00 26/11/2009 17:54
Questa non è la solita spazzatura del web ma una storia vera, con altri amici stiamo cercando di diffondere il messaggio della madre, anche su facebook si sta diffondendo l’appello, io l’ho fatto ora chiedo ai braccagnini e ai montepescalini di fare quello che possono… anche un euro se siamo tanti serve… questo il modo per aiutarla:
Aiutiamo la piccola Giorgia affetta dalla Sindrome di Berdon, malattia rarissima.
MPS Codice IBAN: IT 45H 01030 16007 000000 672861
Causale: “Pro Giorgia”
Intestato a: Salvatore Pagano (padre di Giorgia)
Giorgia, non chiudere gli occhi

Ha 15 mesi e ha una malattia rarissima: è l’unico caso vivente in Europa.

La mamma chiede aiuto

Giorgia forse non doveva nemmeno nascere, come hanno detto i medici ai genitori.

«I bambini come sua figlia possono morire anche poche ore dopo la nascita», hanno sbottato un giorno i medici di un ambulatorio di Bari. Elisa, giovane leccese, al settimo mese di gravi­danza, è rimasta a guardarli. Come poteva­no? «Ma è mia figlia…», è riuscita a dire. Non c’era cattiveria nelle parole dei medi­ci, forse c’era solo la frustrazione dell’im­potenza davanti ad una malattia tanto rara quanto impietosa. Una malattia intestina­le, che si avvicina molto alla rarissima Sindrome di Berdon. In tutto il mondo si contano circa cento persone affette, di cui viventi – fino all’anno scorso – appena venticinque. In tutta Europa, attualmente, Giorgia è la sola ad esserne affetta. Ad og­gi l’unica salvezza per la sua vita è un multitrapianto di stomaco, duodeno, inte­stino, pancreas e forse anche fegato. Mam­ma e bambina sono in attesa di partire da Par­ma (dove sono ricove­rate da quattro mesi) con un volo militare per la Francia. Appe­na si libererà un posto la piccola verrà porta­ta all’ospedale Necker di Parigi e messa in li­sta di attesa per il tra­pianto multiviscerale. L’alternativa sarebbe Miami, negli Stati Uniti. Lì non ci sono problemi di ricovero, basta pagare: 800mila euro o poco più. «Basta una telefonata e il giorno dopo sua figlia sarà in lista», ha detto alla madre un noto chirurgo italiano che fa trapianti anche in America, come se 800mila euro uno ce li avesse sotto il cuscino. Invece Elisa non ce li ha. Anzi non ha nemmeno il denaro per affrontare la trasferta parigina e quindi chiede un aiu­to a chiunque voglia darlo.

Forse Giorgia non doveva nascere, ma Giorgia è nata e ora ha quindici mesi. Giorgia ora c’è, bellissima, cammina – ma solo con l’aiuto della mamma – nei corri­doi dell’ospedale trascinandosi dietro la pesante piantana a cui sono collegati i tu­bi che la tengono in vita. Giorgia c’è, sor­ride a quei medici e a quegli infermieri che sono diventati la sua famiglia. Pesa appena otto chili e da quattro mesi non mangia e non beve perché il suo intestino è impazzito.

La sua prima parola in ospedale è sta­ta “pappa”, aveva fame. Ha il pancino martirizzato da sondini e cateteri, ma la maglietta nasconde tutto e lei sembra solo una meravigliosa bimba con tutta la vita davanti. Invece, ogni giorno che passa per lei è una conquista.

La malattia, che consiste in un’anomalia cellulare che degenera fino a distruggere l’intero apparato digerente, porta alla morte. Oggi Giorgia è tenuta in vita grazie all’alimentazione parenterale, attraverso un catetere venoso centrale dal quale riceve alimentazione artificiale e terapia medica: un sondino che entra dalla gola e le scende fino al cuore. Ha subito una ileostomia (derivazione intestinale che sfocia sul pancino); ha un sondino naso-gastrico per drenare il ristagno il liquido biliare che si accumula nello stomaco; ha un sondino inserito nell’intestino per l’alimentazione enterale, nel tentativo (fallito) di alimentarla direttamente nell’intestino. Ma lei è brava e non si tocca niente. Da luglio la vita di Giorgia (e di sua madre e di suo padre) è un’altra vita. Tutto è cam­biato. E’ stata svezzata bruscamente per­ché non può più prendere il latte: la notte si addormenta con la manina sul seno del­la madre. I medici non vogliono, ma lei dorme accanto alla mamma, che da quat­tro mesi trascorre le sue notti controllan­do che Giorgia sia coperta bene, che ab­bia i sondini correttamente posizionati, che il tubicino del naso non tiri troppo per darle fastidio, che le medicazioni della pancia non siano spor­che. Lei dorme così, accucciata tra le brac­cia della mamma, stret­ta forte a lei, nonostan­te i rimproveri di me­dici e infermieri: trop­po pericoloso, dovreb­be dormire sola. Ma lei è serena accanto al­la sua mamma. Anche se le manca tanto il suo papà, che fa i salti mortali per stare accanto alla sua piccola appena può. Le prossime settimane saran­no dure. Le piccole dimensioni di Giorgia rendono difficile la ricerca di organi ade­guati e, comunque, le probabilità di riget­to sono alte. Oltretutto l’attesa del trapian­to potrebbe essere lunga anche anni. Gior­gia e la mamma saranno costrette a trasfe­rirsi a Parigi. «Porti con sè anche l’altro bambino», le hanno consigliato i medici. Perché quando Giorgia ha visto il fratelli­no che era venuto a trovarla era diventata un’altra bambina, era ritornata a sorride­re, a giocare. La migliore medicina per il suo umore. Ma un trasferimento di tutta la famiglia è impensabile, per motivi eco­nomici ma non solo.

Forse Giorgia non doveva nascere – o forse certe cose non dovrebbero mai acca­dere – ma ora Giorgia c’è. Guardandola, non ti si può stringere il cuore. Una bam­bina, solo una bambina. Come si può af­frontare un dolore così grande? Un dramma così ingiusto? Guardando Giorgia, pensi di essere fortunato perché tutto questo non è capitato a tuo fi­glio. Fortuna, solo fortuna, e lo sai. Non è un pensiero cattivo, è un pensiero normale. Cattivo sarebbe chiude­re gli occhi (e il cuore) davanti a questa bambina. Catti­vo sarebbe non fare tutto quello che si può fare per da­re a Giorgia una possibilità di vita. La migliore per lei.

qui la sua foto
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