, non vede (la Verità).

17. "Chi è andato oltre l'ossessione dell'egoismo ed ha un'intelligenza non offuscata (dall'idea di bene è male), anche se uccide queste persone (pronte per la battaglia di Kurukshetra), non uccide; né rimane legato (dall'atto di uccidere).

18. "Il conoscitore, la conoscenza e il conosciuto costituiscono le tre cause dell'azione. L'agente, lo strumento e l'attività sono la triplice base dell'azione.

19. "Conoscenza, azione ed agente sono descritti nella filosofia Sankhya di tre tipi soltanto, secondo la distinzione dei tre guna. Ti prego d'ascoltare attentamente riguardo ad essi.

20. "Sappi che quella conoscenza mediante la quale l'unico Spirito indistruttibile viene percepito in tutti gli esseri, indiviso nel diviso, è sattvica.

21. "Quella conoscenza che invece percepisce nel mondo degli esseri molteplici entità di diversa natura, distinte l'una dall'altra, sappi che è rajasica.

22. "Mentre la conoscenza che si concentra su un singolo effetto (il corpo) come fosse la totalità, irragionevole, non conforme ai principi della verità, banale e futile, è considerata tamasica.

23. "L'azione divinamente prescritta, che viene compiuta in uno stato di completo non attaccamento, senza attrazione o avversione, e senza desiderarne i frutti, è chiamata Sattvica.

24. "L'azione ispirata dalla brama per la soddisfazione dei desideri, o fatta con fini egoistici e con molto sforzo, e considerata rajasica.

25. "L'azione tamasica è quella che si fa sotto il dominio dell'illusione, senza tener conto delle proprie capacità, senza valutarne le conseguenze - perdita di salute, d'influenza e di ricchezza - e facendo violenza agli altri.

26. "Il soggetto-agente che è libero dall'attaccamento, senza egoismo, dotato di coraggio ed entusiasmo, che rimane impassibile nel successo o nell'insuccesso, è chiamato sattvico.

27. "Lo strumento d'azione, o agente, che è pieno d'attaccamento, pieno di desiderio per i frutti dell'azione, pieno di cupidigia, impurità e propensità alla violenza, che diventa facilmente giubilante o depresso, è chiamato rajasico.

28. "Il soggetto-agente che è instabile nel corpo e nella mente, volgare, arrogante, senza scrupoli, malevolo, pigro, che si scoraggia facilmente e rimanda tutto a dopo, è detto tamasico.

29. "O Dhananjaya, ora ti spiegherò in maniera esauriente e particolareggiata la triplice distinzione dell'intelletto (buddhi) e della risoluta forza d'animo (dhriti), in conformità ai guna. Ti prego d'ascoltare.

30. "O Partha, è sattvico l'intelletto che conosce perfettamente la via dell'azione piena di desideri e la via della rinuncia, ciò che si deve e non si deve fare, e (le cause che creano) paura e impavidità, schiavitù e liberazione.

31. "O Partha, è rajasico l'intelletto per mezzo del quale si percepisce in maniera tremendamente distorta il dharma (giustizia) e l'adharma (ingiustizia), l'azione che si deve fare e quella che non si deve fare.

32. "O Partha, è tamasico l'intelletto che, avvolto nelle tenebre, considera l'adharma come dharma e vede tutte le cose in maniera perversa.

33. "La risoluta costanza mediante la quale uno regola le funzioni della mente, del prana e dei sensi - controllandone l'oscillazione attraverso la pratica yoga - quella risoluta forza d'animo, o Partha, è sattvica

34. "O Partha, la risoluta pazienza interiore che fa sì che uno regoli la propria mente al dharma (dovere religioso), al desiderio e alle ricchezze - mentre ne brama i frutti, a causa dell'attaccamento - è chiamata dhritirajasica.

35. "Mentre è chiamata dhriti- tamasica (risoluzione interiore al male) quella per cui uno stupido non rinuncia all'eccessivo sonno, alla paura, al dolore, alla disperazione e all'arrogante presunzione.

36. "Ed ora - Toro dei Bharata - ascolta quali sono i tre tipi di felicità. La felicità trascendente che si ottiene con la concentrazione ripetuta della mente e nella quale si realizza l'estinzione di ogni dolore!

37. "La felicità che nasce dalla chiara discriminazione percettiva della realizzazione del Sé, è chiamata sattvica. In principio sembra veleno, ma alla fine è come nettare.

38. "La felicità che nasce dall'unione dei sensi con la materia è chiamata rajasica In principio sembra nettare, ma alla fine è come veleno.

39. "Quella vaga felicità che ha origine e termina nell'autoillusione, che scaturisce dal sonno eccessivo, dalla pigrizia e dall'errata comprensione, è chiamata tamasica.

40. "Non esiste essere sulla terra, o anche tra le divinità dei cieli astrali, che sia libero dai tre guna che nascono da Prakriti.

41. "O Terrore dei Nemici! I doveri dei brahmini, degli kshatriya, dei vaishya e anche dei sudra, sono assegnati a seconda dei guna manifestati dalla loro natura.

42. "Controllo della mente, controllo dei sensi, autodisciplina, purezza, clemenza, rettitudine, conoscenza, realizzazione del Sé e fede nell'aldilà costituiscono i doveri dei brahmini, nascendo dalla loro stessa natura.

43. "Prodezza, splendore, risoluta fermezza, abilità, non sfuggire alla battaglia, generosità e attitudine al comando sono i doveri naturali degli kshatriya.

44. "L'agricoltura, l'allevamento e il commercio sono i doveri naturali dei vaishya. Gli atti di servizio agli altri costituiscono i doveri naturali dei sudra.

45. "Ogni uomo devoto al proprio dovere raggiunge la più alta perfezione. Ascolta adesso come, dedicandosi al suo dovere innato, egli ottiene il successo.

46. "L'uomo ottiene la perfezione adorando, con le predisposizioni karmiche che gli sono naturali, Colui dal quale emanano tutti gli esseri e dal quale è pervaso l'intero universo.

47. "È meglio adempiere il proprio dharma anche se senza merito (e in maniera imperfetta), che fare bene il dharma di un altro. Chi compie il dovere prescritto dalla propria natura innata non commette peccato.

48. "Figlio di Kunti! Uno non deve abbandonare il dovere per il quale è nato, anche se ha qualche imperfezione; perché tutto ciò che si fa è avvolto dall'imperfezione, come il fuoco dal fumo.

49. "Colui che mantiene l'intelletto sempre distaccato dai legami e dalle passioni terrene, che è riuscito a ritrovare la sua anima ed è senza desiderio, ottiene la perfezione suprema: lo stato di realizzazione libero dalle azioni che si ottiene con la rinuncia.

50. "Ascolta in breve da Me - Figlio di Kunti - in che modo colui che ottiene questa perfezione realizza Brahman, il fine supremo della saggezza.

51. "Assorto nel puro intelletto, dominando il corpo e i sensi con risoluta pazienza, rinunciando (per quanto possibile) al suono e alle altre trappole dei sensi, abbandonando l'attaccamento e l'avversione;

52. "Vivendo in un luogo solitario, mangiando poco, controllando il corpo, la parola e la mente; continuamente assorto nella meditazione divina e nello yoga che unisce all'anima; in possesso di sereno distacco;

53. "Tranquillo, avendo abbandonato il senso dell'ego, il potere, l'orgoglio, la lussuria, la collera, i possessi e la coscienza di 'me e mio' - questi è qualificato a diventare uno con Brahman.

54. "Divenuto assorto in Brahman - sereno, senza lamentarsi né desiderare, vedendo la stessa cosa in tutti gli esseri - egli consegue la devozione suprema per Me.

55. "Con la devozione suprema egli realizza Me e la Mia natura: che cosa e chi sono Io. Dopo aver conosciuto queste verità, egli entra rapidamente in Me.

56. "Compiendo sempre fedelmente tutti i propri doveri, prendendo rifugio in Me, con la Mia grazia il devoto perviene allo stato eterno e immutabile.

57. "DedicandoMi mentalmente tutte le azioni, considerandoMì la Mèta Suprema, ricorrendo alla pratica del buddhi-yoga (unione mediante la saggezza discriminativa), assorbi continuamente il tuo cuore in Me.

58. "Con il cuore fermamente assorto in Me, e con la Mia grazia, supererai tutti gli ostacoli. Se invece, preso dal tuo ego, non Mi ascolterai, andrai incontro alla distruzione.

59. "Se, facendoti prendere dall'ego, pensassi: "Non combatterò", vana sarebbe la tua decisione! Perché Prakriti, la tua natura innata, ti costringerebbe a combattere.

60. "Figlio di Kunti! Legato dal karma, innato nella tua natura, saresti costretto a fare tuo malgrado ciò che a causa dell'illusione non vorresti fare.

61. "O Arjuna, il Signore dimora nei cuori di tutte le creature e mediante la Sua illusione cosmica (maya) costringe tutti gli esseri a ruotare come fossero montati su una macchina.

62. "Prendi rifugio in Lui con tutto l'ardore del tuo cuore, o Bharata. Con la Sua grazia otterrai la pace suprema e l'eterna dimora.

63. "Così ti ho rivelato la saggezza più segreta di tutti i segreti. Dopo averla ponderata a fondo, agisci come desideri.

64. "Ascolta ancora la Mia parola ~ la più segreta di tutte. Poiché ti amo intensamente, ti dirò quel che è bene per te.

65. "Assorbi la tua mente in Me, diventa Mio devoto, offri (sacrifica) a Me tutte le cose, inchinati a Me. Tu Mi sei molto caro, perciò in verità ti prometto che verrai a Me!

66. Abbandonando tutti gli altri dharma (doveri), prendi rifugio solo in Me. lo ti libererò da tutti i peccati (derivati dal mancato compimento di quei doveri minori). Non dolerti!

67. "Non dire mai queste verità a chi è privo d'auto-controllo o di devozione, né a chi non rende alcun servizio o non desidera ascoltare, né a chi parla male di Me.

68. "Chiunque impartirà ai Miei devoti la suprema conoscenza segreta, con la massima devozione a Me, verrà senza dubbio a Me.

69. "Nessuno tra gli uomini Mi rende un servizio più prezioso di costui; né in tutto il mondo vi sarà alcuno a Me più caro.

70. "Chi studia e conosce (percepisce intuitivamente) questo sacro dialogo tra noi, Mi adorerà con il sacrificio (yajna) della saggezza. Questa è la Mia sacra parola.

71. "Ed anche l'uomo pieno di fede e senza malizia che ascolterà semplicemente questo sacro dialogo, anche lui, liberato (dal karma terreno), dimorerà nei mondi beati dei virtuosi.

72. "O Partha, hai ascoltato questa saggezza con il cuore concentrato? O Dhananjaya, è stata distrutta l'ignoranza nata dalla tua illusione?".

Arjuna disse:

73. "La mia illusione è stata distrutta! O Achyuta! Attraverso la Tua grazia ho riguadagnato la memoria (della mia anima). Sono fermamente stabilito (nella conoscenza). La mia incertezza è svanita. Agirò secondo la Tua parola".

Sanjaya disse:

74. Così - con i peli del corpo dritti per l'immensa gioia - ho ascoltato questo meraviglioso dialogo tra Vasudeva e la grande anima di Partha.

75. Per grazia di Vyasa mi è stato rivelato questo supremo e segretissimo Yoga, manifestato direttamente alla mia coscienza dallo stesso Krishna, il Signore dello Yoga!

76. O Re (Dhritarashtra). Ricordando, ricordando di continuo lo straordinario e sacro dialogo tra Keshava e Arjuna, rabbrividisco continuamente di gioia.

77. Ricordando incessantemente l'infinita manifestazione di Hari, grande - o Re è la mia meraviglia, e la mia gioia si rinnova continuamente.

Sanjaya concluse:

78. Questa è la mia fede: ovunque sia manifesto Krishna, il Signore dello Yoga, ed ovunque sia presente Partha (un sincero devoto, come Arjuna), l'abile arciere dell'autocontrollo, là si trovano anche prosperità, vittoria, conseguimento dei poteri (spirituali) e l'infallibile legge dell'autodisciplina (che conduce alla liberazione).

Qui finisce il diciottesimo capitolo chiamato "Moksha-sannyasa-yoga"
"Lo Yoga della Liberazione attraverso la Rinuncia"





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Situazione della
Bhagavad-gita



La Bhagavad-gita è il dialogo tra Sri Krishna, Dio, la Persona Suprema, e Arjuna, Suo devoto, Suo intimo amico e discepolo. Arjuna rivolge alcune domande a Krishna, che risponde presentandogli la scienza della realizzazione spirituale. La Bhagavad-gita fa parte del Mahabharata, che fu compilato da Srila Vyasadeva, l’avatara-Scrittore, apparso sulla Terra 5000 anni fa per mettere per iscritto la saggezza vedica a beneficio delle generazioni future.

Il Mahabharata è la narrazione storica delle straordinarie imprese del grande re Bharata e dei suoi discendenti fino ai tre figli del re Vicitravirya: Dhritarastra, Pandu e Vidura. Dhritarastra, come figlio maggiore, avrebbe dovuto ereditare i trono, ma a causa della sua cecità congenita il potere toccò al fratello minore Pandu. Pandu ebbe cinque figli, Yudhisthira, Bhima, Arjuna, Nakula e Sahadeva; Dhritarastra ne ebbe cento, di cui il maggiore si chiamava Duryodhana.

Dhritarastra non accettò mai la supremazia del giovane fratello e allevò i suoi figli animato dalla determinazione che un giorno essi avrebbero regnato sul mondo al posto dei Pandava, i figli di Pandu. Così Duryodhana e i suoi numerosi fratelli crebbero impregnati delle ambizioni paterne, del suo orgoglio e della sua avidità. Pandu morì prematuramente e i suoi figli furono affidati alle cure di Dhritarastra. Quest’ultimo attentò più volte alla loro vita e a quella della loro madre, Pritha, chiamata anche Kunti. Ma le congiure del cieco Dhritarastra furono sventate grazie soprattutto al santo intervento di Vidura, zio dei Pandava, e alla protezione affettuosa di Sri Krishna.

I guerrieri e i comandanti dell’epoca, gli ksatriya, osservando il codice di cavalleria che proibiva loro di rifiutare una sfida al combattimento o al gioco. Abusando di questo codice, Duryodhana ingannò al gioco i cinque fratelli Pandava e riuscì a privarli del regno e perfino della libertà, costringendoli a un esilio di dodici anni. Trascorso questo periodo, i Pandava tornarono alla corte di Duryodhana per chiedergli un territorio su cui regnare, perchè secondo il codice ksatriya un guerriero può svolgere soltanto la funzione di proteggere o di governare. I Pandava erano disposti ad accettare anche un solo villaggio, ma Duryodhana li schiaccia col suo disprezzo: non darà loro neanche la terra sufficiente a piantarvi un filo d’erba.

Arjuna e i suoi fratelli non ebbero altra scelta che ricorrere alle armi. Cominciò così una guerra di enormi proporzioni. Tutti i grandi guerrieri della Terra, si riunirono, chi per mettere sul trono Yudhisthira, il maggiore dei Pandava, chi per contrastarlo, e atttaccarono battaglia a Kuruksetra. La lotta non durò che diciotto giorni ma causò la morte di 640 milioni di uomini, il che ci fa intuire il grado di perfezionamento raggiunto dalla civiltà vedica, soprattutto in materia di difesa. A quell’epoca non solo si conoscevano le armi nucleari (brahmastra), più sottili delle nostre, ma anche le armi fisiche e altre ancora, che agivano nell’acqua, nell’aria e nel fuoco, e tutte con un grande potere distruttivo.

Torniamo ai primi istanti della battaglia; appena gli eserciti si riuniscono Sri Krishna tenta d’intervemire in favore della soluzione pacifica, ma trova Duryodhana deciso a governare la Terra a modo suo e pronto a disfarsi dei Pandava, la cui esistenza minacciava il suo diritto alla corona.

I Pandava, puri devoti del Signore e di alte virtù morali, riconoscono Krishna come Dio, la Persona Suprema; mentre i figli di Dhritarastra, privi di tale virtù, non vedono la Sua natura divina. Krishna Si offre di partecipare alla battaglia, rispettando i desideri degli avversari: Egli non combatterà di persona, ma ordinerà al Suo esercito di raggiungere un campo, mentre Lui stesso andrà nell’altro, dove agirà come consigliere. I Pandava scelgono di avere Krishna dalla loro parte e Duryodhana vede unirsi alle sue forze militari l’esercito del Signore.

Krishna diventa così il conduttore di carro del suo caro amico e devoto Arjuna. Inizia la Bhagavad-gita. Gli esseri sono schierati in ordine di combattimento e Dhritarastra, inquieto, chiede al suo segretario Sañjaya di descrivergli la situazione:"Che cosa hanno fatto i miei figli e i figli di Pandu?"


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CAPITOLO 1





Sul campo di battaglia
di Kuruksetra





VERSO 1

dhritarastra uvaca
dharma-ksetre kuru-ksetre
samaveta yuyutsavah
mamakah pandavas caiva
kim akurvata sanjaya



dhritarastrah uvaca: re Dhritarastra disse; dharma-ksetre: nel luogo di pellegrinaggio; kuru-ksetre: nel luogo chiamato Kuruksetra; samavetah: riuniti; yuyutsavah: desiderando lottare; mamakah: la mia fazione (figli); pandavah: i figli di Pandu; ca: e; eva: certamente; kim: che cosa; akurvata: fecero; sanjaya: o Sanjaya.



TRADUZIONE

Dhritarastra disse:
O Sanjaya, che cosa hanno fatto i miei figli e i figli di Pandu dopo essersi riuniti nel luogo santo di Kuruksetra, pronti ad attaccar battaglia?



SPIEGAZIONE

La Bhagavad-gita è un Testo sacro molto diffuso che espone la scienza di Dio; la Gita-mahatmya (“Le glorie della Bhagavad-gita”), che ne riassume il contenuto, consiglia uno studio molto attento di questo Testo sotto la guida di una persona devota a Sri Krishna e raccomanda di cercarne il significato senza darne un’interpretazione personale. La Bhagavad-gita stessa suggerisce come studiare e comprendere il suo contenuto attraverso l’esempio di Arjuna, che capì, senza interpretarlo, l’insegnamento ricevuto direttamente dal Signore. Chi ha la fortuna di ricevere questa conoscenza da una successione di maestri spirituali che risale a Krishna, e non vi introduce alcuna interpretazione personale, acquisirà una conoscenza superiore a quella contenuta in tutte le scritture vediche e in tutti i Testi sacri del mondo. La Bhagavad-gita contiene non solo ciò che è in tutte le altre Scritture rivelate, ma anche verità che non si trovano in nessun altro testo. Questa è la sua particolarità. Quest’opera ci dà la perfezione della scienza di Dio, perché fu enunciata direttamente dal Signore stesso, Sri Krishna.

Il dialogo tra Dhritarastra e Sanjaya, come lo riporta il Mahabharata, costituisce la base di questa grande filosofia, che il Signore, venuto in persona sul nostro pianeta per guidare gli uomini, rivelò sul campo di battaglia di Kuruksetra (terra sacra, luogo di pellegrinaggio fin dai tempi immemorabili dell’età vedica).
La parola dharma-ksetra (letteralmente luogo dove si compiono riti religiosi) è molto significativa qui perché è Dio stesso, la Persona Suprema, che Si trova accanto ad Arjuna sul campo di battaglia di Kuruksetra. Il padre dei Kuru, Dhritarastra, dubita molto che i suoi figli possano riportare la vittoria e domanda al suo segretario Sanjaya: “Che cosa hanno fatto i miei figli e i figli di Pandu?” Egli sa bene che i propri figli e quelli di suo fratello minore Pandu sono riuniti sul campo di battaglia di Kuruksetra, decisi a battersi. Tuttavia la sua domanda è significativa. Vuole essere sicuro che i suoi figli e i loro cugini non siano giunti a compromessi, e nello stesso tempo vuole rassicurarsi sulla loro sorte. Dhritarastra teme molto l’influsso del luogo sacro sull’esito della battaglia, perché i Veda ne parlano come di un luogo di sacrifici dove discendono anche gli abitanti dei pianeti celesti, e sa che il suo influsso positivo favorirà Arjuna e i Pandava grazie alla loro virtù.

Sanjaya è discepolo di Vyasa e possiede, per grazia del suo maestro, il privilegio di vedere ciò che accade sul campo di battaglia senza spostarsi dal palazzo del re Dhritarastra. Conoscendo il suo potere, Dhritarastra gli chiede di descrivere ciò che accade sul campo di battaglia.
Dhritarastra svela qui i suoi pensieri: sebbene i suoi figli e i figli di Pandu appartengano alla stessa famiglia, egli sostiene che soltanto i primi sono Kuru, escludendo così i Pandava dall’eredità di famiglia. È chiara qui la posizione che Dhritarastra assume verso i nipoti, i figli di Pandu. E appare evidente, fin dall’inizio di questa narrazione, che il figlio di Dhritarastra (Duryodhana) e i suoi seguaci saranno spazzati via dal luogo santo di Kuruksetra dove si trova Krishna, il padre della religione; saranno estirpati come erbacce in un campo di riso, e le persone profondamente virtuose, guidate da Yudhisthira, trionferanno per la grazia del Signore. Questo è il significato delle parole dharma-ksetre, a parte la loro importanza storica e vedica.





VERSO 2

sanjaya uvaca
dristva tu pandavanikam
vyudham duryodhanas tada
acaryam upasangamya
raja vacanam abravit

sanjayah uvaca: Sanjaya disse; dristva: dopo aver visto; tu: ma; pandava-anikam: le truppe dei Pandava; vyudham: schierate in falange; duryodhanah: re Duryodhana; tada: in quel momento; acaryam: il maestro; upasangamya. avvicinandosi a; raja: il re; vacanam: parole; abravit: pronunciò.



TRADUZIONE

Sanjaya disse:
O re, dopo aver osservato l’esercito dei figli di Pandu schierato in ordine di combattimento, il re Duryodhana si avvicina al suo maestro e gli rivolge le seguenti parole.



SPIEGAZIONE

Dhritarastra è cieco dalla nascita e sfortunatamente è anche privo di visione spirituale. Sa bene che i suoi figli, ciechi quanto lui sul piano della religione, non arriveranno mai a un accordo con i Pandava, la cui virtù è innata. Egli teme l’influsso del luogo sacro sull’esito della battaglia e Sanjaya capisce lo scopo delle domande del re. Così, per mitigare il suo scoraggiamento, gli assicura che i suoi figli non accetteranno alcun compromesso, nonostante l’influsso del luogo santo. Lo informa che suo figlio Duryodhana ha appena valutato le forze militari dei Pandava e si dirige ora verso il comandante del suo esercito, Dronacarya, per descrivergli la situazione. Sebbene sia il re, come indica questo verso, Duryodhana deve consultare il capo delle sue truppe, data la gravità della situazione. Duryodhana era un abile politico, ma col suo atteggiamento diplomatico non riesce a nascondere la paura che gli incute lo schieramento dei Pandava.





VERSO 3

pasyaitam pandu-putranam
acarya mahatim camum
vyudham drupada-putrena
tava sisyena dhimata

pasya: guarda; etam: questo; pandu-putranam: dei figli di Pandu; acarya: o maestro; mahatim: grande; camum: forza militare; vyudham: organizzata; drupada-putrena: dal figlio di Drupada; tava: tuo; sisyena: discepolo; dhi-mata: molto intelligente.



TRADUZIONE

Osserva, o maestro, il grande esercito dei figli di Pandu, schierato con tanta perizia dal tuo intelligente discepolo, il figlio di Drupada.



SPIEGAZIONE

Duryodhana, da grande diplomatico, mette in evidenza i punti deboli di Dronacarya, il grande brahmana comandante dell’esercito. Dronacarya aveva avuto divergenze politiche col re Drupada (padre di Draupadi, la sposa di Arjuna). In seguito a quella divergenza Drupada aveva compiuto un grande sacrificio grazie al quale poté avere un figlio capace di uccidere Dronacarya. Dronacarya era a conoscenza di questo fatto, tuttavia poiché era un brahmana generoso, non esitò a insegnare tutti i segreti dell’arte militare al figlio di Drupada, Dhristadyumna, quando questi gli fu affidato per ricevere l’educazione militare. Ora, sul campo di battaglia di Kuruksetra, Dhristadyumna è dalla parte dei Pandava e ha organizzato le loro truppe secondo l’arte appresa da Dronacarya.
Duryodhana ricorda dunque il suo errore a Dronacarya affinché questi sia vigile e non scenda a compromessi nel combattimento. Dronacarya non dovrà mostrarsi indulgente neppure verso i Pandava, che furono i suoi affezionati allievi, e in particolare verso Arjuna, l’allievo più caro e brillante. Duryodhana lo avverte che tale mancanza di fermezza condurrebbe alla sconfitta.





VERSO 4

atra sura mahesv-asa
bhimarjuna-sama yudhi
yuyudhano viratas ca
drupadas ca maha-rathah


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Sesso: Femminile
atra: qui; surah: eroi; maha-isu-asah: potenti arcieri, bhima-arjuna: a Bhima e Arjuna; samah: uguali; yudhi: nella lotta; yuyudhanah: Yuyudhana; viratah: Virata; ca: anche; drupadah: Drupada; ca: anche; maha-rathah: grande combattente.



TRADUZIONE

“In questo esercito sono presenti molti valorosi arcieri che eguagliano Bhima e Arjuna nel combattimento: grandi guerrieri come Yuyudhana, Virata e Drupada.



SPIEGAZIONE

Anche se Dhristadyumna non rappresenta un grande ostacolo davanti alla scienza militare di Dronacarya, altri guerrieri ben più temibili sono presenti nel campo nemico. Duryodhana pensa che essi renderanno la vittoria estremamente difficile perché ognuno di loro ha la forza di Bhima e di Arjuna. Egli conosce bene la forza di Bhima e Arjuna, perciò paragona ad essi gli altri combattenti.





VERSO 5

dhristaketus cekitanah
kasirajas ca viryavan
purujit kuntibhojas ca
saibyas ca nara-pungavah

dhristaketuh: Dhristaketuh; cekitanah: Cekitana; kasirajah: Kasiraja; ca: anche; virya-van: molto potenti; purujit: Purujit; kuntibhojah: Kuntibhoja; ca: e; saibyah: Saibya; ca: e; nara-pungavah: eroe della società umana.



TRADUZIONE

Vi sono anche Dhristaketu, Cekitana, Kasiraja, Purujit, Kuntibhoja e Saibya, tutti grandi guerrieri, eroici e potenti.





VERSO 6

yudhamanyus ca vikranta
uttamaujas ca viryavan
saubhadro draupadeyas ca
sarva eva maha-rathah

yudhamanyuh: Yudhamanyu; ca: e; vikrantah: potente; uttamaujah: Uttamauja; ca: e; virya-van: molto potente; saubhadrah: il figlio di Subhadra; draupadeyah: i figli di Draupadi; ca: e; sarva: tutti; eva: certamente; maha-rathah: grandi combattenti sul carro.



TRADUZIONE

“Guarda il grande Yudhamanyu, il potentissimo Uttamauja, il figlio di Subhadra e i figli di Draupadi. Sono tutti valorosi combattenti sul carro.





VERSO 7

asmakam tu visista ye
tan nibodha dvijottama
nayaka mama sainyasya
samjnartham tan bravimi te

asmakam: nostro; tu: ma; visistah: particolarmente potenti; ye: coloro; tan: loro; nibodha: prendi nota, sii informato; dvija-uttama: o migliore dei brahmana; nayakah: capitani; mama: mio; sainyasya: dei soldati; samjna-artham: per informazione; tan: loro; bravimi: io parlo; te: a te.



TRADUZIONE

“Ma per tua informazione, o migliore dei brahmana, lascia che ti dica quali capi sono particolarmente qualificati a guidare le mie forze militari.





VERSO 8

bhavan bhismas ca karnas ca
kripas ca samitim-jayah
asvatthama vikarnas ca
saumadattis tathaiva ca

bhavan: tu stesso; bhismah: Bhisma, il nonno; ca: anche; karnah: Karna; ca: e; kripah: Kripa; ca: e; samitim-jayah: sempre vittoriosi in battaglia; asvatthama: Asvatthama; vikarnah: Vikarna; ca: come anche; saumadattih: il figlio di Somadatta; tatha: come; eva: certamente; ca: anche.



TRADUZIONE

“Vi sono personalità quali Bhisma, Karna, Kripa, Asvatthama, Vikarna e il figlio di Somadatta detto Bhurisrava che, come te, sono sempre vittoriosi in battaglia.



SPIEGAZIONE

Duryodhana nomina qui gli eccezionali eroi del suo esercito, guerrieri che sono sempre stati vittoriosi: Vikarna, fratello di Duryodhana, Asvattama, figlio di Dronacarya, e Saumadatti, chiamato anche Bhurisrava, figlio del re dei Bahlika. Karna è il fratellastro di Arjuna, generato da Kunti prima del suo matrimonio con re Pandu. Dronacarya sposò la sorella gemella di Kripacarya.





VERSO 9

anye ca bahah sura

mad-arthe tyakta-jivitah
nana-sastra-praharanah
sarve yuddha-visaradah

anye: altri; ca: anche; bahavah: in gran numero; surah: eroi; mat-arthe: per il mio bene; tyakta-jivitah: pronti a rischiare la vita; nana: molte; sastra: armi; praharanah: muniti di; sarve: tutti; yuddha-visaradah: esperti nell’arte militare.



TRADUZIONE

“Numerosi altri eroi sono pronti a sacrificare la vita per me, tutti ben armati e molto esperti nell’arte militare.



SPIEGAZIONE

Quanto agli altri eroi, come Jayadratha, Kritavarma e Salya, sono tutti pronti a morire per Duryodhana. Ciò significa che sono tutti condannati a lasciare la vita nella battaglia di Kuruksetra per essersi schierati dalla parte dell’empio Duryodhana. Duryodhana, naturalmente, confidando nella forza dei suoi alleati, è sicuro della vittoria.





VERSO 10

aparaptam tad asmakam
balam bhismabhiraksitam
paryaptam tv idam etesam
balam bhimabhiraksitam

aparyaptam: incommensurabili; tat: che; asmakam: nostre; balam: forze; bhisma: dl nonno Bhisma; abhiraksitam: perfettamente protette; parpyaptam: limitate; tu: ma; idam: tutta questa; estesam: dei Pandava; balam: forza; bhima: da Bhima; abhiraksitam: accuratamente protetta.



TRADUZIONE

“Le nostre forze sono incommensurabili e noi siamo perfettamente protetti dall’anziano Bhisma, mentre le forze dei Pandava, protette con cura da Bhima, sono limitate.



SPIEGAZIONE

Duryodhana confronta le sue forze con quelle dei Pandava. Egli crede che la potenza del suo esercito sia immensurabile perché l’anziano Bhisma, il più esperto dei generali, lo protegge. Le forze militari dei Pandava, invece, gli sembrano limitate perché sono affidate al comando di Bhima, che non regge il confronto col più esperto Bhisma. Duryodhana odia da sempre Bhima perché sa che sarà lui a causare la sua morte, ma è comunque sicuro della vittoria perché nelle sue file è presente Bhisma, il migliore dei generali. La conclusione di Duryodhana che egli sarebbe uscito vittorioso dalla battaglia è dunque ben fondata.




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CAPITOLO 2





Sintesi del contenuto
della Bhagavad-gita





VERSO 1

sanjaya uvaca
tam tatha kripayavistam
asru-purnakuleksanam
visidantam idam vakyam
uvaca madhusudanah

sanjayah uvaca: Sanjaya disse; tam: ad Arjuna; tatha: così; kripaya: dalla compassione; avisam: sopraffatto; asru-purna-akula: pieno di lacrime; iksanam: occhi; visidantam: lamentando; idam: queste; vakyam: parole; uvaca: disse; madhu-sudanah: l'uccisore di Madhu.



TRADUZIONE

Sanjaya disse:
Vedendo Arjuna con le lacrime agli occhi, pieno di compassione e molto triste, Madhusudana —Krishna— gli rivolge queste parole.



SPIEGAZIONE

La compassione per il corpo, i lamenti e le lacrime sono segni che rivelano l'ignoranza del nostro vero sé. Solo per l'anima eterna ha compassione colui che è cosciente del suo vero sé. Il nome Madhusudana è significativo in questo verso. Ci ricorda che Sri Krishna ha ucciso il demone Madhu, e ora Arjuna vuole che Krishna uccida il demone del dubbio, da cui fu assalito al momento di compiere il suo dovere. Nessuno sa a chi mostrare la propria pietà. Piangere sui vestiti di un uomo che sta annegando non ha significato. Sarebbe assurdo, per salvare un uomo che affoga, preoccuparsi del suo cappotto. Non si può quindi salvare un uomo che affoga nell'oceano dell'ignoranza se si cerca soltanto di soddisfare le richieste del suo corpo fisico, che è solo un vestito. Ignorare l'esistenza dell'anima e impietosirsi per il corpo è proprio del sudra, colui che si lamenta senza ragione. Arjuna era uno ksatriya, e nessuno si sarebbe aspettato da lui un simile comportamento. Ma Sri Krishna può dissipare facilmente l'illusione dell'uomo ignorante ed è a questo fine che Egli ha esposto la filosofia della Bhagavad-gita.
In questo capitolo Krishna, maestro supremo della conoscenza, ci conduce verso la realizzazione del sé eterno con lo studio analitico del corpo materiale e dell'anima spirituale. Tale realizzazione può essere raggiunta da colui che agisce senza attaccamento ai frutti dell'azione e non perde mai di vista la propria identità spirituale.





VERSO 2

sri-bhagavan uvaca
kutas tva kasmalam idam
visame samupasthitam
anarya-justam asvargyam
akirti-karam arjuna



sri-bhagavan uvaca: Dio, la Persona Suprema, disse; kutah: da dove; tva: a te; kasmalam: impurità; idam: questo lamento; visame: in questo momento difficile; samupasthitam: arrivata; anarya: persone che non conoscono il valore della vita; justam: messo in pratica; asvargyam: che non guida ai pianeti superiori; akirti: infamia; karam: la causa di; arjuna: o Arjuna.



TRADUZIONE

Dio, la Persona Suprema, disse:
Mio caro Arjuna, da dove viene questa mancanza di purezza? Non è affatto degna di un uomo che conosce il valore della vita. Non ti porterà ai pianeti superiori ma all'infamia.



SPIEGAZIONE

Krishna è Dio, la Persona Suprema, perciò nel corso della Bhagavad-gita sarà chiamato con nome di Bhagavan, che designa l'aspetto supremo della Verità Assoluta.
Si distinguono tre stadi nella realizzazione della Verità Assoluta: Brahman, lo Spirito impersonale e onnipresente; Paramatma, l'aspetto di Dio localizzato nel cuore di ogni essere; e Bhagavan, la Persona Suprema, Sri Krishna. Lo Srimad Bhagavatam rivela questi tre aspetti della Verità Assoluta:

vadanti tat tattva-vidas
tattvam yaj jnanam advayam
brahmeti paramatmeti
bhagavan iti sabdyate

"La realizzazione della Verità Assoluta comporta tre stadi, che sono conoscibili da colui che l'ha attuata fino in fondo. Questi tre aspetti—Brahman, Paramatma e Bhagavan— formano un Essere Unico." (S.B. 1.2.11)

Per illustrare questi tre aspetti della realizzazione della Verità Assoluta prendiamo l'esempio del sole, che possiede anch'esso tre aspetti: i raggi, la superficie e l'astro in sè. Il neofita studia solo i raggi, lo studente più istruito esamina la superficie, mentre il più avanzato riesce a entrare nell'astro stesso. Lo studente comune che si accontenta di studiare la luce del sole come presenza diffusa, cioè l'irradiamento impersonale del sole, può essere paragonato a colui che riesce a realizzare solo l'aspetto Brahman della Verità Assoluta. Lo studente più avanzato, invece, giunge a osservare il disco solare, che corrisponde all'aspetto Paramatma della Verità Assoluta, mentre lo studente capace di entrare nel cuore dell'astro corrisponde a colui che ha realizzato l'aspetto personale della Verità Assoluta. Sebbene coloro che cercano la Verità abbiano tutti il medesimo oggetto di studio, i bhakta sono gli spiritualisti più avanzati perché conoscono Bhagavan, cioè l'aspetto supremo della Verità Assoluta. I raggi, il disco solare e la vita sull'astro sono intimamente connessi tra loro, ma costituiscono tre campi di studio differenziati secondo i tre livelli di comprensione.

Parasara Muni, padre di Vyasadeva, che ha grande autorità in materia, spiega così il significato del termine sanscrito bhagavan: colui che possiede senza limiti la bellezza, la ricchezza, la fama, la potenza, la saggezza e la rinuncia. Migliaia sono le persone ricche o potenti, belle o celebri, erudite o capaci di rinuncia, ma nessuna può dimostrare di possedere integralmente tutti questi attributi. Solo Krishna può, perché Krishna è Dio la Suprema Persona. Nessun essere vivente, neanche Brahma, Siva o Narayana, possiede questi attributi in modo così completo come Krishna. Brahma stesso ne è consapevole quando conclude nella Brahma-samhita che Sri Krishna è Dio, la Persona Suprema. Nessuno Gli è uguale o superiore. Egli è Bhagavan, il Signore originale, chiamato anche Govinda, ed è la causa suprema di tutte le cause.

isvarah paramah krishnah
sac-cid-ananda-vigrahah
anadir adir govindah
sarva-karana-karanam

"Ci sono molte persone che possiedono le qualità di Bhagavan, ma Krishna è il Supremo e nessuno può superarLo. Egli è Govinda, il Signore originale, la causa di tutte le cause, e il Suo corpo è eterno, pieno di conoscenza e felicità." (Brahma-samhita 5.1)

Lo Srimad Bhagavatam, che elenca un grande numero di avatara e di emanazioni plenarie del Signore, dichiara che Krishna è la Persona Suprema e originale, da cui emanano tutti gli avatara e tutte le manifestazioni divine:

ete camsa-kalah pumsah
krishnas tu bhagava svayam
indrari-vyakulam lokam
mridayanti yuge yuge

"Ogni manifestazione divina è un'emanazione plenaria di Dio oppure un'emanazione parziale di questa emanazione plenaria, ma Krishna è Dio, la Persona Suprema." (S.B. 1.3.28)

Krishna è dunque la Persona Suprema e originale, la Verità Assoluta, fonte dell'Anima Suprema e del Brahman impersonale. In presenza di Dio i lamenti di Arjuna per la famiglia sono del tutto fuori luogo, e Krishna gli esprime la Sua sorpresa col termine kutah (da dove). Chi si sarebbe aspettato che un arya mostrasse sentimenti così indegni? Arya è colui che conosce il valore della vita e pone la realizzazione spirituale alla base dell'esistenza. Tutti gli altri hanno una concezione materialistica dell'esistenza e ignorano che il fine della vita è la realizzazione della Verità Assoluta — Visnu, Bhagavan. Affascinati dal mondo materiale, non sanno neppure che cosa significhi liberarsi. Le persone che non sanno neppure che cosa significhi liberarsi. Le persone che non sanno che cosa significhi liberarsi dai legami della materia sono chiamati anarya. Essendo uno ksatriya, e rifiutandosi di combattere, Arjuna manca al suo dovere, e questo atto di codardia è indegno di un'arya. Allontanarsi dal proprio dovere non aiuta a progredire spiritualmente e non permette neppure di diventare famosi in questo mondo. Krishna non approva affatto la cosiddetta compassione di Arjuna per i suoi parenti.





VERSO 3

klaibyam ma sma gamah partha
naitat tvayy upapadyate
ksudram hridaya-daurbalyam
tyaktvottisha parantapa

klaibyam: impotenza; ma sma: non; gamah: accetta; partha: o figlio di Pritha; na: mai; etat: questa; tvayi: di te; upapadyate: è degna; ksudram: molto poco; hridaya: del cuore; daurbalyam: debolezza; tyatva: abbandonando; uttistha: alzati; param-tapa: o vincitore del nemico.



TRADUZIONE

O figlio di Pritha, non cedere a questa umiliante impotenza. Non ti si addice. Abbandona questa meschina debolezza di cuore, o vincitore del nemico, e alzati.



SPIEGAZIONE

Chiamandolo "figlio di Pritha", Krishna vuole sottolineare il legame di parentela che Lo unisce ad Arjuna, perché Pritha è la sorella di Suo padre Vasudeva. Il figlio di un brahmana se non è virtuoso, così il figlio di uno ksatriya non deve mai rifiutarsi di combattere se vuole essere riconosciuto come ksatriya; se il primo è un empio e il secondo un codardo, entrambi saranno indegni del loro padre. Krishna non vuole che il Suo caro amico Arjuna sia considerato indegno del padre ksatriya, perciò, salito sul suo carro, è pronto a dargli i Suoi consigli. Ma se Arjuna non saprà trarre vantaggio dai consigli del Signore e abbandonerà la lotta, si macchierà di un atto infame. Krishna aggiunge quindi che questo comportamento di Arjuna può scusarsi adducendo la sua venerazione per il rispettabile Bhisma e per i suoi parenti, ma Krishna considera questa magnanimità una mera forma di debolezza. Questa falsa magnanimità non è affatto conforme alle Scritture. La presunta non violenza di Arjuna è quindi del tutto fuori posto, e seguendo le direttive di Krishna egli dovrebbe rinunciarvi.





VERSO 4

arjuna uvaca
katham bhismam aham sankhye
dronam ca madhusudana
isubhih pratiyotsyami
pujarhav ari-sudana

arjunah uvaca: Arjuna disse; katham: come; bhismam: Bhisma; aham: io; sankhye: nel combattimento; dronam: Drona; ca: anche; madhusudana: o uccisore di Madhu; isubhih: con frecce; pratiyotsyami: contrattaccherò; puja-arhau: coloro che sono degni di adorazione; ari-sudana: o uccisore del nemico.



TRADUZIONE

Arjuna disse:
O uccisore dei nemici, o uccisore di Madhu, come potrei nel corso della battaglia respingere con le mie frecce uomini come Bhisma e Drona degni della mia venerazione?



SPIEGAZIONE

In qualsiasi circostanza uomini rispettabili come Bhisma, il nonno di Arjuna, e Dronacarya, il suo maestro, rimangono degni di venerazione. Perfino se attaccano, non conviene rispondere alle loro provocazioni. Come regola generale, nessuno dovrebbe mai scontrarsi con gli anziani, neppure verbalmente; anche se manifestano una certa asprezza nel loro comportamento, non bisogna mai trattarli duramente. Come contrattaccare quando il nemico è composto proprio dai nostri maestri? Combatterebbe Krishna contro Suo nonno Ugrasena o contro il Suo maestro, Sandipani Muni? Queste sono alcune obiezioni di Arjuna.





VERSO 5

gurun ahatva hi mahanubhavan
sreyo bhoktum bhaiksyam apiha loke
hatvartha-kamams tu gurun ihaiva
bhunjiya bhogan rudhira-pradigdhan

gurun: i superiori; ahatva: non uccidendo; hi: certamente; maha-anubhavan: grandi anime; sreyah: è preferibile; bhoktum: godere della vita; bhaiksyam: elemosinando; api: perfino; iha: in questa vita; loke: in questo mondo; hatva: uccidendo; artha: guadagno; kaman: desiderando; tu: ma; gurun: superiori; iha: in questo mondo; eva: certamente; bhunjiya: deve godere di; bhogan: ciò di cui si può godere; rudhira: sangue; pradigdhan: tinto di.



TRADUZIONE

Meglio vivere in questo mondo mendicando piuttosto che vivere al prezzo della vita di grandi anime, quali i miei maestri. Sebbene avidi di guadagni materiali, essi sono pur sempre i nostri superiori. Se li uccidiamo, tutto ciò di cui potremo godere sarà macchiato di sangue.



SPIEGAZIONE

Secondo le Scritture, un maestro è rinnegato se commette atti abominevoli o se non è più capace di discernere il bene dal male. Bhisma e Drona si trovano proprio in questa situazione. Infatti, hanno creduto di doversi unire a Duryodhana solo perché costui provvedeva ai loro bisogni, ma non avrebbero mai dovuto accettare un tale compromesso unicamente per ragioni di denaro. Un atto simile li ha resi indegni del rispetto che si deve portare ai maestri. Ma Arjuna, che li considera sempre suoi maestri, pensa che beneficiare di beni materiali alla loro morte significhi godere di una felicità insanguinata.


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VERSO 6

na caitad vidmah kataran no gariyo
yad va jayema yadi va no jayeyuh
yan eva hatva na jijivisamas
te 'vasthitah pramukhe dhartarastrah

na: nè; ca: anche; etat: questo; vidmah: sappiamo; katarat: quale; nah: per noi; gariyah: meglio; yat va: se; jayema: conquistiamo; yadi: se; va: o; nah: noi; jayeyuh: essi conquistano; yan: coloro che; eva: certamente; hatva: uccidendo; na: mai; jijivisamah: vogliamo vivere; te: di tutti loro; avastitah: sono situati; pramukh: davanti; dhartarastrah: i figli di Dhritarastra.



TRADUZIONE

Non so se sia meglio vincerli o esserne vinti. Se uccidessimo i figli di Dhritarastra, non avremmo più alcun desiderio di vivere; eppure essi sono qui, schierati di fronte a noi sul campo di battaglia.



SPIEGAZIONE

Arjuna non sa se deve combattere e commettere inutili violenze, pur sapendo che combattere è il dovere di uno ksatriya, o se deve ritirarsi e vivere mendicando. Se non vincesse il nemico, mendicare sarebbe l'unica possibilità di sopravvivenza per lui. Non è neppure sicuro della vittoria, perché le forze dei due eserciti si equivalgono. E anche se la vittoria attendesse i Pandava, la cui causa è perfettamente giusta, sarebbe un grande dolore vivere dopo la scomparsa dei figli di Dhritarastra. Se tutti morissero in battaglia, anche la vittoria sarebbe sconfitta. Queste riflessioni di Arjuna provano che egli non è soltanto un grande devoto del Signore, ma anche un uomo illuminato dalla conoscenza spirituale e dotato di un perfetto controllo della mente e dei sensi. Sebbene egli sia di sangue reale, il suo desiderio di vivere mendicando è un altro segno del suo distacco. La sua virtù è autentica ed è rafforzata dalla fiducia negli insegnamenti di Krishna, il suo maestro spirituale. Arjuna è dunque perfettamente degno di essere liberato dalla materia. Se non diventa maestro dei sensi l'uomo non può elevarsi al piano della conoscenza, e senza devozione e conoscenza non è possibile raggiungere la liberazione. Oltre a grandi meriti materiali, Arjuna possiede tutte queste qualità spirituali.





VERSO 7

karpanya-dosopahata-svabhavah
pricchami tvam dharma-sammudha-cetah
yac chreyah syan niscitam bruhi tn me
sisyas te 'ham sadhi mam tvam prapannam

karpanya: di miseria; dosa: per la debolezza; upahata: essendo afflitto; sva-bhavah: caratteristiche; pricchami: io chiedo; tvam: a Te; dharma: religione; sammudha: confuso; cetah: nel cuore; yat: quale; sreyah: bene; syat: può essere; niscitam: in confidenza; bruhi: di; tat: ciò; me: a me; sisyah: discepolo; te: Tuo; aham: sono; sadhi: istruisci; mam: me; tvam: a Te; prapannam: arreso.



TRADUZIONE

Ora sono confuso sul mio dovere e ho perso la calma a causa di una debolezza meschina. In questa condizione Ti chiedo di dirmi chiaramente ciò che è meglio per me. Ora sono Tuo discepolo e un'anima sottomessa a Te. Istruisci, Ti prego.



SPIEGAZIONE

Il complesso sistema delle azioni materiali, dominate dalle leggi della natura, lascia l'uomo perplesso. Ogni passo nella vita solleva nuovi interrogativi. È necessario dunque avvicinare un maestro spirituale autentico, capace di aiutarci a compiere la missione della nostra esistenza. Tutti gli Scritti vedici consigliano di avvicinare un maestro spirituale autentico per liberarci dalla confusione che nostro malgrado ci turba, come un fuoco divampato all'improvviso in una foresta, che nessuno ha provocato o voluto. La vita in questo mondo ci opprime con ogni sorta di complicazioni in modo imprevisto e contro la nostra volontà. Gli Scritti vedici consigliano dunque di cercare la soluzione dei nostri problemi con l'aiuto di un maestro spirituale che appartiene a una successione autentica di maestro spirituale che appartiene a una successione autentica di maestri e di maestri e di comprendere perfettamente la scienza che ci presenta. Poiché il maestro spirituale può trasmettere al discepolo la conoscenza perfetta, è bene avvalersi del suo aiuto piuttosto che rimanere perplessi e confusi di fronte ai problemi dell'esistenza. Ecco l'insegnamento di questo verso.

La natura materiale rende perplessi tutti coloro che ignorano i veri problemi dell'esistenza. La Brihad-aranyaka Upanisad (3.8.10) descrive in questo modo l'uomo perplesso: yo va etad aksaram gargy aviditvasmal lokat praiti sa kripanah. "È un 'avaro' colui che dopo aver sprecato la vita umana lascia questo mondo come farebbe un cane o un gatto, senza aver risolto i problemi della vita e senza aver compreso la scienza della realizzazione spirituale." In realtà, la forma umana è un vantaggio molto prezioso e vivere senza trarne beneficio significa agire come l'avaro, che non sa trarre profitto dai suoi beni, Il brahmana, invece, usa intelligenza che non sa trarre profitto dai suoi beni. Il brahmana, invece, usa intelligentemente il suo corpo, servendosene per risolvere i problemi che deve affrontare nella vita. Ya etad aksaram gargi viditvasmal lokat praiti sa brahmanah.

I kripana, gli "avari", hanno una visione puramente materialistica della vita e si perdono in un affetto morboso per la famiglia, la società e la patria, attaccati come sono alla moglie, ai figli e ai parenti dai legami della carne. Il kripana pensa di poter salvare i suoi dalla morte e crede che la famiglia o lo Stato possano fare altrettanto per lui. Quest'attaccamento esiste anche negli animali, che si prendono grande cura dei loro piccoli. Arjuna è intelligente perciò può comprendere che l'affetto per la famiglia e il desiderio di proteggerla dalla morte sono le vere cause della sua titubanza. Non ignora che il dovere di guerriero lo attende, ma una debolezza meschina gli impedisce di compierlo. Perciò domanda a Krishna, il maestro spirituale supremo, di trovare una soluzione definitiva. Le parole che maestro e discepolo si scambiano sono sempre serie, perciò Arjuna si offre a Krishna come discepolo, desideroso di sostituire alle conversazioni amichevoli un colloquio più profondo col suo maestro spirituale. Così Krishna fu il primo maestro a insegnare la scienza della Bhagavad-gita e Arjuna il primo discepolo, maestro nell'arte di apprenderla. Sono descritte nella Bhagavad-gita le qualità che permettono ad Arjuna di coglierne il messaggio, eppure certi cosiddetti eruditi proclamano che è inutile abbandonarsi a Krishna come Persona e professano la sottomissione al "non nato di cui Krishna è la manifestazione esterna". Ma nella Persona di Krishna non esiste nessuna differenza tra l'interno e l'esterno. È inutile, perciò, e privo di senso cercare di approfondire la Bhagavad-gita senza coglierne questa verità essenziale.





VERSO 8

na hi prapasyami mamapanudyad
yac chokam ucchosanam indiyanam
avapya bhumav asapatnam riddham
rajyam suranam api cadhipatyam

na: non; hi: certamente; prapasyami: vedo; mama: mio; apanudyat: può allontanare; yat: questo; sokam: lamento; ucchosanam: che sta inaridendo; indriyanam: i sensi; avapya: raggiungendo; bhumau: sulla Terra; asapatnam: senza rivali; riddham: prospero; rajyam: regno; suranam: degli esseri celesti; api: perfino; ca: anche; adhiptyam: supremazia.



TRADUZIONE

Non vedo il modo di allontanare il dolore che inaridisce i miei sensi. Non riuscirò a eliminarlo nemmeno se sulla Terra ottenessi un regno prospero e senza uguali e una sovranità simile a quella dei deva sui pianeti celesti.



SPIEGAZIONE

Sebbene molti degli argomenti di Arjuna siano basati su princìpi religiosi e su codici morali, è chiaro che egli non può risolvere il suo vero problema senza l'aiuto del suo maestro spirituale, Sri Krishna. Capisce che tutta la sua cosiddetta conoscenza non gli è di alcun aiuto in questa situazione critica, in cui sente venir meno il gusto di vivere; era impossibile per lui risolvere le sue perplessità senza l'aiuto di un maestro spirituale come Krishna. La conoscenza accademica, l'erudizione e il prestigio non servono a risolvere i problemi della vita; soltanto un maestro spirituale come Krishna può darci un aiuto. Si può concludere quindi che il maestro spirituale pienamente cosciente di Krishna è il maestro autentico, perché può risolvere tutti problemi dell'esistenza. Sri Caitanya Mahaprabhu disse che il vero maestro spirituale è colui che è maestro nella scienza di Krishna, indipendentemente dalla sua posizione sociale:

kiba vipra, kiba nyasi, sudra kene naya
yei krishna-tattva-vetta, sei ‘guru' haya

"Non importa se una persona è un vipra esperto nella saggezza vedica) o ha umili origini o è situato nell'ordine di rinuncia; se è maestro nella scienza di Krishna è il maestro spirituale perfetto e autentico." (Caitanya-caritamrita, Madhya 8.128) Nessuno è un maestro spirituale autentico se non conosce perfettamente la scienza di Krishna. Le Scritture vediche insegnano:

sat-karma-nipuno vipro
mantra-tantra-visaradah
avaisnavo gurur na syad
vaisnavah sva-paco guruh

"Anche un brahmana erudito, esperto in tutti i rami del sapere vedico, non può diventare maestro spirituale se non è un vaisnava, cioè se non conosce perfettamente la scienza di Krishna mentre il vaisnava, colui che è cosciente di Krishna, può diventare maestro spirituale anche se proviene da una classe sociale inferiore." (Padma Purana)

Il progresso e la prosperità materiale non aiutano a risolvere i problemi dell'esistenza, cioè la nascita, la malattia, la vecchiaia e la morte. Negli Stati "evoluti", dove l'economia in pieno sviluppo offre ai cittadini ogni facilitazione, i problemi sono gli stessi che altrove. Si cerca la pace in diversi modi, ma invano. La vera felicità si raggiunge solo consultando Krishna ossia la Bhagavad-gita e lo Srimad Bhagavatam, che costituiscono la scienza di Krishna, trasmessa attraverso il Suo rappresentante autentico, la persona cosciente di Krishna.


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Se lo sviluppo economico e il benessere materiale potessero salvarci dalle angosce che procurano la famiglia, la società, la nazione o l'appartenenza all'umanità in generale, che significato avrebbero le parole di Arjuna quando dice che il suo dolore non potrebbe essere alleviato né da un regno senza uguali sulla Terra né da potere di cui godono gli esseri celesti sui pianeti superiori? Egli cerca invece rifugio nella coscienza di Krishna, il giusto sentiero verso la pace e l'armonia. Lo sviluppo economico di un Paese o la sua supremazia sugli altri Stati possono tramontare all'improvviso a causa di un cataclisma naturale, e il posto conquistato su un altro pianeta, anche se più evoluto del nostro, come la luna che l'uomo si sforza ora di raggiungere, può esserci strappato in un momento. La Bhagavad-gita lo conferma: ksine punye martya-lokam visanti. "Esauriti i piaceri che sono le conseguenze delle attività virtuose, l'uomo deve sprofondare dalla più alta felicità alla più bassa degradazione." Sono numerosi i grandi uomini politici che cadono così. Tali cadute sono soltanto nuove occasioni di lamento. Solo rifugiandosi in Krishna, come fa Arjuna, si mette fine ai lamenti. A Krishna infatti egli si rivolge per risolvere il suo problema in modo definitivo, e quest'abbandono totale al Signore è il principio stesso della coscienza di Krishna.





VERSO 9

sanjaya uvaca
evam uktva hrisikesam
gudakesah parantapah
na yotsya iti govindam
uktva tusnim babhuva ha

sanjayah uvaca: Sanjaya disse; evam: così; uktva: parlando; hrisikesam: a Krishna, il maestro dei sensi; gudakesah: Arjuna, il maestro che vince l'ignoranza; parantapah: il vincitore dei nemici; na yotsye: non combatterò; iti: perciò; govindam: a Krishna, l'elargitore del piacere dei sensi; uktva: dicendo; tusnim: silenzioso; babhuva: diventò; ha: certamente.



TRADUZIONE

Sanjaya disse:
Avendo così parlato, Arjuna, il vincitore dei nemici, dice a Krishna: "Govinda, Non combatterò", e rimane in silenzio.



SPIEGAZIONE

Dhritarastra è certamente molto soddisfatto di sapere che Arjuna, invece di combattere, si prepara a lasciare il campo di battaglia per condurre una vita da mendicante; ma grande è la sua delusione quando sente Sanjaya che chiama Arjuna "Parantapa", "colui che ha il potere di uccidere i suoi nemici".
L'affetto per la famiglia ha gettato Arjuna in un'angoscia irragionevole, ma anche nello sgomento egli ha saputo abbandonarsi a Krishna, diventando così il discepolo del maestro spirituale supremo. Quest'abbandono a Krishna lascia prevedere la prossima fine dei suoi lamenti, perché la conoscenza perfetta di Dio, la coscienza di Krishna, ben presto lo riempirà di luce. Le speranze di Dhritarastra stanno per svanire perché Arjuna, illuminato da Krishna, si batterà fino all'ultimo.





VERSO 10

tam uvaca hrisikesah
prahasann iva bharata
senayor ybhayor madhye
visidantam idam vacah

tam: a lui; uvaca: disse; hrisikesah: il maestro dei sensi, Krishna ; prahasan: sorridendo; iva: così; bharata: o Dhritarastra, discendente di Bharata; senayoh: eserciti; ubhayoh: dei due; madhye: tra; visidantam: a colui che si lamenta; idam: le seguenti; vacah: parole.



TRADUZIONE

O discendente di Bharata, in quel momento Krishna, tra i due eserciti, Si rivolge sorridendo all'infelice Arjuna.



SPIEGAZIONE

Questo dialogo si svolge tra due amici intimi: Hrisikesa e Gudakesa. Come amici, la loro posizione è uguale, ma uno è diventato volontariamente discepolo dell'altro. Krishna sorride vedendo che il Suo amico ha scelto di diventare Suo discepolo. Egli è il Signore di tutti, perciò occupa sempre una posizione superiore, come maestro di tutti, ma se qualcuno desidera diventare Suo amico, figlio, amante o servitore, Egli lo accetta come tale. Si sottomette perfino ai desideri di coloro che vogliono che Lui, Krishna, interpreti una di queste parti. Arjuna Lo ha appena riconosciuto come maestro, e subito Krishna entra nella Sua parte e gli parla come un maestro parla al discepolo, con tutta la gravità richiesta dalla situazione. Maestro e discepolo scambiano queste parole davanti ai due eserciti, affinché tutti ne ricevano beneficio. Infatti, gli insegnamenti della Bhagavad-gità non sono riservati a una persona, un gruppo, una società o una comunità particolare, ma sono destinati a tutti. Amici o nemici, tutti hanno diritto di ascoltarli.





continua...












CAPITOLO 3





Il karma-yoga





VERSO 1

arjuna uvaca
jyayasi cet karmanas te
mata buddhir janardana
tat kim karmani ghore mam
niyojayasi kesava



arjunah uvaca: Arjuna disse; jyayasi: migliore; cet: se; karmanah: dell'azione interessata; te: da Te; mata: è considerata; buddhih: intelligenza; janardana: o Krishna; tat: perciò; kim: perché; karmani: nell'azione; ghore: orribile; mam: me; niyojayasi: stai impegnando; kesava: o Krishna.



TRADUZIONE

Arjuna disse:
O Janardana, o Kesava, perché vuoi che m'impegni in questa orribile battaglia se consideri l'intelligenza superiore all'attività interessata?



SPIEGAZIONE

Sri Krishna, Dio, la Persona Suprema, ha ampiamente descritto nel capitolo precedente la natura dell'anima per liberare Arjuna, Suo intimo amico, dall'oceano di sofferenza che l'opprime e gli ha consigliato di seguire la via del buddhi-yoga, la coscienza di Krishna.
Alcuni, credendo erroneamente che coscienza di Krishna significhi "inazione", talvolta si isolano in luoghi solitari per diventare coscienti di Krishna cantando i Suoi santi nomi. Se non si è educati nella filosofia della coscienza di Krishna non si consiglia di cantare il santo nome di Krishna in un luogo solitario, perché si otterrebbe tutt'al più la venerazione di un pubblico ingenuo. Anche Arjuna pensa che la coscienza di Krishna, il buddhi-yoga (la conquista della conoscenza spirituale mediante l'intelligenza), consista nel rinunciare a ogni attività e nel compiere austerità in un luogo solitario. In altre parole, egli cerca abilmente di evitare il combattimento adducendo come pretesto la coscienza di Krishna. Ma da discepolo sincero presenta la situazione a Krishna, il suo maestro, pregandoLo d'indicargli la via migliore. E in questo terzo capitolo il Signore risponde ad Arjuna con un'ampia spiegazione del karma-yoga, che è l'arte di agire nella coscienza di Krishna.




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VERSO 2

vyamisreneva vakyena
buddhim mohayasiva me
tad ekam vada niscitya
yena sreyo 'ham apnuyam



vyamisrena: con ambigue; iva: certamente; vakyena: parole; buddhim: intelligenza; mohayasi: Tu stai confondendo; iva: certamente; me: mio; tat: perciò; ekam: uno solo; vada: dimmi, per favore; niscitya: che dà certezza; yena: da quale; sreyah: reale beneficio; aham: io; apnuyam: posso avere.



TRADUZIONE

La mia intelligenza è confusa dalle Tue istruzioni ambigue. Ti prego dimmi chiaramente quale via sarà più benefica per me.



SPIEGAZIONE

Come preludio alla Bhagavad-gita, il capitolo precedente ha presentato diversi metodi di realizzazione spirituale, come il sankhya-yoga, il buddhi-yoga, il controllo dei sensi con l'intelligenza e l'azione disinteressata, mettendo il neofita di fronte a questi differenti metodi. Ma il secondo capitolo non tratta questi argomenti in modo sistematico. Sono necessarie altre precisazioni per tracciare un piano d'azione e facilitare la comprensione di questi argomenti apparentemente contraddittori. Perciò Arjuna chiede a Krishna di spiegare ancora questi argomenti, affinché diventino perfettamente comprensibili anche all'uomo comune. Sebbene Krishna non avesse alcuna intenzione di confonderlo con giochi di parole, Arjuna non riesce a capire che cosa significhi essere coscienti di Krishna sia nell'azione che nell'inazione. Arjuna, dunque con le sue domande tenta di chiarire la via della coscienza di Krishna a tutti coloro che desiderano seriamente capire il mistero della Bhagavad-gita.





VERSO 3

sri-bhagavan uvaca
loke 'smin dvi-vidha nistha
pura prokta mayanagha
jnana-yogena sankhyanam
karma-yogena yoginam



sri-bhagavan uvaca: Dio, la Suprema Persona, disse; loke: nel mondo; asmin: questo; dvi-vidha: due generi di; nistha: fede; pura: anticamente; prokta: erano state dette; maya: da Me; anagha: tu che sei senza peccato; jnana-yogena: col metodo di conoscenza che lega; sankhyanam: dei filosofi empirici; karma-yogena: col metodo di devozione che lega; yoginam: dei devoti.



TRADUZIONE

Il Signore Supremo disse:
O Arjuna senza peccato, come ho già detto, due sono le categorie di uomini che cercano di realizzare il sé. Alcuni sono inclini a raggiungere questo fine con la speculazione filosofica empirica, altri col servizio devozionale.



SPIEGAZIONE

Nel secondo capitolo, verso 39, il Signore ha indicato due vie, quella del sankhya-yoga e quella del karma-yoga, o buddhi-yoga. In questo verso il Signore spiega queste due vie in modo più chiaro. Il sankhya-yoga, ovvero lo studio analitico della materia e dello spirito, è il sentiero di coloro che amano la speculazione e cercano di comprendere le cose mediante la filosofia e la scienza sperimentale. Gli altri sono coloro che agiscono nella coscienza di Krishna, come spiega il verso 61 del secondo capitolo. Il Signore ha spiegato inoltre (B.g. 2.39) che agendo secondo i principi del buddhi-yoga (la coscienza di Krishna) ci si può liberare dalle catene dell'azione e ha precisato che questa via è libera da imperfezioni. Nello stesso capitolo (B.g. 2.61) si afferma che il buddhi-yoga consiste nel dipendere interamente dall'Essere Supremo, Krishna, e che applicando questo metodo diventa molto facile controllare i sensi. Di conseguenza queste due forme di yoga sono complementari, come la religione e la filosofia. Infatti, la religione senza filosofia è solo sentimentalismo, o a volte fanatismo, e la filosofia senza religione è solo speculazione mentale.
Il fine ultimo è Krishna, e i filosofi che cercano con sincerità la Verità Assoluta giungono immancabilmente alla coscienza di Krishna. Ciò è confermato anche nella Bhagavad-gita. Si tratta di comprendere la vera natura dell'anima individuale in relazione con l'Anima Suprema. La via indiretta è costituita dalla speculazione filosofica, con cui ci si può gradualmente elevare alla coscienza di Krishna; ma la via diretta consiste nel vedere tutto, fin dall'inizio, in relazione a Krishna. Delle due, la coscienza di Krishna è la via migliore perché non richiede nessun ripiego speculativo per purificare i sensi. Sublime e allo stesso tempo semplice, la coscienza di Krishna, via di devozione e d'amore, è purificatrice in se stessa.





VERSO 4

na karmanam anarambhan
naiskarmyam puruso 'snute
na ca sannyasanad eva
siddhim samadhigacchati



na: non; karmanam: di doveri prescritti; anarambhat: senza compiere; naiskarmyam: libertà dalla reazione; purusah: un uomo; asnute: ottiene; na; né; ca: anche; sannyasanat: con la rinuncia; eva: soltanto; siddhim: successo; samadhigacchati: raggiunge.



TRADUZIONE

Non è soltanto astenendosi dall'agire che ci si può liberare dalle conseguenze dell'azione, né la rinuncia di per sé è sufficiente a raggiungere la perfezione.



SPIEGAZIONE

Una volta raggiunta la purificazione mediante il compimento dei doveri prescritti, che hanno lo scopo di lavare il cuore materialista da ogni impurità, si può accedere all'ordine di rinuncia. Colui che non si è gradualmente purificato non può raggiungere la perfezione dell'esistenza entrando bruscamente nella quarta fase della vita umana, il sannyasa. Secondo i filosofi empirici, sarebbe sufficiente prendere l'abito da sannyasi, cioè abbandonare ogni azione interessata, per diventare uguali a Narayana. Ma Krishna smentisce questa teoria. Il sannyasi che non ha purificato il proprio cuore non può essere che causa di disturbo per l'ordine sociale. Se invece c'impegniamo nel trascendentale servizio del Signore (il buddhi-yoga), ogni progresso su questa via sarà riconosciuto dal Signore anche se non adempiamo i nostri obblighi materiali. Sv-alpam apy asya dharmasya trayate mahato bhayat: compiendo anche un piccolo servizio di devozione si possono superare grandi ostacoli. (B.g. 2.40)





VERSO 5

na hi kascit ksanam api
jatu tisthaty akarma-krit
karyate hy avasah karma
sarvah prakriti-jair gunaih

na: né; hi: certamente; kascit: chiunque; ksanam: un momento; api: anche; jatu: perfino; tisthati: rimane; akarma-krit: senza fare qualcosa; karyate: è forzato ad agire; hi: certamente; avasah: senza scampo; karma; azione; sarvah: tutti; prakriti-jaih: generate dalle influenze della natura materiale; gunaih: per le qualità.



TRADUZIONE

Tutti gli uomini sono inevitabilmente costretti ad agire secondo le tendenze acquisite sulla base delle influenze della natura materiale; per ciò nessuno può astenersi dall'agire, nemmeno per un istante.



SPIEGAZIONE

L'anima, per natura, è sempre attiva, e non solo quando si trova in un corpo. In assenza dell'anima spirituale, il corpo materiale non può muoversi. Il corpo è solo un veicolo inerte che trae dall'anima l'energia vitale. L'anima è sempre attiva e non può smettere di agire neppure per un momento. È meglio dunque che agisca nella coscienza di Krishna, perché anche se la rifiutasse dovrebbe pur sempre agire, ma questa volta sotto il dominio dell'energia illusoria. A contatto con l'energia materiale, l'anima spirituale subisce le tre influenze della natura materiale e per purificarsi dall'attaccamento alla materia deve compiere i doveri che gli sastra (le Scritture rivelate) prescrivono per gli esseri condizionati. Ma se l'anima è direttamente impegnata nella coscienza di Krishna, che è la sua funzione naturale, tutto ciò che compie le è di grande beneficio. Lo Srimad Bhagavatam lo conferma:



tyaktva sva-dharmam caranambujam harer
bhajann apakvo 'tha patet tato yadi
yatra kva vabhadram abhud amusya kim
ko vartha apto 'bhajatam sva-dharmatah


"Chi adotta la coscienza di Krishna non perde niente e non deve temere nulla, anche se non compie i doveri prescritti negli sastra o se non esegue perfettamente il servizio di devozione, o anche se gli accade di trascurare i princìpi della coscienza di Krishna. A che serve invece seguire tutti i riti purificatòri raccomandati dagli sastra se non si è coscienti di Krishna?" (1.5.17) Occorre dunque purificarsi per diventare coscienti di Krishna. Perciò il sannyasa, come ogni altro metodo di purificazione, deve aiutare l'uomo a raggiungere il vero scopo dell'esistenza, cioè a diventare cosciente di Krishna; altrimenti la vita è un fallimento.





VERSO 6

karmendriyani samyamya
ya aste manasa smaran
indriyarthan vimudhatma
mithyacarah sa ucyate



karma-indriyani: i cinque organi d'azione; samyamya: controllando; yah: chiunque; aste; rimane; manasa: con la mente; smaran: pensando; indriya-arthan: oggetti dei sensi; vimudha: stolto; atma: anime; mithya-acarah: simulatore; sah: egli; ucyate: è chiamato.

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TRADUZIONE

Colui che reprime i sensi, ma ha la mente ancora legata agli oggetti dei sensi, certamente s'illude ed è considerato un simulatore.



SPIEGAZIONE

Molti fingono di meditare mentre in realtà pensano solo al piacere dei sensi. Tali simulatori rifiutano naturalmente d'impegnarsi nella coscienza di Krishna e possono anche cullarsi in aride speculazioni filosofiche per impressionare le menti contorte, ma secondo questo verso sono i peggiori imbroglioni. Se si desidera soltanto godere dei sensi, si può assumere il ruolo che ci piace all'interno dell'ordine sociale e agire di testa propria; ma se si vuole una graduale purificazione occorre seguire i princìpi regolatori del gruppo sociale a cui si appartiene. Chiunque finga di essere uno yogi, quando in realtà cerca il solo piacere dei sensi, dev'essere giudicato il peggiore imbroglione anche se riesce a parlare in termini filosofici. La sua conoscenza è inutile perché i frutti della conoscenza di un uomo così peccaminoso sono immediatamente portati via dall'energia illusoria del Signore. I pensieri di tale simulatore sono sempre impuri perciò la sua cosiddetta meditazione yoga non ha alcun valore.





VERSO 7

yas tv indriyani manasa
niyamyarabhate 'rjuna
karmendriyaih karma-yogam
asaktah sa visisyate

yah: colui che; tu: ma; indriyani: i sensi; manasa: con la mente; niyamya: regolando; arabhate: comincia; arjuna: o Arjuna; karma-indriyaih: con gli organi d'azione; karma-yogam: devozione; asaktah: senza attaccamento; sah: egli; visisyate: è di gran lunga il migliore.



TRADUZIONE

D'altra parte una persona sincera che cerca di controllare i sensi attivi con l'aiuto della mente, e s'impegna senza attaccamento nel karma-yoga [nella coscienza di Krishna], è di gran lunga superiore.



SPIEGAZIONE

Invece di diventare uno pseudo-spiritualista per ottenere più facilmente i piaceri materiali, è molto meglio mantenere la propria occupazione e cercare allo stesso tempo di raggiungere il fine dell'esistenza, cioè liberarsi dai legami della materia per entrare nel regno di Dio. Nel nostro stesso interesse, il primo scopo (svartha-gati) da raggiungere è Visnu. L'istituzione del varnasrama-dharma ci aiuta a raggiungere questo scopo. Anche un capofamiglia può raggiungere questo scopo se s'impegna nel servizio di devozione seguendo le regole della coscienza di Krishna. Per giungere alla realizzazione spirituale, l'uomo deve vivere in modo regolato come prescrivono gli sastra e continuare a compiere il suo dovere in uno spirito di distacco. L'uomo sincero che s'incammina su questa via è infinitamente meglio situato dall'impostore che fa mostra di uno spiritualismo mediocre per imbrogliare un pubblico ingenuo. Uno spazzino sincero vale mille volte più di un falso yogi che finge di meditare solo per guadagnarsi da vivere.





VERSO 8

niyatam kuru karma tvam
karma jyayo hy akarmanah
sarira-yatrapi ca te
na prasiddhyed akarmanah

niyatam: prescritti; kuru: compi; karma: doveri; tvam: tu; karma: azione; jyayah: migliore; hi: certamente; akarmanah: che senza agire; sarira: del corpo; yatra: mantenimento; api: perfino; ca: anche; te: tuo; na: mai; prasiddhyet: potrebbe essere compiuto; akarmanah: senza azione.



TRADUZIONE

Compi il tuo dovere prescritto perché l'azione è migliore dell'inazione. Senza agire non è possibile nemmeno mantenere il proprio corpo.



SPIEGAZIONE

Molti sono gli pseudo-mediatori che dicono di appartenere a famiglie nobili, e molti gli uomini importanti che dicono di aver abbandonato tutto per consacrarsi alla realizzazione spirituale. Krishna non vuole che Arjuna diventi un simulatore, ma vuole che compia i suoi doveri come ksatriya. Arjuna è un uomo di famiglia e un generale militare, perciò è meglio per lui mantenere la sua posizione e compiere i doveri prescritti per i capifamiglia e per gli ksatriya. Questi doveri purificano gradualmente il cuore di chi li compie liberandolo da ogni contaminazione materiale. Né il Signore né alcuna Scrittura sacra incoraggiano una finta rinuncia intesa a soddisfare i bisogni del corpo; in un modo o nell'altro l'uomo deve guadagnarsi da vivere con un lavoro. Nessuno deve abbandonare per capriccio le proprie attività senza prima essersi purificato da ogni attaccamento materiale. E chiunque si trovi nel mondo materiale ha in sé il desiderio impuro di dominare la natura materiale o, in altre parole, di godere dei sensi. Questo desiderio impuro deve essere eliminato. Chi rinuncia a ogni attività prima di aver spazzato via questo desiderio compiendo il proprio dovere, diventerà solo un falso spiritualista, un parassita della società.





VERSO 9

yajnarthat karmano 'nyatra
loko 'yam karma-bandhanah
tad-artham karma kaunteya
mukta-sangah samacara

yajna-arthat: compiuta soltanto a favore di Yajna, Sri Visnu; karmanah: che l'attività; anyatra: altrimenti; lokah: mondo; ayam: questo; karma-bandhanah: prigionia dovuta all'azione; tat: di Lui; artham: per il bene; karma: attività; kaunteya: o figlio di Kunti; mukta-sangah: libera dal contatto; samacara: agisci perfettamente.



TRADUZIONE

L'attività dev'essere compiuta come sacrificio a Visnu, altrimenti lega il suo autore al mondo materiale. Per questa ragione, o figlio di Kunti, compi i tuoi doveri per la soddisfazione di Visnu e resterai per sempre libero dai legami della materia.



SPIEGAZIONE

Poiché è necessario agire, se non altro per provvedere ai bisogni del corpo, i doveri di ogni individuo, in base alla sua posizione sociale e spirituale, sono stabiliti in modo da procurargli tutto il necessario per vivere. Il termine yajna designa sia Visnu sia gli atti di sacrificio, perché tutti i sacrifici esistono solo per soddisfare Visnu. I Veda affermano a questo proposito: yajno vai visnuh. In altre parole, servire direttamente Visnu vale quanto eseguire tutti i sacrifici prescritti. La coscienza di Krishna è dunque la forma di yajna consigliata in questo verso.
Soddisfare Visnu è lo scopo dell'istituzione del varnasrama: varnasramacaravata purusena parah puman / visnur aradhyate. (Visnu Purana 3.8.8) Si deve agire dunque per la soddisfazione di Visnu. Ogni altra forma di attività compiuta nel mondo materiale sarà solo causa di schiavitù, perché sia le azioni buone sia quelle cattive comportano una reazione, e questa reazione lega il loro autore. Perciò è necessario agire in coscienza di Krishna per soddisfare Krishna, o Visnu, perché questo genere di attività non condiziona il suo autore ma lo libera immediatamente. Questa è l'arte dell'agire, e all'inizio si rivela indispensabile l'aiuto di una guida esperta. Si deve dunque agire con coscienza, seguendo le indicazioni di un devoto di Krishna o di Krishna stesso (come nel caso di Arjuna). Non si deve fare niente per la gratificazione dei sensi, ma si deve fare tutto per la soddisfazione di Krishna. Così non solo saremo liberati da tutte le conseguenze materiali, ma ci eleveremo fino al trascendentale servizio d'amore al Signore, unica via per raggiungere il regno di Dio.






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VERSO 10

saha-yajnah prajah sristva
purovaca prajapatih
anena prasavisyadhvam
esa vo 'stv ista-kama-dhuk

saha: insieme con; yajnah: sacrifici; prajah: generazioni; sristva: creando; pura: anticamente; uvaca: disse; praja-patih: il Signore delle creature; anena: con questo; prasavisyadhvam: possiate diventare sempre più prosperi; esah: questa; vah: vostro; astu: così sia; ista: di tutto ciò che è desiderabile; kama-dhuk: Colui che concede.



TRADUZIONE

All'inizio della creazione il Signore di tutte le creature generò uomini ed esseri celesti, insieme con i sacrifici a Visnu, e li benedisse dicendo: "Siate felici con questi yajna [sacrifici] perché il loro comportamento vi procurerà tutto ciò che desiderate per vivere felici e ottenere la liberazione."



SPIEGAZIONE

L'universo materiale, creato da Visnu, il Signore di tutte le creature, offre alle anime condizionate la possibilità di tornare a Dio, nella loro dimora originale. Tutti gli esseri, nella creazione materiale, sono condizionati dalla natura materiale perché hanno dimenticato l'eterna relazione che li lega a Visnu, o Krishna, Dio, la Persona Suprema. Gli insegnamenti vedici hanno lo scopo di aiutarci a capire questa relazione, come spiega la Bhagavad-gita: vedais ca sarvair aham eva vedyah. Il Signore afferma che il fine dei Veda è quello di conoscerLo. E negli inni vedici si proclama che il Signore di tutti gli esseri viventi è Visnu, Dio, la Persona Suprema: patim visvasyamesvaram. Nello Srimad Bhagavatam (2.4.20), Srila Sukadeva Govami definisce il Signore pati in molti modi:

sriyah patir yajna-patih praja-patir
dhiyam patir loka-patir dhara-patih
patir gatis cadhaka-vrisni-satvatam
prasidatam me bhagavan satam patih

Il praja-pati è Visnu; Egli è il Signore di tutte le creature, di tutti gli universi e di tutti gli splendori, ed è il protettore supremo. Visnu ha creato questo mondo materiale affinché le anime condizionate imparassero a compiere gli yajna (sacrifici) per la Sua soddisfazione. Così, non dovendosi preoccupare troppo delle necessità materiali durante la loro permanenza in questo mondo, gli esseri possono vivere tranquillamente ed entrare nel regno di Dio dopo aver lasciato il corpo materiale. Questo è il piano del Signore per aiutare le anime condizionate. Compiendo gli yajna le anime condizionate diventano gradualmente coscienti di Krishna e si situano nella virtù. Le Scritture vediche raccomandano per l'età di Kali il sankirtana-yajna, il canto dei santi nomi di Dio, sacrificio spirituale stabilito da Sri Caitanya Mahaprabhu, che è Krishna stesso, per liberare tutti gli uomini di quest'epoca. Il sankirtana-yajna e la coscienza di Krishna vanno di pari passo. L'apparizione del Signore nella forma di un puro devoto, Sri Caitanya Mahaprabhu, venuto per propagare il Movimento del sankirtana, è menzionata nello Srimad Bhagavatam così:

krishna-varnam tvisakrishnam
sangopangastra-parsadam
yajnaih sankirtana-prayair
yajanti hi su-medhasah



Nell'età di Kali le persone provviste di sufficiente intelligenza adoreranno il Signore e i Suoi compagni compiendo il sankirtana-yajna." (S.B. 11.5.32) Gli altri yajna menzionati nelle Scritture vediche non sono facili da eseguire nell'età di Kali, ma il sankirtana-yajna, facile e sublime, serve a tutti gli scopi ed è raccomandato anche nella Bhagavad-gita (9.14).



continua...











CAPITOLO 4





La conoscenza trascendentale





VERSO 1

sri-bhagavan uvaca
imam vivasvate yogam
proktavan aham avyayam
vivasvan manave praha
manur iksvakave 'bravit

sri-bhagavan uvaca: la Suprema Personalità di Dio, Sri Krishna disse; imam: questa; vivasvate: a dio del sole; yogam; la scienza della propria relazione col Supremo; proktavan: ha insegnato; aham: Io; avyayam: indistruttibile; vivasvan (il nome del dio del sole); manave: il padre del genere umano (di nome Vaivasvata); praha: disse; manuh: il padre del genere umano; iksvakave: a re Iksvaku; abravit: disse.



TRADUZIONE

Il Signore Supremo, Sri Krishna, disse:
Ho insegnato questa scienza immortale dello yoga a Vivasvan, il dio del sole, e Vivasvan l'ha insegnata a Manu, il padre del genere umano; Manu a sua volta, l'ha insegnata a Iksvaku.



SPIEGAZIONE

Questo verso narra la storia della Bhagavad-gita fin dai tempi più antichi, quando il suo insegnamento fu impartito ai sovrani dei pianeti dell'universo, a cominciare dal sovrano del sole. I dirigenti di ogni pianeta hanno il compito di proteggere i popoli, perciò hanno il dovere di capire la scienza della Bhagavad-gita, se desiderano governare perfettamente lo Stato e proteggere i cittadini dalla cupidigia che li incatena alla materia.
La vita umana deve servire a coltivare la conoscenza spirituale e a riscoprire la relazione eterna che ci unisce a Dio, la Persona Suprema. Spetta dunque ai dirigenti di ogni nazione e di ogni pianeta diffondere questa conoscenza tra i cittadini offrendo loro educazione e cultura e insegnando il principio della devozione a Dio. In altre parole, i capi di Stato devono diffondere la scienza di Krishna affinché tutti possano trarre beneficio da questa grande scienza e possano vivere un'esistenza utile, traendo il miglior vantaggio dalla forma umana.
Sul sole, fonte di tutti i pianeti del sistema solare, il deva principale è chiamato, nella nostra era, Vivasvan. Brahma dice nella Brahma-samhita (5.52):

yac-caksur esa savita sakala-grahanam
raja samasta-sura-murtir asesa-tejah
yasyajnaya bhramati sambhrita-kala-cakro
govindam di-purusam tam aham bhajami

"Adoro Govinda (Krishna), Dio, la Persona Suprema e originale. È Lui che dà al sole, re di tutti gli astri, il suo immenso potere e il suo intenso calore. Il sole rappresenta l'occhio del Signore, e ruota nella sua orbita per obbedire ai Suoi ordini."
Il sole è il re degli astri perché li illumina e li riscalda tutti. Al deva che lo governa, Vivasvan, Krishna insegnò in origine la scienza della Bhagavad-gita facendo di lui il Suo primo discepolo. La Bhagavad-gita non è dunque una raccolta di speculazioni per vuoti eruditi, ma un'opera autentica che presenta una conosocenza spirituale trasmessa da maestro a discepolo, da tempo immemorabile fino ai nostri giorni. Il Mahabharata traccia la storia della Bhagavad-gita:

treta-yugadau ca tato
vivasvan manave dadau
manus ca loka-bhrity-artham

sutayeksvakave dadau
iksvakuna ca kathito
vyapya lokan avasthitah

"All'inizio della seconda era (il Treta-yuga), Vivasvan insegnò a Manu la scienza che dà all'uomo la capacità di ritrovare la relazione che lo unisce al Supremo. A sua volta, Manu, progenitore dell'umanità, trasmise questa scienza a suo figlio Iksvaku, re della Terra e antenato della dinastia Raghu, in cui apparve l'avatara Ramacandra." (Mahabharata, Santi parva 348.51-52)

La Bhagavad-gita è dunque conosciuta dall'uomo fin dall'epoca di Maharaja Iksvaku. Noi viviamo attualmente nel Kali-yuga, età che dura 432.000 anni, di cui 5.000 soltanto sono già trascorsi. Precedenti a quest'età erano il Dvapara-yuga (864.000 anni), il Treta-yuga (1.296.000 anni) e il Satya-yuga (1.728.000). All'inizio del Treta-yuga Manu ricevette la conoscenza della Bhagavad-gita e l'insegnò al figlio e discepolo Maharaja Iksvaku, re della Terra, circa 2.165.000 anni fa (1.296.000 più 864.000 più 5.000). Un'era di Manu dura circa 305.300.000 anni, di cui 120.400.000 sono già trascorsi. Poiché il Signore enunciò la Bhagavad-gita al Suo discepolo, il Dio del sole (Vivasvan), prima della nascita di Manu, possiamo calcolare in modo approssimativo che questo insegnamento ebbe luogo non meno di 120.400.000 anni fa. L'uomo beneficia di questa conoscenza da più di 2.000.000 di anni. E il Signore l'ha nuovamente esposta ad Arjuna circa 5.000 anni fa. Questo è, in sintesi, il passato storico della Bhagavad-gita, secondo la Scrittura stessa e il suo autore, Sri Krishna. Come ksatriya e capostipite degli ksatriya surya-vamsa, discendenti del dio del sole, Vivasvan fu scelto per ricevere per primo questa saggezza. La Bhagavad-gita, enunciata dal Signore stesso, è autentica come i Veda, perciò è detta apauruseya, "al di là del sapere umano." Occorre dunque riceverla come i Veda, così com'è, senza interpretarla. I sofisti possono giocare coi loro cavilli e speculare abilmente sulla Bhagavad-gita, ma le conclusioni che ne trarranno non avranno niente in comune con la Bhagavad-gita originale. Essa dev'essere accettata così com'è, dopo averla ricevuta da un acarya appartenente a una successione spirituale autentica di maestri, come Iksvaku la ricevette da suo padre Manu. che a sua volta la ricevette da suo padre Vivasvan, che l'aveva ricevuta da Krishna.





VERSO 2

evam parampara-praptam
imam rajarsayo viduh
sa kaleneha mahata
yogo nastah parantapa

evam: così; parampara: attraverso la successione di maestri; praptam: ricevuta; imam: questa scienza; raja-risayah: i re santi; vidu: compresero; sah: quella conoscenza; kalena: nel corso del tempo; iha: in questo mondo; mahata: grande; yogah: la scienza della realizzazione individuale col Supremo; nastah: dispersa; parantapa: o Arjuna, vincitore dei nemici.



TRADUZIONE

Questa scienza suprema fu così trasmessa in successione da maestro a discepolo, e i re santi la ricevettero in questo modo; nel corso del tempo, tuttavia la catena di maestri si è interrotta e questa scienza così com'è sembra perduta.

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SPIEGAZIONE

Appare evidente dal verso che la Bhagavad-gita era destinata in particolare ai re santi, a coloro che avevano il dovere di applicarne i princìpi nello Stato a beneficio dei cittadini. Lo scopo della Bhagavad-gita non è certamente mai stato quello di servire da strumento a persone demoniache che, interprentandola a piacere, l'avrebbero deformata a danno di tutti. Poiché un nugolo di commentatori senza scrupoli si era abbattuto su di essa, sviandone il significato puro, divenne urgente ristabilire l'autentica successione spirituale. Il Signore stesso osservò 5.000 anni fa che si era formata una frattura nella linea dei maestri spirituali. L'osservazione è espressa in questo verso, dov'è detto che il vero scopo della Bhagavad-gita sembra essere stato dimenticato.

Oggi esistono molte traduzioni della Bhagavad-gita, ma nessuna di esse concorda con le spiegazioni dei maestri appartenenti alla successione spirituale che ha origine da Krishna. Numerosi sono gli eruditi profani che hanno formulato un commento sulla Bhagavad-gita, ma anche se usano "a loro profitto" le parole di Sri Krishna, quasi nessuno di questi eruditi riconosce in Krishna la Persona Suprema. Questo atteggiamento è demoniaco, perché i demoni non credono nell'esistenza di Dio, ma vogliono godere senza scrupoli di ciò che Gli appartiene.
La presente opera tenta di rispondere all'esigenza impellente di un'edizione occidentale della Bhagavad-gita che sia conforme alla conoscenza trasmessa dalla successione spirituale (parampara), di cui Krishna è la fonte. Accettandola così com'è, la Bhagavad-gita può portare il più grande beneficio all'umanità; ma sarà una perdita di tempo studiarla come una semplice raccolta di speculazioni filosofiche.





VERSO 3

sa evayam maya te 'dya
yogah proktah puratanan
bhakto 'si me sakha ceti
rahasyam hy etad uttamam

sah: la medesima; eva: certamente; ayam: questa; maya: da Me; te: a te; adya: oggi; yogah: la scienza dello yoga; proktah: esposta; puratanah: molto antica; bhaktah: devoto; asi: tu sei; me: Mio; sakha: amico; ca: anche; iti: perciò; rahasyam: mistero; hi: certamente; etat: questo; uttamam: trascendentale.



TRADUZIONE

Oggi, questa antichissima scienza della relazione col Supremo la espongo a te, perché tu sei Mio devoto e Mio amico e puoi quindi capirne il mistero trascendentale.



SPIEGAZIONE

Esistono due categorie di uomini, i devoti e i demoni. Il Signore sceglie Arjuna per trasmettere questa grande scienza perché egli è un devoto del Signore, mentre un demone non può penetrare il mistero di questa grande scienza. C'è un gran numero di edizioni della Bhagavad-gita, alcune commentate dai devoti del Signore e altre dai demoni. Le spiegazioni dei devoti presentano questa Scrittura così com'è, in tutta la sua realtà, mentre le spiegazioni dei demoni sono inutili. Arjuna riconosce Sri Krishna come Dio, la Persona Suprema; così, ogni commentatore che segua le tracce di Arjuna serve veramente la causa di questa grande scienza. Le persone demoniache, invece, non accettano Krishna così com'è, ma sviano i lettori e con le loro teorie sulla natura del Signore li allontana dal vero insegnamento di Krishna. Qui c'è un'ammonizione a guardarsi da tali sentieri devianti. Bisogna cercare di seguire i maestri spirituali della linea di Arjuna, se si vuole ottenere tutto il beneficio della scienza della Bhagavad-gita.





VERSO 4

arjuna uvaca
aparam bhavato janma
param janma vivasvatah
katham etad vijaniyam
tvam adau proktavan iti

arjunah uvaca: Arjuna disse; aparam: più giovane; bhavatah: Tua; janma: nascita; param: superiore; janma: nascita; vivasvatah: del dio sole; katham: come; etat: questo; vijaniyam: potrò capire; tvam: Tu; adau: all'inizio; proktavan: insegnasti; iti: così.



TRADUZIONE

Arjuna disse:
Vivasvan, il dio del sole, è nato molto prima di Te. Come concepire dunque che sia stato Tu all'inizio a impartirgli questa scienza?



SPIEGAZIONE

Com'è possibile che Arjuna, puro devoto di Krishna, possa dubitare delle parole del Signore? In realtà, egli non domanda chiarimenti per se stesso ma per le persone che non credono in Dio che si ribellano all'idea che Krishna sia Dio, la Persona Suprema; è solo per loro che Arjuna pone queste domande, fingendo di non essere cosciente della natura suprema e divina di Krishna. Come mostrerà chiaramente il decimo capitolo, Arjuna sa bene che Krishna è Dio la Persona Suprema, la fonte di tutto ciò che esiste e l'ultimo stadio della realizzazione spirituale.
Krishna apparve sulla Terra anche come figlio di Devaki. È molto difficile, dunque, per un comune mortale capire che questo stesso Krishna è Dio, la Persona Suprema, eterna e originale. Perciò Arjuna chiede a Krishna di chiarirgli questo mistero. Oggi, come sempre, Krishna è riconosciuto come la più grande autorità in campo spirituale, e fino a oggi solo i demoni hanno rifiutato l'autenticità delle sue parole. Arjuna rivolge le sue domande direttamente a Ksna perché sia Lui a descrivere Se stesso; non vuole affidarsi alle parole dei demoni, sempre pronti a deformare la natura di Krishna descrivendoLo in un modo che solo i demoni e i loro seguaci possono capire. Conoscere la scienza di Krishna è nell'interesse di tutti. Perciò, quando Krishna parla di Sé porta al mondo intero il più grande beneficio. Questa rivelazione di Sé sembrerà molto strana ai demoni che analizzano Krishna secondo i loro schemi mentali, ma non ai devoti che accolgono sempre con gioia le descrizioni che Krishna fa di Se stesso. I devoti venerano le parole pure e autorevoli di Krishna perché sono sempre ansiosi di conoscerLo meglio. Ma anche gli atei, che vedono in Krishna un uomo comune, soggetto anche Lui alle influenze della natura materiale riceveranno beneficio dalle Sue parole. Per gli atei sarà l'occasione di vedere che Krishna supera il livello umano; che Egli è sac-cid-ananda-vigraha, la forma eterna di conoscenza e felicità assoluta; che Egli è trascendentale e sfugge all'azione delle tre influenze della natura materiale e all'influsso del tempo e dello spazio. Un devoto di Krishna, come Arjuna, non può avere dubbi sulla posizione trascendentale di Krishna. Il fatto che Arjuna rivolga questa domanda al Signore è semplicemente il tentativo di un devoto di sconfiggere l'atteggiamento ateo delle persone che considerano Krishna un comune essere umano soggetto alle influenze della natura materiale.





VERSO 5

sri-bhagavan uvaca
bahuni me vyatitani
janmani tava carjuna
tany aham veda sarvani
na tvam vettha parantapa

sri-bhagavan uvaca: la Persona di Dio disse; bahuni: molti; me: di Me; vyatitani: sono passate; janmani: nascite; tava: tue; ca: e anche; arjuna: o Arjuna; tani: coloro; aham: Io; veda: conosco; sarvani: tutte; na: non; tvam: tu; vettha: conosci; parantapa: o vincitore del nemico.



TRADUZIONE

Il Signore Supremo disse:
Entrambi, tu ed Io, abbiamo attraversato innumerevoli nascite. Io posso ricordarle tutte, ma tu non puoi, o vincitore del nemico.


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28/05/2009 15:31
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SPIEGAZIONE

La Brahma-samhita c'informa dell'esistenza di numerosissimi avatara:

advaitam acyutam anadim ananta-rupam
adyam purana-purusam nava-yauvanam ca
vedesu durlabham adurlabham atma-bhaktau
govindam adi-purusam tam aham bhajami

"Adoro Govinda (Krishna), il Signore Supremo, la Persona originale, assoluta, infallibile e senza inizio. Pur espandendoSi in innumerevoli forme, Egli rimane sempre lo stesso e sebbene sia la Persona originale, la più antica, conserva una giovinezza perenne. Le Sue forme eterne, tutte di conoscenza e felicità assoluta, sono inaccessibili alla comprensione dei filosofi, anche dei più esperti nelle Scritture vediche, ma diventano visibili agli occhi dei puri devoti." (B.s.5.33)

ramadi murtisu kala-niyamena tisthan
anavataram akarod bhuvanesu kintu
krishnah svayam samabhavat paramah puman yo
govindam di-purusam tam aham bhajami

"Adoro Govinda, Dio, la Persona Suprema, che appare sempre in questo mondo sotto diverse forme, come Rama, Nrisimha, e innumerevoli altre. Tuttavia Egli è la Persona originale, Dio stesso, il Suo nome è Krishna e talvolta discende in questo mondo anche nella Sua forma primordiale." (B.s. 5.39)

I Veda confermano questi versi: sebbene sia Uno, senza uguali, il Signore si manifesta sotto innumerevoli forme. Assomiglia al gioiello vaidurya, che cambia costantemente colore pur rimanendo sempre lo stesso. I puri devoti possono comprendere le molteplici forme del Signore, cosa impossibile invece a chi si limita allo studio dei Veda (vedesu durlabham adurlabham atma-bhaktau).
Devoti come Arjuna sono compagni eterni del Signore e discendono con Lui nell'universo materiale dove assumono diversi ruoli per servirLo. Così, questo verso mostra che numerosi milioni di anni fa, quando Sri Krishna enunciò la Bhagavad-gita a Vivasvan, dio del sole. Arjuna era presente sebbene in un ruolo diverso. Ma la differenza tra Krishna e Arjuna è che Krishna ricorda le Sue apparizioni passate, mentre Arjuna no. Questo è ciò che distingue il Signore Supremo dall'essere infinitesimale che emana da Lui. Arjuna, come indica questo verso, è un potente eroe in grado di vincere qualsiasi nemico, ma è incapace di ricordarsi delle sue vite precedenti. L'essere vivente, per quanto grande sia, non può mai eguagliare il Signore Supremo; neanche i Suoi eterni compagni, che sono tutte anime liberate, possono eguagliarLo.

La Brahma-samhita dice che il Signore è acyuta, "infallibile", cioè non perde mai coscienza della Sua identità, neanche quando viene a contatto con la materia. Perciò il Signore e l'essere vivente non possono mai essere uguali sotto tutti gli aspetti, anche se l'essere è liberato come Arjuna. Benché Arjuna sia un devoto del Signore, talvolta dimentica la natura del Signore. Ma anche in questo caso il devoto può ritrovare subito coscienza della natura infallibile del Signore per la Sua grazia, mentre il non devoto, o demone, non giunge mai a comprendere la natura trascendentale di Krishna. Perciò la Bhagavad-gita non può essere capita dalle menti demoniache. Krishna e Arjuna sono entrambi eterni, ma Krishna resta cosciente degli atti compiuti milioni di anni prima, mentre Arjuna no, perché l'essere vivente dimentica tutte le vite passate quando cambia corpo. Soltanto il Signore ricorda tutto perché il Suo corpo, essendo sac-cid-ananda, non cambia mai. Egli è advaita, non c'è differenza tra il Suo corpo e Lui stesso. Tutto ciò che Lo riguarda è spirituale, al contrario dell'anima condizionata, che è ben differente dal suo corpo materiale. Poiché il Signore non è differente dal Suo corpo, Egli Si distingue sempre dall'uomo comune anche quando scende nell'universo materiale. Ma i demoni sono incapaci di ammettere la natura trascendentale del Signore, sebbene il Signore la descriva chiaramente nel verso seguente.





VERSO 6

ajo'pi sann avyayatma
bhutanam isvaro 'pi san
prakritim svam adhishaya
sambhavamy atma-mayaya

ajah: non nato; api: benché; san: essendo così; avyaya: senza deterioramento; atma: il corpo; bhutanam: di tutti coloro che sono nati; isvarah: il Signore Supremo; api: benché; san: essendo così; prakritim; nella forma trascendentale; svam: di Me stesso; adhisthaya: essendo così situato; sambhavami: Io discendo; atma-mayaya: grazie alla Mia energia interna.



TRADUZIONE

Anche se Io sono il non nato e il Mio corpo trascendentale non si deteriora mai, anche se sono il Signore di tutti gli esseri viventi, discendo in ogni era nella Mia forma originale e trascendentale.



SPIEGAZIONE

Il Signore ha descritto, nel verso precedente, le caratteristiche molto particolari della Sua venuta nel mondo; benché sembri un essere comune, Egli mantiene il perfetto ricordo delle Sue innumerevoli "nascite" passate, contrariamente ai comuni mortali, che sono incapaci di ricordare anche solo ciò che hanno fatto qualche ora prima. Se ci viene chiesto di descrivere ciò che stavamo facendo il giorno prima, alla stessa ora, molto difficilmente daremo una risposta immediata; dovremo scavare nella memoria per raccogliere dei ricordi. Eppure esiste della gente che ha il coraggio di proclamarsi Dio! Nessuno deve lasciarsi ingannare da queste pretese così assurde.

Il Signore descrive qui la Sua forma (prakriti). Prakriti designa la natura, ma anche la vera forma dell'essere (che si esprime pure con la parola svarupa). Il Signore spiega che Egli appare in questo mondo col Suo proprio corpo. Egli non trasmigra da un corpo all'altro come i comuni mortali. L'anima condizionata ha un particolare corpo in questa vita, ma avrà un corpo differente nella prossima vita. Nel mondo materiale ogni essere ha un corpo solo per un periodo limitato di tempo, infatti prima o poi dovrà lasciare quel corpo per prenderne un altro. Il Signore, tuttavia, non è soggetto a questa legge. Egli appare grazie alla Sua potenza interna, nel Suo corpo originale. In altre parole, Krishna appare in questo mondo nella Sua forma immutabile ed eterna, con un flauto tra le mani. Egli appare nel Suo corpo eterno, che non è assolutamente contaminato dalla materia. Ma sebbene Si manifesti nella Sua forma trascendentale e immutabile, sebbene sia il Signore dell'universo, Egli sembra nascere come un qualsiasi mortale. Una delle Sue sorprendenti caratteristiche, però, è quella che passando dall'età di neonato a quella di bambino e poi a quella di Kuruksetra, Krishna aveva innumerevoli nipoti e, secondo i nostri calcoli, avrebbe dovuto essere molto anziano, ma il Suo aspetto era quello di un giovane di venti, venticinque anni. Krishna non è mai rappresentato nella forma di un vecchio, perché sebbene sia stato, sia e rimarrà per sempre la Persona più antica. Egli non invecchia come noi. Il Suo corpo e la Sua intelligenza non s'indeboliscono né cambiano. Perciò, anche in questo mondo Egli rimane il non nato, l'eterna forma di conoscenza e felicità assolute, immutato nel Suo corpo e nella Sua intelligenza trascendentali. Egli si mostra e Si sottrae alla nostra vista proprio come il sole, che si leva, si sposta davanti ai nostri occhi e infine lascia la nostra visuale. Noi crediamo che il sole sia tramontato quando non lo vediamo più e che si alzi quando appare all'orizzonte, ma in realtà il sole non lascia mai il suo posto nel cielo. L'errore è dovuto soltanto all'imperfezione e alla limitazione dei nostri sensi.

L'apparizione e la scomparsa di Krishna in questo mondo non hanno niente in comune con quelle di un uomo ordinario; è evidente dunque che in virtù della Sua potenza interna il Signore è conoscenza e felicità eterna, e non è mai contaminato dalla materia. Anche i Veda lo confermano: benché sembri nascere in questo mondo e Si manifesti sotto molteplici forme, Dio è il non nato. I supplementi dei Veda affermano, a loro volta, che sebbene sembri nascere, il Signore non cambia corpo. la narrazione del suo avvento, descritta nello Srimad Bhagavatam, ce Lo mostra mentre appare di fronte a Sua madre nella forma di Narayana, dotato di quattro braccia e provvisto delle sei perfezioni. L'avvento del Signore nella Sua forma originale ed eterna è la manifestazione della Sua misericordia incondizionata sugli esseri viventi, affinché sia loro possibile meditare sul Signore Supremo così com'è, e non su speculazioni mentali o immaginazioni, a torto considerate forme del Signore dagli impersonalisti. Il termine maya, o atma-maya, si riferisce, secondo il dizionario Visva-kosa, alla misericordia incondizionata del Signore. Ma Egli rimane sempre cosciente delle Sue apparizioni e delle Sue scomparse precedenti, mentre l'essere comune dimentica tutto del suo corpo anteriore nel momento in cui entra in un nuovo corpo. Krishna rimane sempre il Signore di tutti gli esseri, superiore a tutti, e quando viene sulla Terra compie atti meravigliosi e soprannaturali. Egli è sempre la Verità Assoluta; le Sue qualità non sono differenti dal Suo corpo, né la Sua forma è differente da Lui stesso. Allora ci si potrebbe chiedere: perché il Signore appare in questo mondo per poi lasciarlo? Il verso seguente ci dà la risposta.





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28/05/2009 15:32
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