Hillman e l'anima

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ultimotemplareterra
00domenica 23 novembre 2008 22:36



di Scott London

Traduzione di Rinaldo Lampis


James Hillman è stato descritto alternativamente come uno psicologo indipendente, un mago, un visionario, un maniaco e un Re-filosofo contemporaneo. Ha studiato con il grande psichiatra svizzero Carl Jung ed ha insegnato in varie università americane. Malgrado queste credenziali, Hillman è lontano dall'essere considerato una figura appartenente al mondo della psicologia. Infatti è visto da molti suoi colleghi come un pensatore profondamente sovversivo, una spina nel fianco degli psicologi rispettabili.

Come fondatore della "psicologia archetipica", una scuola di pensiero diretta a revisionare e "reimmaginare" la psicologia, Hillman crede che la psicologia debba evolversi oltre il suo "riduzionismo" presente ed abbracciare teorie sullo sviluppo umano.

Dagli anni sessanta ha scritto, insegnato e tenuto conferenze sulla necessità di portare le terapie fuori dalle sale di consulenza e nella realtà del mondo. "La psicologia si è ridotta ad una ricerca banale ed egocentrica, egli afferma, piuttosto che ad un'esplorazione dei misteri della natura umana".

Uno dei più grandi di questi misteri, secondo Hillman, è la questione del carattere e del destino. Nel suo recente bestseller "Il Codice dell'Anima" afferma che il nostro carattere e la nostra vocazione di vita sono qualità innate e che è la missione della nostra vita realizzare quelle spinte. La chiama "la teoria della ghianda", l'idea che le nostre vite sono formate da un'immagine particolare, come il destino della quercia è contenuto nella piccola ghianda. Ecco il suo pensiero:


SCOTT LONDON: Non sei una figura molto popolare con i tuoi colleghi.

JAMES HILLMAN: Non sono critico verso le persone che fanno psicoterapia. Il terapeuta è come nella trincea, perché deve fronteggiare un terribile ammontare dei fallimenti sociali, politici ed economici del nostro sistema. Si deve occupare di tutti i rifiuti e i fallimenti umani; lavora duro senza molti riconoscimenti e le ditte farmaceutiche stanno tentando di eliminarlo.

Così, certamente, non sto attaccando loro, sto attaccando la teoria dietro la psicoterapia, perché vede ogni problema come soggettivo, personale, mentre i problemi spesso provengono anche dall'ambiente esterno.

Quello che intendo dire è che, se un bambino ha dei problemi o è scoraggiato, il problema non è solo dentro il bambino; è anche nel sistema, nella società.

LONDON: Allora non puoi aggiustare la persona senza aggiustare la società.

HILLMAN: Non necessariamente. Ma non credo che possano esserci dei miglioramenti finché le idee non cambiano. Il punto di vista occidentale abituale è credere che qualcosa sia sbagliato nella persona. Trattiamo le persone allo stesso modo con il quale trattiamo l'automobile.

Portiamo il povero bambino da un medico e gli chiediamo: "Che problema ha? Quanto mi costerà? Quando posso tornare a riprendermelo?"

Non possiamo cambiare qualcosa finché non abbiamo delle idee fresche, finché non iniziamo a vedere le cose in maniera diversa.

Il mio obiettivo è quello di creare una "terapia di idee", di cercare di portare nuove idee, così che possiamo vedere gli stessi problemi in modo diverso.

LONDON: Quindi non ti piace molto il solito approccio psicoterapeutico.

HILLMAN: La psicologia contemporanea mi irrita molto con le sue idee sempliciotte sulla vita umana e con il suo vuoto. Nella cosmologia dietro la psicologia non c'è ragione per nessuno di esistere o di fare qualcosa.

Siamo il prodotto del Big Bang, avvenuto miliardi di anni fa, che alla fine ha prodotto la vita, che alla fine ha prodotto esseri umani, e via dicendo.

E io? Io sono un caso— un risultato— e perciò una vittima.

LONDON: Nel "Codice dell'Anima" parli di qualcosa che chiami la teoria della ghianda. Che cos'é?

HILLMAN: E' più un mito che una teoria. E' un mito di Platone, secondo il quale tu vieni in questo mondo con un destino, anche se usa la parola paradigma invece di destino. La teoria della ghianda dice che esiste un'immagine individuale che appartiene alla tua anima.

Lo stesso mito esiste nella Kabalah. Anche i mormoni ce l'hanno. Gli africani ce l'hanno. Gli induisti ed i buddisti l'hanno in maniera diversa— lo legano più alla reincarnazione e al karma— ma anche lì arrivi in questo mondo con un destino particolare. E' ben radicato negl'indiani d'America.

Così tutte queste culture in tutto il mondo hanno una comprensione simile dell'esistenza umana. Solo la psicologia occidentale non ce l'ha.

LONDON: Che conseguenze hanno le tue idee per i genitori?

HILLMAN: Penso che quello che dico possa sollevarli grandemente e far loro desiderare di prestare più attenzione al loro figlio, a questo straniero particolare che è "atterrato" tra di loro.

Invece che dire: "questo è mio figlio", devono chiedersi: "Chi è questo figlio che risulta essere mio?"

Così possono sviluppare molto più rispetto per il bambino e cercare di stare vigili per occasioni nelle quali il suo destino possa mostrarsi— come una resistenza alla scuola, per esempio, o degli strani sintomi, o un'ossessione verso qualcosa. Forse noterebbero qualcosa d'importante che prima non avrebbero notato.

LONDON: A volte dei sintomi possono essere visti come debolezze.

HILLMAN: Certo. Così si inizia qualche programma medico o di psicoterapia per eliminare quelle debolezze, mentre la manifestazione di quei sintomi può essere l'aspetto più cruciale di quel bambino. Ci sono molte storie nel mio libro che mostrano questo.

LONDON: Quanta resistenza incontri alla tua idea che siamo noi a scegliere i nostri genitori?

HILLMAN: Beh, fa arrabbiare molte persone che odiano i loro genitori, o che hanno avuto genitori indifferenti o crudeli o che hanno abusato di loro.

Ma è interessante come, se ti soffermi sull'idea, ti può liberare da una grande quantità di colpe, di risentimenti e di fissazioni verso i tuoi genitori.

LONDON: Ho avuto una lunga discussione sul tuo libro con un'amica che è madre di una bambina di sei anni. E' d'accordo che sua figlia abbia un potenziale unico, forse anche un "codice"; è diffidente invece su ciò che questo significhi in pratica. Ha paura che potrebbe gravare la bambina di molte aspettative.

HILLMAN: Quella è una madre intelligente. Penso che l'atmosfera peggiore di crescita per un bambino di sei anni sia quella nella quale non ci siano aspettative di alcun genere. E' brutto crescere in un vuoto dove "qualsiasi cosa che fai va bene, tanto sono sicuro che avrai comunque successo".

Quelle sono dichiarazioni di disinteresse. Dice: "In realtà non ho nessuna fantasia su di te". Una madre dovrebbe avere qualche fantasia sul futuro del proprio figlio. Per prima cosa aumenterebbe il suo interesse verso il figlio. Il punto non è volgere la fantasia verso un programma che faccia diventare, per esempio, astronauta quel bambino.

Quella sarebbe la realizzazione dei sogni dei genitori. Quello è diverso.

Avere una fantasia — che il bambino cercherà di realizzare o verso la quale si ribellerà furiosamente— almeno fornisce al bambino qualche aspettativa da realizzare o da rifiutare.

LONDON: Cosa ne pensi dell'idea di far fare ai bambini dei test attitudinali?

HILLMAN: L'attitudine può mostrare la tendenza, ma non è il solo indicatore. Curiosamente, l'inettitudine o la disfunzione possono rilevare la tendenza più di quanto possa il talento. O ci può essere una formazione caratteriale più lenta.

LONDON: Qual'è il primo passo per comprendere il proprio destino?

HILLMAN: E' importante chiedersi:" Come sono utile agli altri? Cosa vogliono gli altri da me?" Quelle domande potrebbero rivelare perché se quì.

LONDON: Hai anche scritto che "il grande compito di ogni cultura è quello di mantenerci collegati agli aspetti invisibili". Che cosa intendi?

HILLMAN: E' un'idea difficile da presentare senza lasciare la psicologia ed entrare nel religioso. Non parlo di chi potrebbero essere gli invisibili o dove vivono o cosa vogliono. Non c'è una teologia su questo. Ma è l'unico modo che noi, esseri umani, abbiamo per estricarci dall'essere uomo-centrici e per restare collegati a qualcos'altro oltre l'umano.

LONDON: Dio?

HILLMAN: Si, ma non deve essere così elevato.

LONDON: Il nostro richiamo di vita?

HILLMAN: Penso che il primo passo sia l'accettazione che ciascuno di noi abbia questa cosa. Poi possiamo guardare indietro alla nostra vita e osservare gli incidenti e curiosità e stranezze e problemi e malattie, ed iniziare a vedere in quelle cose più di quanto abbiamo visto prima.

L'accettazione che tutti noi abbiamo un codice può sollevare delle domande, così che, quando accadono degli strani, piccoli incidenti, ti chiedi se nella tua vita ci sia in azione anche qualcos'altro. Non deve necessariamente essere un'uscita dal corpo durante un'operazione chirurgica, una cosa eclatante; o un tipo di magia elevata alla quale la nuova era spera di convincerci.

E' più una sensibilità, del tipo che possiede la persona che vive in una cultura tribale. Il concetto che ci sono altre forze al lavoro. Un modo di vivere più reverente.

LONDON: Sei un critico della nuova era. Eppure ho notato che alcuni dei recensori del tuo libri ti hanno messo nella categoria della nuova era.

HILLMAN: Quei critici dovevano essere dalla parte della scienza. Per loro, il libro deve essere o scienza o nuova era. E' molto difficile nella nostra società fatta di contrapposti trovare una terza via.

Prendi i media: ogni notizia è presentata sempre come una persona contro un'altra, del tipo: "ascoltiamo ora l'opinione dell'opposizione". Non c'è mai un terzo punto di vista.

Il mio libro è su una terza opinione. Dice, sì, c'è la genetica. Sì, ci sono i cromosomi. Sì, c'è la biologia. Sì, c'è l'ambiente, la sociologia, i genitori, l'economia, le classi e tutte quelle cose. Ma c'è anche qualcos'altro. Così, se guardi il libro dalla parte della scienza, lo vedi come "new age". Se lo vedi dal punto di vista della nuova era, dici che non si spinge abbastanza. Che è troppo razionale.

LONDON: Goethe diceva che la felicità più grande risiede nel praticare un talento che fa parte della nostra natura. Come cultura siamo così infelici perché siamo dissociati dai nostri talenti naturali, dal nostro codice dell'Anima?

HILLMAN: Siamo avviliti perché abbiamo solo un dio, e questo è l'economia. L'economia è un aguzzino. Nessuno ha tempo libero; nessuno ha riposo. L'intera cultura è sotto una pressione terribile, intessuta com'è di preoccupazioni. E' difficile uscire da questa prigione. Inoltre, vedo la felicità come la conseguenza di ciò che fai. E' impossibile cercare d'ottenerla direttamente.
ultimotemplareterra
00domenica 23 novembre 2008 22:46
Pensieri di Hilman
daimon - il codice dell'anima - jh - adelphi - pagg 351-2
la vita non è soltanto un processo naturale è anche forse più ancora un mistero. il voler spiegare le verità occulte della vita per mezzo di analogie con la natura rientra nella superstizione naturalistica la quale presuppone che la vita psichica ubbidisca ESCLUSIVAMENTE alle leggi della natura quali sono descritte per esempio daLl'evoluzione e dalla genetica. gli esseri umani cercano instancabilmente il codice dell'anima e di penetrare i segreti della sua natura. ma se la natura dell'anima fosse non-naturale e non umana ? e se ciò che cerchiamo fosse non soltanto un qualcos'altro ma si trovasse altrove anzi non avesse alcun dove a dispetto della vocazione che ci invita a cercare ? in realtà non c'è alcun luogo dove cercare al di là del dato della vocazione. parrebbe più saggio rispondere alla chiamata anziché eluderla mettendoci a cercare la sua fonte. [SM=g10765]

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teoria della ghianda

ogni soggetto è portatore di talenti .....unicità che deve essere vissuta

J. Hillman, pensatore e analista junghiano, ci propone la "teoria della ghianda", la ghianda, al cui interno è racchiusa la vocazione, la motivazione a diventare quell’unica e splendida quercia che cercherà di essere. La teoria della ghianda di Hillman si riferisce alla percezione, alla sensazione, spesso elusa, omessa o inascoltata, che c’è una ragione per cui sono "qui". La sensazione che c’è un motivo per cui sono al mondo, nella mia forma unica ed irripetibile, la sensazione di essere responsabile verso un "quid" dai contorni confusi, ma che necessariamente mi chiama, mi spinge verso certe direzioni e non altre. La teoria della ghianda sostiene che ogni persona ha in sé un’unicità, un "carattere" che chiede di essere vissuto, una vocazione ad essere quell’unico, irripetibile individuo, ad essere la quercia alta e frondosa, o bassa e massiccia che la ghianda e il proprio daimon hanno scelto, un "tempo" fuori dal tempo.


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l'anima dei luoghi

Seguendo le orme di Jung e degli antichi greci, Hillman sostiene che anche i luoghi hanno un'anima, sono popolati da divinità diverse, assorbono i pensieri e le tradizioni degli uomini che li abitano da secoli o millenni. In questo libro, Hillman parla dell'anima dei luoghi con Carlo Truppi, studioso di architettura. Dalla conversazione emerge l'idea di un'architettura lontana da uno "stile internazionale" indifferente alle specificità locali; al contrario, se case, monumenti e città vogliono dare un contributo positivo alla vita degli uomini che vi abitano, devono rispettare e rispecchiare la natura segreta dei luoghi in cui sorgono: l'anima dei luoghi respira insieme all'anima del mondo e alla nostra anima.


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Alla fine di questo secolo, in cui le scelte etiche potrebbero considerarsi più libere, i giovani di cui lei parla sembrano attratti dalla morte. Lo vediamo nelle folli corse in macchina all'uscita della discoteca o quando prendono droghe pesanti o cercano di mettersi alla prova in nuovi riti di iniziazione.

Lei, che ha scritto già nel '64 "Il suicidio e l'anima", ha un'idea del perché la generazione futura sembra cercare in ogni modo di distruggersi?

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di anziani sui cosiddetti giovani. Ippolito correva sul suo carro e anche Fetonte correva sul suo carro incontro al Sole, e Icaro precipitò.

Tutti costoro distrussero se stessi nei miti greci molto tempo fa.
Che i giovani guidino a velocità folle non è necessariamente un evento contemporaneo. I giovani hanno sempre cercato di andare il più veloce possibile, fin da principio. Persefone voleva scendere nel mondo infero. E' il desiderio totale dell'azzardo, dell'avventura, di entrare nel buio, nel mistero, nella città, nella notte, è un desiderio forte e antico. Psiche trovò l'estasi con Amore nella notte più buia e più profonda. Non si tratta solo dell'oggi".

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"La droga è qualcosa di diverso perché la droga rende la nekyia - la discesa agli inferi, l'avventura - rapida e facile. La droga appartiene ad una società rapida e facile: sono droghe entrambe, droga illegale e droga legale. Ma se noi ci troviamo nella società in cui oggi siamo, dove si trova la morte?

E' nei giovani, o il desiderio di morte non è forse nei politici, nei ministri, nei funzionari delle istituzioni che governano il mondo? Dov'è il vero desiderio di morte? Io non credo affatto sia nei giovani".

Vuole dire che il contatto con la morte cercato dai giovani è un atto vitale e al contrario il prenderne le distanze è un atto di negazione, un atto, per usare i suoi termini, saturnino?

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di realizzare è il desiderio di una vita che sia in contatto con la morte - perché una vita non in contatto con la morte è mortale, moribunda.

E questo è ciò che traspare dai sistemi di assicurazione e sicurezza che incontriamo nelle immagini senili della società politica. Se cerchiamo la morte nella nostra società, è un errore cercarla nei giovani, dobbiamo cercarla negli anziani e nella loro volontà di avere il controllo su tutto, che è il lato Saturno della vecchia generazione, della mia generazione".

In effetti lei ha scritto:

"Qualsiasi atto che tenga a distanza la morte ostacola la vita".

"E questo si manifesta nell'

ossessione della sicurezza.

Gli Stati Uniti sono stretti nella morsa delle grandi compagnie assicuratrici e delle grandi case farmaceutiche. Grandi consorzi forniscono a chiunque lo desideri abbastanza pillole e abbastanza garanzie per tutelarci, si ritiene, dalla morte. Credo che in Europa sia diverso. C'è il Giorno dei Morti. Il Giorno degli Spiriti defunti.Novembre. E' una ricorrenza importante in Europa. .........

Però la notte di Halloween resta anche per voi negli Stati Uniti una sopravvivenza del culto pagano dei morti, che ha i suoi feticci nelle spettrali zucche e i suoi officianti nei bambini, categoria da sempre in rapporto privilegiato con gli spiriti defunti. Non lo trova un residuo significativo?....


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archetipi

Non è solo questione, ad es., del mio o del tuo matrimonio : il matrimonio è un archetipo, e nell'archetipo troviamo un dio e una dea che causeranno sempre turbamenti. In questo modo acquisiamo una visione più ampia di che cosa sia questo turbamento. La psicologia ci dice: tu hai un problema, il mito ci dice: tu hai una tragedia.>> Puntuale giunge allora la domanda dell'intervistatrice: " I grandi psicoanalisti amano raccontare i loro casi clinici esemplari. Può illustrarci un caso di guarigione attraverso il mito ?". Ecco la risposta. >.>.
ultimotemplareterra
00domenica 23 novembre 2008 23:00
Il codice dell'anima.
Un daimon guida la nostra vita e le nostre scelte. Se noi lo contrastiamo o lo ignoriamo ci ricorda la sua presenza con sintomi o malattie.
Non è una questione di Natura o di Cultura, di patrimonio genetico o di influssi ambientali, di infanzia e genitori inadeguati: il dipanarsi delle nostre esistenze è guidato da qualcos'altro che la psicologia scientifica non riesce a focalizzare, perché non si tratta di entità visibili e misurabili.

La bellezza, la fantasia e l'immaginazione hanno abbandonato la psicologia moderna e le nostre vite. Le categorie, in cui ogni giorno cercano di ingabbiarci, non rendono conto della complessità e unicità di ogni persona.

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