Abito in un grande condominio con la mia famiglia e tutto mi sembra strano.
Esco di casa, il palazzo ha vari ascensori per scendere, alcuni funzionanti ed altri molto danneggiati.
I pulsanti sono consumati, ci sono scrittes sui muri del corridoio e tutto ha un aria di abbandonato.
Mi avvicino ad un ascensore intenzionato a scendere, ma non mi fido un granchè visto il brutto aspetto.
Ci salgo lo stesso e premo un pulsante.
Lentamente la cabina inizia a scendere e si blocca dopo pochi secondi tra un piano e l'altro.
Le luci sono spente e con il cellulare faccio luce sulla scatola dei pulsanti e noto che è molto danneggiata.
Ci lavoro un po e riparto verso il basso.
Arrivo in uno scantinato bianco dove immensi corridoi si dipanano in ogni direzione.
Sento odore di cibo e mi incammino verso la direzione del profumo, udendo anche il rumore di posate ed un parlottare sommesso.
Infermieri in bianco passano da un corridoio non notando la mia presenza.
Arrivo alla sala che dovrebbe essere una mensa e noto che gli astanti sono strani, sembrano presi da pensieri loro e si comportano in modo diverso dal normale.
Il mio sguardo si sofferma su di una signora con i capelli scompigliati e lunghi, tutti arriffati come se si fosse appena alzata dal letto.
Gli si versa un piatto di pasta, sembrano gli gnocchi, di un rosso vivo.
A giudicare dalla consistenza della sbobba sembra scotta e densa immersa in un sugo che di sicuro è acido e di bassa qualità.
La signora si avventa sul cibo come un'affamata e parla con la bocca piena.
Dice: Occorre parlare con il ministero della giustizia per ottenere quella cosa, mi sfuggono le parole che descrivono il soggetto del discorso.
Sembrava parlasse di un permesso per ottenere del denaro.
A questo punto ho la netta sensazione di trovarmi in una casa di cure per salute mentale e mi incammino con ansia verso l'uscita, non visto.
Trovo velocemente una porta che porta all'esterno e mi ritrovo nel mio paese.
Lo riconosco e mi accorgo che in quel momento mi trovavo nella zona abitata.
dall'altra parte di un piazzale mi ritrovo in una zona abbandonata e chiusa.
Sembra passato molto tempo dalla chiusura dei negozi, e dalla partenza di tutti i suoi abitanti.
L'aria è strana sembra pesante e la luce stessa del sole arriva giallognola dando un senso di stagnante e vecchio.
Cammino un po lungo un viale alberato osservando senza particolari emozioni.
Mi ricordo quando passavo da quella strada e dicevo a mia moglie sentendo il rumore sordo dei jet militari.
L'Italia aveva ceduto il controllo dello spazio aereo all'america e dicevo proprio questo a mia moglie mentre fragorosamente i jet a due a due passavano nel cielo.
"Ma tu guarda per far vedere di essere i padroni continuano a passare sopra i nostri cieli".
Il ricordo allora vaga in una zona dove una donna ci addestrava a vivere.
Occorreve scesi dalla branda correre subito dentro quella buca con una specie di tela a membrana entrando fino al collo.
La sensazione era come di risucchio, e non era facile uscirne, ma era obbligatorio.
Poi vedo un piccolo aereo che vola, io ne sono il guidatore ed un ragazzo prende appunti e disegna una mappa al volo dei territori nemici.
Guardo in basso e vedo nettamente un insediamento nazista.
L'aereo passa e viene visto dai nazisti che pare non reagiscano, ne sono consapevoli ma lasciano fare.
A questo punto il ricordo ritorna alla strada che sto percorrendo nel mio paese.
Vuoto e sporco, consunto ed abbandonato.
Mi dico con una voce interna.
"Ma cosa ci faccio qui. Posso fare di più, posso volare."
Mi lancio verso gli alberi senza fatica e volo verso l'alto.
Appena sopra gli alberi il sole appare ricolpire i miei occhi con il consueto colore caldo ed accogliente.
La zona gricia viene abbandonata e continuo con il mio soliloquo.
"Io posso fare di più,
Posso volare via da queste false sicurezze di una civiltà ormai caduta.
Posso alzarmi in volo verso la luce e vedere l'orizzonte"
Le lacrime inondano i miei occhi mentre vedo la grigna con resegone nel sole in alto dove volo sulle verdi terre.
Mi dirigo verso la grigna felice e tranquillo.
Mi partono in poesi altri versi che ora non ricordo bene, ma il senso era questo.
"io ho tutto dentro di me, non devo cercare nulla al di fuori, ne sicurezze, ne finte realta"
Poi vedo una casa che devo oltrepassare per dirigermi verso la montagna che ho sempre amato.
Il mio sguardo viene attirato da un modellino della grigna in basso nel prato.
Scendo incuriosito e ci atterro sopra.
Ma una voce interna mi dice lascia stare, non dimenticare il tuo obbiettivo.
E mi rilancio verso l'alto libero e con un senso di pace e felicità con tutto.
Lontano il ricordo della città abbandonata, dei militari, dei ricoverati, della caduta civiltà.
Sono a pochi metri di altezza e si frappone tra me e la montagna un recinto di siepe.
Sento una musica pop strana e delle figure sexi delimitano il recinto.
io non sono di certo interessato a restare dentro a quel recinto e mi accingo a saltarlo senza neanche entrarci.
Mentre mi solevo vedo un bambino biondo con gli occhi azzurri che gioca nel cortile e mi vede a sua volta.
Non mi fermo e faccio un balzo per superare la casa.
Sento un peso che mi costringe momentaneamente a toccare il tetto della casa, che ora appare con un tetto di cioccolato.
Una voce diversa dalla prima interiore mi suggerisce che quella è la casa della strega che rapisce i bambini.
Sorrido a questo però noto che il peso che mi ha fatto appoggiare sul tetto è quel bambino che non so come si è appeso al mio piede e tenta di arrampicarsi.
Non mi interessa tuto questo voglio volare via, e mi lancio ancora verso il tetto dopo scrollandomi di dosso il bambino che ride divertito e si arrampica velocemente verso di me.
Sorpasso il tetto e vedo questo bambino che mi insegue, solo volando più in alto potrò stare libero.
Faccio il balzo verso l'alto trascinando il bambino attaccato al piede e me lo scrollo di dosso ancora.
Mentre mi stacco dal tetto la sveglia mi riporta a casa.
Vorrei che andaste incontro al sole e al vento
con la pelle, più che con il vestito,
perchè il respiro della vita
è nella luce solare
e la mano della vita è nel vento
Kahlil Gibran "Il profeta"