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VERSO 6

na caitad vidmah kataran no gariyo
yad va jayema yadi va no jayeyuh
yan eva hatva na jijivisamas
te 'vasthitah pramukhe dhartarastrah

na: nè; ca: anche; etat: questo; vidmah: sappiamo; katarat: quale; nah: per noi; gariyah: meglio; yat va: se; jayema: conquistiamo; yadi: se; va: o; nah: noi; jayeyuh: essi conquistano; yan: coloro che; eva: certamente; hatva: uccidendo; na: mai; jijivisamah: vogliamo vivere; te: di tutti loro; avastitah: sono situati; pramukh: davanti; dhartarastrah: i figli di Dhritarastra.



TRADUZIONE

Non so se sia meglio vincerli o esserne vinti. Se uccidessimo i figli di Dhritarastra, non avremmo più alcun desiderio di vivere; eppure essi sono qui, schierati di fronte a noi sul campo di battaglia.



SPIEGAZIONE

Arjuna non sa se deve combattere e commettere inutili violenze, pur sapendo che combattere è il dovere di uno ksatriya, o se deve ritirarsi e vivere mendicando. Se non vincesse il nemico, mendicare sarebbe l'unica possibilità di sopravvivenza per lui. Non è neppure sicuro della vittoria, perché le forze dei due eserciti si equivalgono. E anche se la vittoria attendesse i Pandava, la cui causa è perfettamente giusta, sarebbe un grande dolore vivere dopo la scomparsa dei figli di Dhritarastra. Se tutti morissero in battaglia, anche la vittoria sarebbe sconfitta. Queste riflessioni di Arjuna provano che egli non è soltanto un grande devoto del Signore, ma anche un uomo illuminato dalla conoscenza spirituale e dotato di un perfetto controllo della mente e dei sensi. Sebbene egli sia di sangue reale, il suo desiderio di vivere mendicando è un altro segno del suo distacco. La sua virtù è autentica ed è rafforzata dalla fiducia negli insegnamenti di Krishna, il suo maestro spirituale. Arjuna è dunque perfettamente degno di essere liberato dalla materia. Se non diventa maestro dei sensi l'uomo non può elevarsi al piano della conoscenza, e senza devozione e conoscenza non è possibile raggiungere la liberazione. Oltre a grandi meriti materiali, Arjuna possiede tutte queste qualità spirituali.





VERSO 7

karpanya-dosopahata-svabhavah
pricchami tvam dharma-sammudha-cetah
yac chreyah syan niscitam bruhi tn me
sisyas te 'ham sadhi mam tvam prapannam

karpanya: di miseria; dosa: per la debolezza; upahata: essendo afflitto; sva-bhavah: caratteristiche; pricchami: io chiedo; tvam: a Te; dharma: religione; sammudha: confuso; cetah: nel cuore; yat: quale; sreyah: bene; syat: può essere; niscitam: in confidenza; bruhi: di; tat: ciò; me: a me; sisyah: discepolo; te: Tuo; aham: sono; sadhi: istruisci; mam: me; tvam: a Te; prapannam: arreso.



TRADUZIONE

Ora sono confuso sul mio dovere e ho perso la calma a causa di una debolezza meschina. In questa condizione Ti chiedo di dirmi chiaramente ciò che è meglio per me. Ora sono Tuo discepolo e un'anima sottomessa a Te. Istruisci, Ti prego.



SPIEGAZIONE

Il complesso sistema delle azioni materiali, dominate dalle leggi della natura, lascia l'uomo perplesso. Ogni passo nella vita solleva nuovi interrogativi. È necessario dunque avvicinare un maestro spirituale autentico, capace di aiutarci a compiere la missione della nostra esistenza. Tutti gli Scritti vedici consigliano di avvicinare un maestro spirituale autentico per liberarci dalla confusione che nostro malgrado ci turba, come un fuoco divampato all'improvviso in una foresta, che nessuno ha provocato o voluto. La vita in questo mondo ci opprime con ogni sorta di complicazioni in modo imprevisto e contro la nostra volontà. Gli Scritti vedici consigliano dunque di cercare la soluzione dei nostri problemi con l'aiuto di un maestro spirituale che appartiene a una successione autentica di maestro spirituale che appartiene a una successione autentica di maestri e di maestri e di comprendere perfettamente la scienza che ci presenta. Poiché il maestro spirituale può trasmettere al discepolo la conoscenza perfetta, è bene avvalersi del suo aiuto piuttosto che rimanere perplessi e confusi di fronte ai problemi dell'esistenza. Ecco l'insegnamento di questo verso.

La natura materiale rende perplessi tutti coloro che ignorano i veri problemi dell'esistenza. La Brihad-aranyaka Upanisad (3.8.10) descrive in questo modo l'uomo perplesso: yo va etad aksaram gargy aviditvasmal lokat praiti sa kripanah. "È un 'avaro' colui che dopo aver sprecato la vita umana lascia questo mondo come farebbe un cane o un gatto, senza aver risolto i problemi della vita e senza aver compreso la scienza della realizzazione spirituale." In realtà, la forma umana è un vantaggio molto prezioso e vivere senza trarne beneficio significa agire come l'avaro, che non sa trarre profitto dai suoi beni, Il brahmana, invece, usa intelligenza che non sa trarre profitto dai suoi beni. Il brahmana, invece, usa intelligentemente il suo corpo, servendosene per risolvere i problemi che deve affrontare nella vita. Ya etad aksaram gargi viditvasmal lokat praiti sa brahmanah.

I kripana, gli "avari", hanno una visione puramente materialistica della vita e si perdono in un affetto morboso per la famiglia, la società e la patria, attaccati come sono alla moglie, ai figli e ai parenti dai legami della carne. Il kripana pensa di poter salvare i suoi dalla morte e crede che la famiglia o lo Stato possano fare altrettanto per lui. Quest'attaccamento esiste anche negli animali, che si prendono grande cura dei loro piccoli. Arjuna è intelligente perciò può comprendere che l'affetto per la famiglia e il desiderio di proteggerla dalla morte sono le vere cause della sua titubanza. Non ignora che il dovere di guerriero lo attende, ma una debolezza meschina gli impedisce di compierlo. Perciò domanda a Krishna, il maestro spirituale supremo, di trovare una soluzione definitiva. Le parole che maestro e discepolo si scambiano sono sempre serie, perciò Arjuna si offre a Krishna come discepolo, desideroso di sostituire alle conversazioni amichevoli un colloquio più profondo col suo maestro spirituale. Così Krishna fu il primo maestro a insegnare la scienza della Bhagavad-gita e Arjuna il primo discepolo, maestro nell'arte di apprenderla. Sono descritte nella Bhagavad-gita le qualità che permettono ad Arjuna di coglierne il messaggio, eppure certi cosiddetti eruditi proclamano che è inutile abbandonarsi a Krishna come Persona e professano la sottomissione al "non nato di cui Krishna è la manifestazione esterna". Ma nella Persona di Krishna non esiste nessuna differenza tra l'interno e l'esterno. È inutile, perciò, e privo di senso cercare di approfondire la Bhagavad-gita senza coglierne questa verità essenziale.





VERSO 8

na hi prapasyami mamapanudyad
yac chokam ucchosanam indiyanam
avapya bhumav asapatnam riddham
rajyam suranam api cadhipatyam

na: non; hi: certamente; prapasyami: vedo; mama: mio; apanudyat: può allontanare; yat: questo; sokam: lamento; ucchosanam: che sta inaridendo; indriyanam: i sensi; avapya: raggiungendo; bhumau: sulla Terra; asapatnam: senza rivali; riddham: prospero; rajyam: regno; suranam: degli esseri celesti; api: perfino; ca: anche; adhiptyam: supremazia.



TRADUZIONE

Non vedo il modo di allontanare il dolore che inaridisce i miei sensi. Non riuscirò a eliminarlo nemmeno se sulla Terra ottenessi un regno prospero e senza uguali e una sovranità simile a quella dei deva sui pianeti celesti.



SPIEGAZIONE

Sebbene molti degli argomenti di Arjuna siano basati su princìpi religiosi e su codici morali, è chiaro che egli non può risolvere il suo vero problema senza l'aiuto del suo maestro spirituale, Sri Krishna. Capisce che tutta la sua cosiddetta conoscenza non gli è di alcun aiuto in questa situazione critica, in cui sente venir meno il gusto di vivere; era impossibile per lui risolvere le sue perplessità senza l'aiuto di un maestro spirituale come Krishna. La conoscenza accademica, l'erudizione e il prestigio non servono a risolvere i problemi della vita; soltanto un maestro spirituale come Krishna può darci un aiuto. Si può concludere quindi che il maestro spirituale pienamente cosciente di Krishna è il maestro autentico, perché può risolvere tutti problemi dell'esistenza. Sri Caitanya Mahaprabhu disse che il vero maestro spirituale è colui che è maestro nella scienza di Krishna, indipendentemente dalla sua posizione sociale:

kiba vipra, kiba nyasi, sudra kene naya
yei krishna-tattva-vetta, sei ‘guru' haya

"Non importa se una persona è un vipra esperto nella saggezza vedica) o ha umili origini o è situato nell'ordine di rinuncia; se è maestro nella scienza di Krishna è il maestro spirituale perfetto e autentico." (Caitanya-caritamrita, Madhya 8.128) Nessuno è un maestro spirituale autentico se non conosce perfettamente la scienza di Krishna. Le Scritture vediche insegnano:

sat-karma-nipuno vipro
mantra-tantra-visaradah
avaisnavo gurur na syad
vaisnavah sva-paco guruh

"Anche un brahmana erudito, esperto in tutti i rami del sapere vedico, non può diventare maestro spirituale se non è un vaisnava, cioè se non conosce perfettamente la scienza di Krishna mentre il vaisnava, colui che è cosciente di Krishna, può diventare maestro spirituale anche se proviene da una classe sociale inferiore." (Padma Purana)

Il progresso e la prosperità materiale non aiutano a risolvere i problemi dell'esistenza, cioè la nascita, la malattia, la vecchiaia e la morte. Negli Stati "evoluti", dove l'economia in pieno sviluppo offre ai cittadini ogni facilitazione, i problemi sono gli stessi che altrove. Si cerca la pace in diversi modi, ma invano. La vera felicità si raggiunge solo consultando Krishna ossia la Bhagavad-gita e lo Srimad Bhagavatam, che costituiscono la scienza di Krishna, trasmessa attraverso il Suo rappresentante autentico, la persona cosciente di Krishna.


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