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Bagavadgita

Ultimo Aggiornamento: 28/05/2009 16:07
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VERSO 7

yada yada hi dharmasya
glanir bhavati bharata
abhyutthanam adharmasya
tadatmanam srijamy aham

yada yada: ogni volta e dovunque; hi: certamente; dharmasya: di religione; glanih: un divario; bhavati: si manifesta; bharata: o discendente di Bharata; abhyutthanam: predominio; adharmasya: dell'irreligione; tada: allora; atmanam: Me; srijami: manifesto; aham: Io.



TRADUZIONE

Ogni volta che in un luogo dell'universo la religione declina e l'irreligione avanza, o discendente di Bharata, Io vengo in persona.



SPIEGAZIONE

Una delle parole importanti in questo verso è srijami. Questo termine non può avere qui il significato di "creazione" che gli si da generalmente perché, secondo il verso precedente, né la forma né il corpo di Dio sono stati creati; tutte le forme con cui Egli appare sono eterne. Il termine srijami significa dunque che il Signore Si manifesta così com'è. Sebbene di solito Egli appaia in periodi determinati (una volta ogni giorno di Brahma, sotto il regno del settimo Manu, nel ventottesimo maha-yuga, alla fine del Dvapara-yuga), questa regola non Lo vincola, perché Egli è pienamente libero di agire a Suo piacere. Discende dunque di Sua volontà, ogni volta che l'irreligione predomina e la vera religione soccombe. I princìpi della religione sono contenuti nei Veda e chi trascura di seguirli cade al livello degli empi. Lo Srimad Bhagavatam insegna che questi prncìpi sono le leggi di Dio. Soltanto Dio può creare la religione. Fu dunque il Signore stesso che in origine enunciò i Veda nel cuore di Brahma, il primo essere creato. I princìpi del dharma, della vera religione, sono i diretti insegnamenti della Persona Suprema (dharmam tu saksad bhagavat-pranitam) e si ritrovano in tutta la Bhagavad-gita. I Veda hanno dunque lo scopo di stabilire questi princìpi secondo le istruzioni del Signore Supremo, e il Signore afferma, alla fine della Bhagavad-gita, che il più alto principio religioso consiste nell'abbandonarsi a Lui soltanto.

I princìpi vedici conducono dunque a questo fine ultimo, che è l'abbandono totale a Dio e il Signore appare ogni volta che uomini e demoniaci ostacolano la giusta applicazione di questi princìpi. Buddha, per esempio, come ci spiega lo Srimad Bhagavatam, è una manifestazione di Krishna. Egli visse in un'epoca in cui il materialismo aveva invaso la Terra e gli atei giustificavano i loro atti perversi col pretesto di seguire i Veda. In nome dei sacrifici persone di natura demoniaca abbattevano bestie innocenti, senza tener conto delle severissime restrizioni dei Veda sui sacrifici animali. Buddha venne per mettere fine a questi inutili massacri e per istituire i princìpi vedici della non violenza. Ogni avatara, o manifestazione del Signore, ha dunque una particolare missione da compiere, che è rivelata dalle Scritture. Nessuno può essere considerato un avatara se non corrisponde alla descrizione di questi Testi.

Alcuni affermano che il Signore appare soltanto in India. Non è esatto; Egli può manifestarSi dove e quando desidera. Quando discende in una delle Sue forme, rivela agli uomini quel tanto di conoscenza spirituale che possono assimilare, secondo il luogo e le circostanze in cui si trovano. Ma la missione di tutti gli avatara rimane sempre la stessa: condurre l'umanità alla coscienza di dio e al rispetto dei princìpi religiosi. Krishna discende talvolta personalmente, altre volte invia un Suo rappresentante autentico, che può essere Suo figlio o il Suo servitore o Lui stesso sotto celata forma.
I princìpi della Bhagavad-gita, che furono rivelati ad Arjuna perché era spiritualmente più elevato dei suoi contemporanei, sono rivolti anche a tutti gli uomini dalla coscienza spirituale avanzata. Che due più due faccia quattro è una verità ammessa sia dallo scolaro sia dal matematico, tuttavia il calcolo elementare differisce dalle matematiche più complesse. Così, i princìpi insegnati dai diversi avatara sono sempre identici, ma secondo le circostanze assumono una forma più o meno elaborata. Come si vedrà in seguito, i princìpi spirituali superiori sono accessibili solo dal momento in cui si accetta il varnasrama-dharma, la divisione della società in quattro gruppi spirituali. La missione degli avatara è sempre quella di ravvivare in tutti la coscienza di Krishna. Questa coscienza, pur essendo sempre presente, talvolta non si manifesta.





VERSO 8

paritranaya sadhunam
vinasaya ca duskritam
dharma-samstapanarthaya
sambhavami yuge yuge

paritranaya: per la liberazione; sadhunam: dei devoti; vinasaya: per l'annientamento; ca: e; duskritam: dei miscredenti; dharma: princìpi della religione; samsthapana-arthaya: per ristabilire; sambhavami: Io appaio; yuge: era; yuge: dopo era.



TRADUZIONE

Discendo di era in era per liberare le persone pie, per annientare i miscredenti e ristabilire i princìpi della religione.



SPIEGAZIONE

La Bhagavad-gita definisce sadhu, "uomo santo", l'uomo cosciente di Krishna. Anche se esternamente un uomo può sembrare irreligioso, è un sadhu se ha tutte le qualificazioni della coscienza di Krishna ed è pienamente assorto in essa. I duskritam, invece, sono coloro che non mostrano alcun interesse per la coscienza di Krishna. Questi miscredenti, o duskritam, sono considerati i più sciocchi e i più degradati dell'umanità anche se sono arrivati al culmine dell'educazione materialista; mentre una persona, che è completamente impegnata nella coscienza di Krishna è considerata un sadhu, anche se non possiede una grande cultura o erudizione.

Il Signore Supremo non è affatto costretto ad apparire in persona per annientare gli atei, e come fece con Ravana e Kamsa. Il Signore ha molti agenti che possono occuparsi di distruggere i demoni. Egli viene personalmente solo per alleviare le sofferenze dei Suoi puri devoti, perseguiti senza tregua dagli esseri demoniaci. I demoni sono sempre pronti ad assalire i devoti, anche se capita che appartengano alla loro stessa famiglia. A questo proposito, le Scritture riportano le persecuzioni che Prahlada Maharaja dovette subire da suo padre Hiranyakasipu, e quelle che Vasudeva e Devaki, padre e madre di Krishna, subirono da Kamsa, fratello stesso di Devaki, soltanto perché Krishna doveva nascere dalla loro unione. E Krishna apparve per liberare Devaki piuttosto che per sopprimere Kamsa, anche se queste due missioni furono compiute simultaneamente. Perciò il verso dice che il Signore discende in differenti forme, chiamata avatara, per liberare i devoti e annientare i miscredenti.
Questi versi, tratti dalla Caitanya-caritamrita (Madhya, 20.263-264) di Krishnadasa Kaviraja, danno una concisa definizione dell'avatara:

sristi-hetu yei murti prapance avatare
sei isvara-murti 'avatara' nama dhare
mayatita paravyome sabara avasthana
visve 'avatari' dhare 'avatara' nama

"Quando il Signore scende dal Suo regno per manifestarSi nell'universo materiale in una determinata forma, Egli prende il nome di avatara. Tutte queste Sue emanazioni risiedono eternamente nel mondo spirituale, il regno di Dio, e sono chiamate avatara quando scendono nell'universo materiale."

Esistono differenti tipi di avatara: i purusavatara, i gunavatara: i lila-avatra, i sakty-avesa avatara, i manvantara-avatara e gli yugavatara, che appaiono tutti in epoche determinate, in una delle tante regioni dell'universo. Ma Krishna è il Signore originale, la fonte di tutti gli avatara. Quando viene in questo mondo il Signore ha uno scopo ben preciso, quello di soddisfare i Suoi puri devoti che hanno l'ardente desiderio di vederGli rivelare i Suoi divertimenti assoluti come furono manifestati nel villaggio di Vrindavana. Lo scopo principale che Krishna ha come avatara è dunque quello di allietare il cuore di coloro che Lo amano di un amore puro.

Il Signore afferma che Egli appare in ogni era. Ciò significa che Egli appare anche nell'età di Kali. Infatti nello Srimad Bhagavatam troviamo che nella nostra età, il Kali-yuga, Egli discende nella forma di Sri Caitanya Mahaprabhu per distribuire amore verso Dio e diffondere la coscienza di Krishna nell'India intera, facendo conoscere a tutti il sankirtana (il canto dei santi nomi del Signore). Sri Caitanya predisse che il sankirtana si sarebbe diffuso presto in tutto il mondo e il canto dei santi nomi si sarebbe sentito in ogni città e in ogni villaggio.
L'avatara Caitanya Mahaprabhu non è descritto direttamente, ma velatamente in alcuni passi "confidenziali" delle Scritture, come le Upanisad, il Mahabharata e lo Srimad Bhagavatam. Il Suo movimento del sankirtana affascina tutti i devoti di Krishna. Sri Caitanya non distrugge i miscredenti, ma li libera inondandoli della Sua grazia incondizionata.



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VERSO 9

janma karma ca me divyam
evam yo vetti tattvatah
tyaktva deham punar janma
naiti mam eti so 'rjuna

janma: nascita; karma: attività; ca: anche; me: della Mia; divyam: trascendentale; evam: come questo; yah: chiunque; vetti: conosca; tattvatah: in realtà; tyaktva: lasciando da parte; deham: questo corpo; punah: di nuovo; janma: nascita; na: mai; eti: ottiene; mam: Me; eti: raggiunge; sah: egli; arjuna: o Arjuna.



TRADUZIONE

Colui che conosce la natura trascendentale della Mia apparizione e delle Mie attività, o Arjuna, non dovra più nascere in questo mondo materiale quando avrà lasciato il corpo, ma raggiungerà la Mia eterna dimora.



SPIEGAZIONE

La venuta del Signore in questo mondo dalla Sua dimora trascendentale è spiegata nel sesto verso di questo capitolo. Chiunque colga la natura assoluta dell'avvento del Signore si libera immediatamente dai legami della materia e ritorna al regno di Dio dopo aver lasciato il corpo materiale. Questa liberazione non è facile per l'essere condizionato. Gli impersonalisti e gli yogi giungono alla liberazione solo dopo molte difficoltà, attraverso numerosissime esistenze. Ma la loro liberazione che consiste nel fondersi nel brahmajyoti impersonale (luce irradiante dal Signore) è incompleta, perciò essi rischiano di ricadere in questo mondo. Il devoto, invece, poiché ha compreso la natura trascendentale della forma e delle attività del Signore, raggiunge la dimora del Signore appena lascia il corpo e non rischia più di ricadere nel mondo materiale.

La Brahma-samhita (5.33) spiega che il Signore Si manifesta sotto innumerevoli forme (advaitam acyutam anadim ananta-rupam) che, sebbene diverse e multiple, sono tutte un solo e unico Essere, Dio, la Persona Suprema. Occorre capire questa verità e non avere dubbi, anche se per i profani e i filosofi empirici essa rimane inaccessibile. I Veda (Purusa-bodhini Upanisad) aggiungono:

eko devo nitya-lilanurakto
bhakta-vyapi hridy antar-atma

"L'unica Persona Suprema, nelle Sue innumerevoli forme trascendentali, scambia eternamente sentimenti d'amore con i suoi puri devoti."

In questo verso della Bhagavad-gita il Signore in persona conferma queste parole dei Veda. Chi accetta questa verità, tenendo conto della perfetta autorità di dio e dei Veda, senza perdersi in vane speculazioni filosofiche, otterrà la perfetta liberazione. Semplicemente accettando con fede questa verità si può, senza alcun dubbio, raggiungere la liberazione.
L'espressione vedica tat tvam asi trova qui la sua vera applicazione. Chiunque riconosca Krishna come l'Assoluto e Gli dica: Tu sei il Brahman Supremo, Dio, la Persona Assoluta", tronca di colpo i legami che lo trattengono alla materia, ed sicuro di tornare a Dio. In altre parole, chi si dedica al Signore con ardente devozione raggiunge la perfezione. Ancora una volta i Veda lo confermano:

tam eva viditvai mrityum eti
nanyah pantha vidyate 'yanaya

"Per liberarsi definitivamente dal ciclo di nascite e morti è sufficiente conoscere Dio, la Persona Suprema. Non c'è altro modo per raggiungere questa perfezione." (Svetasvatara Upanisad 3.8)

Il fatto che non esista alternativa significa che chiunque non comprenda che Krishna è Dio resta prigioniero dell'ignoranza. Non è "leccando l'esterno del barattolo di miele" che si può gustarne il contenuto, così come non si può raggiungere la liberazione interpretando a proprio modo la Bhagavad-gita. I filosofi empirici possono anche avere una parte nella società, ma rimangono pur sempre incapaci di liberarsi dalla materia. Questi orgogliosi eruditi materialisti dovranno attendere, per giungere alla liberazione, che un devoto del Signore accordi di loro la sua misericordia incondizionata. L'uomo deve dunque ravvivare nel cuore la coscienza di Krishna con la fede e la conoscenza, e raggiungere così la perfezione.





VERSO 10

vita-raga-bhaya-krodha
man-maya mam upasritah
bahavo jnana-tapasa
puta mad-bhavam agatah

vita: libertà da; raga: attaccamento; bhaya: paura; krodhah: e collera; mat-maya: pienamente in Me:; upasritah: essendo pienamente situato; bahavah: molti; jnana: di conoscenza; tapasa: con la penitenza; putah: purificato: mat-bhavam: amore trascendentale per Me; agatah: raggiunge.



TRADUZIONE

Liberi dall'attaccamento, dalla paura e dalla collera, pienamente assorti in Me e cercando rifugio in Me, numerosi furono coloro che nel passato si purificarono imparando a conoscerMi, e tutti svilupparono così un amore trascendentale per la Mia Persona.



SPIEGAZIONE

È molto difficile, per chi è troppo attaccato alla materia, capire la natura personale della Verità Suprema e Assoluta. Generalmente, chi è troppo attaccato al corpo è così preso dal materialismo che gli è quasi impossibile capire come il Supremo possa essere una persona. Tale materialista non può neppure immaginare l'esistenza di un corpo trascendentale e immortale fatto di conoscenza e felicità eterna. A livello materiale ogni corpo è mortale, pieno d'ignoranza e sofferenza. Perciò la gente mantiene quest'idea anche quando si parla della forma personale del Signore. Questi materialisti credono che la manifestazione cosmica sia la forma suprema. Secondo loro, dunque, l'Assoluto è impersonale. Poiché hanno la mente troppo presa dai pensieri materiali, li spaventa l'idea di possedere un'individualità propria anche dopo la liberazione dalla materia. L'idea di essere ancora degli individui nel mondo spirituale li pone di fronte a una prospettiva così sconvolgente che preferiscono identificarsi col vuoto impersonale. Secondo le teorie impersonaliste, gli esseri viventi sono come tante bolle che si fondono nell'oceano. Questa identificazione col vuoto impersonale è lo stadio più alto che si possa raggiungere quando si nega la propria individualità eterna; ma questa è una condizione spregevole perché si è privi della conoscenza sulla vera spirituale.

Ci sono poi uomini del tutto incapaci perfino di concepire l'idea di un'esistenza spirituale. Irritati e nauseati dalla marea di teorie speculative contraddittorie, essi concludono stupidamente che non esiste una causa suprema, che in realtà tutto è "niente". Ma tutti soffrono dello stesso male, l'illusione materiale. Alcuni, troppo materialisti, non si preoccupano affatto della vita spirituale; altri vogliono perdere l'individualità fondendosi nella suprema causa spirituale; altri ancora, disperati e irritati dalle tante elucubrazioni sulla Verità Assoluta, non credono più a niente e si rifugiano nella droga, scambiando talvolta le loro allucinazioni per visione divine.
La mancanza d'interesse per la spiritualità, la paura di avere un'individualità eterna e l'idea del vuoto che nasce dalle frustrazioni della vita materiale sono le tre forme di attaccamento a cui si deve sfuggire. Per liberarsi da queste tre concezioni materiali di vita si deve prendere completo rifugio nel Signore, seguendo un maestro spirituale autentico e rispettando i princìpi regolatori della vita devozionale. Questa vita devozionale ci condurrà infine allo stadio di bhava, il trascendentale amore per Dio. Così si esprime il Bhakti-rasamrita-sindhu (1.4.15-16), che contiene la scienza della devozione:

adau sraddha tatah sadhu-
sango 'tha bhajana-kriya
tato 'nartha-nivrittih syat
tato nistha rucis tatah

athasaktis tato bhavas
tatah premabhyudancati
sadhakanam ayam premnah
pradurbhave bhavet kramah

"Bisogna innanzitutto avere un forte desiderio per la realizzazione spirituale. Questo ci spingerà a cercare la compagnia di persone spiritualmente elevate. Occorre poi ricevere l'iniziazione da un maestro spirituale qualificato e sotto la sua guida impegnarsi nel servizio di devozione. Eseguendo il servizio di devozione sotto la guida del maestro spirituale diventiamo liberi da ogni attaccamento materiale, rafforziamo il nostro progresso nella realizzazione spirituale e accresciamo il nostro piacere nel sentir parlare di Sri Krishna, la Persona Assoluta. Di qui nasce un attaccamento profondo per la coscienza di Krishna, che maturerà in bhava, il primo grado del trascendentale amore per Dio, poi in prema, la più alta perfezione della vita."

Al livello di prema si servirài l Signore con costanza e amore infinito. Seguendo così il graduale processo del servizio di devozione sotto la guida di un maestro spirituale autentico, possiamo giungere alla più alta spiritualità, liberi da ogni attaccamento ai beni materiali, liberi dalla paura dell'eterna individualità dell'anima e liberi dalle frustrazioni generate dalla filosofia del vuoto. Solo allora si potrà raggiungere la dimora del Signore Supremo.




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CAPITOLO 5





Karma-yoga,
l'azione nella coscienza di Krishna





VERSO 1

arjuna uvaca
sannyasam karmanam krishna
punar yogam ca samsasi
yac chreya etayor ekam
tan me bruhi su-niscitam

arjunah uvaca: Arjuna disse; sannyasam: rinuncia; karmanam: di tutte le attività; krishna: o Krishna; punah: di nuovo; yogam: servizio devozionale; ca: anche; samsasi: Tu stai elogiando; yat: quale; sreyah: è più benefico; etayoh: di questi due; ekam: uno; tat: che; me: a me; bruhi: dimmi Ti prego; su-niscitam: definitivamente.



TRADUZIONE

Arjuna disse:
Krishna, prima Tu mi chiedi di rinunciare all'azione, poi mi consigli di agire con devozione. Per favore, spiegami ora in modo definitivo quale delle due vie è la migliore.



SPIEGAZIONE

In questo quinto capitolo della Bhagavad-gita il Signore dichiara che l'azione devozionale è superiore all'arida speculazione mentale. In realtà il servizio di devozione è più facile perché, essendo trascendentale, libera l'uomo dalle conseguenze delle sue azioni. Il secondo capitolo c'introduceva alla conoscenza dell'anima, spiegando come essa si trovi prigioniera del corpo e presentava il metodo per mettere fine a questo condizionamento, cioè il buddhi-yoga, ovvero il servizio di devozione. Il terzo capitolo mostrava come la persona che possiede la conoscenza spirituale non abbia più alcun dovere da compiere. E nel quarto capitolo il Signore insegnava ad Arjuna che tutti i sacrifici culminano nella conoscenza. Tuttavia, alla fine del quarto capitolo, il Signore consigliava ad Arjuna, una volta che si era stabilito nella conoscenza perfetta, di alzarsi e combattere. Sottolineando l'importanza dell'azione devozionale e insieme dell'inazione nella conoscenza, Krishna scuote la determinazione di Arjuna, immergendolo ancora di più nella confusione. Arjuna pensa che la rinuncia nella conoscenza implichi la cessazione di ogni attività dei sensi: come si può, da un lato, cessare di agire e dall'altro agire nel servizio devozionale? In altre parole, Arjuna crede che il sannyasa, cioè la rinuncia nella conoscenza, implichi l'arresto di ogni tipo di attività, perché l'azione e la rinuncia gli sembrano incompatibili. Sembra non capire che l'azione compiuta nella conoscenza non genera nessuna reazione e quindi si ricongiunge all'inazione. Perciò Arjuna domanda se è preferibile rinunciare ad agire o agire in piena conoscenza.





VERSO 2

sri-bhagavan uvaca
sannyasah karma-yogas ca
nihsreyasa-karav ubhau
tayos tu karma-sannyasat
karma-yogo visisyate

sri-bhagavan uvaca: Dio, la Persona Suprema, disse; sannyasah: rinuncia all'azione; karma-yogah: azione in devozione; ca: anche; nihsreyasa-karau: guidando al sentiero di liberazione; ubhau: entrambe; tayoh: delle due; tu: ma; karma-sannyasat: paragonata alla rinuncia dell'attività interessata; karma-yogah: attività in devozione; visisyate: è migliore.



TRADUZIONE

Dio, la persona Suprema, rispose:
La rinuncia all'azione e l'azione devozionale conducono entrambe alla liberazione, ma tra le due l'azione devozionale è la migliore.



SPIEGAZIONE

L'azione interessata, compiuta per la gratificazione dei sensi, è la causa del condizionamento materiale. Finché l'uomo agisce al solo scopo di migliorare le condizioni di vita materiale dovrà trasmigrare di corpo in corpo, perpetuamente prigioniero del mondo materiale. Lo Srimad Bhagavatam lo conferma:

nunam pramattah kurute vikarma
yad indriya-pritaya aprinoti
na sdhu manye yata atmano 'yam
asann api klesa-da asa dehah

parabhavas tavad abodha-jato
yavan na jijnasata atma-tattvam
yavat kriyas tavad idam mano vai
karmatmakam yena sarira-bhandhah

evam manah karma-vasam prayunkte
avidyayatmany upadhiyamane
pritir na yavan mayi vasudeve
na mucyate deha-yogena tavat

"L'uomo è avido di piaceri materiali, e ignora che il suo corpo, pieno di miserie è il risultato delle azioni interessate che ha compiuto in passato. Questo corpo, benché temporaneo, fonte di continue sofferenze. A che serve, dunque, agire soltanto per il proprio piacere? Vive invano l'uomo che non cerca di conoscere la sua vera identità. Finché non conosce la sua vera identità agirà solo per il proprio piacere e finché resterà immerso nella coscienza del piacere dei sensi dovrà trasmigrare da un corpo all'altro. Anche se abbiamo la mente immersa nell'ignoranza e pervasa dal desiderio dei frutti dell'azione dobbiamo imparare ad amare il servizio di devozione a Vasudeva, il Signore, Soltanto allora potremo troncare i legami dell'esistenza materiale." S.B. 5.5.4-6)

Per raggiungere la liberazione non è sufficiente essere uno jnani, cioè sapere di non essere un corpo materiale ma un'anima spirituale. Si deve anche agire come anima spirituale, perché questo è l'unico modo per sfuggire al condizionamento materiale. Infatti, l'azione compiuta nella coscienza di Krishna non ha niente in comune con l'azione materiale interessata, ma ci consente di avanzare verso la conoscenza pura. Rinunciare alle attività interessate, senza impegnarsi nella coscienza di Krishna, non basta a purificare il cuore dell'anima condizionata. E finché il cuore non è purificato è impossibile evitare d'impegnarsi in attività interessate. Ma l'azione compiuta nella coscienza di Krishna libera immediatamente l'anima dalle conseguenze dell'azione interessata e le impedisce di venire nuovamente coinvolta nelle attività materiali. L'azione compiuta nella coscienza di Krishna è dunque superiore alla semplice rinuncia, che comporta sempre il rischio di una caduta. La rinuncia senza coscienza di Krishna è incompleta, come Srila Rupa Gosvami conferma nel suo Bhakti-rasamrita-sindhu (1.2.258):

prapancikataya buddya
hari-sambandhi-vastunah
mumuksubhih parityago
vairagyam phalgu kathyate

"La rinuncia di chi desidera raggiungere la liberazione liberandosi di cose che, anche se materiali, sono legate a Dio, la Persona Suprema, è una rinuncia incompleta."

La rinuncia è completa solo quando è fatta nella consapevolezza che tutto appartiene a Dio e che nessuno può pretendere di essere proprietario di qualcosa. Dobbiamo capire che in realtà niente ci appartiene. Come si può dunque rinunciare a quello che non ci appartiene? Solo colui che riconosce in Krishna il proprietario di tutto è sempre situato nella rinuncia. Poiché tutto appartiene a Krishna, tutto va usato al servizio di Krishna. Questo tipo di azione, compiuta nella coscienza di Krishna, è perfetta e di gran lunga superiore alla falsa rinuncia di tutti i sannyasi mayavadi.





VERSO 3

jneyah sa nitya-sannyasi
yo na dvesti na kanksati
nirdvandvo hi maha-baho
sukham bandhat pramucyate

jneyah: dovrebbe essere risaputo; sah: egli; nitya: sempre; sannyasi: che rinuncia; yah: chi; na: né; kanksati: desidera; nirdvandvah: libero da ogni dualità; hi: certamente; maha-baho: (Arjuna) dalle braccia potenti; sukham: felicemente; bandhat: dalla prigionia; pramucyate: è completamente liberato.



TRADUZIONE

Chi non disdegna né desidera i frutti delle proprie attività è sempre situato nella rinuncia. O Arjuna dalle braccia potenti, tale persona, libera da ogni dualità, scioglie facilmente i legami della materia ed è completamente liberata.



SPIEGAZIONE

L'uomo che è pienamente impegnato nella coscienza di Krishna è sempre situato nella rinuncia perché né desidera i frutti delle sue azioni. Quest'uomo rinunciato, dedicato al trascendentale servizio d'amore al Signore, possiede la conoscenza perfetta perché conosce la relazione eterna che lo unisce a Krishna. Egli sa perfettamente che Krishna è il Tutto e l'essere è parte integrante di Krishna. Questa conoscenza è perfetta sotto ogni aspetto: qualitativamente sa di essere uguale a Krishna perché la sua natura è spirituale, ma dal punto di vista quantitativo si riconosce subordinato a Lui come parte infinitesimale della Sua Persona. La teoria di unità con Krishna non è esatta perché una parte non può mai uguagliare il tutto. Raggiunta questa conoscenza della identità qualitativa e della sua differenza quantitativa con Dio, l'uomo raggiunge la pienezza, libero da ogni desiderio e da ogni lamento; la sua mente non conosce più dualità perché egli agisce esclusivamente per il piacere di Krishna. E superata la dualità, raggiunge, in questo stesso mondo, la liberazione.





VERSO 4

sankhya-yogau prithag balah
pravadanti na pandtah
ekam apy asthitah samyag
ubhayor vindate phalam

sankhya: studio analitico del mondo materiale; yogau: azione nel servizio devozionale; prithak: differente; balah: meno intelligente; pravadanti: dice; na: mai; panditah: la persona colta; ekam: in uno; api: anche; asthitah: essendo situato; samyak: completo; ubhayoh: di entrambi; vindate: gode; phalam: il risultato.



TRADUZIONE

Soltanto l'ignorante sosterrà che il servizio devozionale [karma-yoga] è differente dallo studio analitico del mondo materiale [sankhya]. I veri eruditi affermano che seguendo con serietà una di queste vie si ottiene il medesimo risultato.


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SPIEGAZIONE

Lo scopo dello studio analitico del mondo materiale è scoprire l'anima, sorgente della vita. L'anima del mondo materiale è Visnu, l'Anima Suprema. Chi serve Krishna serve allo stesso tempo l'Anima Suprema. Occorre dapprima trovare la radice dell'albero, la fonte del mondo materiale, Visnu, e poi annaffiarla. Così il vero studente della filosofia sankhya trova la radice del mondo materiale, Visnu, quindi, in perfetta conoscenza, s'impegna nel servizio di devozione al Signore. Perciò il sankhya-yoga e il karma-yoga si ricongiungono nella loro essenza perché lo scopo di entrambi è Visnu: Coloro che ignorano il fine ultimo di queste due vie credono che esse differiscano; ma il vero erudito conosce il principio che unisce queste vie.





VERSO 5

yat sankhyaih prapyate sthanam
tad yogair api gayate
ekam sankhyam ca yogam ca
yah pasyati sa pasyati

yat: ciò; sankhyaih: per mezzo della filosofia sankhya; prapyate: è ottenuto; sthanam: luogo; tat: che; yogaih: col il servizio devozionale; api: gamyate: si raggiunge; ekam: uno; sankhyam: studio analitico; ca: e; yogam: azione devozionale; ca: e; yah: chi; pasyati: vede; sah: egli; pasyati: vede veramente.



TRADUZIONE

La persona consapevole che il fine raggiunto con lo studio analitico può essere ottenuto anche col servizio devozionale, e perciò considera sullo stesso piano la via dello studio analitico e la via del servizio devozionale, vede le cose nella loro realtà.



SPIEGAZIONE

Il vero scopo della ricerca filosofica è conoscere il fine ultimo dell'esistenza, cioè la realizzazione spirituale. Ecco perché le conclusioni dei due metodi indicati in questo verso non differiscono. La conclusione della ricerca filosofica (il sankhya-yoga) è che l'essere individuale non appartiene al mondo materiale, ma al Tutto spirituale supremo. L'anima spirituale non ha niente in comune col mondo materiale perciò deve agire in relazione col Supremo. Quando agisce nella coscienza di Krishna ritrova la sua posizione naturale, originale ed eterna in relazione con Krishna. La via del sankhya-yoga richiede il distacco dalla materia, mentre la via dello yoga della devozione (bhakti-yoga) richiede l'attaccamento alle azioni compiute per il piacere di Krishna. Sebbene sembri che l'una conduca all'attaccamento e l'altra al distacco, queste due vie, in realtà, si ricongiungono, perché non c'è differenza tra il distacco dalla materia e l'attaccamento a Sri Krishna. Chi sviluppa questa visione vede le cose così come sono.





VERSO 6

sannyasas tu maha-baho
duhkham aptum ayogatah
yoga-yukto munir brahma
na cirenadhigacchati

sannyasah: l'ordine di rinuncia della vita; tu: ma; maha-baho: o (Arjuna) dalle braccia potenti; duhkham: infelicità; aptum: essere afflitto da; ayogatah: senza servizio devozionale; yoga-yuktah: impegnato nel servizio devozionale; munih: un pensatore; brahma: il Supremo; na cirena: senza indugio; adhigacchati: raggiunge.



TRADUZIONE

La semplice rinuncia all'attività, senza l'impegno nel servizio di devozione al Signore, non può rendere felici. Una persona riflessiva, impegnata nel servizio devozionale, raggiunge invece il Supremo senza indugio.



SPIEGAZIONE

Esistono due tipi di sannyasi, o persone situate nell'ordine di rinuncia: i sannyasi vaisnava, che studiano la filosofia dello Srimad Bhagavatam, il commento autentico del Vedanta-sutra. Anche i sannyasi mayavadi cercano di capire il Vedanta-sutra, ma attraverso lo Sariraka-bhasya, il commento impersonalista dato da Sankaracarya. Gli studenti della scuola bhagavata, a cui appartengono i sannyasi vaisnava, praticano il servizio di devozione secondo le regole del pancaratriki, rimanendo sempre attivi nel trascendentale servizio di devozione al Signore; ma tutti i loro atti, che sono compiuti per amore di Krishna, non hanno nulla di materiale. I sannyasi mayavadi, invece, immersi nello studio del sankhya e del Vedanta, presi dalle loro speculazioni intellettuali, non possono gustare il nettare del servizio di devozione. Poiché i loro studi finiscono col diventare noiosi, si stancano di speculare sul Brahman e si volgono verso lo Srimad Bhagavatam, senza però coglierne il significato, ed è così che incontrano molti ostacoli nello studio di quest'opera. I mayavadi non traggono assolutamente nulla dalle loro aride speculazioni né dalle interpretazioni impersonaliste delle Scritture. I vaisnava, invece, immersi nel servizio di devozione, provano una vera gioia quando compiono i loro doveri trascendentali, e sono sicuri inoltre di raggiungere alla fine il regno di Dio. A volte, a forza di speculare sul Brahman, i sannyasi mayavadi si allontanano dal sentiero della realizzazione spirituale e s'immergono di nuovo nelle attività di questo mondo, magari altruistiche e umanitarie, ma pur sempre materiali. In conclusione, coloro che sono impegnati nella coscienza di Krishna sono in una posizione più elevata e più sicura dei sannyasi impegnati a speculare sulla natura del Brahman, anche se questi ultimi, dopo innumerevoli esistenze, giungono anch'essi alla coscienza di Krishna





VERSO 7

yoga-yukto visuddhatma
vijitatma jitendriyah
sarva-bhutatma-bhutatma
kurvamm api na lipyate

yoga-yuktah: impegnata nel servizio devozionale; visuddha-atma: un'anima purificata; vijita-atma: padrona di sé; jita-indriyah: avendo vinto i sensi; sarva-bhuta: a tutti gli esseri viventi; atma-bhuta-atma: compassionevole; kurvan api: benché impegnata in attività; na: mai; lipyate: s'imprigiona.



TRADUZIONE

L'uomo che agisce in devozione, l'anima pura, maestro de sensi e della mente, è caro a tutti e tutti sono cari a lui. Sebbene sia sempre attivo, non è mai condizionato.



SPIEGAZIONE

Chi intraprende la via liberatrice della coscienza di Krishna è molto caro a tutti gli esseri, e tutti gli esseri gli sono cari. Ciò è dovuto alla sua coscienza di Krishna. Tale persona non sa vedere nessun essere separato da Krishna, come i rami e le foglie di un albero non sono separati dall'albero. Sa bene che annaffiando le radici dell'albero l'acqua si distribuirà a tutti i rami e alle foglie, e che alimentando lo stomaco l'energia sarà distribuita a tutte le parti del corpo. Così, chi agisce nella coscienza di Krishna serve tutti gli esseri e diventa caro a loro. Se questa persona riesce a soddisfare tutti gli esseri con le sue opere, ciò è dovuto alla sua coscienza pura. Grazie a questa coscienza pura, la sua mente è perfettamente controllata, e poiché la sua mente è controllata, i suoi sensi sono controllati. Con la mente sempre assorta in Krishna, questa persona non rischia di allontanarsi da Lui. E non c'è neppure il rischio che impegni i suoi sensi in qualcosa che non sia il servizio al Signore. Non le piace ascoltare ciò che non riguarda Krishna, non le piace mangiare cibo non offerto a Krishna e non desidera recarsi in nessun luogo se non per servire Krishna. Si può dire dunque che i suoi sensi sono controllati, e chiunque abbia i sensi controllati non è più causa di disturbo per nessuno. Ci si può chiedere allora perché Arjuna, che è cosciente di Krishna, usi violenza contro i suoi nemici.

In realtà, come spiega il secondo capitolo, Arjuna li danneggia solo in apparenza perché non si può uccidere l'anima spirituale; tutte le persone riunite per il combattimento continueranno a vivere come individui anche dopo la distruzione del corpo. Dal punto di vista spirituale, nessuno morirà sul campo di battaglia di Kuruksetra. Secondo il desiderio del Signore presente in persona, cambierà soltanto ,'"abito", dei combattenti, cioè il loro corpo materiale. In realtà, Arjuna non combatterà veramente, ma seguirà soltanto le istruzioni di Krishna. Tale persona non rimane mai impigliata nelle conseguenze dell'azione.





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VERSI 8-9

naiva kincit karomiti
yukto manyeta tattva-vit
pasyan srinvan sprisan jighrann
asnan gacchan svapan svasan

pralapan visrijan ghnann
unimisan nimisann api
indriyanindriyarthesu
vartanta iti dharayan

na: mai; eva: certamente; kincit: qualsiasi cosa; karomi: io faccio; iti: così; yuktah: impegnato nella coscienza divina; manyeta: pensa; tattva-vit: chi conosce la verità; pasyam: vedendo; srinvan: ascoltando; sprisan: toccando; jighran: odorando; asnan: mangiando; gacchan: andando; svapan: sognando; svasan: respirando; pralapan: parlando; visrijan: abbandonando; grihnan: accettando; unmisan: aprendo; nimisan: chiudendo; api: nonostante; indriyani: i sensi; indriya-arthesu: nella gratificazione dei sensi; vartante: li lascia agire; dharayan: così considerando.



TRADUZIONE

L'uomo situato in una coscienza divina, sebbene sia impegnato nel vedere, toccare, mangiare, spostarsi, dormire e respirare, sa interiormente che in realtà non sta agendo affatto. Mentre parla, evacua, riceve, apre o chiude gli occhi è sempre consapevole che soltanto i sensi materiali sono impegnati con i loro oggetti, mentre lui non ha alcun legame con queste azioni.



SPIEGAZIONE

Una persona in coscienza di Krishna vive un'esistenza pura, e poiché è assorta nel servizio d'amore a Krishna, i suoi atti non dipendono dai cinque fattori, diretti e indiretti dell'azione, cioè l'autore, l'atto in sé, il luogo, lo sforzo impiegato e il destino. Benché sembri agire col corpo e coi sensi, questa persona resta sempre cosciente della sua vera posizione, che è quella d'impegnarsi in attività spirituali. Chi è in coscienza materiale usa i sensi per il proprio piacere, mentre chi è nella coscienza di Krishna usa i sensi per soddisfare i sensi di Krishna è sempre libera, anche se appare che agisca ancora sul piano dei sensi. Guardare, ascoltare, parlare, evacuare e tutti gli altri fisici sono azioni dei sensi, ma una persona cosciente di Krishna non è mai condizionata dalle azioni dei sensi. Non compie nessun atto fuori del servizio al Signore perché sa di essere l'eterno servitore del Signore.





VERSO 10

brahmany adhaya karmani
sangam tyaktva karoti yah
lipyate na sa papena
padma-patram ivambhasa

brahmani: a Dio; la Suprema Persona; adhaya: consegnando: karmani: ogni attività; sangam: attaccamento; tyaktva: abbandonando; karoti: compie; yah: chi; lipyate: è colpito; na: mai; sah: egli; papena: dal peccato; padma-patram: una foglia di loto; iva: come; ambhasa: dall'acqua.



TRADUZIONE

Chi compie il proprio dovere senza attaccamento, offrendo i frutti al Signore Supremo, non è toccato dal peccato, come la foglia del loto non è toccata dall'acqua.



SPIEGAZIONE

In questo verso il termine brahmani significa in coscienza di Krishna. Il mondo materiale è una manifestazione totale delle tre influenze della natura materiale ed è chiamato tecnicamente pradhana. Gli inni vedici sarvam hy etad brahma (Mandukya Upanisad 2), tasmad etad brahma nama-rupam annam ca jayate (Mundaka Upanisad 1.2.10) e la Bhagavad-gita (14.3), mama yonir mahad brahma indicano che tutto, nel mondo materiale, è una manifestazione del Brahman, perché anche se manifestati in modo differente, gli effetti e la causa non sono veramente differenti. La Sri Isopanisad aggiunge inoltre che tutto è in relazione al Brahman Supremo, Sri Krishna, perciò tutto appartiene unicamente a Lui. Colui che sa perfettamente bene che tutto appartiene a Krishna, che Egli è il proprietario di tutto e che tutto dev'essere quindi usato al Suo servizio, naturalmente non deve subire le conseguenze delle proprie azioni colpevoli o virtuose. Tale persona si eleva sopra ogni contaminazione dovuta alle reazioni peccaminose. esattamente come le foglie del loto che, sebbene si trovino sull'acqua, non sono bagnate. Anche il corpo materiale, che il Signore concede per svolgere determinate attività, può essere impegnato nella coscienza di Krishna. Krishna stesso dice nella Bhagavad-gita (3.30), mayi sarvani karmani sannyasya: "Offrimi tutti i tuoi atti." La conclusione è che una persona priva di coscienza di Krishna lavora solo in funzione del corpo e dei sensi materiali, mentre una persona cosciente di Krishna agisce con la consapevolezza che il corpo è proprietà di Krishna e dev'essere dunque usato al servizio di Krishna.




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CAPITOLO 6





Il dhyana-yoga





VERSO 1

sri-bhagavan uvaca
anasritah karma-phalam
karyam karma karoti yah
sa sannyasi ca yogi ca
na niragnir na cakriyah

sri-bhagavan uvaca: il Signore disse; anasritah: senza prendere rifugio; karma-phalam: del risultato dell'attività; karyam: obbligatoria; karma: attività; karoti: compie; yah: colui che; sah: egli; sannyasi: nell'ordine di rinuncia; ca: anche; yogi: mistico; ca: anche; na: non; nih: senza; agnih: fuoco; na: non; ca: anche; akriyah: senza dovere.



TRADUZIONE

Dio, la Persona Suprema, disse:
Colui che non è attaccato al frutto delle sue attività, e agisce con senso del dovere, è situato nell'ordine di rinuncia ed è il vero mistico, non colui che non accende il fuoco e non compie alcun dovere.



SPIEGAZIONE

In questo capitolo il Signore spiega che lo yoga in otto fasi è metodo per controllare la mente e i sensi. Tuttavia questo yoga in otto fasi è un metodo per controllare la mente e i sensi. Tuttavia questo yoga è molto difficile per la maggior parte della gente, in particolare nell'era di Kali. Perciò, sebbene questo yoga sia raccomandato in questo capitolo, il Signore lo dichiara nettamente inferiore al karma-yoga, cioè all'azione compiuta nella coscienza di Krishna. Tutti agiscono in questo mondo, anche solo per provvedere ai bisogni della famiglia o per proteggere i propri beni. Ma nessuno agisce senza un interesse personale, senza desiderare un profitto per sé o per coloro che gli sono cari. La perfezione consisterà dunque nell'agire in coscienza di Krishna e non nel cercare di godere dei frutti dell'azione. Agire in coscienza di Krishna è il dovere di tutti gli esseri, perché tutti sono parti integranti di Dio. Come un organo del corpo non funziona per se stesso, ma per il corpo intero, così l'essere non deve agire per la propria soddisfazione, ma per quella del Tutto completo. Questa è la regola di vita dello yogi e del sannyasi perfetto.

Talvolta accade che un sannyasi si creda a torto libero da ogni dovere materiale e cessi di compiere il sacrificio del fuoco (l'agnihotra yajna), ma in realtà gli rimane ancora un desiderio egoistico: identificarsi col Brahman impersonale per fondersi in Lui. Il suo è senza dubbio il più elevato dei desideri materiali, ma resta pur sempre un desiderio motivato dall'egoismo. Anche lo yogi che, con occhi semichiusi, arresta ogni azione d'ordine materiale e pratica l'astanga-yoga, desidera una soddisfazione personale. Ma una persona che agisce nella coscienza di Krishna agisce con lo scopo di soddisfare il Tutto Assoluto, e senza avere interessi personali. Una persona cosciente di Krishna non ha desideri per una soddisfazione personale. Giudica il successo dei suoi atti in rapporto alla soddisfazione di Krishna, perciò è il perfetto sannyasi, il perfetto yogi. Nelle Sue preghiere, Sri Caitanya Mahaprabhu mostra il più alto esempio di tale rinuncia:

na dhanam na janam na sundarim
kavitam va jagad-isa kamaye
mama janmani janmanisvare
bhavatad bhaktir ahaituki tvayi

"O Signore onnipotente, non desidero ricchezze, né belle donne e neppure numerosi discepoli. Voglio soltanto servirTi con amore e devozione, vita dopo vita."





VERS0 2

yam sannyasam iti prahur
yogam tam viddhi pandava
na hy asannyasta-sankalpo
yogi bhavati kascana

yam: ciò che; sannyasam: rinuncia; iti: così; prahuh: essi dicono; yogam: unione con il Supremo; tam: ciò che; viddhi: tu devi sapere; pandava: o figlio di Pandu; na: mai; hi: certamente; asannyasta: senza abbandonare; sankalpah: desiderio di soddisfazione personale; yogi: un trascendentalista mistico; bhavati: diventa; kascana: chiunque.



TRADUZIONE

O figlio di Pandu, devi sapere che ciò che è definito rinuncia non è diverso dallo yoga, ossia dall'unione col Supremo; infatti non è possibile diventare uno yogi senza rinunciare al desiderio per la gratificazione dei sensi.



SPIEGAZIONE

Praticare il sannyasa-yoga, o il bhakti-yoga, significa conoscere la propria natura originale e agire di conseguenza. L'essere vivente non è indipendente o separato da Dio, ma costituisce la Sua energia marginale. Quando è prigioniero dell'energia materiale, egli ne subisce il condizionamento, ma appena diventa cosciente di Krishna e dell'energia spirituale, riscopre la sua condizione naturale. Quando ha ritrovato la sua conoscenza originale, rinuncia a tutti i piaceri materiali e a tutte le azioni interessate. Questa è la rinuncia degli yogi che staccano i sensi dai loro oggetti. Ma una persona cosciente di Krishna non usa mai i sensi per un fine che non sia la soddisfazione di Krishna. Perciò la persona cosciente di Krishna è un sannyasi e uno yogi insieme. Il fine della conoscenza e del controllo dei sensi prescritti dal jnana e dallo yoga, è automaticamente raggiunto nella coscienza di Krishna. Ma chi è incapace di liberarsi dall'egoismo non potrà mai trarre nulla dal jnana o dallo yoga. Lo scopo comune di questi due yoga è la rinuncia a una soddisfazione personale in favore della soddisfazione del Supremo. Una persona cosciente di Krishna non desidera alcun godimento per sé. Agisce sempre per il piacere del Supremo. Chi ignora l'esistenza del Supremo dovrà inevitabilmente agire per il proprio piacere, perché nessuno può rimanere inattivo. La coscienza di Krishna può dunque portare, da sola, il risultato di tutti gli altri yoga.





VERSO 3

aruruksor muner yogam
karma karanam ucyate
yogarudhasya tasyaiva
samah karanam ucyate

aruruksoh: chi appena iniziato lo yoga; muneh: del saggio; yogam: lo yoga in otto fasi; karma: attività; karanam: il mezzo; ucyate: è detto essere; yoga: yoga in otto fasi; arudhasya: di colui che ha già raggiunto; tasya: il suo; eva: certamente; samah: cessazione di tutte le attività materiali; karanam: i mezzi; ucyate: è detto di essere.



TRADUZIONE

Per il neofita che inizia la via dello yoga in otto fasi l'azione è considerata il mezzo, mentre per colui che è già elevato nello yoga la cessazione di ogni attività materiale è considerata il mezzo.



SPIEGAZIONE

Il metodo che permette di unirci al Supremo è chiamato yoga, e consiste in una serie di attività che conducono alla più alta realizzazione spirituale. Lo yoga può essere paragonato a una scala che poggia sulla condizione materiale più bassa dell'essere vivente e s'innalza fino alla perfetta realizzazione de sé nella pura vita spirituale. Secondo i vari livelli, le differenti parti della scala sono conosciute con differenti nomi. La scala stessa prende il nome di yoga, e può essere divisa in tre parti: jnana-yoga, dhyana-yoga e bhakti-yoga. La base della scala è lo yogaruruksu e la cima lo yogarudha.
Chi pratica l'astanga-yoga deve seguire i princìpi regolatori ed esercitarsi ad assumere diverse posizioni (ad assumere diverse posizioni (che sono semplici esercizi fisici) prima di potersi avvicinare alla meditazione. Queste pratiche conducono all'equilibrio mentale necessario a controllare i sensi. Quando lo yogi è fisso nella meditazione, più nessun pensiero esterno può distrarlo. Ma i principi e gli esercizi di questo yoga sono ancora materiali. La persona cosciente di Krishna, invece, è immersa fin dall'inizio nella meditazione perché è sempre assorta in Krishna. Ed essendo costantemente impegnata nel servizio a Krishna non compie attività materiali.





VERSO 4

yada hi nendriyarthesu
na karmasv anusajjate
sarva-sankalpa-sannyasi
yogarudhas tadocyate

yada: quando; hi: certamente; na: non; indriya-arthesu: nella gratificazione dei sensi; na: mai; karmasu: nelle attività interessate; anusajjate: s'impegna necessariamente; sarva-sankalpa: di tutti i desideri materiali;sannyasi: colui che rinuncia; yoga-arudhah: elevato nello yoga; tada: a quel tempo; ucyate: è detto essere.



TRADUZIONE

Si dice che una persona è elevata nello yoga quando, avendo rinunciato a tutti i desideri materiali, non agisce per la gratificazione dei sensi né s'impegna in attività interessate.



SPIEGAZIONE

La persona che s'impegna completamente nel trascendentale servizio di devozione al Signore trova in se stessa la felicità, perciò non s'impegna più nella gratificazione dei sensi e nell'azione interessata. Chi non conosce questa felicità interiore dovrà inevitabilmente cercare la gratificazione dei sensi poiché non è possibile vivere senza agire. Così, fuori della coscienza di Krishna, l'uomo compirà solo azioni egoistiche, per il proprio piacere personale o per quello delle persone con cui s'identifica, come i suoi familiari o i suoi connazionali. Una persona cosciente di Krishna, invece, può compiere qualsiasi azione per la soddisfazione del Signore e restare sempre distaccata dai piaceri materiali. Perciò chi desidera elevarsi fino alla cima della scala dello yoga senza andare direttamente alla coscienza di Krishna dovrà prima liberarsi dai desideri materiali con attività esclusivamente meccaniche.





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VERSO 5

uddhared atmanatmanam
natmanam avasadayet
atmaiva hy atmano bandhur
atmaiva ripur manah

uddharet: ci si deve liberare; atmana: con la mente; amanam: l'anima condizionata; na: mai; atmanam: l'anima condizionata; avasadayet: cadere nella degradazione; atma: mente; eva: certamente; hi: in verità; atmanah: dell'anima condizionata; bandhuh: amica; atma: mente; eva: certamente; ripuh: nemica; atmanah: dell'anima condizionata.



TRADUZIONE

L'uomo deve usare la propria mente per liberarsi, non per degradarsi. La mente è amica dell'anima condizionata, ma può anche essere la sua nemica.



SPIEGAZIONE

La parola atma designa, secondo il contesto, il corpo, la mente o l'anima. Nella pratica dello yoga la mente e l'anima sono particolarmente importanti. Poiché la mente è il centro d'interesse nella pratica dello yoga, il termine atma si riferisce qui alla mente. Lo scopo dello yoga è quello di dominare la mente e impedirle di attaccarsi agli oggetti dei sensi. Inoltre come il verso sottolinea, il risultato dello yoga dovrà essere quello di educare la mente, affinché questa riesca a liberare l'anima condizionata dall'ignoranza in cui è avvolta. Nell'esistenza materiale tutti sono soggetti all'influenza della mente e dei sensi. In realtà, l'anima pura è imprigionata nel mondo materiale che ci dà una falsa concezione di noi stessi e fa nascere il desiderio di dominare la natura materiale. Ma se la mente è guidata in modo da non lasciarsi abbagliare dal luccichio della materia, l'anima sfuggirà al suo condizionamento. In nessun caso dobbiamo degradarci lasciandoci attrarre dagli oggetti dei sensi. Più siamo attratti dagli oggetti dei sensi più affondiamo nell'esistenza materiale. Il modo migliore per liberarci da questo condizionamento è quello d'impegnare sempre la mente nella coscienza di Krishna. Il termine hi, in questo verso, mette in evidenza che si deve agire così. Altri testi lo confermano:

mana eva manusyanam
karanam bandha-moksayoh
bandhaya visayasango
muktyai nirvisayam manah

"La mente è causa di schiavitù per l'uomo, ma anche della sua liberazione. La mente assorta negli oggetti dei sensi è causa di schiavitù, ma quando è staccata da quegli stessi oggetti è causa di liberazione." (Amrita-bindu Upanisad 2)

Perciò la mente che è sempre impegnata nella coscienza di Krishna conduce alla liberazione suprema.





VERSO 6

bandhur atmatmanas tasya
yenatmaivatmana jitah
anatmanas tu satrutve
vartetatmaiva satru-vat

bandhuh: amica; atma: la mente; atmanah: dell'essere vivente; tasya: di lui; yena: dal quale; atma: la mente; eva: certamente; atmana: dall'essere vivente; jitah: conquistata; anatmanah: di chi ha fallito nel controllare la mente; tu: ma; satrutve: a causa dell'inimicizia; varteta: resta; atma eva: la mente stessa; satru-vat: come una nemica.



TRADUZIONE

Per colui che l'ha dominata, la mente è la migliore amica, ma per colui che ha fallito nell'intento, la mente rimarrà la peggiore nemica.



SPIEGAZIONE

Lo scopo dell'astanga-yoga è il controllo della mente per farne un'amica in grado di aiutarci nella nostra missione di uomini. Se la mente non è controllata, la pratica di questo yoga sarà stata solo una perdita di tempo, una semplice esibizione. Una mente incontrollata è la peggiore nemica perché impedisce all'uomo di condurre a buon fine la propria vita. Ogni essere obbedisce, per natura, a qualcuno o a qualcosa che è superiore. Finché la mente domina come un nemico trionfante, l'uomo deve sottostare alla dittatura della lussuria, della collera, dell'avarizia, dell'illusione, e così via. Ma se la mente è sottomessa, l'uomo accetterà ben volentieri le istruzioni di Dio la Persona Suprema, situato nel cuore di ogni essere nella forma del Paramatma. La pratica del vero yoga dev'essere la via per conoscere il Paramatma nel cuore e seguire le Sue istruzioni. Ma per colui che pratica direttamente la coscienza di Krishna è del tutto naturale seguire le istruzioni del Signore.





VERSO 7

jitatmanah prasantasya
paramatma samahitah
sitosna-sukha-duhkhesu
tatha manapamanayoh

jita-atmanah: di chi ha dominato la mente; prasantasya: chi ha raggiunto la tranquillità grazie al controllo della mente; parama-atma: l'Anima Suprema; samahitah: perfettamente raggiunta; sita: nel freddo; usna: caldo; sukha: gioia; duhkhesu: e dolore; tatha: anche; mana: nell'onore; apamanayoh: e disonore.



TRADUZIONE

L'uomo che ha conquistato la mente, e ha trovato così la pace, ha già raggiunto l'Anima Suprema. Per lui, gioia e dolore, freddo e caldo, onore e disonore si equivalgono.



SPIEGAZIONE

Tutti gli esseri sono destinati a vivere nella sottomissione a Dio, la Persona Suprema, situato nel loro cuore nella forma del Paramatma. Ma finché la mente è deviata dall'energia esterna e illusoria, l'uomo rimane imprigionato nelle attività materiali. Solo quando riuscirà a controllare la mente con l'aiuto di una delle diverse forme di yoga raggiungerà la sua meta. L'essere per natura, deve vivere sotto il controllo di una forza superiore. Così dal momento in cui la mente si fissa sulla natura superiore, l'uomo non può che seguire le istruzioni del Supremo. La mente deve ricevere le istruzioni da una fonte superiore e poi seguirle. Quando la mente è controllata, l'uomo segue spontaneamente i consigli del Paramatma, dell'Anima Suprema. Poiché colui che è cosciente di Krishna raggiunge subito il livello trascendentale, non è più toccato dalle dualità dell'esistenza materiale, come la gioia e il dolore, il caldo e il freddo. Questo livello è detto samadhi, o concentrazione sul Supremo.





VERSO 8

jnana-vijnana-triptatma
kuta-stho vijitendriyah
yukta ity ucyate yogi
sama-lostrasma-kancanah

jnana: con la conoscenza acquisita; vijnana: e la conoscenza realizzata; tripta: soddisfatto; atma: un essere vivente; kuta-sthah: spiritualmente situato; vijita-indriyah: padrone dei sensi; yuktah: idoneo per la realizzazione spirituale; iti: così; ucyate: è detto; yogi: un mistico; sama: equilibrato; lostra: ciottoli; asma: pietre; kancanah: oro.



TRADUZIONE

Si dice che una persona è situata nella realizzazione spirituale, ed è chiamata yogi [o mistico], quando si sente pienamente soddisfatta grazie alla conoscenza e alla realizzazione acquisita. Tale persona è situata nella Trascendenza e possiede il controllo di sé. Vede ogni cosa - il sasso, la zolla di terra e l'oro - con occhio equanime.


SPIEGAZIONE

Ogni conoscenza accademica che non conduce alla realizzazione della Verità Suprema è inutile.

atah sri-krishna-namadi
na bhaved grahyam indriyaih
sevonmukhe hi jihvadau
svayam eva sphuraty adah

"Con i sensi contaminati dalla materia, nessuno può comprendere la natura trascendentale del nome, della forma, delle qualità e dei divertimenti di Sri Krishna. Essi si rivelano solo all'uomo che si è arricchito di energia spirituale grazie al trascendentale servizio di devozione al Signore." (Bhakti-rasama-sindu 1.2.234)

La Bhagavad-gita è la scienza di Dio, cioè la scienza che permette all'uomo di raggiungere la coscienza di Krishna. Nessuno può arrivare alla coscienza di Krishna con la semplice erudizione materiale. Per comprendere la scienza spirituale bisogna avere la fortuna d'incontrare una persona con la coscienza pura. Una persona cosciente di Krishna ha pienamente realizzato questa conoscenza per la grazia di Krishna, perché è appagata nel puro servizio di devozione. Realizzando questa conoscenza si diventa perfetti. La conoscenza trascendentale ci fa rimanere fermi nelle nostre convinzioni, mentre la conoscenza accademica ci lascia illusi e confusi di fronte ad apparenti contraddizioni.
L'anima realizzata è capace di controllare i sensi perché si è abbandonata a Krishna. Essa si trova al livello trascendentale perché la sua conoscenza non ha niente in comune con l'erudizione materiale. L'erudizione materiale, come la speculazione mentale, che per alcuni è preziosa quanto l'oro, agli occhi dello spiritualista non vale più di una zolla di terra o di un sasso.





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VERSO 9

suhrin-mitrary-udasina-
madhyastha-dvesya-bandhusu
sadhusv api ca papesu
sama-buddhir visisyate

su-hrit: ai benevoli per natura; mitra: benefattori affettuosi; ari: nemici; udasina: neutrali tra belligeranti; madhyastha: mediatori tra belligeranti; dvesya: gli invidiosi; bandhusu: e i parenti o gli amici; sadhusu: verso le persone pie; api: come anche; ca: e; papesu: verso i colpevoli; sama-buddhih: avendo intelligenza uguale; visisyate: è molto elevato.



TRADUZIONE

Una persona è considerata ancora più elevata quando vede tutti - l'onesto benefattore, il conciliante, l'invidioso, l'amico e il nemico, il virtuoso e il peccatore - con mente equanime.





VERSO 10

yogi yunjita satatam
atmanam rahasi sthitah
ekaki yata-cittatma
nirasir aparigrahah

yogi: un trascendentalista; yunjita: deve concentrarsi nella coscienza di Krishna; satatam: costantemente; atmanam: se stesso (col corpo, la mente e il sé); rahasi: in un luogo isolato; sthitah: essendo situato; ekaki: solo; yata-citta-atma: sempre molto attento alla mente; nirasih: senza essere attratto da niente altro; aparigrahah: libero dal sentimento di possesso.



TRADUZIONE

Lo spiritualista deve sempre impegnare il corpo, la mente e il sé nella relazione col Supremo, deve vivere da solo in un luogo appartato e controllare la mente con attenzione. Inoltre dev'essere libero dai desideri e da ogni senso di possesso.



SPIEGAZIONE

Esistono tre livelli nella realizzazione di Krishna: Brahman, Paramatma e Bhagavan (Dio, la Persona Suprema). La coscienza di Krishna può essere definita in poche parole come l'impegno costante nel trascendentale servizio d'amore al Signore. Coloro che sono attratti dal Brahman impersonale o dall'Anima Suprema localizzata sono anch'essi coscienti di Krishna, ma solo in parte, perché il Brahman impersonale è lo sfolgorio spirituale che emana da Krishna, e l'Anima Suprema è la rappresentazione parziale onnipresente di Krishna. L'impersonalista e lo yogi sono dunque anch'essi coscienti di Krishna ma indirettamente. La persona direttamente cosciente di Krishna è il più perfetto di tutti gli spiritualisti, perché la sua realizzazione comprende anche la realizzazione del Brahman e del Paramatma. La sua conoscenza della Verità Assoluta è perfetta, mentre la realizzazione dell'impersonalista e dello yogi rimangono imperfette.

Ciò nonostante, si consiglia a ogni spiritualista di seguire con costanza la via che ha scelto, perché prima o poi tutti raggiungeranno la perfezione più alta. Il primo dovere dello spiritualista è infatti quello di concentrare sempre la mente su Krishna. Si dovrebbe pensare sempre a Krishna, e non dimenticarLo neanche per un istante. La concentrazione della mente sul Supremo si chiama samadhi, o estasi. Per raggiungere questa concentrazione occorre vivere in solitudine ed evitare anche la minima distrazione. Si devono cercare le situazioni favorevoli e rifiutare tutto ciò che può ostacolare la realizzazione spirituale. E con perfetta determinazione lo spiritualista non deve aspirare ad avere cose materiali non necessarie che lo renderebbero prigioniero di un falso senso di possesso.
Quando si pratica direttamente la coscienza di Krishna tutte queste precauzioni sono già prese e tutti questi princìpi già seguiti, perché la coscienza di Krishna implica un'abnegazione totale, dove i sentimenti di possesso hanno ben poche possibilità di manifestarsi. Srila Rupa Gosvami dice a questo proposito:

anasaktasya visayan
yatharham upayunjatah
nirbandhah krishna-sambandhe
yuktam vairagyam ucyate

prapancikataya buddhya
hariii-sambandhi-vastunah
mumuksubhih parityago
vairagyam phalgu kathyate

"Colui che non ha attaccamenti materiali, ma allo stesso tempo accetta ogni cosa per il servizio di devozione a Krishna, trascende realmente ogni idea di possesso. Invece colui che rifiuta tutto, ignorando il legame che unisce tutte le cose a Krishna, non è completo nella rinuncia." (Bhakti-rasamrita-sindhu 2.255-256)

Una persona cosciente di Krishna sa bene che ogni cosa appartiene a Krishna perciò è sempre libera da ogni idea di possesso. Non cerca mai il proprio profitto, ma sa accettare solo ciò che è favorevole alla coscienza di Krishna e sa rifiutare tutto ciò che potrebbe ostacolarla. È sempre situata su un piano spirituale, trascende la materia e vive in solitudine senza interesse per la compagnia di persone che non sono in coscienza di Krishna. L'uomo cosciente di Krishna è lo yogi perfetto.




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CAPITOLO 7





La conoscenza dell'Assoluto





VERSO 1

sri-bhagavan uvaca
mayy asakta-manah partha
yogam yunjan mad-asrayah
asamsayam samagram mam
yatha jnasyasi tac chrinu

sri-bhagavan uvaca: il Signore Supremo disse; mayi: a Me; asakta-manah: mente attaccata; partha: o figlio di Pritha; yogam: realizzazione spirituale; yunjan: praticando; mat-asrayah: nella coscienza di Me (coscienza di Krishna); asamsayam: senza dubbio; samagram: completamente; mam: Me; yatha: come; jnasyasi: puoi conoscere; tat: che; srinu: cerca di ascoltare.



TRADUZIONE

Dio, la Persona Suprema, disse:
O figlio di Pritha, ascolta ora in che modo praticando lo yoga nella piena coscienza di Me, con la mente fissa in Me, potrai conoscerMi completamente, libero da ogni dubbio.



SPIEGAZIONE

In questo capitolo sarà chiarita la natura della coscienza di Krishna. Krishna possiede, all'infinito, tutte le perfezioni e queste pagine ci descrivono come Egli le manifesta. Sarà spiegata inoltre la divisione del genere umano in otto categorie: quattro riferite agli uomini fortunati che prendono rifugio in Krishna e quattro a quelli sfortunati che Lo rifiutano.
I primi sei capitoli hanno definito l'essere vivente come un'anima spirituale, distinta dalla materia, e capace di realizzare la sua vera identità praticando uno dei metodi di yoga. E la fine del sesto capitolo affermava che l'atto di fissare la mente in Krishna, la coscienza di Krishna, è la più alta forma di yoga. In realtà, non si può realizzare pienamente la Verità Assoluta se non si concentrano tutti i pensieri in Krishna. La realizzazione del Brahman impersonale e quella del Paramatma, che è presente nel cuore di ciascuno, rimangono imperfette perché permettono solo una conoscenza parziale della Verità Assoluta. La perfezione della conoscenza e della scienza si trova in Krishna, e tutto si rivela alla persona che sviluppa la coscienza di Krishna. Chi è cosciente di Krishna realizza, al di la di ogni dubbio, che la conoscenza di Krishna è suprema e assoluta. I vari yoga sono altrettanti gradini che conducono alla coscienza di Krishna. Perciò, colui che adotta direttamente la coscienza di Krishna già conosce perfettamente il Brahman e il Paramatma. La pratica di questo yoga, la coscienza di Krishna, permette quindi di conoscere tutto: la Verità Assoluta, gli esseri individuali, la natura materiale e ogni cosa che riguarda le loro differenti manifestazioni.

La cosa migliore sarà dunque quella di seguire il sentiero dello yoga secondo gli insegnamenti dell'ultimo verso del sesto capitolo: fissare i pensieri in Krishna, il Signore Supremo, con la pratica del servizio di devozione nelle sue nove forme,¹ di cui la prima (sravanam), e la più importante, consiste nell'ascoltare le glorie del Signore. Perciò, in questo verso, Krishna dice ad Arjuna "ascolta" (tat chrinu). Non c'è autorità superiore a Krishna, perciò ascoltandoLo si riceve la migliore possibilità di diventare perfettamente coscienti di Krishna. Si deve perciò ricevere questa scienza suprema da Krishna in persona o dal Suo puro devoto, non da un non devoto che è orgoglioso della sua erudizione accademica.
Anche lo Srimad Bhagavatam spiega l'arte di acquisire la scienza di Krishna, la Persona Suprema, la Verità Assoluta:

srinvatam sva-kathah krishnah
punya-sravana-kirtanah
hridy antah-stho hy abhadrani
vidhunoti suhrit satam

nasta-prayesv abhadresu
nityam bhagavata-sevaya
bhagavaty uttama-sloke
bhaktir bhavati naisthiki

tada rajas-tamo-bhavah
kama-lobhadayas ca ye
ceta etair anaviddham
sthitam sattve prasidati

evam prasanna-manaso
bhagavad-bhakti-yogatah
bhagavat-tattva-vijnanam
mukta-sangasya jayate

bhidyate hridaya-granthis
chidyante sarva-samsayah
ksiyante casya karmani
drista evatmanisvare

"Ascoltare dagli Scritti vedici ciò che riguarda Krishna o accostarsi direttamente ai Suoi insegnamenti attraverso la Bhagavad-gita sono atti puri. Sri Krishna, presente nel cuore di ognuno, agisce come amico benevolo e purifica il devoto che è sempre impegnato ad ascoltare le Sue glorie, ascolto che risveglia in lui la conoscenza trascendentale. Quanto più il devoto ascolta le glorie di Krishna da altri devoti e dalla lettura dello Srimad Bhagavatam, tanto più diventa fisso nel servizio di devozione al Signore. E quanto più agisce con devozione, tanto più si libera dalle influenze della passione e dell'ignoranza e vede diminuire i suoi desideri materiali. Eliminata la cupidigia e l'avarizia, raggiunge la virtù pura, si sente ravvivato dal servizio di devozione e capisce pienamente la scienza di Dio. Così il bhakti-yoga scioglie il potente nodo degli attaccamenti materiali e permette di raggiungere subito la realizzazione perfetta (asamsayam samagram) della Verità Suprema e Assoluta, la Persona Divina e Sovrana." (S.B. 1.2.17-21)

In conclusione, si può capire la scienza di Krishna solo ascoltandola da Krishna o dal Suo devoto.





VERSO 2

jnanam te 'ham sa-vijnanam
idam vaksyamy asesatah
yaj jnatva neha bhuyo 'nyaj
jnatavyam avasisyate

jnanam: conoscenza fenomenica; te: a te; aham: Io; sa; con; vijnanam: conoscenza del noumeno; idam: questa; vaksyami: spiegherò; asesatah: completa; yat: che; jnatva: conoscendo; na: non; iha: in questo mondo; bhuyah: ulteriore; anyat: niente altro; jnatavyam: conoscibile; avasisyate: resta.



TRADUZIONE

Ora ti rivelerò in modo completo questa conoscenza del fenomeno e del noumeno, al di là della quale nient'altro ti resta da conoscere.



SPIEGAZIONE

La conoscenza completa include la conoscenza del mondo fenomenico, quella del mondo spirituale e dell'origine di entrambe. Questa scienza trascendentale, Krishna la trasmetterà ora ad Arjuna, perché Arjuna è il Suo devoto e intimo amico. Sono così confermate le parole del Signore all'inizio del quarto capitolo: solo un devoto del Signore può acquisire la conoscenza perfetta, e solo il Signore, o il Suo rappresentante nella successione dei maestri spirituali, può trasmettergli questa conoscenza. Dobbiamo essere abbastanza intelligenti da attingere la conoscenza alla sua fonte, la causa di tutte le cause e l'unico oggetto di meditazione in tutti gli yoga. Chi conosce questa causa suprema non ha più nient'altro da conoscere. I Veda (Mundaka Upanisad 1.3) lo confermano (kasmin bhagavo vijnjate sarvam vijnatam bhavati).





VERSO 3

manusyanam sahasresu
kascid yatati siddhaye
yatatam api siddhanam
kascin mam vetti tattvatah

manusyanam: di uomini; sahasresu: tra molte migliaia; kascit: qualcuno; yatati: si sforza; siddhaye; verso la perfezione; yatatam: di coloro che si sforzano; api: in verità; diddhanam: di coloro che hanno raggiunto la perfezione; kascit: qualcuno; mam: Me; vetti: conosce; tattvatah: veramente.



TRADUZIONE

Tra migliaia di uomini forse uno cercherà la perfezione, e tra coloro che la raggiungono, raro è colui che Mi conosce veramente.



SPIEGAZIONE

Ci sono diverse categorie di uomini, e tra le migliaia, forse uno soltanto sarà abbastanza interessato alla realizzazione spirituale da approfondire la sua conoscenza del corpo, dell'anima e della Verità Assoluta. Di solito l'uomo si lascia guidare dalle tendenze animalesche - mangiare, dormire, accoppiarsi e difendersi - e rare sono le persone che provano qualche interesse per la conoscenza spirituale. Proprio a queste persone si rivolgono i primi sei capitoli della Bhagavad-gita, che rivelano la natura dell'anima individuale e dell'Anima Suprema, e insegnano il jnana-yoga, il dhyana-yoga e il sankhya come metodi di realizzazione spirituale. Tuttavia, soltanto le persone coscienti di Krishna possono conoscere Sri Krishna, la Persona Suprema. Gli altri spiritualisti, jnani e yogi, non giungono mai a superare il Brahman impersonale o il Paramatma, che sono aspetti più accessibili della Verità Assoluta.

I jnani e gli yogi rimangono confusi quando tentano di comprendere Krishna, sebbene il più grande degli impersonalisti, Sripada Sankaracarya, abbia riconosciuto nel suo commento della Bhagavad-gita che Krishna è Dio, la Persona Suprema. Ma i suoi discepoli non accettano Krishna come Dio, perché Krishna, la Verità Assoluta, difficilmente Si lascia conoscere dai non devoti, anche quando essi l'hanno realizzato sotto l'aspetto del Brahman impersonale, isvarah paramah krishnah sac-cid-ananda-vigrahah, anadir adir govindah sarva-karana-karanam: "Krishna è il Signore originale, Govinda; Egli è il maestro assoluto, la causa di tutte le cause e la Sua forma è tutta di eternità, conoscenza e felicità." (B.s. 5.1) È molto difficile per i non devoti conoscere Krishna. I non devoti sostengono che la via del bhakti-yoga è troppo facile; perché allora non adottarla? Perché scegliere la via difficile? In realtà, la bhakti non è una via facile, ed essi sono incapaci di praticarla. Il bhakti-yoga, come lo praticano certi profani che non hanno conoscenza di ciò che è la bhakti, può essere facile, ma quando è seguito con serietà, secondo i principi regolatori delle Scritture, anche i grandi "filosofi" ed "eruditi" cadono da questo sentiero. Srila Rupa Gosvami scrive nel suo Bhakti-rasamrita-sindhu (1.2.101):

sruti-smriti-puranadi-
pancaratra-vidhim vina
aikantiki harer bhaktir
utpatayaiva kalpate

"Il bhakti-yoga non conforme ai Testi che hanno autorità in materia - come le Upanisad, i Purana, il Narada-pancaratra e altri - è solo un inutile disturbo per la società."

È impossibile al jnani e allo yogi che hanno rispettivamente realizzato la Verità Assoluta come Brahman e Paramatma, conoscere Krishna, la Persona Suprema, l'origine stessa del Brahman e del Paramatma, e comprendere il Suo ruolo come figlio di Yasoda o come conduttore del carro di Arjuna. Talvolta perfino i grandi esseri celesti sono disorientati di fronte alla personalità di Krishna, confermando così le parole del Signore: "In verità nessuno Mi conosce come sono", muhyanti yat surayah; mamtu veda na kascana. E se nonostante tutto qualcuno giunge a conoscerLo, il Signore afferma che tale mahatma è infinitamente raro (sa mahatma su-durlabhah). Senza il servizio di devozione non possiamo conoscere Krishna così com'è veramente (tattvatah), anche se siamo grandi eruditi e filosofi. Soltanto i puri devoti possono in parte comprendere le Sue qualità trascendentali e inconcepibili, la Sua ricchezza, la Sua fama, la Sua bellezza, la Sua potenza, la Sua saggezza e la Sua rinuncia infinite, poiché Krishna, la causa di tutte le cause, Si avvicina spontaneamente ai Suoi puri devoti. Egli è l'oggetto ultimo della realizzazione del Brahman e solo i devoti possono conoscerLo così com'è. Il Bhakti-rasamrita-sindhu (1.2.234) lo conferma:

atah sri-krishna-namadi
na bhaved grahyam indriyaih
sevonmukhe hi jihvadau
svayam eva sphuraty adah

"Nessuno, con i rozzi sensi materiali, può conoscere Krishna così com'è. Egli si rivela solo ai Suoi devoti, soddisfatto dell'amore e della devozione che Gli mostrano nel servirLo."




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VERSO 4

bhumir apo 'nalo vayuh
kham mano buddhir eva ca
ahankara itiyam me
bhinna prakritir astadha

bhumih: terra; apah: acqua; analah: fuoco; vayuh: aria; kham: etere; manah: mente; buddhih: intlligenza; eva: certamente; ca: e; ahankarah: falso ego; iti: così; iyam: tutte queste; me: Mie; bhinna: separate; prakritih: energie; astadha: in numero di otto.



TRADUZIONE

Terra, acqua, fuoco, aria, etere, mente, intelligenza e falso ego - questi otto elementi, distinti da me, costituiscono la Mia energia materiale.



SPIEGAZIONE

La scienza di Dio studia nei particolari la natura di Dio e quella delle Sue differenti energie. Per esempio, la natura materiale, detta prakriti, è l'energia che Egli manifesta attraverso i purusa-avatara. Il Satvata-tantra precisa:

visnos tu trini rupani
purusakhyany atho viduh
ekam tu mahatah srastri
dvitiyam tv anda-samsthitam
tritiyam sarva-bhuta-stham
tani jnatva vimucyate

"Per creare l'universo materiale, l'emanazione plenaria di Krishna, Visnu, assume tre aspetti. Il primo, Maha-Visnu, crea la totalità dell'energia materiale, o mahat-tattva; il secondo, Garbhodakasayi Visnu, penetra in ogni universo dove crea la varietà; il terzo, Ksirodakasayi Visnu, è presente ovunque, penetra fin nel più piccolo atomo ed è conosciuto col nome di Paramatma, l'Anima Suprema. Chiunque raggiunga la conoscenza di questi tre Visnu può liberarsi dai legami della materia."

L'universo materiale è dunque la manifestazione transitoria di una delle energie del Signore, e all'interno di esso tutto si svolge sotto il controllo dei tre Visnu, che sono emanazioni di Krishna. Colui che ignora la scienza di Krishna, Dio, crede che questo universo sia stato creato per il piacere degli esseri viventi e che essi ne siano dunque la causa, i padroni e i beneficiari assoluti, cioè i purusa. Secondo la Bhagavad-gita questa teoria atea è falsa. Il verso che stiamo esaminando afferma che Krishna è la causa originale della manifestazione materiale. Questa verità è confermata anche dallo Srimad Bhagavatam. Gli elementi materiali che compongono la creazione sono energie distinte del Signore; anche il brahmajvoti, che si trova oltre l'universo materiale, è una Sua energia. A differenza dei pianeti Vaikuntha, il brahmajvoti non contiene la varietà spirituale, eppure gli impersonalisti lo accettano come il fine ultimo dell'esistenza. Neppure il Paramatma ha un'esistenza permanente nel mondo spirituale, ma è solo una manifestazione onnipresente temporanea di Ksirodakasayi Visnu. Così Krishna, Dio, la Persona Suprema, è senza alcun dubbio la Verità Assoluta. Egli è la fonte e il maestro di tutte le energie, interne ed esterne.

Come indica questo verso, l'energia materiale conta otto elementi di base, di cui i primi cinque (la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria e l'etere) sono detti "giganti", o grossolani. Essi costituiscono le manifestazioni fisiche dell'odore, del sapore, della forma, del tatto, del suono, cioè dei cinque oggetti dei sensi, che essi includono. La scienza materiale non va oltre questi dieci elementi e ignora l'esistenza dei tre elementi sottili che sono la mente, l'intelligenza e il falso ego. Esistono studiosi che s'interessano alla mente, ma la loro conoscenza non è completa perché non conoscono Krishna, fonte di tutto ciò che esiste. Il falso ego, l'ego materiale, che ci fa pensare "io sono" e "io possiedo", è la radice stessa dell'esistenza materiale e comprende altri dieci "elementi,": i cinque organi di percezione (il naso, la lingua, gli occhi, la pelle e gli orecchi) e i cinque organi d'azione del corpo (la bocca, le braccia, le gambe, l'apparato genitale e l'ano. L'intelligenza, invece, si riferisce alla totalità della creazione materiale (che si designa col nome di mahat-tattva). I ventiquattro elementi della natura materiale si manifestano dunque a partire dalle otto energie distinte del Signore, di cui parla questo verso.² Costituiscono anche l'oggetto della filosofia atea del sankhya, ma quest'ultima non riconosce Krishna come la causa di tutte le cause, e si limita così s una conoscenza parziale delle energie esterne di Krishna.





VERSO 5

apareyam itas tv anyam
prakritim viddhi me param
jiva-bhutam maha-baho
yayedam dharyate jagat

apara: inferiore; iyam: questo; itah: oltre a questa; tu: ma; anyam: un'altra; prakritim: energia; viddhi: cerca di capire; me: Mia; param: superiore; jiva-bhutam: che comprende gli esseri viventi; maha-baho: o Arjuna dalle braccia potenti; yaya: da cui; idam: questo; dharyate: è utilizzato o sfruttato; jagat: il mondo materiale.



TRADUZIONE

O Arjuna dalle braccia potenti, oltre a questa energia ne esiste un'altra, la Mia energia superiore, costituita dagli esseri viventi che sfruttano le risorse dell'energia inferiore, la natura materiale.



SPIEGAZIONE

Da questo verso si deduce chiaramente che gli esseri viventi appartengono all'energia superiore del Signore Supremo. La Sua energia inferiore, come abbiamo visto nel verso precedente, è costituita dagli otto principali elementi materiali, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria, l'etere, la mente, l'intelligenza e il falso ego. Le due forme della natura materiale, cioè la forma grossolana (terra, ecc.) e quella sottile (mente, ecc.), sono prodotti dell'energia inferiore. Gli esseri viventi, che sfruttano questa energia inferiore per diversi scopi, costituiscono l'energia superiore del Signore Supremo, ed è questa energia che fa funzionare l'intero mondo materiale. La manifestazione cosmica non ha alcun potere d'azione senza l'intervento dell'energia superiore, cioè gli esseri viventi. Ogni energia è sempre controllata dalla sua fonte, perciò gli esseri viventi sono sempre controllati dal Signore, non possono esistere fuori di Lui né possono uguagliare la Sua potenza, come sostengono le persone prive d'intelligenza. Lo Srimad Bhagavatam precisa così la posizione dell'essere individuale nei confronti del Signore Supremo:

aparimita dhruvas tanu-bhrito yadi sarva-gatas
tarhi na sasyateti nyamo dhruva netaratha
ajani ca yan-mayam tad avimucya niyantr bhavet
samam anujanatam yad amatam mata-dustataya

"O Supremo Eterno! Se gli esseri incarnati fossero eterni e onnipresenti come Te, non sarebbero sotto il Tuo controllo. In realtà, sono particelle infinitesimali di una delle Tue energie e Ti sono sempre subordinati. Perciò possono raggiungere la liberazione perfetta solo accettando la Tua guida e abbandonandosi a Te; allora soltanto troveranno la felicità e saranno in pieno possesso del loro potere. Gli ignoranti che sostengono l'uguaglianza assoluta di Dio e degli esseri viventi (monismo) sono in realtà guidati da un'opinione erronea e contaminata," (S.B.10.87.30)

Sri Krishna, il Signore Supremo, è dunque l'unico controllore, e tutti gli esseri viventi sono controllati da Lui. Essi costituiscono la Sua energia superiore perché la loro natura partecipa di quella del Signore, tuttavia non possiedono, sul piano quantitativo, la Sua stessa potenza. Infatti, manipolando le energie materiali grossolane e sottili, l'essere vivente ne rimane condizionato, e sotto l'influsso della materia dimentica la sua mente e la sua intelligenza spirituali. Quest'oblio è dovuto all'influenza della materia sull'essere vivente. Ma quando l'essere si libera dall'illusione materiale raggiunge la mukti, la liberazione. Il falso ego, sotto l'influenza dell'illusione, ci dice: "Tu sei materia". Ma l'essere liberato abbandona questi concetti errati, inclusa la prospettiva di una fusione totale con Dio. Si può dunque concludere dagli insegnamenti della Bhagavad-gita che l'essere vivente costituisce solo una delle molteplici energie del Signore, e quando si libera dal condizionamento materiale diventa pienamente cosciente di Krishna. Ciò rappresenta la liberazione perfetta.




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VERSO 6

etad-yonini bhutani
sarvanity upadharaya
aham kritsnasya jagatah
prabhavah pralayas tatha

etat: queste due nature; yonini: la cui fonte di nascita; bhutani: ogni cosa creata; sarvani: tutti; iti: cosi; upadharaya: sanno; aham: Io; kritsnasya: che include tutto; jagatah: del mondo; prabhavah: la fonte della manifestazione; pralayah: distruzione; tatha: anche.



TRADUZIONE

Tutti gli esseri creati hanno origine da queste due nature. Sappi per certo che di tutto ciò che è materiale e di tutto ciò che è spirituale in questo mondo Io sono l'origine e la fine.



SPIEGAZIONE

Tutto ciò che esiste è prodotto dall'unione dell'anima con la materia. Tutto riposa sull'energia spirituale. L'anima non è creata dalla materia a un certo stadio della sua evoluzione. Anzi è la materia che trae origine dall'energia spirituale, da cui si manifesta l'intero universo; il corpo materiale si sviluppa, passando dall'infanzia alla maturità e poi alla vecchiaia, perché una forza superiore gli dà vita, e questa energia vitale è l'anima. Similmente, l'universo esiste e si sviluppa grazie alla presenza dell'Anima Suprema, Visnu. La materia e lo spirito, che unendosi formano l'intera manifestazione cosmica, "la forma universale", sono in origine due energie del Signore, perciò il Signore è la causa originale di tutto. L'essere individuale, frammento infinitesimale del Signore, può trasformare a suo piacere le energie materiali in grattacieli, fabbriche, città e così via, ma non può creare la materia dal nulla, perciò è del tutto incapace di creare un pianeta o un universo. Come conferma la Katha Upanisad (2.2.13): nityo nityanam cetanas cetananam, l'origine dell'universo è l'Anima Suprema, Krishna, l'Essere Supremo fra tutti gli esseri individuali e la causa d tutte le cause.





VERSO 7

mattah parataram nanyato
kincid asti dhananyaya
mayi sarvam idam protam
sutre mani-gana iva

mattah: al di là di Me; para-taram: superiore; na: non; anyat kincit: niente altro; asti: c'è; dhananjaya: o conquistatore delle ricchezze; mayi: in Me; sarvam: tutto ciò che esiste; idam: che vediamo; protam: è infilato; sutre: su un filo; mani-ganah: perle; iva: paragonato a.



TRADUZIONE

O conquistatore delle ricchezze, non esiste verità superiore a Me. Tutto su Me riposa come perle su un filo.



SPIEGAZIONE

La Verità Assoluta è una Persona o Tutto impersonale? Questo argomento è da sempre oggetto di controversia. Ma la Bhagavad-gita, e questo verso in particolare, dimostra perfettamente che la Verità Assoluta è una Persona, Sri Krishna, Dio la Persona Suprema. Ciò è confermato anche nella Brahma-samhita (5.1), isvarah paramah Krishnah sac-cid-ananda-vigrahah anadir adir govindah sarva-karana-karanam: "La Verità Assoluta è il Signore Supremo, Sri Krishna, Govinda, che è il Signore originale, la fonte di tutti i piaceri e la forma eterna della conoscenza e della felicità assoluta." Tutte le Scritture che hanno autorità in materia non lasciano dubbi: la Verità Assoluta è la Persona Suprema, la causa di tutte le cause. Ma gli impersonalisti sostengono il contrario basandosi sulla Svetasvatara Upanisad (3.10), tato yad uttarataram tad arupam anamayam / ya etad vidur amritas te bhavanti athetare duhkham evapiyanti: "Il primo essere dell'universo è Brahma, superiore a tutti gli esseri celesti, agli uomini e alle bestie. Ma al di là di Brahma si trova l'Assoluto, che non ha forma materiale ed è libero da ogni contaminazione. Chiunque realizzi quest'Assoluto trascende la materia, ma chi Lo ignora continuerà a subire le sofferenze del mondo materiale."

In questo verso gli impersonalisti mettono in rilievo il termine arupam senza forma), ma questo termine non significa "impersonale", indica solo che la Verità Assoluta è il Signore Supremo, Sri Krishna, Govinda, che è il Signore originale, la fonte di tutti i piaceri e la forma eterna della conoscenza e della felicità assoluta." Tutte le Scritture che hanno autorità in materia non lasciano dubbi: la Verità Assoluta è la Persona Suprema, la causa di tutte le cause. Ma gli impersonalisti sostengono il contrario basandosi sulla Svetasvatara Upanisad (3.10), tato yad uttarataram tad arupam anamayam / ya etad vidur amritas te bhavanti athetare duhkham evapiyanti: "Il primo essere dell'universo è Brahma, superiore a tutti gli esseri celesti, agli uomini e alle bestie. Ma al di là di Brahma si trova l'Assoluto, che non ha forma materiale ed è libero da ogni contaminazione. Chiunque realizzi quest'Assoluto trascende la materia, ma chi Lo ignora continuerà a subire le sofferenze del mondo materiale."

In questo verso gli impersonalisti mettono in rilievo il termine arupam (senza forma), ma questo termine non significa "impersonale"; indica solo che la Verità Assoluta non ha una forma materiale, che la Sua forma è eterna, tutta di conoscenza e felicità, come la Brahma-samhita la descrive nel verso citato poco prima. Altri versi della Svetasvatara Upanisad (3.8.9) confermano del resto che la Verità Assoluta è una persona, la Persona Suprema:

vedaham etam purusam mahantam
aditya-varnam tamasah parastat
tam eva vidvan ati mrityum eti
nanyah pantha vidyate 'yanaya

yasmat param naparam asti kincid
yasman naniyo no jyayo 'sti kincit
vriksa iva stabdo divi tistaty ekas
tenedam purnam purusena sarvam

"Io conosco questo Essere Supremo, che trascende le tenebre materiali. Solo chi Lo conosce può vincere la nascita e la morte, e raggiungere la liberazione. Nessuna verità Gli è superiore: Egli è l'Essere Supremo. È più piccolo del più piccolo, ed è anche più grande del più grande. Come un albero silenzioso, Egli Si erge illuminando tutto il mondo spirituale ed estendendo le Sue innumerevoli energie come un albero fa con le sue radici."

Questi versi ci permettono di concludere ancora una volta che la Verità Assoluta è la Persona Suprema, onnipresente attraverso le Sue energie materiali è spirituali.





VERSO 8

raso 'ham apsu kaunteya
prabhasmi sasi-suryayoh
pranavah sarva-vedesu
sabdah khe paurusam nrisu

rasah: gusto; aham: Io; apsu: nell'acqua; kaunteya: o figlio di kunti; prabha: la luce; asmi: Io sono; sasi-suryayoh: della luna e del sole; pranavah: le tre lettere a-u-m; sarva; in tutti; vedesu; i Veda; sabdah: vibrazione sonora; khe: nell'etere; paurusam: abilità; nrisu: nell'uomo.



TRADUZIONE

Sono il sapore dell'acqua, o figlio di Kunti, la luce del sole e della luna e la sillaba om nei mantra vedici. Sono il suono nell'etere e l'abilità nell'uomo.



SPIEGAZIONE

Questo verso spiega come il Signore manifesti la Sua onnipresenza attraverso le Sue energie materiali e spirituali. All'inizio della vita spirituale si può dunque percepire la Verità Assoluta attraverso le Sue differenti energie e realizzare così il Suo aspetto impersonale. Come si può percepire l'esistenza personale del dio del sole attraverso i raggi del sole, così il Signore, che non lascia mai il Suo regno, può essere percepito attraverso le Sue molteplici energie. Il principio attivo dell'acqua, per esempio, è il suo gusto. A nessuno piace bere l'acqua di mare, perché il gusto puro dell'acqua è mischiato con quello del sale. È la purezza del suo gusto che rende l'acqua così gradevole, e questo gusto puro è un'energia del Signore. Ma queste energie possono essere percepite in diversi modi: mentre l'impersonalista si accontenterà di vedere L'Assoluto nel gusto dell'acqua, il personalista non dimenticherà di glorificare il Signore per aver permesso agli esseri di spegnere la loro sete. Questa è una comprensione superiore dell'Assoluto. In realtà, personalismo e impersonalismo non si oppongono veramente. Chi conosce Dio, sa che ogni cosa racchiude sia il Suo aspetto personale sia quello impersonale, come insegna anche Sri Caitanya Mahaprabhu con la sublime dottrina dell'acintya bheda e abheda-tattva: l'unità e la molteplicità simultanee.

In origine, la luce del sole e della luna emanano dal brahmajyoti, lo sfolgorio impersonale del Signore. L'omkara, detto anche pranava, cioè il suono trascendentale con cui s'inizia ogni mantra vedico, si rivolge al Signore Supremo. Gli impersonalisti, che si spaventano solo all'idea di glorificare il Signore pronunciando uno dei Suoi innumerevoli nomi, preferiscono vibrare il suono dell'omkara, senza sapere che anch'esso è la rappresentazione sonora di Krishna. Così la coscienza di Krishna abbraccia tutto e chiunque l'adotti è liberato, mentre coloro che la ignorano rimandano nell'illusione e sono condizionati dalla materia.





VERSO 9

punyo gandhah prithivyam ca
tejas casmi vibhavasau
jivanam sarva-bhutesu
tapas casmi tapsvisu

punyah: originale; gandhah: fragranza; prithivyam: nella terra; ca; anche; tejah: calore; ca; anche; asmi: Io sono; vibhavasau: nel fuoco; jivanam: la vita; sarva: in tutti; bhutesu: gli esseri viventi; tapah: austerità; ca: anche; asmi: Io sono; tapasvisu: di coloro che praticano l'austerità.



TRADUZIONE

Sono il profumo originale della terra e il calore del fuoco. Sono la vita di tutto ciò che vive e l'austerità dell'asceta.

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SPIEGAZIONE

Ogni cosa in questo mondo, come per esempio un fiore, la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria, possiede un profumo, un sapore caratteristico. Queste proprietà, che dipendono dai componenti chimici dei vari oggetti, possono essere alterate dalla combinazione dei componenti stessi. Tuttavia c'è una fragranza, un sapore iniziale, puro e inalterato (punya), che impregna ogni parte della creazione: questo profumo, questo sapore originario è Krishna. La parola vibhavasu indica il fuoco, indispensabile alla cottura degli alimenti, alla messa in moto di numerose macchine e alla digestione, poiché, come insegna la medicina vedica, la cattiva assimilazione degli alimenti è dovuta a una temperatura troppo bassa all'interno dello stomaco. Nella coscienza di Krishna si realizza che gli alimenti vitali (la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria e tutti gli altri) provengono da Krishna, che concede e controlla anche la vita stessa e la sua durata. L'uomo può quindi, per la grazia di Krishna, prolungare o accorciare la propria esistenza. La coscienza di Krishna agisce dunque a tutti i livelli.





VERSO 10

bijam mam sarva-bhutanam
viddhi partha sanatanam
buddhir buddhimatam asmi
tejas tejasvinam aham

bijam: il seme; mam: Me; sarva-bhutanam: di tutti gli esseri viventi; viddhi: cerca di capire; partha: o figlio di Pritha; sanatanam: originale, eterno; buddhih: intelligenza; buddhi-matam: dell'intelligente; asmi: Io sono; tejah: la potenza; tejasvinam: del potente; aham: Io sono.



TRADUZIONE

O figlio di Pritha, sappi che Io sono il seme originale di tutte le esistenze. Sono l’intelligenza dell’intelligente e la potenza del potente.



SPIEGAZIONE

Krishna è il seme originale (bijam). Quando questo seme entra in contatto con l’energia materiale sono generati gli esseri viventi mobili, come gli uomini, le bestie, gli uccelli, i rettili, e quelli immobili, come piante e gli alberi, che insieme formano 8.400.000 specie. Di tutti, Krishna è il seme della vita. Gli Scritti vedici stabiliscono chiaramente che il Brahman Supremo, la Verità Assoluta, è Colui dal quale tutto emana, dal quale tutto è nato. Krishna è questo Parabrahman, questo Brahman Supremo. Il Brahman è impersonale, il Parabrahman è personale; il secondo include il primo. Questo è l’insegnamento della Bhagavad-gita. Krishna è dunque l’origine di tutto. Come l’albero è sostenuto dalle radici, così l’intera creazione materiale è sostenuta da Krishna, radice originale di tutte le cose. Questo è confermato anche negli Scritti vedici (Katha Upanisad 2.2.13):

nityo nityanam cetanas cetananam
eko bahunam yo vidadhati kaman

Krishna è l’Essere eterno per eccellenza. È il supremo Essere vivente tra tutti gli esseri viventi e Lui da solo mantiene ogni vita. Senza intelligenza non si può agire, e Krishna è l’origine dell’intelligenza, come Lui stesso afferma. Se non si è intelligenti non si può capire Krishna, Dio la Persona Suprema.







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CAPITOLO 8





Raggiungere il Supremo





VERSO 1

arjuna uvaca
kim tad brahma kim adhyatmam
kim karma purusottama
adhibhutam ca kim proktam
adhidaivam kim ucyate

arjunah uvaca: Arjuna disse: kim: che cosa; tat: quella; brahma: Brahman; kim: che cosa; adhyatmam: il sé; kim: che cosa; karma: attività interessate; purusa-uttama: o Persona Suprema; adhibhutam: la manifestazione materiale; ca: e; kim: che cosa; proktam: è chiamato; adhidaivam: gli esseri celesti; kim: che cosa; ucyate: è chiamato.



TRADUZIONE

Arjuna chiese:
O mio Signore, o Persona Suprema, che cos'è il Brahman? Che cos'è il sé? Che cosa sono le attività interessate? Che cos'è questa manifestazione materiale? E chi sono gli esseri celesti? Ti prego, spiegamelo.



SPIEGAZIONE

In questo capitolo Sri Krishna risponde alle domande di Arjuna sul Brahman poi sul karma, o attività interessate, e svilupperà anche i princìpi dello yoga e ciò che riguarda il servizio di devozione fin nella sua forma più pura.

Lo Srimad Bhagavatam spiega che la Verità Suprema e Assoluta appare sotto tre aspetti: Brahman, Paramatma e Bhagavan. Si deve però sapere che il termine Brahman designa anche l'essere individuale, l'anima infinitesimale, così come la parola atma, c'informa il dizionario vedico, si riferisce non solo all'anima, ma anche alla mente, al corpo e ai sensi.

Qui Arjuna chiama il Signore "Purusottama", "Persona Suprema". Infatti egli non interroga un semplice amico, bensì la Persona Suprema, riconoscendo in Lui la più elevata autorità in campo spirituale, capace di dargli risposte definitive.





VERSO 2

adhiyajnah katham ko 'tra
dehe 'smin madhusudana
prayana-kale ca katham
jneyo 'si niyatatmabhih

adhiyajnah: il Signore del sacrificio; katham: come; kah: chi; atra: qui; dehe: nel corpo; asmin: questo; madhusudana: o Madhusudana; prayana-kale: al momento della morte; ca: e; katham: come; jneyah asi: puoi essere conosciuto: niyata-atmabhih: dal sé controllato.



TRADUZIONE

Chi è il Signore del sacrificio, o Madhusudana? Come vive nel corpo? E come potranno conoscerTi al momento della morte coloro che Ti servono con devozione?



SPIEGAZIONE

Il "Signore del sacrificio" di cui parla il verso può riferirsi a Indra, capo degli esseri celesti che amministrano il mondo, ma anche a Visnu, capo dei principali esseri celesti, come Brahma e Siva. Visnu, capo dei principali esseri celesti, come Brahma e Siva. Visnu e Indra sono entrambi onorati con degli yajna (sacrifici). Quale dei due si deve dunque considerare "il" Signore del sacrificio? E come questo Signore vive nel corpo di ogni essere? Questo è ciò che desidera sapere Arjuna.
Le domande di Arjuna fanno trapelare certi dubbi che non sarebbero dovuti germogliare nella mente di un devoto, una persona cosciente di Krishna come lui. Tali dubbi sono come demoni. Poiché Krishna è molto esperto a uccidere demoni, Arjuna si rivolge a Lui chiamandolo Madhusudana uccisore del demone Madhu, affinché Egli uccida tutti i dubbi demoniaci sorti nella sua mente.

Il termine prayana-kale in questo verso è molto significativo, perché tutto ciò che facciamo nel corso della vita sarà messo alla prova al momento della morte. Arjuna è molto ansioso di conoscere il comportamento di coloro che sono costantemente impegnati nella coscienza di Krishna. Quale sarà la loro posizione al momento conclusivo? All'istante della morte tutte le funzioni corporee sono sconvolte e la mente non si trova nella condizione appropriata. Così disturbati per le condizioni del corpo non è facile ricordare il Signore Supremo. Maharaja Kulasekhara, grande devoto prega: "Mio Signore, ora che la mia salute è buona è meglio che io muoia immediatamente, in modo che il cigno della mia mente possa trovare spazio tra gli steli." Questa analogia è usata qui perché il cigno, uccello d'acqua, prova piacere nel penetrare lo stelo dei fiori di loto. Maharaja Kulasekhara dice al Signore: "Ora la mia mente è indisturbata e sono in buona salute. Se muoio immediatamente pensando ai Tuoi piedi di loto sono sicuro che il compimento del mio servizio devozionale giungerà alla perfezione. Ma se devo aspettare la mia morte naturale, allora non so che cosa accadrà perché in quel momento le funzioni del corpo saranno sconvolte, mi sentirò soffocare e non so se potrò cantare il Tuo nome. Meglio per me morire immediatamente." Arjuna s'informa in che modo una persona può fissare la mente su Krishna in quel momento conclusivo.





VERSO 3

sri-bhagavan uvaca
aksaram brahma paramam
svabhavo 'dhyatmam ucyate
bhuta-bhavodbhava-karo
visargah karma-samjnitah

sri-bhagavan uvaca: Dio, la Persona Suprema, disse; aksaram: indistruttibile; brama: Brahman; paramam: trascendentale; svabhavah: natura eterna; adhyatmam: il sé; ucyate: è chiamato; bhuta-bhava-udbhava-karah: che produce i corpi materiali degli esseri viventi; visargah: creazione; karma: attività interessate; samjnitah: è chiamata.



TRADUZIONE

Dio, la Persona Suprema, disse:
L'essere vivente, indistruttibile e trascendentale, è chiamato Brahman, e la sua natura eterna è chiamata adhyatma, il sé. L'insieme delle azioni che determinano i corpi di cui l'essere si rivestirà è chiamato karma, ossia attività interessata.



SPIEGAZIONE

Il Brahman è indistruttibile, eternamente esistente e la sua costituzione non è mai soggetta a mutamento. Ma al di là del Braman c'è Parabrahman. Il Brahman si riferisce all'essere vivente, mentre il Parabrahman si riferisce a Dio, la Persona Suprema. La posizione costituzionale dell'essere vivente è differente dalla posizione che egli asume nel mondo materiale. Nella coscienza materiale la sua tendenza è quella di cercare di controllare la materia, mentre nella coscienza spirituale, la coscienza di Krishna, la sua posizione è quella di servire il Supremo. Quando si situa nella coscienza materiale l'essere deve rivestirsi di innumerevoli corpi in questo mondo. Ciò è chiamato karma, varietà di creazioni determinate dalla forza della coscienza materiale.

I Testi vedici chiamano l'essere individuale jivatma o Brahman, mai Parabrahman, che serve a indicare solo il Signore. L'essere vivente (jivatma) è definito anche come l'energia marginale del Signore perché può, a sua scelta immergersi nell'oscura natura materiale e identificarsi con la materia, oppure identificarsi con l'energia spirituale, superiore. Secondo la sua tendenza ad avvicinarsi all'una o all'altra energia, l'essere assume un corpo corrispondente, che è materiale o spirituale. Il posto che occupa in questo mondo non corrisponde alla sua vera e originale natura, che è quella di servire il Signore Supremo con una coscienza spirituale, in coscienza di Krishna. In questo universo l'essere individuale è spinto dalla sua coscienza materiale verso il desiderio di dominare la materia; di conseguenza deve subire la legge del karma e rinascere infinite volte tra le 8.400.000 specie viventi, ora come essere celeste, ora come uomo, ora come animale e così via, mentre nel mondo spirituale la sua forma è una sola. Compiendo sacrifici (yajna) l'uomo può raggiungere i pianeti superiori e godere di piaceri paradisiaci, ma appena esauriti i suoi meriti tornerà sulla Terra in un corpo umano. Questo processo è chiamato karma.

La Chandogya Upanisad descrive il metodo dei sacrifici vedici. Sull'altare del sacrificio, cinque offerte sono presentate in cinque fuochi sacrificali. I cinque fuochi rappresentano i pianeti celesti, le nuvole, la terra, l'uomo e la donna, e le cinque offerte sono la fede, colui che gode sul pianeta lunare, la pioggia, i cereali e lo sperma. Seguendo questo sentiero, l'essere vivente compie particolari sacrifici per raggiungere determinati pianeti celesti e di conseguenza li raggiunge. Ma quando il merito del sacrificio è esaurito, l'essere, l'anima, scende in una goccia di pioggia, poi è trasferito in un chicco di cereale; questo chicco, mangiato da un uomo, è trasformato in sperma, che feconderà una donna; in questo modo l'essere otterrà di nuovo un corpo umano per poter compiere dei sacrifici, e il ciclo ricomincia. Così, l'essere condizionato va e viene senza fine sul sentiero materiale. La persona cosciente di Krishna, invece, non offre sacrifici agli esseri celesti ma adotta direttamente la coscienza di Krishna, preparando così il suo ritorno al Signore.

I commentatori impersonalisti della Bhagavad-gita sostengono, senza alcuna ragione, che il Brahman Supremo prende la forma di un jiva quando scende nell'universo materiale e spiegano questa tesi col settimo verso del quindicesimo capitolo. Ma anche questo verso descrive gli esseri individuali come frammenti eterni del Signore. Infatti, gli esseri possono cadere nell'universo Supremo, chiamato anche Acyuta, "Infallibile", non cade mai. Gli argomenti dei commentatori impersonalisti sono dunque privi di qualsiasi fondamento. Non dimentichiamoci mai della distinzione che fanno le Scritture tra il Brahman (l'essere individuale) e il Parabrahman (il Signore Supremo).




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VERSO 4

adhibhutam ksaro bhavah
purusas cadhidaivatam
adhiyajno 'ham evatra
dehe deha-britam vara

adhibhutam: la manifestazione fisica; ksarah: cambiando costantemente; bhavah: natura; purusah: la forma universale, inclusi tutti gli esseri celesti come il sole e la luna; ca: e; adhidaivatam: detto adhidaiva; adhiyajnah: l'Anima Suprema; aham: Io (Krishna); eva: certamente; atra: in questo; dehe: corpo; deha-bhritam: dell'essere incarnato; vara: o migliore.



TRADUZIONE

O migliore tra gli esseri incarnati, la natura fisica che è in perenne mutamento, e definita adhibhuta [manifestazione materiale]. La forma universale del Signore, che include tutti gli esseri celesti, come il deva del sole e quello della luna, è definita adhidaiva e Io, il Signore Sovrano, che abito nel cuore di ogni essere come il deva del sole e quello della luna, è definita adhidaiva e Io, il Signore Sovrano, che abito nel cuore di ogni essere come Anima Suprema, sono definito adhiyajna [il Signore del sacrificio].



SPIEGAZIONE

La natura materiale, chiamata adhibhuta, è in costante mutamento; infatti i corpi materiali attraversano generalmente sei fasi: nascita, crescita, stabilizzazione, riproduzione, declino e morte. La natura materiale fu creata in un preciso momento e in un preciso momento sarà distrutta. Quanto alla forma concettuale del Signore Supremo, chiamata anche forma universale, che include tutti gli esseri celesti e i loro pianeti, è detta adhidaivata.
Presente in ogni corpo, accanto all'anima individuale, Si trova l'Anima Suprema o Paramatma, emanazione plenaria di Sri Krishna. L'Anima Suprema o Paramatma, è chiamata anche adhiyajna, il "Signore del sacrificio" ed è situata nel cuore. Questo Paramatma non è differente da Krishna stesso, come mette in rilievo questo verso con la parola eva. Il Paramatma è all'origine dei vari tipi di coscienza dell'anima individuale ed è anche testimone di ogni sua attività; dà all'anima individuale la possibilità di agire liberamente, poi diventa il testimone delle sue azioni.
Il puro devoto di Krishna, pienamente impegnato nel servizio d'amore al Signore, comprende subito le funzioni di queste diverse manifestazioni del Signore. Il neofita, invece, che non sa avvicinare il Signore Supremo nella Sua forma del Paramatma, potrà contemplarLo nella forma adhidaivata o virat-purusa, la Sua immensa forma universale, in cui i pianeti inferiori sono paragonati alle Sue gambe, il sole e la luna ai Suoi occhi e il sistema planetario superiore alla Sua testa.





VERSO 5

anta-kale ca mam eva
smaram muktva kalevaram
yah prayati sa mad-bhavam
yati nasty atra samsayah

anta-kale: alla fine della vita: ca; anche; mam: Me; eva: certamente; smaran: ricordando; muktva: lasciando; kalevaram: il corpo; yah: egli; mat-bhavam: la Mia natura; yati: ottiene; na: non; asti: vi è; samsayah: dubbio.



TRADUZIONE

Chiunque, alla fine della vita, lasci il corpo ricordando Me soltanto, raggiunge la Mia natura. Non vi è alcun dubbio.



SPIEGAZIONE

Questo verso insiste sull'importanza della coscienza di Krishna. Infatti, chiunque abbandoni il corpo in piena coscienza di Krishna raggiunge subito la dimora trascendentale del Signore Supremo. Il Signore Supremo è il più puro del più puro perciò l'uomo che è sempre cosciente di Krishna è anche lui il più puro. Di qui l'importanza del termine smaran "ricordarsi"; ma il ricordo di Krishna non potrà sorgere nella mente dell'anima impura che non ha praticato il servizio nella coscienza di Krishna. Si dovrebbe dunque praticare la coscienza di Krishna findall'inizio della vita. Se si vuole ottenere il successo alla fine della vita è essenziale ricordare Krishna cantando incessantemente il maha-mantra Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare. Sri Caitanya ha consigliato di essere tolleranti come un albero (taror iva sahisnuna). Possono essere molti gli impedimenti per una persona che sta cantando Hare Krishna, ma se tolleriamo questi impedimenti continuando a cantare Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare, alla fine della vita potremo godere del pieno beneficio della coscienza di Krishna.





VERSO 6

yam yam vapi smaran bhavam
tyajaty ante kalevaram
tam tam evaiti kaunteya
sada tad-bhava-bhavitah

yam yam: qualunque; va api: affattto; smaram: ricordando; bhavam: natura; tyajati: abbandona; ante: alla fine; kalevaram: questo corpo; tam tam: simile; eva: certamente; eti: riceve; kaunteya: o figlio di Kunti; sada: sempre; tat: quella; bhava: condizione dell'essere; bhavitah: ricordando.



TRADUZIONE

Qualunque condizione di esistenza si ricordi all'istante di lasciare il corpo, o figlio di Kunti, quella stessa condizione sarà senza dubbio raggiunta.



SPIEGAZIONE

Krishna spiega in questo verso come trasformare la nostra condizione al momento critico della morte. Una persona che alla fine della vita lascia il corpo pensando a Krishna raggiunge la natura trascendentale del Signore Supremo, ma non è vero che una persona che pensa a qualcosa che non è Krishna raggiunge lo stesso livello trascendentale. Com'è possibile dunque morire nella giusta condizione mentale? Maharaja Bharata, per esempio, benché fosse una grande personalità, morì pensando a un cervo e nella vita successiva fu trasferito in un corpo di cervo. Sebbene in quel corpo mantenne il ricordo della sua esistenza passata, dovette pur sempre accettare un corpo animale.

I nostri pensieri all'istante della morte sono determinati soprattutto dall'insieme delle azioni e dei pensieri accumulati durante tutta la nostra vita: perciò sono le azioni di questa vita a determinare la nostra condizione futura. Se nella vita presente siamo influenzati dalla virtù e pensiamo sempre a Krishna, ricordare Krishna al momento della morte diventa possibile. Ciò favorirà il nostro trasferimento nella natura trascendentale di Krishna. Se siamo spiritualmente assorti nel servizio di devozione a Krishna nel corso di questa vita, avremo un corpo più materiale ma spirituale quando lasceremo il nostro corpo presente. Il canto del maha-mantra - Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare -

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Rama Rama, Hare Hare - è dunque il miglior metodo per cambiare con successo lo stato della nostra esistenza al momento della morte.





VERSO 7

tasmat sarvesu kalesu
mam anusmara yudhya ca
mayy arpita-mano-buddhir
mam evaisyasy asam

tasmat: perciò; sarvesu: in ogni; kalesu: tempo; mam: Me; anusmara; continua a ricordare; yudhya: lotta; ca: anche; mayi: a Me; arpita: arrendendo; manah: mente; buddhih: intelletto; mam: a Me; eva: sicuramente; esyasi: verrai; asamsayah: al di là di ogni dubbio.



TRADUZIONE

Perciò, Arjuna, pensa sempre a Me nella mia forma di Krishna, pur continuando nel tuo dovere di combattere. Dedicando a Me le tue azioni e fissando in Me la tua mente e la tua intelligenza, senza dubbio verrai a Me.



SPIEGAZIONE

Krishna dà ad Arjuna un insegnamento molto importante per chiunque sia impegnato in attività materiali. Il Signore raccomanda di non abbandonare i doveri e le occupazioni abituali, ma di accompagnarli col ricordo costante di Krishna grazie al canto del maha-mantra Hare Krishna. Questo canto ci purificherà da ogni contaminazione materiale e ci terrà con la mente e l'intelligenza assorti in Krishna. Cantando i nomi di Krishna raggiungeremo senza dubbio il pianeta supremo, Krishnaloka.





VERSO 8

abhyasa-yoga-yuktena
cetasa nanya-gamina
paramam purusam divyam
yati parthanucintayan

abhyasa-yoga: con la pratica; yuktena; essendo impegnati nella meditazione; cetasa: con la mente e l'intelligenza; na anya-gamina: senza alcuna deviazione; paramam: la Suprema; purusam: Personalità di Dio; divyam: trascendentale; yati: si raggiunge; partha: o figlio di Pritha; anucintayan: pensando sempre a.



TRADUZIONE

Colui che medita su di Me, la Persona Suprema, con la mente costantemente assorta nel ricordo di Me, senza mai deviare, è sicuro di raggiungerMi, o Partha.



SPIEGAZIONE

Sri Krishna sottolinea ancora in questo verso quanto sia importante ricordarsi sempre di Lui. Il ricordo di Krishna si ravviva cantando il maha-mantra Hare Krishna. Il canto e ascolto della vibrazione sonora del nome del Signore Supremo occupano la mente, l'orecchio e la lingua, e rappresentano una meditazione facile da praticare, che ci aiuta a raggiungere il Signore Supremo.
Purusam significa "colui che gode". Sebbene gli esseri viventi appartengano all'energia marginale del Signore Supremo, ora sono contaminati dalla materia, e credono di poter godere di tutti i piaceri del mondo. Ma questo è l'errore, poiché non è l'essere vivente il beneficiario supremo. Appare chiaro da questo verso che il beneficiario supremo è Dio, la Persona Suprema che nelle Sue diverse manifestazioni ed emanazioni plenarie, come Narayana e Vasudeva, gode di tutto ciò che esiste.

Come la meditazione permette allo yogi di concentrarsi sull'Anima Suprema che abita nel cuore di ognuno, così il canto del mantra Hare Krishna permette al devoto di fissare sempre la mentre sull'oggetto della sua adorazione, sul Signore Supremo, in una delle Sue forme personali (Krishna, Rama, Narayana e innumerevoli altre). Questa pratica costante purifica il devoto e gli permette di accedere al regno di Dio al termine della vita. È necessario imporre alla mente il pensiero di Krishna perché per natura la mente è turbolenta e instabile. Come il bruco diventa farfalla in una sola vita a forza di meditare sulla metamorfosi che desidera compiere, così l'uomo, a forza di pensare a Krishna, è sicuro di ottenere alla fine gli stessi attributi fisici di Krishna.





VERSO 9

kavim puranam anusasitaram
anor aniyamsam anusmared yah
sarvasya dhataram acintya-rupam
aditya-varnam tamasah parastat

kavim: colui che conosce ogni cosa; puranam: il più anziano; anusasitram: che ha il supremo controllo; anoh: dell'atomo; aniyamsam: più piccolo; anusmaret: pensa sempre a; yah: la persona che; sarvasya: di tutto ciò che esiste; dhataram: il sostegno; acintya: inconcepibile; rupam: la cui forma; aditya-varnam: lucente come il sole; tamasah: all'oscurità; parastat: trascendentale.



TRADUZIONE

Si deve meditare sulla Persona Suprema come sull'Essere onnisciente, il più antico, Colui che controlla e mantiene tutto, che è più piccolo del più piccolo, che è inconcepibile e rimane quindi al di là di ogni comprensione materiale, pur restando sempre una persona. Luminoso come i sole, Egli trascende questa natura materiale.



SPIEGAZIONE

Questo verso insegna come pensare al Signore Supremo e dimostra, senza lasciare il minimo dubbio, che Egli non è una forza impersonale né un semplice "vuoto": Non si potrebbe meditare su qualcosa di così vago come una forza impersonale o un "vuoto"; sarebbe molto difficile. È facile invece concentrarsi su Krishna, se si pensa ai Suoi numerosi attributi, come quelli descritti in questo verso. Innanzitutto il Signore è purusa, una persona. Dobbiamo pensare a Krishna, o Rama, come a delle persone. Questo verso descrive Krishna come kavi, cioè perfettamente cosciente del passato, del presente e del futuro e dunque onnisciente; come l'Essere più antico, essendo l'origine di tutto perché tutto è nato da Lui; come Colui che controlla l'universo, il sostegno e la guida dell'umanità; come il più piccolo del più piccolo, se l'anima infinitesimale misura solo un decimillesimo della punta di un capello, il Signore è così inconcepibilmente piccolo da penetrare a Sua volta nel cuore di questa particella spirituale. Come Assoluto, Egli ha il potere di penetrare nell'atomo e nel cuore del più infinitamente piccolo per dirigerlo come Anima Suprema; di qui l'attributo di "più piccolo del più piccolo" che Gli conferisce questo verso.

Sebbene così minuscolo, Egli rimane onnipresente, il sostegno di tutto ciò che esiste, compresi i sistemi planetari. Ci chiediamo spesso come gli immensi pianeti possano fluttuare nello spazio, ma noi sappiamo da questo verso che è il Signore Supremo, con la Sua inconcepibile potenza, che sostiene tutti gli astri di tutte le galassie. Il termine acintya, "inconcepibile", è qui particolarmente significativo; infatti la potenza di Dio supera la nostra comprensione e immaginazione, perciò è inconcepibile, o acintya. Chi potrebbe contestare questo punto? Krishna è presente ovunque nel mondo materiale e Si trova simultaneamente al di là di esso. Noi non siamo neppure capaci di comprendere questo mondo, come cogliere dunque ciò che si trova al di là, nel mondo spirituale, infinitamente più vasto? Come percepire l'acintya, l'inconcepibile, che trascende la materia, che supera la logica e la speculazione umana? Perciò l'uomo intelligente abbandonerà le discussioni inutili e le ipotesi vane e si affiderà alle Scritture come i Veda, la Bhagavad-gita e lo Srimad Bhagavatam, per studiarle e applicarne i princìpi. Questa è la chiave della comprensione.





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VERSO 10

prayana-kale manasacalena
bhaktya yukto yoga-balena caiva
bhruvor madhye pranam avesya samyak
sa tam param purusam upaiti divyam

prayana-kale: al momento della morte; manasa: con la mente; acalena: senza alcuna deviazione; bhaktya: in piena devozione; yuktah: impegnato; yoga-balena: col potere dello yoga mistico; ca: anche; eva: certamente; bruvoh: le due sopracciglia; madhye: tra; pranam: l'aria vitale; avesya: stabilendo; samyak: completamente; sah: egli; tam: quello; param: trascendentale; purusam: Dio, la Persona Suprema; upaiti: raggiunge; divyam: nella dimora spirituale.

TRADUZIONE

Colui che all’istante della morte fissa l’aria vitale tra le sopracciglia e in virtù dello yoga s’immerge nel ricordo del Signore Supremo con mente che non devia e con la più profonda devozione, tornerà certamente a Lui.



SPIEGAZIONE

Questo verso indica senza alcun dubbio che all’istante della morte si deve fissare con devozione la mente sul Signore Supremo. Agli yogi esperti si raccomanda di elevare il soffio vitale tra le sopracciglia (ajna-cakra) e praticare il sat-cakra-yoga, che consiste nella meditazione sui sei cakra. Ma il puro devoto, che non si dedica a questa pratica, dovrebbe sempre fissare la mente in Krishna, in modo che al momento della morte possa ricordarsi di Lui, per la Sua grazia. Questo sarà spiegato nel verso quattordici.
Le parole yoga-balena, in questo verso, sono significative; indicano infatti anche senza aver praticato lo yoga in una delle sue forme, e in particolare il bhakti-yoga, non ci si può aspettare, al momento della morte, di ricordare il Signore Supremo e raggiungere il piano spirituale.
È essenziale perciò esercitarsi alla vita spirituale durante tutta l’esistenza con la pratica dello yoga, perché la mente dell’uomo che sta per morire è molto agitata.


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CAPITOLO 9





La conoscenza più confidenziale





VERSO 1

sri-bhagavan uvaca
idam tu te guhyatamam
pravaksyamy anasuyave
jnanam vijnana-sahitam
yaj jnatva moksyase 'subhat

sri-bhagavan uvaca: Dio, la Persona Suprema, disse; idam: questo; tu: ma; te: a te; guhya-taman: la più confidenziale; pravaksyami: ti parlerò; anasuyave: al non invidioso; jnanam: conoscenza; vijnana: conoscenza realizzata; sahitam: con; yat: la quale; jnatva: conoscendo; moksyase: sarai liberato; asubhat: da questa esistenza materiale miserabile.



TRADUZIONE

Dio, la persona Suprema, disse:
Mio caro Arjuna, poiché non sei invidioso di Me, ti rivelerò la conoscenza più confidenziale e la sua realizzazione, grazie alla quale sarai liberato dalle sofferenze dell'esistenza materiale.



SPIEGAZIONE

Quanto più il devoto ascolta le glorie del Signore Supremo, come consiglia lo Srimad Bhagavatam, tanto più la sua visione spirituale s'illumina: "I racconti che riguardano Dio, la Persona Suprema, sono pieni di potenza, si può capire solo se si discorre delle Sue glorie in compagnia dei devoti. Né gli speculatori mentali né gli accademici eruditi possono accedervi, perché si tratta di conoscenza che dev'essere realizzata."
Il devoto è sempre impegnato nel servizio di devozione al Signore Supremo. Sri Krishna, che conosce la sincerità del Suo devoto, la persona che ha adottato la coscienza di Krishna, gli dà l'intelligenza con cui potrà, in compagnia di altri devoti, comprendere la scienza di Krishna. Il fatto stesso di parlare di Krishna è così potente da assicurare il progresso sulla via della realizzazione spirituale a tutti coloro che hanno la fortuna di partecipare a questi discorsi tra devoti e si sforzano di assimilare il contenuto. Così per incoraggiare Arjuna a elevarsi sempre più nel Suo potente servizio, Krishna gli rivela, nel nono capitolo, una parte della conoscenza più segreta, la più "confidenziale" che abbia mai rivelato.

Il primo capitolo della Bhagavad-gita rappresenta più o meno un'introduzione; il secondo e il terzo capitolo, che svelano una parte del sapere spirituale, sono detti "confidenziali", e il settimo e l'ottavo, che trattano più precisamente del servizio di devozione e approfondiscono la nostra comprensione della coscienza di Krishna, "più confidenziali" ancora. Ma questo capitolo, che descrive la devozione pura, è detto "il più confidenziale", il più segreto. Chi possiede questa conoscenza di Krishna, la più segreta, è situato al livello trascendentale, e pur vivendo ancora nel mondo materiale non è più soggetto alla sofferenza. Il Bhakti-rasamrita-sindhu afferma che una persona animata dal desiderio sincero di servire il Signore con amore dev'essere considerata già liberata, anche se è ancora condizionata dalla materia. La Bhagavad-gita lo conferma nel decimo capitolo, dichiarando che chiunque s'impegni nel servizio d'amore al Signore è una persona liberata.

Nel settimo capitolo abbiamo parlato di Dio, la Persona Suprema, della Sua gloriosa potenza, delle Sue diverse energie, della natura inferiore e superiore, e anche dell'intera manifestazione materiale. Ora il nono e il decimo capitolo ci descriveranno le glorie del Signore.
Si deve dare un'importanza particolare al primo verso di questo capitolo. Questa conoscenza (idam jnanam) si riferisce al puro servizio di devozione, che consiste in nove attività: Ascoltare ciò che riguarda il Signore, glorificarLo, ricordarLo, servirLo, adorarLo, rivolgerGli delle preghiere, obbedirGli, legarsi in amicizia con Lui e abbandonarGli tutto. Queste nove attività devozionali ci elevano fino alla coscienza spirituale, la coscienza di Krishna. Solo quando il cuore è purificato da ogni contaminazione materiale, si può capire la scienza di Krishna. Non basta capire che l'essere non è materiale (questo corrisponde all'inizio della realizzazione spirituale), occorre anche saper distinguere le attività del corpo dalle attività spirituali, quelle che ci permettono di capire che non siamo questo corpo.

Soffermiamoci, in questo verso, sulla parola sanscrita anasuyave, "al non invidioso". Di solito i commentatori della Bhagavad-gita, anche i più "eruditi", sono invidiosi di Krishna, Dio, la Persona Suprema, e commentano questo Testo in modo del tutto errato, perciò le loro osservazioni sono inutili. Soltanto i commenti dei devoti del Signore sono autorizzati. Nessuno, se è invidioso, può spiegare la Bhagavad-gita o trasmettere perfettamente la conoscenza di Krishna; d'altra parte, chi critica Krishna senza neanche conoscerLo non può essere che uno sciocco. Si deve perciò evitare accuratamente di leggere tali commenti. Chiunque riconosca che Krishna è Dio, la Persona Suprema, pura e trascendentale, potrà trarre pieno beneficio dalla lettura di questi capitoli.





VERSO 2

raja-vidya raja-guhyam
pavitram idam uttamam
pratyaksavagamam dharmyam
su-sukham kartum avyayam

raja-vidya: il re dell'educazione; raja-guhyam: il re della conoscenza confidenziale; pavitram: il più puro; idam: questo; uttamam: trascendentale; pratyaksa: per esperienza diretta; avagaman: compreso; dharmyam: il principio della religione; su-sukham: molto gioioso; kartum: da eseguire; avyayam: eterno.



TRADUZIONE


Questo sapere è il re di tutte le scienze, il più segreto dei segreti. È la conoscenza più pura, e poiché permette di realizzare con percezione diretta la propria vera identità, è la perfezione della religione. Tale conoscenza è eterna e si applica con gioia.



SPIEGAZIONE

Il sapere contenuto in questo capitolo della Bhagavad-gita è detto "il re di tutte le scienze", perché è l'essenza di tutte le dottrine e le filosofie analizzate precedentemente. L'India ci ha dato sette filosofi principali: Gautama, Kanada, Kapila, Yajnavalkya, Sandilya, Vaisvanara e infine Vyasadeva, l'autore del Vedanta-sutra. Questi maestri non hanno lasciato lacune in nessun settore della filosofia o della scienza spirituale. Ora il Signore dice che questo capitolo è il re di tutte queste conoscenze ed è l'essenza di tutto il sapere acquisito con lo studio dei Veda e delle varie filosofie. È il più segreto, il più "confidenziale", perché la conoscenza spirituale, segreta in se stessa, implica che si sappia distinguere l'anima dal corpo. Questa conoscenza, quando culmina nel servizio di devozione, diventa la regina fra tutte le conoscenze.


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Istruita esclusivamente nella conoscenza materiale (politica, sociologia, fisica, chimica, matematica, astronomia, tecnologia e così via), la maggior parte degli uomini non ha sviluppato questa conoscenza "confidenziale". Fra tante istituzioni scolastiche, tante università disseminate nel mondo, neppure una, purtroppo, insegna la scienza dell'anima. Eppure l'anima è l'elemento più importante del corpo; senza la presenza dell'anima il corpo perde ogni valore. Ma l'uomo persiste nel dare importanza ai bisogni del corpo, senza curarsi affatto dell'anima che dà vita al corpo.
La Bhagavad-gita sottolinea, specialmente dal secondo capitolo in poi, l'importanza dell'anima. Fin dall'inizio, il Signore insegna che il corpo è mortale, mentre l'anima no (antavanta ime deha nityasyoktah saririnah). Questa conoscenza che permette di distinguere l'anima dal corpo e di conoscerne la natura immutabile, indistruttibile ed eterna, sebbene sia già "confidenziale", non dà ancora nessuna informazione effettiva sull'anima. Alcuni credono che alla dissoluzione del corpo, cioè al momento della liberazione dalla materia, l'anima, distinta dal corpo, diventi impersonale e si fonda in un "vuoto". Questa ipotesi è priva di fondamento: com'è possibile che l'anima, così attiva nel corpo, smetta di agire una volta liberata dal corpo stesso? L'anima è sempre attiva. Se è eterna, essa è eternamente attiva e la conoscenza delle sue attività eterne, nel mondo spirituale, è descritta qui come la parte più "confidenziale" della conoscenza spirituale, il re del sapere.

Le Scritture vediche definiscono questa conoscenza come la più pura di tutte le attività. Il Padma Purana quando analizza gli atti colpevoli dell'uomo, mostra che sono la conseguenza di una catena interminabile di peccati. Infatti, coloro che agiscono per godere dei frutti delle loro attività si trovano presi in un vortice di conseguenze, di varie forme e gradi. Per esempio, quando si pianta un seme l'albero non appare subito, non cresce tutto d'un colpo, poiché la maturazione richiede un certo tempo. Dapprima spunta un germoglio, che si trasforma in arbusto, poi in albero; quindi vengono i fiori, solo più tardi i frutti, che potranno essere gustati da chi ha piantato il seme quando l'albero avrà raggiunto il suo pieno rigoglio. Nello stesso modo, gli atti colpevoli compiuti dall'uomo fruttificano solo dopo un certo periodo di tempo. Si distinguono dunque diversi gradi di fruttificazione; per esempio, l'atto colpevole può essere già terminato in una persona, mentre quest'ultima continua a gustarne i frutti. Ci sono poi peccati che attendono allo stato di seme, e quelli che hanno già fruttificato e stanno dando i loro frutti, di sofferenza e di dolore. Come spiega il verso ventotto del settimo capitolo, chi ha messo un termine definitivo alle conseguenze delle sue attività peccaminose e si dedica pienamente ad attività virtuose, libero dalle dualità di questo mondo, può impegnarsi attivamente nel servizio di devozione. a Dio la Persona Suprema, Sri Krishna. In altre parole, chiunque serva con devozione il Signore Supremo è già liberato da tutte le conseguenze delle sue azioni; tutte le reazioni dei suoi peccati, mature, latenti o ancora allo stato di seme, scompaiono gradualmente. Questa affermazione è confermata nel Padma Purana:

aprarabda-phalam papam
kutam bijam phalonmukham
kramenaiva praliyeta
visnu-bhakti-ratatmanam

Tale è la potenza purificatrice del servizio di devozione, che è detto perciò pavitram uttamam, "il più puro". Il termine uttama significa "al di là della materia": tamas designa questo mondo di tenebre, e uttama ciò che trascende l'azione materiale. Le attività devozionali non devono mai essere considerate materiali, anche se talvolta sembra che il devoto agisca sullo stesso piano dell'uomo comune. Chi possiede una chiara visione e una conoscenza profonda del servizio di devozione sa che queste attività non sono materiali; sono completamente spirituali e devozionali e non contaminate dalle tre influenze della natura materiale.

La pratica del servizio di devozione è così sublime che i suoi effetti si possono percepire direttamente. L'esperienza ci mostra che chiunque canti o reciti senza offese i santi nomi di Krishna (Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare), prova, in breve tempo, una gioia trascendentale incomparabile e si purifica rapidamente da tutta la contaminazione materiale. Questo si realizza praticamente. Se poi, oltre ad ascoltare le glorie del Signore e cantare e Suoi santi nomi, c'impegniamo anche a diffondere il servizio devozionale contribuendo alle attività missionarie della coscienza di Krishna, ci accorgiamo di avanzare gradualmente sulla via spirituale. Questo progresso non dipenderà affatto dalla nostra educazione, né dalle nostre precedenti qualificazioni; la via devozionale è così pura che impegnandosi in essa, fin dall'inizio si ottiene la purificazione.

Il Vedanta-sutra (3.2.26) lo conferma, prakasas ca karmany abhyasat: "Il servizio di devozione è così potente che chiunque vi s'impegni viene senza dubbio illuminato." L'esempio di Narada Muni lo dimostra: di umile nascita, figlio di una servitrice, egli non aveva ricevuto alcuna educazione, ma poiché sua madre era al servizio di grandi devoti del Signore, Narada l'aiutava e aveva l'occasione di sostituirla ogni volta che sua madre doveva assentarsi. Lo Srimad Bhagavatam riporta le sue parole:

ucchista-lepan anumodito dvijaih
sakrit sma bhunjc tad-apasta-kilbisah
evam pravrittasya visuddha-cetasas
tad-dharma evatma-rucih prajayate

Una volta soltanto, col loro permesso, mangiai i resti del loro pasto, e subito tutti i miei peccati furono cancellati. Così impegnato al loro servizio, il mio cuore si purificò e la loro natura di spiritualisti cominciò ad affascinarmi." (S.B. 1.5.25)

In questo verso Narada racconta al suo discepolo Vyasadeva che in una vita passata, quand'era bambino, aveva servito dei puri devoti del Signore durante i quattro mesi del loro soggiorno nel luogo dove abitava, ed ebbe con loro uno stretto legame. A volte i saggi lasciavano un po' di cibo nel piatto, e il bambino, che doveva pulire quei piatti, desiderò assaggiare i loro avanzi. Perciò un giorno chiese a questi grandi devoti il permesso di farlo, ed essi glielo accordarono. Questi alimenti santificati liberarono Narada dalle conseguenze di tutti i suoi atti colpevoli, e man mano che egli mangiava, il suo cuore diventava puro come quello dei saggi. Questi grandi devoti gustavano l'estasi di servire sempre il Signore con amore ascoltando e cantando le Sue glorie, e Narada, a contatto con loro, sviluppò lo stesso gusto per l'ascolto e il canto e delle glorie del Signore.

tatranvaham krishna-kathah pragayatam
anugrahenasrinavam manoharah
tah sraddhaya me' 'nupadam visrinvatah
priyasravasy anga mamabhavad rucih

Così, in compagnia dei grandi saggi, crebbe in lui il desiderio ardente di adottare il servizio di devozione. Questo verso del Vedanta-sutra afferma dunque: prakasas ca karmany abhyasat, tutto si rivela subito a colui che s'impegna nel servizio di devozione. Questa è la percezione diretta, espressa dal termine pratyaksa.
Narada era solo il figlio di una domestica, non aveva avuto la possibilità di frequentare una scuola, e si accontentava di aiutare la madre nel suo lavoro. Per fortuna sua madre si era messa al servizio di grandi devoti del Signore, così anche lui ebbe l'occasione di servirli quand'era bambino. Solo per questo contatto con i devoti, Narada raggiunse il fine ultimo di tutte le religioni, il servizio di devozione. Lo Srimad Bhagavatam afferma che la gente che pratica la religione per lo più ignora che la perfezione di tutte le religioni consiste nel raggiungere il servizio di devozione, sa vai pumsam paro dharmo yato bhaktir adhoksaje. Com'è già stato spiegato in relazione all'ultimo verso dell'ottavo capitolo (vedesu yajnesu tapahsu caiva), di solito occorre sviluppare la conoscenza vedica per comprendere il sentiero della realizzazione spirituale, ma Narada raccolse i più alti benefici dello studio dei Veda senza essere stato istruito sui principi vedici. Il servizio devozionale è così potente che permette di raggiungere la più alta perfezione della religione senza eseguirne scrupolosamente i riti. Com'è possibile? I Veda ce lo spiegano: acaryavan puruso veda, chi entra in contatto con i grandi acarya può acquisire tutta la conoscenza necessaria alla realizzazione spirituale anche se non ha ricevuto alcuna educazione, né ha studiato i Veda.

Il servizio di devozione è un'attività gioiosa (su-sukham) perché consiste soprattutto nell'ascoltare e nel cantare le glorie del Signore (sravanam kirtanam visnoh). Si può ascoltare il canto delle glorie del Signore o assistere ai discorsi filosofici sulla conoscenza spirituale tenuti dai puri acarya; così, semplicemente sedendosi e ascoltando, si può imparare. Si possono anche gustare i resti dei deliziosi cibi offerti al Signore. Questo metodo è gioioso sotto tutti gli aspetti, e accessibile anche al più povero degli uomini. Il Signore dice: patram puspam phalam toyam, accetterà dal Suo devoto anche l'offerta più modesta, persino una foglia, un fiore, un frutto, un po' d'acqua, cose che sono disponibili ovunque e che qualsiasi persona può offrire, indipendentemente dalla sua posizione sociale. E l'offerta sarà accettata dal Signore se è fatta con amore e devozione. La storia ne offre numerosi esempi, tra cui quello di Sanat-kumara, che divenne un grande devoto del Signore per aver gustato le foglie di tulasi offerte ai Suoi piedi di loto. Perciò il servizio di devozione è meraviglioso e si compie con gioia. Dio accetta solo l'amore con cui le cose Gli sono offerte.

Questo verso aggiunse che il servizio di devozione è eterno, contrariamente a ciò che sostengono filosofi mayavadi. Talvolta anch'essi praticano quello che loro chiamano servizio di devozione, ma solo finché hanno raggiunto la liberazione; poi lo rifiutano dicendo: "Ora sono uno con Dio." Ma una devozione e un servizio così temporaneo e interessato non può essere definito puro servizio di devozione. il vero servizio devozionale continua anche dopo la liberazione. Quando il devoto raggiunge il mondo spirituale, il regno di Dio, continua a servire il Signore Supremo, senza mai cercare d'identificarsi con Lui.
In realtà, come vedremo nella Bhagavad-gita, il vero servizio devozionale comincia dopo la liberazione (samah sarvesu bhutesu mad-bhutesu mad-bhaktim labhate param), quando si raggiunge il livello del

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Brahman (il brahmabhuta). Il bhakti-yoga permette di capire Dio, la Persona Suprema. Se non si giunge al piano del bhakti-yoga (il servizio devozionale), la pratica del karma-yoga, del jnana-yoga, dell'astanga-yoga o di qualsiasi altro yoga, non sarà sufficiente a farci capire Dio, la Persona Suprema. Anche lo Srimad Bhagavatam conferma che si può capire la scienza di Krishna, la scienza di Dio, solo dopo essersi purificati con la pratica del servizio di devozione, specialmente dopo aver ascoltato lo Srimad-Bhagavtam e la Bhagavad-gita da anime realizzate: evam prasanna-manaso bhagavad-bhakti-yogatah. (S.B.1.2.20) Quando il cuore si è purificato da ogni contaminazione, allora si può capire chi è Dio. Perciò il servizio di devozione, la coscienza di Krishna è il re fra tutte le scienze, il re del sapere segreto o "confidenziale". È la forma più pura della religione e si compie gioiosamente, senza fatica. Perciò tutti dovrebbero adottarlo.





VERSO 3

asraddadhanah purusa
dharmasyasya parantapa
aprapya mam nivartante
mrityu-samsara-vartmani

asraddadhanah: coloro che sono privi di fede; purusah: tali persone; dharmasya: verso il metodo della religione; asya: questo; parantapa: o uccisore dei nemici; aprapya: senza ottenere; mam: Me; nivartante: tornano indietro; mrityu: della morte; samsara: nell'esistenza materiale; vartmani: sul sentiero.



TRADUZIONE

Coloro che non hanno fede nel servizio devozionale non possono raggiungerMi, o conquistatore dei nemici, ma tornano a nascere e a morire in questo mondo materiale.



SPIEGAZIONE

Il significato di questo verso è che non si può compiere il servizio di devozione senza avere fede. E questa fede si sviluppa a contatto con i devoti del Signore. Purtroppo esistono persone così sfortunate che anche dopo aver ascoltato dai saggi l'insegnamento delle Scritture vediche, non sviluppano alcuna fede in Dio, ma rimangono esitanti e incapaci di situarsi fermamente nel servizio di devozione al Signore. La fede è dunque l'eleento più importante per progredire nella coscienza di Krishna. La Caitanya-caritamrita afferma che si dev'essere pienamente convinti che il servizio al Signore Supremo, Sri Krishna, è sufficiente a farci raggiungere la perfezione più alta. Questa è la vera fede. A questo proposito, lo Srimad Bhagavatam (4.31.14) insegna:

yatha taror mula-nisecanena
tripyanti tat-skandha-bhujopasakhah
pranopaharac ca yathendriyanam
tathaiva sarvarhanam acyutejya

"Impegnandoci nel servizio di devozione al Signore Supremo possiamo soddisfare anche tutti gli esseri celesti e gli altri esseri, così come annaffiando la radice di un albero si nutrono anche i suoi rami e le foglie, o fornendo il cibo allo stomaco si possono soddisfare tutte le parti del corpo."

Dopo aver letto la Bhagavad-gita si deve realizzarne subito l'insegnamento finale e, abbandonando ogni altra attività, adottare il servizio d'amore al Signore Supremo, Sri Krishna, la Persona Divina. Avere la fede significa essere convinti della verità di questa filosofia; e la coscienza di Krishna è lo sviluppo di questa fede.
Esistono tre categorie di persone coscienti di Krishna: gli ultimi, i devoti di terza classe, sono quelli che non hanno fede. Tra loro, quelli che sono "ufficialmente" impegnati nel servizio di devozione ma perseguono qualche scopo materiale, non possono raggiungere la perfezione più alta. È quasi sicuro che devieranno prima o poi da questa via. Sebbene servano il Signore, la loro mancanza di fede e di convinzione rende molto instabile la loro permanenza nella coscienza di Krishna. Noi stessi ne abbiamo esperienza quando, nelle nostre attività missionarie, incontriamo tante persone che adottano la coscienza di Krishna con motivi nascosti e poi l'abbandonano per tornare alle loro vecchie abitudini non appena la loro situazione finanziaria migliora. Soltanto la fede, dunque permette di progredire nella coscienza di Krishna. Invece, il devoto di prima classe è colui che ha sviluppato una fede incrollabile e possiede una vasta conoscenza dei Testi che insegnano il servizio di devozione. Infine, il devoto di seconda classe non ha una comprensione molto profonda delle Scritture, ma è fermamente convinto che il servizio al Signore, la krishna-bhakti, sia la via migliore, e la sceglie senza esitare. Egli è dunque superiore al devoto di terza classe, che non ha né una conoscenza perfetta delle Scritture, né una fede molto ferma, ma che cerca, in tutta semplicità, di seguire questa via lasciandosi guidare dagli altri devoti.

Il devoto di terza classe, che è ai primi gradini della coscienza di Krishna, rischia di allontanarsi da questo sentiero, cosa che non succede ai devoti di seconda e prima classe. In particolare, il devoto di prima classe è sicuro di progredire fino alla meta finale, mentre quello di terza classe, anche se ha fede nel valore del servizio di devozione offerto al Signore, non ha conoscenza di Krishna, così come essa ci viene trasmessa dalle Scritture, tra cui lo Srimad Bhagavatam e la Bhagavad-gita. Può sentirsi attratto verso il karma-yoga e il jnana-yoga, e talvolta la sua fermezza è scossa; ma se riesce a purificarsi da queste "infezioni" può elevarsi al secondo o al primo grado della devozione al Signore, nella coscienza di Krishna. Anche lo Srimad Bhagavatam descrive tre livelli di fede in Krishna e, nell'undicesimo Canto, tre livelli di attaccamento.
Colui che dopo aver sentito parlare di Krishna e della perfezione del servizio devozionale, non sviluppa alcuna fede e si accontenta di credere che si tratti di semplici elogi trova difficile il sentiero della devozione, anche se vi è impegnato, naturalmente in modo superficiale. Ci sono poche speranze per lui di raggiungere la perfezione. La fede, dunque, è molto importante nel compimento del servizio di devozione.





VERSO 4

maya tatam idam sarvam
jagad avyakta murtina
mat-sthani sarva-bhutani
na caham tesu avasthitah

maya: da Me; tatam: pervaso; idam: questa; sarvam: tutta; jagat: manifestazione cosmica; avyakta-murtina: con la forma non manifestata; mat-sthani: in Me; sarva-bhutani: tutti gli esseri viventi; na: non; ca: anche; aham: Io; tesu: in loro; avasthitah: situato.



TRADUZIONE

Questo intero universo è pervaso da Me, nella Mia forma non manifestata. Tutti gli esseri sono in Me, ma Io non sono in loro.



SPIEGAZIONE

Nel Bhakti-rasamrita-sindhu (1.2.234) si afferma:

atah sri-ksna-namadi
na bhaved grahyam indriyaih
sevonmukhe hi jihvadau
svayam eva spuraty adah

I sensi materiali, grossolani per natura, non possono percepire Dio, la Persona Suprema, né comprende il Suo nome, i Suoi divertimenti e la Sua gloria. Il Signore Si rivela solo a chi Lo serve con devozione pura, sotto la guida di un acarya. Nella Brahma-samhita (5.38) è detto: premanjana-cchurita bhakti-vilocanena santah sadaiva hridayesu vilokayanti, solo chi ha sviluppato per Lui un sentimento d'amore trascendentale può vedere Dio, la Persona Suprema, Govinda, all'interno e all'esterno di se stesso. Agli uomini comuni Dio rimane invisibile. Nonostante la Sua onnipresenza, resta inconcepibile ai sensi materiali, come dice il nostro verso, col termine avyakta

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-murtina. Ma anche se noi possiamo vederLo, la verità è che tutto riposa in Lui. Infatti, il settimo capitolo spiegava come l'intera manifestazione cosmica non sia altro che la combinazione delle Sue energie, superiore (o spirituale) e inferiore (o materiale). L'energia di Dio si estende a tutta la creazione, come lo splendore del sole illumina l'universo intero, e tutto riposa su questa energia.

Non si dovrebbe concludere, tuttavia, che diffondendoSi nella creazione intera, il Signore perda la Sua esistenza personale. Per confutare tale argomento Krishna stesso dice che Egli è ovunque, che tutto è in Lui, ma che Egli rimane al di là di tutto. Prendiamo l'esempio di un capo di stato: il governo da lui diretto è in realtà solo la manifestazione della sua potenza, i ministri rappresentano le sue differenti energie e ogni ministro dipende dal suo potere. Ma non si può evidentemente sperare di vedere il capo di Stato presente in persona in ognuno dei dipartimenti della sua amministrazione. Così, tutto ciò che vediamo, tutto ciò che esiste nel mondo materiale e spirituale riposa sull'energia di Dio, la Persona Suprema. La creazione avviene mediante la diffusione delle Sue diverse energie e, come spiega la Bhagavad-gita, Egli è presente ovunque attraverso questa diffusione stessa, che rappresenta dunque la Sua Persona (vistabhyaham idam kritsnam).





VERSO 5

na ca mat-sthani bhutani
pasya me yogam aisvaram
bhuta-bhrin na ca bhuta-stho
mamatma bhuta-bhavanah

na: mai; ca: anche; mat-sthani: situato in Me; bhutani: ogni creazione; pasya: guarda; me: Mio; yogam aisvaram: inconcepibile potere mistico; bhuta-bhrit: il sostegno di tutti gli esseri viventi; na: mai; ca: anche; bhuta-sthah: nella manifestazione cosmica; mama: Mio; atma: Sè; bhuta-bhavanah: la fonte di tutte le manifestazioni.



TRADUZIONE

Tuttavia niente di ciò chè creato è in Me. Guarda la Mia potenza mistica! Sono il sostegno di tutti gli esseri viventi, sono presente in ogni luogo, eppure non sono parte di questa manifestazione cosmica in quanto Io stesso sono la fonte della creazione.



SPIEGAZIONE

Quando il Signore dice che tutto riposa in Lui (mat-sthani sarva-bhutani) bisogna capire bene il significato delle Sue parole. Egli non Si occupa direttamente di sostenere e preservare gli universi materiali. Tutti conoscono l'immagine di Atlante, sfinito dalla stanchezza, che sorregge sulle spalle l'immenso globo terrestre. Il Signore non ha nulla di simile a un Atlante che sosterrebbe così l'universo materiale. Lui stesso lo afferma: sebbene tutto riposi in Me, Io sono al di là della Mia creazione. I sistemi planetari fluttuano nello spazio, che è l'energia del Signore, ma la Sua Persona è differente dallo spazio, ed è situata al di là di esso. Perciò Egli dichiara che sebbene tutto riposi sulla Sua energia inconcepibile, Lui, Dio, la Persona Suprema, è al di là di tutto. Questa è la grandezza inconcepibile del Signore.

Il dizionario vedico Nirukti c'insegna, yujyate 'nena durghatesu karyesu: "Il Signore Supremo, manifestando la Sua potenza, compie divertimenti che sono inconcepibilmente meravigliosi." La Sua Persona contiene innumerevoli e potenti energie, e la Sua volontà è in sé realtà concreta. È in questo modo che bisogna comprendere Dio, la Persona Suprema. Nel compimento dei suoi desideri, l'uomo incontra mille ostacoli, e a volte gli è perfino impossibile agire come vorrebbe. Ma Krishna, solo grazie alla Sua volontà, può compiere ogni cosa, e con una perfezione tale che non si possono neppure immaginare i meccanismi dei Suoi atti. Il Signore stesso descrive questo fenomeno affermando che nonostante Egli preservi e sostenga l'intero universo materiale, non entra mai a contatto diretto con esso. La Sua volontà suprema è sufficiente a creare, sostenere, mantenere e distruggere ogni cosa. Poiché Egli è assoluto e spirituale, non c'è differenza tra Lui stesso e la Sua mente (al contrario di quanto succede per l'essere condizionato, che è differente dalla mente materiale che possiede). Ma un profano non potrà certamente capire che il Signore possiede una forma personale, distinta da tutto, pur essendo presente allo stesso tempo in ogni cosa. Il fatto che Dio, la Persona Suprema, esista fuori di ogni manifestazione materiale quando tutto riposa in Lui è la dimostrazione che Egli ha poteri soprannaturali, che sono descritti qui come yogam aisvaram.





VERSO 6

yathakasa-sthito nityam
vayuh sarvatra-go mahan
tatha sarvani bhutani
mat-sthanity upadharaya

yatha: proprio come; akasa-stitah: situato nel cielo; nityam: sempre; vayuh: il vento; sarvatra-gah: che soffia in ogni luogo; mahan: grande; tatha: similmente; sarvani bhutani: tutti gli esseri creati; mat-sthani: situati in Me; iti: così; upadharaya: cerca di capire.



TRADUZIONE

Come il vento possente che soffia in ogni direzione rimane sempre nello spazio etereo, sappi che tutti gli esseri creati rimangono in Me.



SPIEGAZIONE

All'uomo comune è praticamente impossibile concepire l'enorme creazione materiale riposi sul Signore. Ma per aiutarci a capire, Krishna ci dà quest'esempio. Lo spazio, in cui è situata la creazione cosmica, è la manifestazione più gigantesca che possiamo concepire. In quello spazio, il vento, ossia l'aria, è la più grande manifestazione del mondo cosmico. Il movimento dell'aria influenza il movimento di ogni cosa. Ma, sebbene sia grande, il vento è situato all'interno del cielo, non al di là di esso. Similmente, le meravigliose manifestazioni cosmiche esistono per volontà suprema del Signore, e tutte sono subordinate a questa volontà suprema. Non un filo d'erba si muove senza la volontà del Signore, si dice comunemente. Per Sua volontà tutto si muove, tutto è creato, mantenuto e distrutto; seppure il Signore è al di là di tutta la Sua creazione, ne rimane indipendente, come lo spazio resta indipendente dai movimenti del vento. Nelle Upanisad è detto, yad-bhisa vatah pavate: È per timore del Signore Supremo che il vento soffia." (Taittiriya Upanisad 2.8.1) La Brihad-aranyaka Upanisad (3.8.9) aggiunge, etasya va aksarasya prasante gargi surya-candramasau vidhritau tisthata etasya va aksarasya prasasane gargi dyav-aprithivyau vidhritau ti tistatah: "La luna, il sole e gli altri pianeti si muovono sotto la direzione suprema di Dio, in risposta al Suo ordine." Anche la Brahma-samhita (5.52), che descrive il movimento del sole, lo conferma:

yac-caksur esa savita sakala-grahanam
raja samasta-sura-murtir asesa-tejah
yasyajnaya bhramati sambhrita-kala-cakro
govindam adi-purusam tam aham bhajami

Il sole, che è considerato l'occhio del Signore, ha il potere di diffondere in quantità enorme calore e luce, ma è per ordine di Govinda, secondo la Sua volontà suprema, che percorre la sua orbita.

Così le Scritture vediche sostengono che la creazione materiale, che ai nostri occhi appare grande e meravigliosa, è sotto il completo controllo di Dio, la Persona Suprema. I versi amplieranno questo concetto.





VERSO 7

sarva-bhutani kaunteya
prakritim yanti mamikan
kalpa-ksaye punas tani
kalpadau visrijamy aham

sarva-bhutani: tutti gli esseri creati; kaunteya: o figlio di Kunti; prakritim: natura; yanti: entrano; mamikam: Mia; kalpa-ksaye: alla fine dell'era; punah: di nuovo; tani: tutti coloro; kalpa-adau: all'inizio dell'era; visrijami: creo; aham: Io.



TRADUZIONE

O figlio di Kunti, alla fine di un era tutte le manifestazioni materiali entrano nella mia natura, e all'inizio dell'era successiva, in virtù della Mia potenza, Io le creo di nuovo.



SPIEGAZIONE

La creazione, il mantenimento e la distruzione della manifestazione cosmica materiale dipendono esclusivamente dalla volontà suprema di Dio. L'espressione "alla fine di un'era", in questo verso, significa alla morte di Brahma. La durata della vita di Brahma è di cent'anni, ma ognuno dei suoi giorni equivale a 4.320.000.000 di anni terrestri, e altrettanto ogni notte. I suoi mesi contano trenta di questi giorni e di queste notti, e i suoi anni dodici di questi mesi. Dopo cento di questi anni, alla morte di Brahma, sopraggiunge la devastazione, la distruzione dell'universo materiale; ciò significa che l'energia manifestata dal Signore Supremo al momento della creazione si riassorbe in Lui. Quando poi diventa necessario manifestare di nuovo la creazione materiale interviene la volontà del Signore. Bahu syam: "Io sono uno, ma Mi renderò molteplice", è l'aforisma vedico. (Chandogya Upanisad 6.2.3) Dio Si moltiplica dunque attraverso l'energia materiale e causa una nuova manifestazione cosmica.






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VERSO 8

prakritim svam avastabhya
visrijami punah punah
bhuta-gramam imam kritsnam
avasam prakriter vasat

prakritim: la natura materiale; svam: del Mio Sé personale; avastabhya: entrando; visrijami: Io creo; punah punah: di nuovo; bhuta-gramam: tutte le manifestazioni cosmiche; imam: queste; kritsnam: nella totalità; avasam: automaticamente; prakriteh: della forza della natura; vasat: sotto la costrizione.



TRADUZIONE

L'intero ordine cosmico è soggetto al Mio controllo. Per Mia volontà ogni volta si manifesta di nuovo, e sempre per Mia volontà alla fine è annientato.



SPIEGAZIONE

Il mondo materiale, come abbiamo spiegato più volte, è la manifestazione dell'energia inferiore di Dio, la Persona Suprema. Al momento della creazione l'energia materiale è "messa in libertà" come mahat-tattva, in cui il Signore entra sotto la forma di Maha-Visnu, il primo purusa-avatara. Egli Si distende sull’Oceano Causale e a ogni Sua espirazione emanano dal Suo corpo un’infinità di universi. Il Signore entra poi in ognuno di essi sotto la forma di Garbhodakasayi Visnu. Così sono creati tutti gli universi. Egli entra inoltre in ogni essere e in ogni cosa, compreso l’atomo infiinitesimale, sotto la forma di Ksirodakasayi Visnu. Questo è ciò che spiega i l verso.

Gli esseri viventi sono proiettati in seno alla natura materiale e lì sviluppano corpi differenti, che sono il risultato delle loro azioni passate. Allora l’universo inizia ad animarsi, cominciano le attività delle molteplici varietà di esseri, e questo fin dall’inizio della creazione. Non si tratta dunque di evoluzione progressiva delle specie. Tutte le specie viventi —uomini, animali, uccelli, ecc.— sono create contemporaneamente, insieme con l’universo, perché tutti i desideri che giacevano negli esseri condizionati al momento della distruzione precedente si manifestano subito sotto differenti forme di corpi. Questo verso indica chiaramente, col termine avasam, che gli esseri non intervengono affatto in questo meccanismo. Lo stato di coscienza che avevano alla fine della loro vita precedente, nell’ultima creazione, si manifesta di nuovo e tutto avviene solo per la volontà del Signore. Questa è la potenza inconcepibile di Dio, la Persona Suprema. Infine, dopo averle create, il Signor non ha alcun contatto con le molteplici specie di vita. Egli crea per soddisfare le tendenze insite negli esseri, ma non è mai preso nell’ingranaggio della Sua creazione.

CAPITOLO 10





L'opulenza dell'Assoluto





VERSO 1

sri-bhagavan uvaca
bhuya eva maha-baho
srinu me paramam vacah
yat te 'ham priyamanaya
vaksyami hita-kamyaya

sri-bhagavan uvaca: Dio, la Persona Suprema, disse; bhuyah: di nuovo; eva: certamente; maha-baho: tu che hai le braccia potenti; srinu: ascolta; me: Mia; paramam: suprema; vacah: istruzione; yat: ciò che; te: a te; aham: Io; priyamanaya: pensando che tu Mi sei caro; vaksyami: dico; hita-kamyaya: per il tuo beneficio.



TRADUZIONE

Dio, la Persona Suprema, disse:
Ascolta ancora, Arjuna dalle braccia potenti: poiché tu sei un caro amico per Me, ti trasmetterò ora per il tuo bene, una conoscenza superiore a quella che ti ho già spiegato.



SPIEGAZIONE

Parasara Muni dà del termine bhagavan la seguente definizione: colui che possiede pienamente le sei perfezioni - bellezza, ricchezza, fama, potenza, saggezza e rinuncia - cioè Dio, la Persona Suprema. Durante il Suo soggiorno sulla Terra, Krishna mostrò queste perfezioni agli occhi di tutti, perciò grandi saggi come Parasara Muni hanno riconosciuto in Krishna la Persona Suprema. Krishna ha già descritto - a partire dal settimo capitolo - le Sue energie e le loro funzioni, per dare all'uomo una fede profonda nella via devozionale, cosa a cui mirava in particolare il capitolo precedente. Ora, in questo capitolo, Krishna ci offre una conoscenza ancora più intima delle Sue glorie e dei Suoi atti sublimi, e continua a parlare con Arjuna delle Sue manifestazioni e delle Sue glorie.

Più si ascoltano i racconti che riguardano l'Essere Supremo più si acquista fermezza nel servizio di devozione. Dobbiamo dunque ascoltare sempre le lodi del Signore in compagnia dei Suoi devoti, ciò stimolerà la nostra devozione. Solo gli uomini che desiderano veramente essere coscienti di Krishna possono prendere parte a questa glorificazione del Signore in compagnia dei devoti; gli altri non possono farlo. Krishna lo spiega chiaramente: solo perché Arjuna Gli è molto caro, per il suo bene Gli parlerà delle Sue glorie.





VERSO 2

ne me viduh sura-ganah
prabhavam na maharsayah
aham adir hi devanam
maharsinam ca sarvasah

na: mai; me: Mia; viduh: conoscono; sura-ganah: gli esseri celesti; prabhavam: origine, opulenze; na: mai; maha-risayah: grandi saggi; aham: Io sono; adih: l'origine; hi: certamente; devanam: degli esseri celesti; maha-risinam: dei grandi saggi; ca: anche; sarvasah: sotto ogni aspetto.



TRADUZIONE

Né la moltitudine degli esseri celesti né i grandi saggi conoscono la Mia origine o le Mie opulenze perché Io sono sotto ogni aspetto la fonte degli uni come degli altri.



SPIEGAZIONE

Krishna è il Signore Supremo, la causa di tutte le cause, e nessuno Gli è superiore. Questo insegnamento della Brahma-samhita è confermato dal Signore in persona, che dichiara di essere la fonte di tutti gli esseri celesti e di tutti i saggi . Ma né gli esseri celesti né i saggi possono veramente comprendere Krishna, il Suo nome e la Sua personalità. Che dire allora dei cosiddetti eruditi del nostro minuscolo pianeta? Nessuno comprende perché il Signore Supremo viene sulla Terra come un uomo comune e Si comporta in un modo del tutto normale, eppure straordinario. Il fatto è che la qualità necessaria per conoscere Krishna non è l'erudizione. Infatti, come conferma anche lo Srimad Bhagavatam, perfino gli esseri celesti e i saggi hanno fallito nel tentativo di conoscerLo con la speculazione intellettuale; le loro elucubrazioni, che sono limitate da sensi imperfetti, possono al massimo portarli fino all'impersonalismo, cioè a comprendere che Dio non è un prodotto delle tre influenze della natura materiale, oppure a dare di Lui definizioni immaginarie, ma non possono portarli alla conoscenza della Sua vera natura.

Krishna, in questo verso, afferma indirettamente che se si desidera realizzare la Verità Assoluta occorre riconoscere che Lui è Dio, la Persona Suprema, l'Essere Assoluto. Anche se non si può percepire la presenza personale del Signore inconcepibile, Egli esiste. E lo studio delle Sue parole nella Bhagavad-gita e nello Srimad Bhagavatam è sufficiente a comprendere la Sua natura, eterna, tutta conoscenza e felicità. Se invece si rimane condizionati dall'energia inferiore di Dio, si potrà tutt'al più concepire il Brahman impersonale, ma non la Persona Suprema, che si realizza soltanto al livello spirituale puro.

Poiché la maggior parte degli uomini è incapace di comprendere la vera natura del Signore, Sri Krishna scende sulla Terra per favorire con la Sua grazia incondizionata tutti gli speculatori intellettuali. Ma nonostante le attività eccezionali del Signore questi speculatori sono così contaminati dall'energia che continuano a credere che il Brahman impersonale sia l'aspetto supremo di Dio. Soltanto i devoti, che sono completamente sottomessi al Signore Supremo, possono capire, per la Sua grazia, che Egli è Krishna. I devoti non sono interessati al Brahman, l'aspetto impersonale di Dio; la loro fede e la loro devozione li porta ad abbandonarsi subito ai piedi di loto di Krishna, e per la Sua grazia incondizionata arrivano a capirLo, cosa impossibile a tutti gli altri. Anche i grandi saggi sono d'accordo sulla definizione dell'Assoluto, che è chiamato anche atma: Colui che dobbiamo adorare.





VERSO 3

yo mam ajam anadim ca
vetti loka-mahevsaram
asammudhah sa martyesu
sarva-papaih pramucyate

yah: chiunque; mam: Me; ajam: senza inizio; ca; anche; vetti: conosce; loka: dei pianeti; maha-isvaram: il maestro supremo; asammudhah: non illuso; sah: egli; martyesu: tra coloro che sono soggetti alla morte; sarva-papaih: da ogni reazione colpevole; pramucyate: è liberato.



TRADUZIONE

Solo l'uomo che Mi conosce come il non nato, Colui che non ha inizio, il Signore Supremo di tutti i mondi, non è illuso ed è libero da ogni peccato.



SPIEGAZIONE

Come menzionava il settimo capitolo, verso 3, manusyanam sahasresu kascid yatati siddhaye: coloro che cercano di raggiungere la realizzazione spirituale non sono uomini comuni, ma si elevano sopra milioni di persone che non hanno alcuna conoscenza in questo campo. Ma tra gli uomini che si sforzano di conoscere la propria identità spirituale, colui che giunge a comprendere che Krishna è Dio, la Persona Suprema, il non nato, il possessore di tutto ciò che esiste, raggiunge la realizzazione più elevata, il più grande successo spirituale. Allora soltanto, pienamente cosciente della natura suprema di Krishna, potrà liberarsi per sempre dalle conseguenze dei suoi peccati.

In questo verso la parola aja, "non nato", non si riferisce all'essere individuale, che il secondo capitolo definiva con lo stesso termine. Il Signore è differente dagli esseri condizionati che devono morire e rinascere a causa dei loro attaccamenti materiali. Mentre il corpo delle anime condizionate cambia senza fine, il corpo del Signore rimane immutabile. Anche quando discende nell'universo materiale, il Signore resta sempre il non nato; e perché questo fatto sia ben chiaro, il quarto capitolo ha mostrato che Krishna, grazie alla Sua potenza interna, non è mai soggetto all'energia inferiore, ma è sempre situato nell'energia superiore.

L'espressione vetti loka-mahesvaram in questo verso indica che Krishna è il proprietario supremo di tutti i sistemi planetari dell'universo. Krishna esisteva prima della creazione, da cui rimane distinto. Egli si distingue anche dai grandi esseri celesti dell'universo, come Brahma e Siva; perché non fu creato, come loro, insieme con l'universo, come Brahma e Siva; perché non fu creato, come loro, insieme con l'universo materiale. È Lui il creatore di Brahma, di Siva e di tutti gli altri esseri celesti; Lui è il sovrano di tutti i pianeti.
L'uomo cosciente che Krishna è distinto da tutto ciò che è creato si libera subito dalle conseguenze delle sue azioni colpevoli; questa è la condizione indispensabile per conoscere il Signore Supremo. E soltanto il servizio di devozione può condurre a questa conoscenza, afferma la Bhagavad-gita.

Non dobbiamo cercare di capire Krishna come se fosse un uomo comune. I versi precedenti sostenevano che soltanto uno sciocco Lo vede in questo modo. E qui ritroviamo lo stesso concetto, ma sotto una prospettiva diversa: al contrario dello sciocco, colui che possiede l'intelligenza per comprendere la natura eterna di Dio, si libera per sempre dalle conseguenze dei suoi peccati.
Ma come può Krishna essere non nato , se è conosciuto come il figlio di Devaki? Lo Srimad Bhagavatam risponde che Krishna non nacque come un bambino qualsiasi; apparve a Vasudeva e Devaki nella Sua forma originale, e soltanto in seguito Si trasformò in un neonato simile agli altri.

Ogni azione compiuta sotto la direzione di Krishna è trascendentale e non può essere contaminata da conseguenze materiali favorevoli o sfavorevoli. Del resto, l'idea di favorevole e sfavorevole è pura e semplice speculazione mentale, perché niente nel mondo materiale è favorevole. Tutto è di cattivo augurio, poiché la maschera stessa della materia lo è. Possiamo vedere il bene in questo mondo solo con uno sforzo d'immaginazione, poiché l'unico vero bene deriva da ciò che si compie nella coscienza spirituale, la coscienza di Krishna, con una devozione e un servizio assoluti. Perciò, se abbiamo anche il minimo desiderio di rendere favorevoli le nostre azioni, dobbiamo seguire le istruzioni del Signore Supremo trasmesse dalle Scritture rivelate come la Bhagavad-gita e lo Srimad Bhagavatam, e da un maestro spirituale autentico.

Il maestro autentico dà istruzioni che sono identiche a quelle del Signore, poiché Lo rappresenta. Il maestro spirituale, i saggi e le Scritture danno esattamente lo stesso insegnamento; non esiste alcuna contraddizione fra queste tre fonti. Ogni azione compiuta sotto la loro autorità non comporta le conseguenze che generano invece le azioni materiali, colpevoli e virtuose. L'atteggiamento del devoto nell'agire è sempre spirituale, di vera rinuncia, e ciò detto sannyasa. Come afferma il primo verso del sesto capitolo della Bhagavad-gita, chi agisce per dovere, solo perché ha ricevuto l'ordine di agire così dal Signore Supremo, e non si rifugia nei frutti delle sue attività (anasritah karma-phalam) è una persona veramente rinunciata. Perciò il vero sannyasi, il vero yogi, è colui che agisce sotto la guida del Signore Supremo, e non l'impostore che si accontenta di indossare l'abito del sannyasi.





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VERSI 4-5

buddhir jnanam asammohah
ksama satyam damah samah
sukham duhkham bhavo 'bhavo
bhayam cabhayam eva ca

ahimsa samata tustis
tapo danam yaso yasah
bhavanti bhava bhutanam
matta eva prithag-vidhah

buddhih: intelligenza; jnanam: conoscenza; asammohah: libertà dal dubbio; ksama: perdono; satyam: veridicità; damah: controllo dei sensi; samah: controllo della mente; sukham: felicità; duhkham: dolore; bhavah: nascita; abhavah: morte; bhayam: paura; ca: anche; abhayam: assenza di paura; eva: anche; ca: e; ahimsa: nonviolenza; samata: equilibrio; tustih: soddisfazione; tapah: austerità; danam: carità; yasah: fama; ayasah: infamia; bhavanti: procedono; bhavah: natura; bhutanam: di esseri viventi; mattah: da Me; eva: certamente; prithak-vidhah: variamente organizzati.



TRADUZIONE

Intelligenza, conoscenza, libertà dal dubbio e dall'illusione, tendenza al perdono, veridicità, controllo dei sensi e della mente, gioia e dolore, nascita e morte, paura e coraggio, nonviolenza, equanimità, soddisfazione, austerità e generosità, fama e infamia - tutti questi attributi degli esseri viventi hanno origine da Me soltanto.



SPIEGAZIONE

Le qualità, favorevoli o sfavorevoli, degli esseri viventi sono tutte create da Krishna, e questo verso le enumera.

L'intelligenza (buddhi) è la facoltà di analizzare le cose nella loro giusta prospettiva.

La vera conoscenza (jnana) è la capacità di distinguere lo spirito dalla materia. La cultura accademica, acquisita nelle università, riguarda solo la materia e non può dunque essere accettata come la vera conoscenza. In realtà, l'educazione moderna non è completa perché non dà alcuna informazione su ciò che è spirituale, l'anima, ma si limita agli elementi materiali e ai bisogni del corpo.

La libertà dal dubbio e dall'illusione (asammoha) si raggiunge quando si diventa irremovibili nella pratica del bhakti-yoga, e si arriva così a una comprensione profonda della filosofia spirituale. Lentamente, ma con la sicurezza, l'uomo si libera così dalla confusione. Questa scienza, però, non deve essere accettata ciecamente, ma con attenzione e prudenza.

L'indulgenza (ksama), che ogni uomo dovrebbe praticare, consiste nel perdonare le offese minori degli altri.

La veridicità (satyam) consiste nel presentare, a favore di tutti, i fatti così come sono. Le convenzioni sociali consigliano di dire la verità solo quando è piacevole. Ma questa non è verità. I fatti non devono essere deformati. La verità dev'essere esposta apertamente, affinché tutti possano vedere le cose nel giusto rilievo. Dire la verità significa, per esempio, avvertire la gente che il tale è un ladro se lo è, fosse anche la verità spiacevole. Per veridicità, dunque, s'intende presentare i fatti così come sono a beneficio di tutti.

Controllo di sé (dama) significa non impegnare i sensi inutilmente, per un piacere personale. Non è proibito soddisfare i bisogni naturali dei sensi, ma abusare dei piaceri materiali è dannoso al progresso spirituale. Non si deve neppure lasciare che la mente sia assorbita da pensieri inutili; la pace interiore così ottenuta è la calma (sama). Bisogna evitare di perdere tempo meditando sul modo di arricchirsi, altrimenti si farà un cattivo uso delle facoltà mentali. La mente dev'essere usata per capire, attraverso fonti autentiche, l'esigenza primaria dell'uomo. La capacità di pensare deve svilupparsi a contatto con quelle persone in cui il pensiero è già molto elevato, con le autorità in campo spirituale, con gli uomini santi o i maestri spirituali.

Il piacere e la gioia (sukham) sono solo in ciò che favorisce la conoscenza spirituale; tutto ciò che ostacola la coscienza di Krishna può portare solo all'infelicità (duhkha). Tutto ciò che è utile alla coscienza di Krishna dev'essere accettato e tutto ciò che non la favorisce dev'essere rifiutato.

La nascita (bhava) interessa solo il corpo, poiché per l'anima non esiste né la nascita né la morte, come ha spiegato il secondo capitolo. La nascita e la morte (abhava) colpiscono soltanto l'involucro carnale.

La paura (bhaya) nasce con la preoccupazione dell'avvenire. La persona cosciente di Krishna non conosce la paura perché il suo futuro è sicuro e luminoso; le sue azioni la conducono senza alcun dubbio nel mondo spirituale, accanto a Dio. I non devoti, invece vivono in un'angoscia continua, perché non conoscono il loro avvenire né in questa vita né nella prossima. L'unico modo per sfuggire all'angoscia e alla paura è conoscere Krishna e vivere sempre in coscienza di Krishna. Lo Srimad Bhagavatam (11.2.37) afferma, bhayam dvitiyabhini-vesatah syat: la paura nasce dal fatto che ci lasciamo assorbire dall'energia illusoria. Ma la paura non colpisce più chi si è liberato da questa energia, chi si è impegnato nel servizio trascendentale della Persona Suprema ed è cosciente di non essere un corpo materiale bensì un essere spirituale, parte integrante di Dio. La paura è la condizione dell'uomo privo di coscienza spirituale; soltanto chi è cosciente di Krishna può conoscere il coraggio, l'assenza di paura (abhaya).

La nonviolenza (ahimsa) consiste nel non far niente che possa provocare negli altri dolore e confusione. Se i programmi dei politici, dei sociologi e dei filantropi non producono buoni risultati è perché sono programmi di uomini che non hanno una concezione spirituale dell'esistenza e ignorano il vero bene dell'umanità. Applicare l'ahimsa significa educare gli uomini ad usare pienamente il corpo umano, traendone il miglior vantaggio. Poiché il corpo è essenzialmente destinato alla realizzazione spirituale, ogni programma che lo allontani da questo fine fa violenza all'uomo. La nonviolenza è, in sostanza, la via che favorisce la felicità spirituale degli uomini.

Equanimità (samata) significa essere liberi dall'attaccamento e dall'avversione. Essere molto attaccati o molto distaccati dalle cose di questo mondo sono entrambi atteggiamenti errati. Il mondo materiale dev'essere accettato in modo imparziale, senza attaccamento e senza avversione. Similmente, si dovrà accettare tutto ciò che favorisce la coscienza di Krishna e rifiutare tutto ciò che può esserle di ostacolo. Questo è ciò che si chiama samata, equanimità.

Soddisfazione (tusti) significa non cercare di accrescere i propri beni materiali impegnandosi in attività inutili, ma sapersi accontentare di ciò che il Signore Supremo accorda con la Sua grazia.

L'austerità o penitenza (tapa) consiste nel seguire i numerosi princìpi regolatori raccomandati nei Veda. Alzarsi presto al mattino e purificare subito il corpo con un bagno, per esempio, può essere talvolta molto difficile, perciò ogni sforzo volontario per sottomettersi a questa regola merita il nome di austerità. Sono prescritti anche dei digiuni in alcuni giorni del mese; osservarli può essere penoso, ma chiunque sia fermamente determinato a progredire sulla via della coscienza di Krishna non esiterà a sopportare questi disagi del corpo, raccomandati dalle Scritture. Non si deve però digiunare senza ragione o contro le ingiunzioni delle Scritture, e neppure per scopi politici; la Bhagavad-gita descrive questi tipi di digiuno come un prodotto dell'ignoranza, e nessun atto dettato dall'ignoranza o dalla passione può generare benefici spirituali. Invece ogni azione compiuta sotto l'influenza della virtù favorisce il progresso, e ogni digiuno compiuto secondo le norme vediche è un'occasione per arricchire la propria conoscenza spirituale.

Quanto agli atti di carità (dana), ogni uomo dovrebbe dare il cinquanta per cento del proprio reddito al servizio di una buona causa. Secondo i Testi sacri, questa buona causa è la coscienza di Krishna. Poiché Krishna è infinitamente buono, anche la Sua causa è certamente buona, anzi, è la migliore di tutte. Si deve perciò dare in carità alle persone impegnate nella coscienza di Krishna. Le Scritture vediche raccomandano infatti di dare ai brahmana (secondo una pratica ancora osservata in India, anche se ai giorni nostri non proprio conforme alle norme vediche). Ma perché proprio ai bramana (o brahma-janatiti brahmanah, "coloro che conoscono il Brahman") si deve offrire la carità? Semplicemente perché coltivano la conoscenza spirituale più elevata, e avendo dedicato tutta la loro esistenza alla comprensione del Brahman, i brahmana non hanno il tempo di guadagnarsi il necessario per vivere perché questo loro servizio li impegna completamente. Anche i sannyasi devono ricevere la carità. I sannyasi mendicano di porta in porta, non per raccogliere denaro, ma con uno scopo missionario. Andando di casa in casa fanno uscire le famiglie dal torpore dell'ignoranza, e col pretesto della mendicità esortano i capofamiglia, presi dalle occupazioni domestiche e dimentichi del vero scopo della vita, a diventare coscienti di Krishna; diffondono l'insegnamento dei Veda e invitano gli uomini a risvegliarsi per ottenere la perfezione che devono aspettarsi dalla vita umana, indicando loro il metodo che devono seguire. È dunque per una buona causa, come il mantenimento dei sannyasi e dei brahmana, e non per cause frivole, che vanno distribuite le proprie ricchezze con atti di carità.

La vera fama (yasa) deve corrispondere alla definizione che ne dà Sri Caitanya Mahaprabhu: un uomo è famoso solo se è celebrato per la sua grande devozione al Signore, per il suo contributo alla coscienza di Krishna. Questa è la vera fama. Ogni altra forma di gloria è priva di valore.

Le qualità elencate sopra si manifestano negli uomini, negli esseri celesti e nelle diverse razze esistenti sugli innumerevoli pianeti dell'universo. Il Signore crea queste qualità per coloro che desiderano elevarsi nella coscienza di Krishna, ma essi devono poi svilupparle in se stessi con la pratica del servizio di devozione che, per la grazia del Signore, ha il potere di generale.
L'origine di tutto ciò che esiste, buono o cattivo, è Krishna. Niente si manifesta nel mondo materiale che non sia in Lui. Chi sa questo possiede la vera conoscenza. Innumerevoli sono le manifestazioni in questo universo, ma la loro sorgente è unica: Krishna.





VERSO 6

maharsayah sapta purve
catvaro manavas tatha
mad-bhava manasa jata
yesam loka imah prajah

maha-risayah: i grandi saggi; sapta: sette; purve: prima; catvarah: quattro; manavah: Manu; tatha: anche; mat-bhavah: nati da Me; manasah: dalla mente; jatah: nati; yesam: da loro; loke: nel mondo; imah: tutta questa; prajah: popolazione.



TRADUZIONE

Sette grandi saggi, gli altri quattro che li precedettero e i Manu [i progenitori del genere umano] discendono da Me, sono nati dalla Mia mente, e tutte le creature che popolano i vari pianeti discendono da loro.



SPIEGAZIONE

Il Signore riassume qui l'albero genealogico universale, Brahma, nato dall'energia di Hiranyagarbha, il Signore Supremo, è la creatura originale. Da lui hanno origine i sette grandi saggi, e prima di loro i quattro Kumara (Sanaka, Sanatana e Sanat-kumara) e i quattordici Manu. Questi venticinque grandi saggi sono gli antenati degli esseri viventi di tutte le forme e specie che popolano gli innumerevoli pianeti di un numero incalcolabile di universi. Brahma dovette sottoporsi a un'ascesi di mille anni (secondo il calcolo del tempo sui pianeti superiori) prima di capire, per la grazia di Krishna, come doveva creare. Da lui nacquero Sanaka, Sananda, Sanatana e Sanat-kumara, poi Rudra e i sette saggi. Così, tutti i brahmana e gli ksatriya sono nati dall'energia di Dio, la Persona Suprema. Come spiegherà il trentanovesimo verso dell'undicesimo capitolo, Brahma è considerato l'antenato (pitamaha) di tutti gli esseri, e Krishna il padre dell'antenato (prapitamaha).




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VERSO 7

etam vibhutim yogam ca
mama yo vetti tattvatah
so 'vikalpena yogena
yujyate natra samsayah

etam: tutta questa; vibhutim: opulenza; yogam: potere mistico; ca: anche; mama: del Mio; yah: colui che; vetti: conosce; tattvatah: effettivamente; sah: egli; avikalpena: senza divisione; yogena: nel servizio devozionale; yujyate: è impegnato; na: mai; atra: qui; samsayah: dubbio.



TRADUZIONE

Colui che è veramente convinto della Mia gloria e del Mio potere mistico, Mi serve con una devozione pura e completa, di questo non c'è dubbio.



SPIEGAZIONE

Conoscere Dio, la Persona Suprema, significa raggiungere la più alta perfezione spirituale. È impossibile, infatti, impegnarsi nel servizio di devozione se non si è fermamente convinti delle molteplici glorie del Signore Supremo. La gente sa che Dio è grande, ma non conosce quant'è grande. Qui troviamo i particolari della Sua grandezza. Colui che conosce in modo reale la grandezza di Dio non esiterà ad abbandonarsi a Lui e a servirLo con devozione. Non c'è altra scelta, infatti, dal momento in cui si conoscono le perfezioni del Signore, così come sono descritte nella Bhagavad-gita, nello Srimad Bhagavatam e in molti altri Testi.

Numerosi esseri celesti, distribuiti nei vari sistemi planetari, si occupano dell'amministrazione dell'universo; a capo di tutti si trova Brahma, con Siva, i quattro Kumara e altri anziani. Molti sono gli antenati di coloro che popolano l'universo, e tutti hanno origine dal Signore Supremo, Krishna, l'antenato originale, padre di tutti gli antenati.
Queste sono alcune delle perfezioni del Signore. Colui che è fermamente convinto che queste perfezioni appartengono a Krishna, ripone in Lui tutta la sua fede e, libero dal dubbio, s'impegna al suo servizio. La conoscenza delle perfezioni del Signore è essenziale se si vuole accrescere il desiderio di servirLo con amore e devozione. Nessuno di noi deve trascurare di capire Krishna in tutta la Sua grandezza, perché questa conoscenza ci stabilirà in modo fermo e sincero nel Suo servizio.





VERSO 8

aham sarvasya prabhavo
mattah sarvam pravartate
iti matvabhajante mam
budha bhava-samanvitah

aham: Io; sarvasya: di tutti; prabhavah: la fonte di generazione; mattah: da Me; sarvam: ogni cosa; pravartate: emana; iti: così; matva: conoscendo; bhajante: diventa devoto; mam: a Me; budhah: gli esperti; bhava-samanvitah: con grande attenzione.



TRADUZIONE

Sono la fonte di tutti i mondi, spirituali e materiali, Tutto emana da Me. I saggi che conoscono perfettamente questa verità Mi servono con devozione e Mi adorano con tutto il loro cuore.



SPIEGAZIONE

L'uomo erudito che ha studiato perfettamente i Veda, che conosce l'insegnamento di maestri come l'avatara Caitanya Mahaprabhu, e sa come applicare questi insegnamenti, può capire che Krishna è l'origine di tutto ciò che esiste nel mondo materiale e nel mondo spirituale. Con questa conoscenza perfetta si situa fermamente nel servizio di devozione al Signore Supremo, e non è sviato né dagli stolti né dai commentatori insensati, per quanto numerosi siano. Tutti gli Scritti vedici concordano pienamente sul fatto che Krishna è la fonte di Brahma, di Siva e degli altri esseri celesti.

Per esempio, l'Atharva Veda (Gopala-tapani Upanisad 1.24) afferma, yo brahmananam vidadhati purvam yo vai vedams ca gapayati sma krishnah: "È Krishna che all'alba dei tempi istruì Brahma nella conoscenza vedica, ed è ancora Lui che in passato disseminò questa conoscenza nel mondo." Poi ancora la Narayana Upanisad¹ afferma atha puruso ha vai narayano 'kamayata prajah srieyeti: "Narayana, la Persona Suprema, desiderò allora creare gli esseri viventi." L'Upanisad continua, narayanad prajapatih prajayate, narayanad astau vasavo jayante, narayanad ekadasa rudra jayante, narayanad dvadasadityah: "Da Narayana è nato Brahma, e sempre da Narayana sono generati gli antenati. Da Narayana è nato Indra, e da Narayana ancora sono nati gli otto Vasu e gli undici Rudra; e sempre da Narayana sono nati i dodici Aditya." Questo Narayana è un'emanazione di Krishna. Sempre nei Veda è detto, brahmanyo devaki-putrah: "Il figlio di Devaki, Krishna, è la Persona Suprema." (Narayana Upanisad 4) E ancora, eko vai narayana asin na brahma na isano napo nagni-samau neme dyav-aprithivi na naksatrani asin na brahma na isano napo nagni-samau neme dyav-aprithivi na naksatrani na suryah: "All'inizio della creazione c'era solo Narayana, la Persona Suprema. Non c'erano né Brahma, né Siva, né il fuoco, né il sole, né le stelle nel cielo." (Maha Upanisad 1)

La Maha Upanisad afferma inoltre che Siva è nato dalla fronte del Signore Supremo, perciò i Veda dicono che l'unico oggetto di adorazione è il Signore Supremo, creatore di Brahma e di Siva. Krishna stesso afferma nel Moksa-dharna:

prajapatim ca rudram capy
aham eva srijami vai
tau hi mam na vijanito
mama maya-vimohitau

"Io sono il creatore degli antenati, Siva e gli altri, ma essi non sono coscienti di essere creati da Me, perché sono illusi dalla Mia energia esterna." E il Varaha Purana aggiunge:

narayanah paro devas
tasmaj jatas caturmuktah
tasmad rudro 'bhavad devah
sa ca sarva-jnatam gatah

"Narayana è Dio, la Persona Suprema. Da lui è nato Brahma, da cui è nato Siva."

Fonte di ogni creazione, Krishna è conosciuto come la causa di ogni cosa. "Io sono l'origine di tutto, dice Krishna, poiché tutto è nato da Me. Tutto vive sotto la Mia direzione, e nessuno Mi è superiore." Il controllore supremo è Krishna. Chi capisce questo alla luce delle Scritture e con l'aiuto di un maestro spirituale autentico, impiegando tutte le proprie energie nella coscienza di Krishna, è un vero saggio, al cui confronto chi non conosce Krishna in tutta la Sua verità è solo uno sciocco. Solo uno sciocco, infatti può scambiare Krishna per un uomo comune, Una persona cosciente di Krishna non deve mai lasciarsi turbare dagli sciocchi; deve evitare di leggere ogni commento e interpretazione non autorizzata della Bhagavad-gita, e deve perseverare nella coscienza di Krishna con determinazione e fermezza.





VERSO 9

mac-citta mad-gata-prana
bodhayantah parasparam
kathayantas ca mam nityam
tusyanti ca ramanti ca

mat-cittat: con la mente pienamente assorta in Me; mat-gata-pranah: dedicando a Me la vita; bodhayantah; predicando; parasparam: tra loro; kathayantah: parlando; ca: anche; mam: riguardo a Me; nityam: eternamente; tusyanti: compiaciuti; ca: anche; ramanti: godono di felicità trascendentale; ca: anche.



TRADUZIONE

I pensieri dei Miei puri devoti dimorano in Me, la loro vita è completamente votata al Mio servizio ed essi derivano grande soddisfazione e felicità illuminandosi l'un l'altro e parlando di Me.



SPIEGAZIONE

I puri devoti s'impegnano completamente nel trascendentale servizio d'amore al Signore. Nulla può distogliere i loro pensieri dai piedi di loto di Krishna e i loro discorsi sono sempre spirituali. Questo verso descrive con molta precisione il carattere della loro vita; ventiquattro ore al giorno i devoti del Signore lodano le Sue attività gloriose; con l'anima e il cuore costantemente fissi in Krishna, essi provano una gioia immensa a parlare di Lui in compagnia di altri devoti. Fin dall'inizio del suo servizio di devozione, il devoto assapora la felicità spirituale che nasce dal servizio stesso, e alla fine raggiunge l'amore per il Signore; situato al livello spirituale, gusta la perfezione suprema che il Signore manifesta nella Sua dimora. Sri Caitanya Mahaprabhu paragona il servizio di devozione a un seme piantato nel cuore dell'essere vivente.

Tra gli innumerevoli esseri erranti di pianeta in pianeta, da un capo all'altro dell'universo, soltanto qualcuno ha la fortuna d'incontrare un puro devoto e di comprendere il servizio di devozione. Se l'uomo ascolta e recita con perseveranza il mantra Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare, il seme del servizio di devozion, che è piantato nel suo cuore fruttificherà come un seme d'albero regolarmente annaffiato. La pianta spirituale del servizio di devozione comincia allora a crescere, finché penetra l'involucro dell'universo materiale ed entra nella radiosità del brahmajyoti. Là, nel mondo spirituale, continua a crescere fino a raggiungere il pianeta più elevato, Goloka Vrindavana, dimora suprema dove vive il Signore, Sri Krishna; prende quindi rifugio ai piedi di loto di Krishna è là rimane, finalmente giunta alla meta. A poco a poco fiorisce e dà i suoi frutti, mentre il devoto continua a innaffiarla con l'ascolto e la recitazione delle glorie di Krishna. La Caitanya-caritamrita (Madhya-lila, cap. 19), che dà una precisa descrizione di questa pianta della devozione, spiega che una volta che tutta la pianta ha preso rifugio ai piedi di loto del Signore Supremo, il devoto diventa completamente assorto nell'amore per Dio; allora non può vivere un solo istante senza essere in contatto con Krishna, come un pesce non può vivere fuori dall'acqua. A questo punto il devoto acquisisce tutte le qualità spirituali.

Lo Srimad Bhagavatam descrive in molti passi le relazioni che uniscono il Signore Supremo ai Suoi devoti, perciò questo è un Testo molto caro ai devoti, come afferma lo stesso Bhagavatam (12.13.18). Srimad-bhagavatam puranam amalam yad vaisnam priyam. Le narrazioni dello Srimad Bhagavatam non riguardano le attività materiali, lo sviluppo economico, i piaceri dei sensi o la liberazione; quest'opera è l'unica che descrive la natura trascendentale del Signore Supremo e dei Suoi devoti. Come sul piano materiale un ragazzo e una ragazza provano una grande gioia nello stare insieme, così al livello spirituale gli esseri realizzati, coscienti di Krishna, conoscono una gioia senza fine nell'ascoltare la lettura di queste Scritture spirituali.





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VERSO 10

tesam satata-yuktanam
bhajatam priti-purvakam
dadami buddhi-yogam tam
yena mam upayanti te

tesam: a loro; satata-yuktanam: sempre impegnati; bhajatam: nell'offrire un servizio devozionale; priti-purvakam: nell'estasi d'amore; dadami: Io concedo; buddhi-yogam: la vera intelligenza; tam: quella; yena: con cui; mam: a Me; upayanti: vengono; te: essi.



TRADUZIONE

A coloro che Mi servono sempre con devozione e amore, dò l'intelligenza necessaria per venire a Me.



SPIEGAZIONE

Soffermiamoci sul significato del termine buddhi-yogam, che appare in questo verso, e ricordiamoci del secondo capitolo, in cui il Signore diceva ad Arjuna che avendogli parlato fino ad allora di vari argomenti, voleva ora istruirlo sul buddhi-yoga. Ed è ciò che farà adesso. Il buddhi-yoga, l'azione nella coscienza di Krishna, è il sintomo della più alta intelligenza. Buddhi significa "intelligenza", e yoga "attività spirituali" o elevazione spirituale". Il buddhi-yoga, dunque, è il modo di agire di colui che desidera tornare a Dio, nella Sua dimora assoluta, e si abbandona pienamente al servizio di Krishna; in altre parole, è il mezzo per liberarsi dalle catene della materia. Il fine ultimo di ogni progresso spirituale è Krishna, ma di solito l'uomo lo ignora; perciò è essenziale che l'uomo viva in compagnia dei devoti e di un maestro spirituale. Occorre innanzitutto riconoscere in Krishna il fine ultimo; una volta acquisita questa convinzione si progredirà, in modo lento ma sicuro, sulla via che conduce a Krishna e si raggiungerà la meta.

Quando una persona sa che Krishna è il fine ultimo della vita ma aspira ai frutti dell'azione, agisce secondo il karma-yoga; quando sa che Krishna è il fine ultimo ma continua le speculazioni intellettuali sulla Sua natura, agisce secondo il jnana-yoga; e quando sa che Krishna è il fine ultimo e Lo cerca solo nel servizio di devozione, nella coscienza di Krishna, agisce nel bhakti-yoga, o buddhi-yoga, che è lo yoga completo. Questo bhakti-yoga rappresenta la più alta perfezione dell'esistenza.
Se un uomo è discepolo di un maestro spirituale e fa parte di una comunità spirituale, ma gli manca l'intelligenza necessaria per progredire, Krishna in persona gli darà dall'interno le istruzioni per arrivare a Lui senza difficoltà. L'unica condizione richiesta al devoto è che s'impegni costantemente nella coscienza di Krishna, servendo Krishna con devozione in tutti i modi possibili. Il devoto deve fare qualcosa per Krishna con amore; allora, se è abbastanza intelligente, avanzerà sulla via della realizzazione spirituale. Una persona sincera, che si dedica con devozione al servizio di Krishna, riceve dal Signore la possibilità di progredire e arrivare fino a Lui.







continua...










CAPITOLO 11





La forma universale





verso 1

arjuna uvaca
mad-anugrahaya paramam
guhyam adhyatma-samjnitam
yat tvayoktam vacas tena
moho 'yam vigato mama

arjunah uvaca: Arjuna disse; mat-anugrahaya: per mostrarmi il Tuo favore; paramam: supremo; guhyam: argomento confidenziale; adhyatma: spirituale; samjnitam: in materia di; yat: che cosa; tvaya: da Te; uktam: dette; vacah: parole; tena: con quelle; mohah: illusione; ayam: questa; vigatah: è rimossa; mama: mia.



TRADUZIONE

Arjuna disse:
ho ascoltato gli insegnamenti sulla parte più confidenziale della conoscenza spirituale che mia hai gentilmente rivelato e la mia illusione è ora svanita.



SPIEGAZIONE

Questo capitolo ci rivelerà che Krishna è la causa di tutte le cause. È la causa di Maha-Visnu stesso, dal Quale emanano tutti gli universi materiali. Krishna non è un avatara, ma la fonte di tutti gli avatara, come il capitolo precedente ha già perfettamente spiegato. Ora Arjuna informa Krishna che l'illusione di cui era preda si è ormai dissolta; egli non scambia più il Signore per un uomo qualsiasi, un suo amico, ma riconosce in Lui la fonte di tutte le cose. Al culmine dell'illuminazione Arjuna prova la felicità di avere un amico come Krishna, ma è anche cosciente del fatto che se lui accetta Krishna come la sorgente di tutto ciò che esiste, altri possono rifiutarlo. Ecco perché, in questo capitolo, implorando Krishna di mostrargli la Sua forma universale, Arjuna vuole confermare agli occhi di tutti la Sua natura divina. La vista di questa forma universale del Signore suscita terrore, come Arjuna sperimenterà, ma tanta è la bontà del Signore che Egli riprenderà davanti a lui la Sua forma originale. Arjuna accondiscende alle parole di Krishna. Il Signore gli parla solo per il suo bene e Arjuna riconosce negli avvenimenti che deve affrontare una manifestazione della sua grazia. Krishna è la causa di tutte le cause, è l'Anima Suprema che vive nel cuore di tutti; Arjuna ne è ora fermamente convinto.





VERSO 2

bhavapyayau hi bhutanam
srutau vistaraso maya
tvattah kamala-patraksa
mahatmyam api cavyayam

bhava: apparizione; apyayau: scomparsa; hi: certamente; bhutanam: di tutti gli esseri viventi; srutau: è stato ascoltato; vistarasah: nei particolari; maya: da me; tvattah: da Te; kamala-patra-aksa: Tu che hai gli occhi di loto; mahatmyam: glorie; api: anche; ca: e; avyayam: inesauribili.



TRADUZIONE

O Signore dagli occhi di loto, ho ascoltato da Te nei particolari la verità sull'origine e la fine di tutti gli esseri viventi, e ho realizzato le Tue glorie inesauribili.



SPIEGAZIONE

In un capitolo precedente Krishna aveva assicurato ad Arjuna che Egli è la fonte dell'apparizione e della scomparsa dell'intera manifestazione materiale, (aham kritsnasya jagatah prabhavah pralayas tatha), e Arjuna, colmo di gioia, si rivolge a Sri Krishna chiamandoLo "Signore dagli occhi di loto", (gli occhi di Krishna sono del tutto simili ai petali del loto). Tutto, in questo mondo, trae origine dal Signore, e Arjuna apprende i particolari di questa verità dal Signore stesso. Sa che pur essendo la causa della nascita e dell'annientamento di ogni cosa, Krishna resta sempre al di la di questi fenomeni. Presente ovunque, il Signore non perde però la Sua individualità, come Egli stesso conferma nel nono capitolo. Questo è l'inconcepibile potere di Krishna, e Arjuna riconosce di averlo pienamente compreso.





VERSO 3

evam etad yathattha tvam
atmanam paramesvara
drastum icchami te rupam
aisvaram purusottama

evam: così; etat: questo; yatha: così com'è; attha: hai detto; tvam: Tu; atmanam: Tu stesso; parama-isvara: o Signore Supremo; drastum: vedere; icchami: desiderio; te: Tua; rupam: forma; aisvaram: divina; purusa-uttama: o migliore tra le personalità.



TRADUZIONE

O Persona Suprema, o forma sovrana, sebbene Ti veda davanti a me nella Tua vera posizione, come Tu stesso Ti descrivi, desidero vedere in che forma sei penetrato in questa manifestazione cosmica. Voglio vedere quella Tua forma.



SPIEGAZIONE

Il Signore ha già spiegato che l'universo materiale esiste e si mantiene soltanto perché Egli lo pervade con la Sua emanazione plenaria. Arjuna è ispirato dalle parole di Krishna e non ha alcun dubbio a questo proposito, ma per convincere le generazioni future ed evitare che scambino Krishna per una persona comune, egli chiede al Signore di lasciargli vedere la Sua forma universale e fargli conoscere in che modo Egli agisce all'interno dell'universo pur rimanendo distinto da esso. Anche il fatto che Arjuna si rivolga al Signore con l'appellativo di purusottama è significativo. Poiché Krishna è Dio, la Persona Suprema, è presente in Arjuna, conosce i suoi desideri e può quindi capire che Arjuna, completamente soddisfatto di contemplarLo nella Sua forma di Krishna, chiede di vedere la Sua forma universale solo per convincere gli altri. Arjuna non ha per sé il desiderio di una conferma visiva. Krishna sa che Arjuna vuole vedere la forma universale solo per stabilire un criterio di riconoscimento dell'avatara, perché sa che in futuro numerosi impostori pretenderanno di essere Dio. La gente dovrà stare attenta: chiunque proclami di essere Krishna dev'essere pronto a mostrare la forma universale.





VERSO 4

manyase yadi tac chakyam
maya drastum iti prabho
yogessvara tato me tvam
darsayatmanam avyayam

manyase: Tu pensi; yadi: se; tat: quello; sakyam: è in grado; maya: da me; drastum: di essere visto; iti: così; prabho: o Signore; yoga-isvara: o Signore di tutti i poteri mistici; tatah: allora; me: a me; tvam: Tu; darsaya: esibisci; atmanam: il Tuo sé; avyayam: eterno.



TRADUZIONE

Se pensi che io possa sostenere la vista della Tua forma cosmica, o mio Signore, maestro di tutti i poteri mistici, mostrami, per favore, quel Tuo Sè universale illimitato.



SPIEGAZIONE

Le Scritture vediche dichiarano che nessuno, con i sensi materiali, può vedere, sentire, comprendere o percepire il Signore Supremo, Sri Krishna. Ma il Signore Si rivela in persona a colui che fin dall'inizio s'impegna con amore e devozione nel Suo servizio trascendentale. Come potrebbe l'essere individuale, minuscola scintilla spirituale, vedere o comprendere il Signore Supremo? Arjuna, come ogni devoto del Signore, invece di dipendere dalle sue capacità mentali e dalle sue facoltà speculative, ammette i suoi limiti come essere individuale, infinitesimale, e riconosce che la posizione di Krishna è inconcepibile. Capisce che l'essere infinitesimale non può cogliere la natura dell'infinito, dell'illimitato, se l'infinito, per la Sua grazia, non Si rivela a lui.

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La parola yogesvara, in questo verso, indica il potere inconcepibile del Signore. Sebbene sia infinito, il Signore può rivelarSi attraverso la Sua grazia, se lo desidera. Arjuna implora dunque questa inconcepibile misericordia, ma senza assumere un tono imperativo, poiché il Signore non è mai costretto a manifestarSi a qualcuno, se non a colui che è assorto nel servizio di devozione e si abbandona interamente a Lui, in piena coscienza di Krishna. Senza questa coscienza, come sarebbe possibile all'uomo, che ha come strumento solo le sue capacità mentali e speculative, vedere il Signore, Sri Krishna?





VERSO 5

sri-bhagavan uvaca
pasya me partha rupani
sataso 'tha sahasrasah
nana-vidhani divyani
nana-varnakritini ca

sri-bhagavan uvaca: Dio, la Persona Suprema, disse; pasya: guarda; me: Mia; partha: o figlio di Pritha; rupani: forme; satasah: centinaia; atha: anche; sahasrasa: migliaia; nana-vidhani: variegate; divyani: divine; nana: variegati; varna: colori; akritini: forme; ca: anche.



TRADUZIONE

Dio, la Persona Suprema, disse:
Mio caro Arjuna, figlio di Pritha, guarda ora le mie opulenze, centinaia di migliaia di forme divine e multicolori.



SPIEGAZIONE

Arjuna desidera vedere Krishna nella Sua forma universale che, sebbene trascendentale, è manifestata solo nell'universo materiale ed è quindi soggetta alla durata temporanea della manifestazione materiale. Come l'universo materiale, la forma universale di Krishna è talvolta manifestata e talvolta non manifestata; non ha, come le altre forme di Krishna, un posto eterno nel mondo spirituale. In genere, il devoto non aspira a vedere questa forma, ma poiché Arjuna Glielo chiede, Krishna acconsente a mostrargliela. L'uomo comune non può vedere questa forma universale; bisogna prima ricevere da Krishna il potere di vederla.





VERSO 6

pasyadityan vasun rudran
asvinau marutas tatha
bahuny adrista-purvani
pasyascaryani bharata

pasya: guarda; adityan: i dodici figli di Aditi; vasun: gli otto Vasu; rudran: le undici forme di Rudra; asvinau: i due Asvini; marutah: i quarantanove Marut (gli esseri celesti che presiedono al vento); tatha: anche; bahuni: i molti; adrista: che non hai visto; purvani: prima; pasya: guarda; ascaryani: tutte le meraviglie; bharata: o migliore dei Bharata.



TRADUZIONE

O migliore dei Bharata, guarda gli Aditya, i Vasu, i Rudra, gli Asvini Kumara e tutti gli altri esseri celesti. Contempla le innumerevoli meraviglie che nessuno finora ha mai visto e di cui nessuno ha mai sentito parlare.



SPIEGAZIONE

Arjuna è l'amico intimo del Signore e la sua conoscenza supera quella dei più grandi eruditi, ma neppure lui può conoscere tutto del Signore, Sri Krishna. Questo verso afferma che prima di allora mai nessun uomo aveva conosciuto, direttamente o indirettamente, queste forme e manifestazioni multiple e meravigliose che Krishna rivela ora ad Arjuna.





VERSO 7

ihaikastham jagat kritsnam
pasyadya sa-caracaram
mama dehe gudakesa
yac canyad drastum icchasi

iha: in questo; ekastham: in un luogo; jagat: l'universo; kritsnam: completamente; pasya: guarda; adya: immediatamente; sa: con; cara: mobile; acaram: immobile; mama: Mio; dehe: in questo corpo; gudakesa: o Arjuna; yat: che usa; ca: anche; anyat: altro; drastum: vedere; icchasi: tu desideri.



TRADUZIONE

O Arjuna, qualunque cosa tu desideri vedere, contemplala in questo Mio corpo, ora! Questa forma universale può mostrarti tutto ciò che desideri vedere nel futuro. Ogni cosa mobile o immobile è qui al completo, in un unico luogo.



SPIEGAZIONE

Nessuno può vedere, riunito in un solo luogo, tutto l'universo materiale. Neppure gli scienziati più avanzati riescono a conoscere i fenomeni che si manifestano in tutte le differenti parti dell'universo. Ma qui, col potere che Krishna gli concede, Arjuna è in grado di vedere tutto ciò che desidera, il passato, il presente e il futuro. Per la grazia di Krishna, Arjuna può vedere ogni cosa.





VERSO 8

na tu mam sakyase drastum
anenaiva sva-caksusa
divyam dadami te caksuh
pasya me yogam aisvaram

na: mai; tu: ma; mam: Me; sakyase: in grado; drastum: di vedere; anena: con questi; eva: certamente; sva-caksusa: tuoi occhi; divyam: divini; dadami: Io dò; te: a te; caksuh: occhi; pasya: vedi; me: Mio; yogam aisvaram: inconcepibile potere mistico.



TRADUZIONE

Ma tu non puoi vedermi con questi tuoi occhi, di dò dunque occhi divini. Contempla la Mia opulenza mistica!



SPIEGAZIONE

Il puro devoto non aspira a vedere Krishna sotto una forma diversa dalla Sua forma a due braccia; ma se volesse contemplare la forma universale, soltanto il Signore, con la Sua grazia, potrebbe esaudirlo. Infatti, per vedere questa forma non serve la mente, è necessario avere occhi spirituali; perciò il Signore insegna ad Arjuna a cambiare la sua visione, non la sua mente. La forma universale, come mostrano chiaramente i versi di questo capitolo, non costituisce un aspetto fondamentale del Signore. Tuttavia, per soddisfare il desiderio di Arjuna, Krishna gli conferisce la visione adatta a vedere questa forma.

I devoti uniti a Krishna da una relazione pura, spirituale, sono attratti dal suo aspetto d'amore, non da una manifestazione impersonale di poteri. I compagni di gioco di Krishna, i Suoi amici, i Suoi genitori non desiderano mai di vedere la Sua maestosità. Essi sono talmente inondati dalla devozione pura che dimenticano perfino che Krishna è Dio, la Persona Suprema; nei loro scambi d'amore con Lui dimenticano che Egli è il Signore Supremo. Lo Srimad Bhagavatam afferma che i ragazzi che giocano con Krishna non sono esseri comuni, ma sono sul piano della più alta virtù, e soltanto dopo numerosissime esistenze di atti pii poterono giocare in compagnia del Signore. Per loro Krishna è un intimo amico, non sanno che è Dio. Sukadeva Gosvami recita dunque questo verso:

ittham satam brahma-sukhanubhutya
dasyam gatanam para-daivatena
mayasritanam nara-darakena
sakam vijahruh krita-punya-punjah

"Ecco il Signore Supremo considerato il Brahman impersonale dai grandi saggi, la Persona Suprema dai devoti, e un prodotto della natura dagli uomini ordinari. Con Lui, che è Dio in persona, giocano ora questi ragazzi, che nelle loro vite passate hanno compiuto innumerevoli attività pie." (Srimad Bhagavatam 10.12.11).

Il devoto non ha alcun desiderio di vedere la visva-rupa, la forma universale del Signore, e se Arjuna chiede a Krishna di manifestarla è solo per provare agli altri l'autenticità delle Sue affermazioni. Così, nel futuro, gli uomini potranno comprendere che Krishna non Si è presentato come l'Essere Supremo solo in modo teoretico e filosofico, ma si è anche manifestato come Dio. Il Signore è apparso in questa forma di fronte ad Arjuna anche perché questi è il primo anello della catena parampara, la successione di maestri spirituali, e dovrà dunque confermare per l'avvenire la supremazia del Signore. Chiunque sia veramente sincero nella ricerca di Dio, la Persona Suprema, Krishna, chiunque desideri seguire le orme di Arjuna, deve comprendere che Krishna non Si è soltanto presentato come l'Essere Supremo, ma Si è anche rivelato come il Supremo. Krishna conferisce ad Arjuna il potere di conoscere la Sua forma universale perché, come abbiamo visto, la richiesta di Arjuna non è motivata da desideri personali.





VERSO 9

sanjaya uvaca
evam uktva tato rajan
maha-yogesvaro harih
darsayam asa parthaya
paramam rupam aisvaram

sanjayah uvaca: Sanjaya disse; evam: così: uktva: dicendo; tatah: in seguito; rajan: o re; maha-yoga-isvarah: il mistico più potente; harih: Dio, la Persona Suprema, Krishna; darsayam asa: esibì; parthaya: ad Arjuna; paramam: la divina; rupam aisvaram: forma universale.



TRADUZIONE

Sanjaya disse:
O re, così parlando, Dio, la Persona Suprema, maestro sovrano di tutti i poteri mistici, mostra ad Arjuna la Sua forma universale.





VERSI 10-11

aneka-vaktra-nayanam
anekadbhuta-darsanam
aneka-divyabharanam
divyanekodyatayudham

divya-malyambara-dharam
divya-gandhanulepanam
sarvascarya-mayam devam
anantam visvato-mukham

aneka: varie; vaktra: bocche; nayanam: occhi; aneka: varie; adbhuta: meravigliose; darsanam: viste; aneka: molti; divya: divini; abharanam: ornamenti; divya: divini; aneka: varie; udyata: levate; ayudham: armi; divya: divine; malya: ghirlande; ambara: vesti; dharam: indossando; divya: divine; gandha: fragranze; anulepanam: cosparsa di; sarva: tutta; ascarya-mayam: meravigliosa; devam: brillante; anantam: illimitata; visvatah-mukham: onnipervadente.




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TRADUZIONE

In quella forma universale Arjuna vede innumerevoli bocche, innumerevoli occhi, innumerevoli cose prodigiose. Quella forma era adorna di gioielli divini e impugnava a numerose armi divine. Indossava vesti e ghirlande celestiali e profumava di varie essenze odorose; tutto era straordinario, splendente, illimitato e in continua espansione.



SPIEGAZIONE

In questi due versi l'uso ripetuto del termine "innumerevoli" indica che non c'è limite alle ani del Signore, alle Sue bocche e alle Sue gambe. Queste manifestazioni si estendono in ogni angolo dell'universo, e sono infinite; ma per la grazia del Signore, Arjuna può vederle tutte, sebbene si trovi in un luogo ben preciso. Questo è il potere inconcepibile di Krishna.







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CAPITOLO 12





Il servizio di devozione





VERSO 1

arjuna uvaca
evam satata-yukta ye
bhaktas tvam paryupasate
ye capy aksaram avyaktam
tesam ke yoga-vittamah

arjunah uvaca: Arjuna disse; evam: così; satata: sempre; yuktah: impegnata; ye: coloro che; bhaktah: devoti; tvam: Te; paryupasate: adorano in modo adeguato; ye: coloro che; ca: anche; api: di nuovo; aksaram: al di la dei sensi; avyaktam: il non manifestato; tesam: di loro; ke: chi; yoga-vit-tamah: i più perfetti nella conoscenza dello yoga.



TRADUZIONE

Arjuna chiese:
Tra coloro che sono sempre impegnati nel Tuo servizio devozionale e coloro che adorano il Brahman impersonale, il non manifestato, chi è considerato più perfetto?



SPIEGAZIONE

Sri Krishna, Dio, la Persona Suprema, ha finora spiegato il Suo aspetto personale e universale e ha descritto le diverse categorie di devoti e di yogi. Gli spiritualisti si possono dividere in due gruppi: i personalisti e gli impersonalisti. I primi impiegano tutta la loro energia al servizio del Signore Supremo, mentre i secondi non s'impegnano direttamente in questo servizio, ma preferiscono la meditazione sul Brahman impersonale, sul non manifestato. Questo capitolo ci rivelerà che fra tutte le vie che conducono alla realizzazione della Verità Assoluta, il bhakti-yoga, o servizio di devozione, è la più alta. Se si aspira veramente a vivere in compagnia del Signore Supremo, Dio, è il servizio di devozione che si deve adottare.

I personalisti sono coloro che adorano direttamente il Signore attraverso il servizio di devozione, mentre gli impersonalisti sono coloro che s'impegnano nella meditazione sul Brahman impersonale. Qui Arjuna domanda se è migliore la via personalista o quella impersonalista, e Krishna gli indicherà il bhakti-yoga, il servizio di devozione offerto a Lui, come il più alto di tutti i metodi di realizzazione della Verità Assoluta e come il modo diretto e più facile di vivere accanto a Lui, che è Dio in persona.

Il Signore spiegava, nel secondo capitolo, che l'essere non è un corpo di materia, ma una scintilla spirituale, una parte integrante della Verità assoluta. Nel settimo capitolo tornava a descrivere l'essere individuale come parte del Tutto supremo e gli raccomandava di volgere la sua piena attenzione verso questo Tutto. Nell'ottavo capitolo aggiungeva che chiunque pensi a Lui all'istante della morte raggiunge immediatamente la Sua dimora, nel mondo spirituale. E alla fine del sesto capitolo Krishna affermava che fra tutti gli yogi, colui che nell'intimo della propria coscienza pensa costantemente alla Sua Persona, è il più perfetto. Perciò, in pratica, in ogni capitolo è messa in rilievo la necessità di attaccarsi alla forma personale di Krishna perché questa è la realizzazione spirituale più elevata.

Esistono tuttavia persone che non sono attratte dalla forma personale di Krishna; anzi ne sono a tal punto distaccate che perfino nei loro commenti sulla Bhagavad-gita vogliono allontanare da Krishna anche altri per trasferire sul brahmajyoti impersonale tutta la devozione. Preferiscono meditare sulla forma impersonale della Verità Assoluta che è situata al di là della portata dei sensi e non è manifesta. Vi sono dunque due categorie di trascendentalisti. Ora Arjuna sta cercando di determinane qual è il metodo più facile e quale delle categorie è più perfetta.

Con questa domanda Arjuna cerca in qualche modo di chiarire la propria posizione; si sente attratto dalla forma personale di Krishna e non prova alcuna attrazione per il Brahman impersonale. Dopo tutto, la manifestazione impersonale del Signore Supremo, sia nel mondo materiale sia nel mondo spirituale, non è un facile oggetto di meditazione perché non può mai essere concepita in modo perfetto. Perciò Arjuna si chiede quale sia il valore di questa meditazione: non è forse una semplice perdita di tempo? Egli ha già compreso per esperienza personale, come abbiamo visto nell'undicesimo capitolo, che sviluppando attaccamento per la forma personale di Krishna può capire anche tutte le Sue forme, senza che il suo amore per Krishna ne sia minimamente scosso. La risposta di Krishna all'importante domanda di Arjuna ci permetterà dunque di chiarire la differenza tra la concezione personale e quella impersonale della Verità Assoluta.





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VERSO 2

sri-bhagavan uvaca
mayy avesya mano ye mam
nitya-yukta upasate
sraddhaya parayopetas
te me yuktatama matah

sri-bhagavan uvaca: Dio, la Persona Suprema, disse; mayi: su di Me; avesya: fissando; manah: la mente; ye: quelli che; mam: Me; nitya: sempre; yuktah: impegnati; upasate: adorano; sraddhaya: con fede; paraya: trascendentale; upetah: dotati; te: essi; me: da Me; yukta-tamah: i più perfetti nello yoga; matah: sono considerati.



TRADUZIONE

Dio, la persona suprema, disse,
Coloro che fissano la mente sulla Mia forma personale, e sono sempre impegnati nell'adorarMi con un'ardente fede spirituale, sono considerati da Me i più perfetti.



SPIEGAZIONE

Alla domanda di Arjuna, Krishna risponde chiaramente che colui che si concentra sulla Sua forma personale e Lo adora con fede e devozione ha raggiunto la più alta perfezione dello yoga. Non esistono più attività materiali per chi arrivato a questo livello in coscienza di Krishna, perché il vero autore delle sue azioni è Krishna. Il puro devoto è sempre assorto nel servizio d'amore al Signore, ora ascoltando le Sue glorie, ora leggendole o cantandole, ora preparando prasadam o lavando i Suoi piatti o il Suo tempio, o acquistando diverse cose per offrirGliele. Non passa istante che non dedichi le sue azioni a Krishna; ogni suo atto è compiuto nel più perfetto stato di samadhi.





VERSI 3-4

ye tv aksaram anirdesyam
avyaktam paryupasatc
sarvatra-gam acintyam ca
kuta-stham acalam dhruvam

sanniyamyendriya-gramam
sarvatra sama-buddhayah
te prapnuvanti mam eva
sarva-bhuta-hite ratah

ye: coloro che; tu: ma; aksaram: ciò che è al di là della perfezione dei sensi; anirdesyam: indefinito; avyaktam: non manifestato; paryupasate: completamente impegnato nell'adorazione; sarvatra-gam: onnipervadente; acintyam: inconcepibile; ca: anche; kuta-stham: l'immutabile; acalam: inamovibile; dhruvam: fisso; sanniyamya: che controllano; indriya-gramam: tutti i sensi; sarvatra: dovunque; sama buddhayah: equamente disposti; te: essi; prapnuvanti: ottengono; mam: Me; eva: certamente; sarva-bhuta-hite: per il beneficio di tutti gli esseri viventi; ratah: impegnati.



TRADUZIONE

Quanto a coloro che si votano completamente al non manifestato, inaccessibile alla percezione dei sensi, onnipervadente, inconcepibile, immutabile, fisso e inamovibile [la concezione impersonale della Verità Assoluta]; controllando i sensi, mostrandosi equanimi verso tutti gli esseri e prodigandosi per il bene altrui, anch'essi alla fine Mi raggiungeranno.



SPIEGAZIONE

Anche colui che non adora direttamente Dio, la Persona Suprema, Sri Krishna, ma tenta di arrivare allo stesso risultato per vie indirette, alla fine arriverà a Dio, che è lo scopo ultimo. Infatti la Bhagavad-gita c'insegna che dopo numerose nascite, quando l'uomo saggio comprende che Vasudeva, Krishna, è tutto ciò che esiste, la causa di tutte le cause, prende rifugio in Lui. Colui che dopo innumerevoli vite raggiunge la conoscenza perfetta, si abbandona a Krishna, Dio la Persona Suprema. Per avvicinare Dio attraverso il metodo spiegato in questo verso occorre controllare i sensi diventare il servitore di ogni essere e interessarsi al benessere di tutti. Ma questo verso ci fa capire che non esiste la realizzazione perfetta se non ci avviciniamo a Krishna. E prima di abbandonarsi completamente a Lui spesso occorre passare attraverso numerose ascesi.

Per poter percepire l'Anima Suprema nel cuore dell'anima individuale, bisogna mettere fine a tutte le attività dei sensi, come il vedere, il gustare, l'agire e così via. Soltanto allora si comprende l'onnipresenza dell'Anima Suprema. Giunti a questa comprensione, non si proverà più invidia e non si farà più distinzione tra gli esseri, uomini o animali che siano, perché non si vedranno più gli involucri esterni, ma solo l'anima. Ma questa via di realizzazione impersonale è molto difficile per l'uomo comune.





VERSO 5

kleso 'dhikaratas tesam
avyaktasakta-cetasam
avyakta hi gatir duhkham
dehavadbhir avapyate

klesah: difficoltà; adhika-tarah: molte; tesam: di loro: avyakta: al non manifestato; asakta: attaccata; cetasam: di coloro la cui mente; avyakta: verso il non manifestato; hi: certamente; gatih: progresso; duhkham: con pena; deha-vadbhih: dalle anime incarnate; avapyate; è raggiunto.



TRADUZIONE

Per coloro la cui mente è attratta dal non manifestato, dall'aspetto impersonale del Supremo, l'avanzamento è pieno di difficoltà. Progredire in questa via è sempre difficile per gli esseri incarnati.



SPIEGAZIONE

Lo spiritualista che si vota all'aspetto impersonale, inconcepibile e non manifestato del Signore Supremo è il jnana-yogi; colui che invece che vive completamente nella coscienza di Krishna e serve il Signore con amore e devozione è il bhakti-yogi. La differenza tra i due si manifesta qui in modo evidente: la via del jnana-yoga, sebbene conduca in ultimo allo stesso scopo, è molto difficile, mentre quella del bhakti-yoga, che consiste nel servire direttamente il Signore Supremo, è molto più facile e naturale per l'anima incarnata. L'anima condizionata è incarnata da tempo immemorabile, quindi è molto difficile da capire, su una base puramente teorica, di non essere il corpo materiale. Perciò il bhakti-yogi adora Krishna nella Sua forma arca, e ciò gli permette di applicare correttamente la concezione corporea che egli ha di ogni persona. È ovvio che l'adorazione del Signore Supremo sotto la Sua forma di murti nel tempio non è idolatria. Le Scritture vediche precisano che il culto di Dio può essere saguna o nirguna, secondo che si veda il Signore con o senza i Suoi attributi. L'adorazione delle murti nel tempio è saguna, perché il Signore vi è rappresentato con l'aiuto di elementi materiali. Ma la forma del Signore non è materiale, anche se rappresentata nel legno, nella pietra o nei quadri a olio¹. Questa è la natura assoluta del Signor Supremo.

Facciamo un esempio, un po' crudo, ma appropriato: una lettera impostata in una delle buche postali che sono collocate sulla via pubblica giungerà a destinazione senza difficoltà; la stessa cosa non accadrà a una lettera gettata in una fessura qualsiasi, o in una imitazione di buca da lettere non riconosciuta dall'ufficio postale. Così, il Signore Supremo, Dio, ha la Sua rappresentazione autorizzata nella murti, o arca-vigraha, che è la Sua incarnazione. Attraverso la Sua forma arca, Krishna, onnipresente e onnipotente, può accettare le offerte del Suo devoto e facilitare così il servizio che Gli dedicano le anime condizionate.

Non è difficile per un devoto avvicinare l'Essere Supremo, immediatamente e direttamente, mentre coloro che intraprendono la via dell'impersonalismo incontrano numerosi ostacoli. Infatti, per comprendere l'aspetto non manifestato dell'Assoluto, gli impersonalisti devono non solo studiare le Upanisad e altri Testi vedici e imparare quindi la lingua sanscrita, ma devono anche percepire ciò che non è percebibile e infine assimilare e realizzare perfettamente tutto questo studio. Compito ben arduo per un uomo comune! Il devoto, invece, impegnato nel servizio a Krishna, non ha difficoltà a realizzare Dio, la Persona Suprema, seguendo le istruzioni di un maestro spirituale autentico, rendendo regolarmente i propri omaggi alla forma del Signore installata nel tempio (murti) ascoltando le glorie del Signore e mangiando i resti del cibo che Gli è stato offerto. È evidente dunque che l'impersonalista prende inutilmente una strada difficile, rischiando anche di non arrivare mai alla realizzazione della Verità Assoluta, mentre il personalista, senza alcun rischio senza fatica e senza difficoltà, giunge direttamente alla Persona Suprema. Nello Srimad-Bhagavatam si trova un passo simile a questo verso, dov'è detto che se invece di seguire la via della bhakti e abbandonarsi a Dio, la Persona Suprema, si trascorre tutta la vita a cercare di distinguere ciò che è Brahman da ciò che non lo è, si ricavano solo difficoltà. Questo verso consiglia dunque di non incamminarsi per questa via ardua, che non dà neppure la sicurezza di giungere alla meta.

L'essere vivente è eternamente un'anima individuale; cercando di fondersi nel Tutto assoluto realizzerà forse l'aspetto di eternità e conoscenza proprio della sua natura originale, ma non realizzerà l'aspetto di felicità che gli è ugualmente inerente. Tuttavia, questo spiritualista, esperto nella pratica del jnana-yoga, forse un giorno approderà, per la grazia di un devoto del Signore, al servizio di devozione, al bhakti-yoga. Ma anche allora, la lunga pratica nell'impersonalismo gli creerà nuovi problemi, perché è molto difficile disfarsi di questa falsa concezione. Il non manifestato non può quindi che offrire difficoltà a coloro che si dedicano ad esso, sia nel momento della pratica sia nel momento della realizzazione. Ogni essere è dotato di un'indipendenza parziale e può scegliere la via che più gli conviene; deve però sapere con tutta certezza che la via del non manifestato contrasta con la felice natura spirituale dell'anima ed è quindi meglio evitare di seguirla. La coscienza di Krishna, che comporta un impegno totale nel servizio di devozionale, offre a tutti gli esseri la via migliore. Invece, chi vuole ignorare il servizio

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Invece, chi vuole ignorare il servizio di devozione corre il rischio di deviare verso l'ateismo. In ogni era, e in particolare nella nostra, il metodo di realizzazione che fa volgere l'attenzione verso l'inconcepibile, il non manifestato, che non è accessibile ai sensi, non deve mai essere incoraggiato. Il Signore, Sri Krishna, lo sconsiglia.





VERSI 6-7

ye tu sarvani karmani
mayi sannyasya mat-parah
ananyenaiva yogena
mam dhyayanta upasate

tesam aham samuddharta
mrityu-samsara-sagarat
bhavami na cirat partha
mayy avesita-cetasam

ye: coloro che; tu: ma; sarvani: tutti; karmani: attività; mayi: a Me; sannyasya: abbandonando; mat-parah: essendo attaccati a Me; ananyena: senza divisione; eva: certamente; yogena: con la pratica di tale bhakti-yoga; mam: a Me; dhyayantah: meditando; upasate: adorazione; tesam: di loro; aham: Io; samuddharta: il liberatore; mrityu: della morte; samsara: nell'esistenza materiale; sagarat: dall'oceano; bhavami: divento; na: non; cirat: dopo lungo tempo; partha: o figlio di Pritha; mayi: su di Me; avesita: fisse; cetasam: di coloro le cui menti.



TRADUZIONE

Ma per coloro che mi adorano e abbandonano ogni attività dedicandosi esclusivamente a Me, assorti nel servizio devozionale e meditando sempre su di Me, assorti nel servizio devozionale e meditando sempre su di Me, Io sono il liberatore che li sottrarrà presto all'oceano di nascita e morte, o figlio di Pritha.



SPIEGAZIONE

Il Signore dice qui che Egli libera molto rapidamente i Suoi devoti dai legami dell'esistenza materiale. Il servizio di devozione porta l'uomo a realizzare la grandezza di Dio, a capire che l'anima individuale è subordinata al Signore e ha il dovere di servirLo, altrimenti sarà costretta a servire maya. Come abbiamo visto, solo il servizio di devozione può permetterci di avvicinare il Signore Supremo; bisogna dunque votarsi completamente a Krishna, agire solo per il suo piacere e concentrare la mente su di Lui per tornare così a Lui. Poco importa l'attività scelta, purché sia dedicata a Krishna e a Lui soltanto. Questa è la regola del servizio devozionale.

Il devoto non desidera altro risultato che la soddisfazione di Dio, la Persona Suprema. Poiché la missione della sua vita è quella di far piacere a Krishna, egli è pronto a sacrificare tutto per Lui, come fa Arjuna sul campo di battaglia di Kuruksetra. Il metodo è molto semplice: dedicarsi a Krishna nelle proprie occupazioni cantando o recitando Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare, perché questo canto trascendentale attira il devoto verso Dio.

Il Signore Supremo promette di far uscire subito dall'oceano dell'esistenza materiale il puro devoto che si dedica al Suo servizio. Con lo yoga i perfetti yogi possono andare sul pianeta che hanno scelto, cosa possibile anche con diversi altri mezzi; ma nel caso del devoto, è chiaramente detto qui che il Signore stesso viene a prenderlo; per lui non c'è dunque bisogno di aspettare di essere molto esperto per andare nel mondo spirituale.

Il Varaha Purana lo conferma:

nayami paramam sthanam
arcir-adi-gatim vina
garuda-skandham aropya
vatheccham anivaritah

Questo verso insegna che il devoto non ha alcun bisogno di praticare l'astanga-yoga per condurre la sua anima sui pianeti spirituali. È il Signore Supremo che Si prende questa responsabilità per lui, e lo libera. Come il bambino è al sicuro sotto l'attenta protezione dei genitori, così il devoto non deve praticare nessun'altra forma di yoga per andare su altri pianeti. Nella Sua immensa misericordia, il Signore Supremo, trasportato dall'uccello Garuda, viene personalmente per sottrarre il Suo devoto all'esistenza materiale. Anche se lotta con accanimento per salvarsi ed è un esperto nuotatore, l'uomo sperduto in mezzo all'oceano annegherà sicuramente, ma se qualcuno viene a prenderlo, sarà salvato senza difficoltà. Così il Signore salva il Suo devoto dall'oceano dell'esistenza materiale; è sufficiente praticare il semplice metodo della coscienza di Krishna ed essere pienamente assorti nel servizio di devozione. Qualunque uomo intelligente preferirà la via devozionale a tutte le altre. Il Narayania aggiunge:

ya vai sadhana-sampattih
purusartha-catustaye
taya vina tad apnoti
naro narayanasrayah

Non si dovrebbe mai seguire il metodo dell'azione interessata, nelle sue diverse forme, o coltivare la conoscenza con la speculazione intellettuale, perché chiunque si dedichi alla Persona Suprema può godere di tutti i frutti dei vari yoga, della speculazione intellettuale, dei riti, dei sacrifici, degli atti di carità e così via. Questa è la benedizione speciale che conferisce il servizio di devozione.
Grazie al semplice canto dei santi nomi di Krishna - Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare, - il devoto del Signore può arrivare gioiosamente e facilmente alla destinazione suprema, che non può essere raggiunta in nessun altro modo.
La conclusione della Bhagavad-gita, espressa nel diciottesimo capitolo, non lascia possibilità di equivoco:

sarva-dharman parityajya
mam ekam saranam vraja
aham tvam sarva-papebhyo
moksayisyami ma sucah

Bisogna abbandonare ogni altra via di realizzazione spirituale e dedicarsi al servizio di devozione nella coscienza di Krishna; si potrà così raggiungere la più alta perfezione dell'esistenza. Il devoto non deve preoccuparsi degli atti colpevoli compiuti nella sua vita precedente, perché il Signore Supremo lo protegge anche in questo senso. È inutile dunque cercare di liberarsi e raggiungere la realizzazione spirituale da soli; tutti devono prendere rifugio nel Signore Supremo e Onnipotente, Sri Krishna, perché questa è la più alta perfezione dell'esistenza.





VERSO 8

mayy eva mana adhatsva
mayi buddhim nivesaya
nivasisyasi mayy eva
ata urdhvam na samsayah

mayi: su di Me; eva: certamente; manah: mente; adhatsva: fissa; mayi: su di Me; buddim: intelligenza; nivesaya: applica; nivasisyasi: vivrai; mayi: in Me; eva: certamente; atah urdhvam: quindi; na: mai; samsayah: dubbio.



TRADUZIONE

Fissa la tua mente in Me, Dio, la Persona Suprema, e impegna in Me tutta la tua intelligenza. Così, senza dubbio, vivrai sempre in Me.



SPIEGAZIONE

Chi serve Krishna con devozione vive in una relazione diretta con Lui, perciò la sua posizione è certamente spirituale, fin dall'inizio della sua pratica. Il devoto, infatti, non vive più sul piano materiale, ma vive in Krishna. Poiché il santo nome del Signore non è differente dal Signore stesso, quando il devoto canta Hare Krishna, Krishna e la Sua potenza interna danzano sulla sua lingua. Krishna accetta direttamente il cibo che il Suo devoto Gli offre, e il devoto mangiando i resti di questa offerta, diventa "Krishnaizzato". Ma chi non s'impegna nel servizio di devozione non potrà apprezzare l'autenticità di questo metodo, sebbene sia raccomandato nella Bhagavad-gita e nelle altre Scritture vediche.




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VERSO 9

atha cittam samadhatum
na saknosi mayi sthiram
abhyasa-yogena tato
mam icchaptum dhananjaya

atha: se, perciò; cittam: mente; samadhatum: fissare; na: non; saknosi: tu sei in grado; mayi: su di Me; sthiram: stabilmente; abhyasa-yogena: con la pratica del servizio devozionale; tatah: poi; mam: Me; iccha: desiderio; aptum: ottenere; dhanam-jaya: o conquistatore delle ricchezze, Arjuna.



TRADUZIONE

Mio caro Arjuna, o conquistatore delle ricchezze, se non riesci a fissare la tua mente in Me senza deviare, osserva allora i princìpi regolatori del bhakti-yoga. Svilupperai così il desiderio di raggiungerMi.



SPIEGAZIONE

Questo verso indica due aspetti del bhakti-yoga. Il primo riguarda coloro che sono colmi di un amore spirituale e hanno già sviluppato un attaccamento per Krishna, la Persona Suprema: il secondo è destinato a coloro che non hanno sviluppato ancora questo amore e questo attaccamento. Essi dovranno allora seguire alcune regole e sottostare a certe restrizioni che li condurranno infine a sviluppare attaccamento per Krishna.
Il bhakti-yoga consiste nel purificare i sensi. Nell'esistenza condizionata i sensi sono impuri perché sono usati per il piacere materiale, ma il bhakti-yoga li purifica e li mette in diretto contatto col Signore Supremo. Nella vita materiale gli uomini non servono un padrone per amore ma per interesse, soprattutto per denaro. Il padrone, neppure lui, prova amore per il suo subordinato, ma usa soltanto i suoi servizi e in cambio lo paga. Non c'è amore in questo rapporto. Nella vita spirituale, invece, occorre elevarsi fino all'amore puro, il che è possibile praticando il servizio di devozione con i sensi di cui siamo dotati ora.

L'amore per Dio è assopito nel cuore di tutti. Si manifesta in questo mondo sotto diverse forme, ma è sempre contaminato dalla materia. Questa coscienza materiale dev'essere purificata e questo amore naturale risvegliato. Questa è la via del bhakti-yoga.
La pratica del bhakti-yoga consiste nel seguire, sotto la guida di un esperto maestro spirituale, alcuni princìpi regolatori, come alzarsi presto al mattino e fare un bagno, entrare nel tempio per offrire preghiere al Signore e cantare Hare Krishna, cogliere dei fiori e offrirli alla murti del Signore, cucinare per Lui piatti delicati e offrirGlieli, onorare poi i resti del cibo offerto (prasadam), e così via. Si deve anche ascoltare costantemente dai puri devoti il messaggio della Bhagavad-gita e dello Srimad-Bhagavatam. Senza dubbio, le attività svolte secondo i princìpi regolatori del bhakti-yoga, sotto la guida di un maestro spirituale, ci aiuteranno elevarci al piano dell'amore per Dio e ci condurranno al Suo regno spirituale.





VERSO 10

abhyase 'py asamartho 'si
mat-karma-paramo bhava mad-artham api karmani
kurvan siddhim avapsyasi

abhyase: con la pratica; api: anche se; asamarthah: incapace; asi: tu sei; mat-karma: attività per Me; paramah: dedicata a; bhava: diventa; mat-artham: unicamente per Me; api: anche; karmani: attività; kurvan: compiendo; siddhim: perfezione; avapsyasi: otterrai.



TRADUZIONE

Se non riesci a mettere in pratica i princìpi regolatori del bhakti-yoga, cerca di dedicare a Me le tue attività perché agendo per Me raggiungerai la perfezione.



SPIEGAZIONE

Colui che non riesce a osservare i princìpi regolatori del bhakti-yoga sotto la guida di un maestro spirituale può sempre raggiungere la perfezione se lavora per il Signore. Abbiamo già visto nel verso cinquantacinque dell'undicesimo capitolo come agire su questa via: si deve favorire la diffusione della coscienza di Krishna. Numerosi devoti sono già impegnati in quest'opera, ma hanno bisogno di aiuti. Perciò, anche le persone che non possono direttamente osservare i princìpi regolatori del bhakti-yoga, possono partecipare a quest'attività. Ogni impresa - che sia al servizio del materialismo o al servizio di Krishna - richiede terreno, locali, capitali, mano d'opera e organizzazione. La sola differenza è che il materialista lavora per il piacere dei sensi, mentre la stessa azione, quando è compiuta per la soddisfazione di Krishna, è completamente spirituale. Chi ha del denaro potrà dare un aiuto per la costruzione di un tempio o di un centro per la coscienza di Krishna, o anche per la pubblicazione delle opere di spiritualità vedica. Le attività nella coscienza di Krishna sono molteplici, basta interessarsene e parteciparvi. L'uomo che non giunge a sacrificare tutti i frutti delle sue azioni può almeno sacrificarne una parte per la diffusione della coscienza di Krishna. Questo servizio volontario per la causa della coscienza di Krishna lo aiuterà a sviluppare il suo amore per Dio e raggiungere così la perfezione.






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CAPITOLO 13





La natura, il beneficiario e la coscienza





VERSI 1-2

arjuna uvaca
prakritim purusam caiva
ksetram ksetra-jnam eva ca
etad veditum icchami
jnanam jneyam ca kesava

sri-bhagavan uvaca
idam sariiram kaunteya
ksetram ity abhidhiyate
etad yo vetti tam prahuh
ksetra-jna iti tad-vidah

arjunah uvaca: Arjuna disse; prakritim: natura; purusam: il beneficiario; ca: anche; eva: certamente; ksetram: il campo; ksetra jnam: il conoscitore del campo; eva: certamente; ca: anche; etat: tutto ciò; veditum: comprendere; icchami: desiderio; jnanam: conoscenza; jneyam: l'oggetto della conoscenza; ca: anche; kesava: o Krishna; sri bhagavan uvaca: Dio, la Persona Suprema disse; idam: questo; sariram: corpo; kaunteya: o figlio di Kunti; ksetram: il campo; iti: così; abhidhiyate: è chiamato; etat: questo; yah: colui che; vetti: conosce; tam: egli; prahuh: è chiamato; ksetra-jnah: il conoscitore del campo; iti: così; tat-vidah: da coloro che conoscono questo.



TRADUZIONE

Arjuna disse:
Mio caro Krishna desidero sapere che cos'è la prakriti [la natura], chi è il purusa [il beneficiario], che cosa sono il campo e il conoscitore del campo, la conoscenza e l'oggetto della conoscenza.
Dio, la Persona Suprema, rispose:
Il corpo, o figlio di Kunti, si chiama "campo", e colui che conosce il corpo è il "conoscitore del campo".



SPIEGAZIONE

Arjuna chiede spiegazioni sulla prakriti (la natura ), il purusa (colui che gode della natura), lo ksetra-jna (il conoscitore del campo), la conoscenza e l'oggetto della conoscenza. In risposta alle sue domande sul campo e sul conoscitore del campo, Krishna glieli descrive rispettivamente come il corpo e il conoscitore del corpo.
Il corpo è il campo d'azione dell'anima condizionata. L'anima prigioniera dell'esistenza materiale si sforza di dominare la natura e di trarre dai sensi il massimo piacere; il suo campo d'azione, cioè il corpo che ottiene, costituito dagli organi dei sensi, è determinato da questo desiderio di dominare e godere. Lo ksetra-jna, il conoscitore del campo, è colui che risiede nel corpo, cioè nel campo d'azione (Ksetra). Non è affatto difficile cogliere la differenza che esiste tra il campo, cioè il corpo, e il suo conoscitore. Tutti possono vedere che il corpo passa dall'infanzia alla vecchiaia subendo numerosi cambiamenti, mentre la persona rimane sempre la stessa. C'è dunque una differenza tra il conoscitore del campo d'azione e il campo d'azione propriamente detto.

Così, l'anima condizionata può capire di essere distinta dal corpo, come spiegavano già i primi versi della Bhagavad-gita (dehino 'smin yatha dehe): l'essere vive all'interno del corpo, che passa dall'infanzia all'adolescenza, poi all'età matura e alla vecchiaia, e chi possiede il corpo sa che esso è in perpetuo cambiamento. Il proprietario del campo è chiaramente lo ksetra-jna: "Io sono felice", "Io sono un uomo", "Io sono una donna", "Io sono un cane", "Io sono un gatto"; è sempre il conoscitore del campo che parla, differente da questo campo. Non è difficile capire che siamo distinti dai nostri abiti, come da tutti gli oggetti che adoperiamo; così non c'è bisogno di andare molto lontano per capire che siamo distinti anche dal corpo di cui siamo rivestiti. Io, tu o chiunque altro abbia un corpo è definito ksetra-jna, il conoscitore del campo d'azione, e il corpo è chiamato ksetra, il campo d'azione.

I primi sei capitoli hanno descritto questo conoscitore del campo, l'essere individuale, e le condizioni che gli permettono di conoscere Dio, l'Essere Supremo. I sei capitoli successivi hanno descritto il Signore e la relazione che unisce l'anima individuale all'Anima Suprema nell'ambito del servizio devozionale. Anche la supremazia di Dio e la posizione subordinata dell'essere individuale sono state chiaramente spiegate: l'anima infinitesimale è sempre subordinata all'Anima Suprema, ma la dimenticanza della sua posizione genera la sofferenza. Tuttavia, quando è illuminata da atti virtuosi, l'anima condizionata s'inserisce tra coloro che si sottomettono al Signore - gli infelici, i curiosi, coloro che aspirano alla ricchezza e coloro che cercano la conoscenza. Tutto questo riguarda i capitoli precedenti. Da questo capitolo in poi, invece, sarà descritta la causa del contatto dell'essere individuale con la materia e i modi in cui egli potrà essere liberato dal Signore, cioè attraverso l'azione interessata, lo sviluppo della conoscenza e il servizio di devozione. Verrà anche spiegato come l'anima, sebbene completamente distinta dal corpo, diventa in un modo o nell'altro vincolata ad esso.





VERSO 3

ksetra-jnam capi mam viddhi
sarva-ksetresu bharata
ksetra-ksetrajnayor jnanam
yat taj jnanam matam mama

ksetra-jnam: il conoscitore del campo; ca: anche; api: certamente; mam: Me; viddhi: conosce; sarva: tutti; ksetresu: nei campi corporei; bharata: o figlio di Bharata; ksetra: il campo di attività (il corpo): ksetra-jnayoh: e il conoscitore del campo; jnanam: conoscenza di; yat: ciò che; tat: quella; jnanam: conoscenza; matam: opinione; mama: Mia.



TRADUZIONE

Sappi, o discendente di Bharata, che anch'Io sono il conoscitore, presente in tutti i corpi. Conoscere il corpo e colui che conosce il corpo costituisce la conoscenza. Questa è la Mia opinione.



SPIEGAZIONE

Da queste domande sul corpo e sul suo possessore, che sono l'anima e l'Anima Suprema, emergono tre oggetti di studio: il Signore, l'essere individuale e la materia. In ogni corpo o campo d'azione si trovano due anime: l'anima individuale e l'Anima Suprema. Poiché l'Anima Suprema è un'emanazione plenaria del Signore, Krishna dice giustamente: "Anch'Io sono il conoscitore del campo, ma non sono il suo possessore individuale. Io ne sono il conoscitore supremo, presente in tutti i corpi come Paramatma, l'Anima Suprema."

Chi studia nei particolari l'argomento relativo al campo d'azione e al conoscitore del campo sulla base di questa Bhagavad-gita, può ottenere la conoscenza.
Il Signore dice: "Io sono Colui che conosce il campo d'azione di ogni essere vivente". L'essere individuale conosce solo il proprio corpo e non quello degli altri, mentre il Signore Supremo, presente in ogni corpo nella forma dell'Anima Suprema, conosce tutti i corpi, in ogni specie vivente. Un contadino può conoscere tutto ciò che riguarda il suo pezzo di terra, ma il re, oltre alla sua proprietà, conosce anche ciò che possiedono tutti i sudditi. Il re è quindi il padrone principale del regno, mentre i suoi sudditi non sono che padroni secondari. Similmente, ognuno di noi possiede un corpo particolare, ma il Signore è il proprietario supremo e il padrone originale di tutti i corpi.

Il corpo è costituito dai "sensi", cioè dagli organi di senso. E il Signore è chiamato "Hriskesa", il maestro di tutti i sensi. In effetti, come il sovrano ha il controllo finale su tutte le attività del regno, e i sudditi hanno solo poteri secondari, così il Signore Supremo è il maestro originale dei sensi. E quando afferma: "In tutti i corpi, anch'Io sono il conoscitore", significa che Egli è il conoscitore supremo, mentre l'anima individuale conosce solo il proprio corpo. I Veda lo confermano:

ksetrani hi sarirani
bijam capi subhasubhe
tani vetti sa yogatma
tatah ksetra-jna ucyate

Il corpo si chiama ksetra. All'interno del corpo vive il suo possessore, ma anche il Signor Supremo, che sa tutto del corpo e di colui che lo possiede. Così diremo che il Signore è il conoscitore di tutti i campi d'azione.
La conoscenza perfetta della natura del campo d'azione, dell'autore degli atti e del maestro ultimo degli atti - il corpo, l'anima individuale e l'Anima Suprema - è indicata nelle Scritture vediche col nome di jnana. Sapere ciò che distingue il campo d'azione dal conoscitore di questo campo, sapere che l'anima e l'Anima Suprema sono simultaneamente Una e differenti e, secondo il pensiero di Krishna, la perfetta conoscenza. Colui che non capisce la differenza tra il campo d'azione e il conoscitore del campo non possiede una conoscenza perfetta.

È necessario conoscere la posizione della prakriti, la natura del purusa, colui che gode della natura, e dell'isvara, il conoscitore che domina sia la natura sia l'anima individuale. Confonderli sarebbe un grave errore, come lo sarebbe se confondessimo il pittore con la tela e il cavalletto. La natura, il campo d'azione, è il mondo materiale; colui che gode della natura è l'essere individuale; e sopra di essi si trova il controllore supremo, la Persona Divina. I Testi vedici (Svetasvatara Upanisad) 1.12) aggiungono: bhokta bhogyam preritaram ca matva sarvam proktam tri vidham brahman etat. Esistono tre diversi concetti del Brahman: la prakriti è Brahman in quanto campo d'azione, il jiva, l'essere individuale, è anche lui Brahman in quanto cerca di dominare la natura materiale, ma il Brahman Supremo è il controllore di entrambi, è il controllore assoluto.

Questo capitolo spiegherà in seguito che tra i due conoscitori del corpo, uno è fallibile e l'Altro no, Uno è superiore e l'altro è subordinato. Chi afferma che i due conoscitori sono una sola persona contraddice il Signore Supremo, che dice chiaramente: "In tutti i corpi, anch'Io sono il conoscitore." Non confondiamo un serpente con una corda. Esistono diversi corpi, e ciascuno di essi è la manifestazione del desiderio e della capacità che ha l'anima individuale di dominare la natura materiale, ed esistono altrettanti possessori di questi corpi; ma l'Essere Supremo è presente in ciascuno di questi corpi e ne è il vero controllore.
Questo verso contiene una parola importante, la parola ca, che secondo Srila Baladeva Vidhyabhusana si riferisce all'insieme dei corpi: Krishna è l'Anima Suprema, presente insieme all'anima individuale all'interno di ogni corpo. E qui Krishna spiega chiaramente che l'Anima Suprema controlla sia il campo d'azione sia il suo beneficiario infinitesimale.





VERSO 4

tat ksetram yac ca yadrik ca
yad-vikari yatas ca yat
sa ca yo yat-prabhavas ca
tat samasena me srinu

tat: quel; ksetram: campo d'azione; yat: che cosa; ca: anche; yadrik: com'è; ca: anche; yat: avendo che cosa; vikari: trasformazione; yatah: dal quale; ca: anche; yat: avendo che cosa; sah: egli; ca: anche; yah: chi; yat: avendo che cosa; prabhavah: influenza; ca: anche; tat: che; samasena: in sintesi; me: da Me; srinu: comprendi.



TRADUZIONE

Ascolta ora mentre ti descrivo brevemente il campo d'azione, ciò che lo costituisce, le sue trasformazioni, la sua origine, il conoscitore di questo campo e le sue influenze.



SPIEGAZIONE

Il Signore descriverà ora la natura del campo d'azione e del conoscitore di questo campo. Bisogna sapere com'è composto il corpo, quali sono gli alimenti che lo costituiscono e le trasformazioni che subisce, e infine le sue cause, la sua ragion d'essere, colui che lo dirige, la forma originale dell'anima individuale e il fine che essa persegue. È necessario anche sapere distinguere l'Anima Suprema dall'anima individuale, e conoscere il loro potere e le loro possibilità. Per acquisire questa conoscenza basta capire l'insegnamento della Bhagavad-gita così com'è stato dato dal Signore in Persona. Ma stiamo attenti a non confondere Dio, la Persona Suprema, presente in ogni corpo, in ogni jiva o anima individuale, con questo jiva stesso; sarebbe come mettere sullo stesso piano il potente e l'impotente.





VERSO 5

risbhir bahudha gitam
chandobhir vividhaih prithak
brahma-sutra-padais caiva
hetumadbhir viniscitaih

risbhih: dai saggi; bahudha: in molti modi; gitam: descritti; chandobhih: dagli inni vedici; vividhaih: vari; prithak: variamente; brahma-sutra: del Vedanta; padaih: con gli aforismi; ca: anche; eva: certamente; hetumadbhih: con causa ed effetto; viniscitaih: stabiliti.



TRADUZIONE

Questa conoscenza - del campo d'azione e del suo conoscitore - è stata esposta dai saggi in vari scritti vedici, in particolare nel Vedanta-sutra, dove cause ed effetti sono presentati con piena logica.



SPIEGAZIONE

Krishna, Dio, la Persona Suprema, è il più alto maestro in questa scienza, eppure Si avvale di Testi riconosciuti, come il Vedanta, per spiegare il punto controverso sulla dualità e non dualità dell'anima individuale e dell'Anima Suprema. Questo naturalmente, perché anche i grandi saggi ed eruditi basano le loro asserzioni su dichiarazioni autorevoli. Krishna parla dunque in accordo con i grandi saggi, tra i quali Vyasadeva, l'autore del Vedanta-sutra, che tratta perfettamente della dualità, e suo padre, Parasara, che scrisse nei suoi trattati religiosi: aham tvam ca tathanye... "Noi tutti - voi, io e gli altri esseri- sebbene prigionieri di corpi materiali, siamo completamente spirituali, al di là della materia. Ora siamo caduti sotto il dominio delle tre influenze della natura materiale, ognuno secondo il proprio karma; così, alcuni vengono elevati e altri degradati. Ma tutte le condizioni in cui si manifesta la varietà infinita delle specie viventi sono dovute solo all'ignoranza. Invece, l'anima Suprema, infallibile, rimane trascendentale e non contaminata dalle tre influenze della natura." Anche i Veda originali, specialmente la Katha Upanisad, stabiliscono una distinzione tra l'anima, l'Anima Suprema e il corpo. Sono molti i saggi che hanno spiegato questo argomento, e tra questi Parasara è considerato il principale.

Il termine chandobhih si riferisce alle varie letterature vediche. La Taittiriya Upanisad, per esempio, che è un ramo dello Yajur Veda, descrive la natura, l'essere vivente e Dio, la Persona Suprema. Come affermato precedentemente, Ksetra è il campo d'azione e due sono gli ksetra-jna: l'essere individuale e l'Essere Supremo.
La Taittiriya Upanisad (2.9) afferma: brahma puccham pratista. Alle diverse manifestazioni dell'energia del Signore corrispondono differenti gradi di realizzazione dell'Assoluto. Al primo stadio, in cui si dipende esclusivamente dal proprio nutrimento, diventano il centro dell'esistenza, si trova una concezione materialistica dell'esistenza, detta anna-maya. A questa realizzazione ne segue una seconda, prana-maya, in cui si percepisce la Verità Suprema e Assoluta attraverso i sintomi e le forme di vita. La terza, jnana-maya, è quella realizzazione in cui, al livello della coscienza, sintomo della vita, si sviluppano le funzioni di pensare, sentire e volere; la quarta, vijnana-maya, corrisponde alla realizzazione del Brahman, in cui la mente e i sintomi della vita sono percepiti come distinti dall'essere stesso. Infine, l'ananda-maya è la realizzazione dell'aspetto di felicità che è la natura dell'Assoluto. Questi sono i cinque gradi di realizzazione del Brahman Supremo, o brahma puccham.

I primi tre - anna-maya, prana-maya e jnana-maya - sono inerenti ai campi d'azione degli esseri individuali, ma al di là di tutti questi campi si trova il Signore Supremo, detto ananda-maya, che il Vedanta-sutra descrive anche come ananda-mayo'bhyasat. Dio, la Persona Suprema, è per natura pieno di felicità, e per gustare questa felicità trascendentale Egli Si manifesta in vijnana-maya, jnana-maya, prana-maya e anna-maya. L'essere individuale è considerato il beneficiario del campo d'azione materiale, colui che ne gode, ma distinto da lui è ananda-maya. Se l'essere individuale, nel suo desiderio di godimento, si unisce all'ananda-maya, raggiunge allora la perfezione. Così sono state descritte con precisione la posizione del Signore Supremo (il conoscitore supremo del campo), quella dell'essere individuale (il conoscitore subordinato) e la natura del campo d'azione. Si deve ricercare questa verità nel Vedanta-sutra, o Brahma-sutra.

È indicato qui che i codici del Brahma-sutra sono ben presentati secondo la causa e l'effetto. Alcuni dei sutra, o aforismi, sono na viyadasruteh (2.3.2), natma sruteh (2.3.18) e parat tu tac-chruteh (2.3.40). Il primo aforisma indica il campo d'azione, il secondo indica l'essere vivente e il terzo indica il Signore Supremo, il summum bonum di tutte le entità manifestate.




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