Ansuz
La derivazione di ANSUZ è relativamente semplice perché esiste una forma proto Indo-Europea ansu- con il significato proprio di spirito, essere sovrumano e divino. Da qui è facile capire perché gli Asi vivessero nell'Asaland, e la capitale di questo regno fosse Asgard (le grafie sono spesso differenti a seconda del metodo di trascrizione, quindi potrete trovare anche Asaheim o Ásaheimr per il regno, Ásgarðr o Ásgarður per la la capitale e Æsir per gli Dei). Sono queste tutte forme derivate dalla semplificazione norrena del termine originario in as- e nella sua apofonia os- per indicare qualcosa di divino (da notare che As/Oss sono altri nomi con i quali questa Runa viene identificata). L'Asaland sarà quindi la terra degli Dei e l'Asgard la residenza degli stessi Asi. Non starò qui a ricordare che land è la terra e gard ha la stessa radice del britannico garden, il giardino, cioè qualcosa che racchiude (da gher-).
Ai giorni nostri, il nome di persona Oscar ha il significato di lancia divina, infatti esso proviene dall'antico nordico Osgar, dove il gar era l'asta da combattimento (niente a che vedere con il gard di cui sopra), mentre, per analogia, potrete facilmente intuire che Osvaldo è il potere divino, mentre, in ambito anglosassone, il cognome relativamente comune Osmond è la protezione divina. Nulla a che vedere, invece, tra questa Runa ed il nostro Ossian, che va invece riferito al leggendario bardo Oisin, letteralmente piccolo cerbiatto.
Raidho
Per RAIDHO troviamo facilmente la radice nel proto Indo-Europeo (PIE) reidh- in origine cavalcare, e poi, per estensione, montare su un un mezzo e andare.
Curiosamente questa voce non ha avuto un grosso seguito in ambito latino, dove si privilegiava il mezzo prima che l'azione, e quindi per i Romani cavalcare corrispondeva ad equitare, da equus, cavallo, ovviamente.
Invece nel Nord Europa l'espressione ha avuto molti derivati ed in molte epoche differenti (cf. Ant. Norreno riða, Ant. Frione. rida, Med. Oland. riden, Ger. reiten) per arrivare al moderno inglese to ride che mantiene lo stesso significato originario del PIE reidh.
Da qui basta spostarsi di poco per trovare in Ant.Irl. riadaim "io viaggio," ed in Gallico reda "carro".
Nell'inglese moderno troviamo poi ulteriore derivazione in raid e road, parole che non abbisognano di spiegazioni.
E' da sottolineare il fatto che l'inglese road ed il francese route siano collegati fra loro solo semanticamente, in quanto quest'ultima parola proviene dal Latino rupta (via) cioè "(strada) aperta con la forza".
Kaunaz
KAUNAZ è una Runa che, etimologicamente parlando, presenta numerosi dubbi, e sulla quale non mi sento in grado di fornire una spiegazione inequivocabile.
Vediamo innanzitutto il nome di questa potente Runa, che molti identificano con la Torcia: sono molte le traslitterazioni ed i nomi con cui viene chiamata, e già questo non favorisce molto il lavoro di ricerca: Kenaz, Cen, Kaunaz, Kan, Kano, Kaunan, Kaun.
Ci sono due filoni da tenere sicuramente presenti: quello anglo-sassone e quello norreno e islandese.
Nel primo caso il significato è propriamente torcia, perché questo voleva dire Cen:
Cen byþ cwicera gehwam, cuþ on fyre
blac ond beorhtlic, byrneþ oftust
ðær hi æþelingas inne restaþ.
La torcia è conosciuta ad ogni uomo vivente
per la sua fiamma pallida e luminosa;
essa brucia sempre dentro dove i principi si siedono.
Però può essere anche probabile che il poema anglo-sassone delle Rune dìa questo nome "cen" pur in considerazione del fatto che il nome originale non fosse stato capito o correttamente riportato.
Nel secondo caso abbiamo un significato connesso ad infezione, visto che in islandese kaun è proprio la purulenza, purtroppo ordinaria in epoche in cui l'igiene personale era quasi sconosciuta.
La cosa non è in opposizione alla prima ipotesi, visto che un ascesso nasce all'interno di un corpo con una scintilla che poi infiamma tutto intorno.
Quindi anche qui un aspetto del fuoco, sebbene distruttore e dissolutore.
Lo vediamo anche nel poema norvegese delle Rune:
Kaun er barna bolvan;
bol gørver nán folvan.
L'ulcera è mortale per i bambini;
la morte rende un corpo pallido
In ogni caso abbiamo un fuoco "controllato", e una runa che attraverso terre e secoli infiamma e brucia. E la sua radice brilla da migliaia di anni, specie vogliamo ricollegarci all'antico PIE kand- cioè brillare, che poi passa al greco kaiho ed arriva a noi tramite il latino in innumerevoli termini tra loro correlati, quali ad esempio candela, accendere, incendio, incandescente, incenso, candore.
Gebo
Per GEBO dobbiamo sicuramente riferirci ad antiche voci PIE ghabh-, ghebh- e simili, che indicano sostanzialmente il passaggio di qualche cosa da qualcuno ad un altro.
Da questo presupposto possiamo intuire che, in dipendenza dalla controparte, il significato può assumere il significato di dare o ricevere, e addirittura interessare l'oggetto stesso dello scambio. Ecco quindi spiegato il motivo grafico di questa Runa che interseca due linee in croce, che scambia ed equilibra le parti.
La derivazione più evidente e conosciuta dell'antica radice la troviamo sicuramente nell'inglese: give "dare", con ciò che ne consegue, come gift "dono". Nel vocabolario, to give occupa effettivamente numerose colonne, da solo e con i propri composti.
In italiano si trova solo una parola ormai poco usata: gabella e i suoi derivati.
La gabella è infatti una tassa che si deve dare, e in quanto tale, una delle gabelle da pagare è il dazio.
A questo punto la cosa si fa interessante, perché in realtà l'italiano non è andato a prendersi la gabella dal nord, ma più probabilmente dagli Arabi, che avevano al-qabàlah, una sorta di tassa, da qabal "ricevere", prendere, esigere. Ci vuole poco sforzo di immaginazione per arrivare alla Cabala ebraica, perché essa è la Tradizione, in quanto dottrina ricevuta. Anche la tradizione italiana ha un chiaro significato di scambio, in quanto deriva dal latino tradere, che sta per consegnare: il tradito è colui che viene consegnato (al nemico).
Si evidenzia quindi una certa relazione tra קַבָּלָה (comunemente traslitterata come Kabbalah, ma anche come Cabala, Kabbala, Qabalah), e la nostra Runa. Tutto ciò porta ad un significato certamente più ampio di quel "dono" con il quale essa viene frequentemente identificata.
Wunjo
WUNJO è una di quelle Rune che lasciano letteralmente il segno, perché è grazie ad essa che abbiamo la W, che noi chiamiamo "vu doppia"; il fatto che il suo grafema runico sia completamente differente da quello del nostro alfabeto moderno non deve trarre in inganno, e poi vedremo perché.
La sua etimologia parte da antiche radici proto-indoeuropee, come d'altronde è avvenuto per molte altre Rune. Si può certamente prendere come riferimento il PIE wen- con il significato di desiderio, che si è poi trasferito nel germanico *wunj, da cui l'inglese antico wen o wynn, per questa Runa di piacere e gioia. Da chiarire sùbito come la gioia italiana e la joy inglese non abbiano alcun riferimento con il -jo di Wunjo, in quanto, in primo luogo, esse derivano dal gaudium latino ed in secondo luogo -jo è semplicemente una desinenza che, fra l'altro, sparisce del tutto in altre traslitterazioni conosciute come Wen e Wynn, appena citati, oppure Wenne e Wulthuz.
Abbiamo scritto di wen- come di archetipo linguistico per desiderio, e questo valore non si è certamente perso nel tempo, specie se consideriamo che uno dei più rappresentativi esempi di desiderio è sicuramente la Dea dell'Amore, Venere. Sebbene l'assimilazione al culto di Afrodite sia piuttosto antica, restano evidenti le tracce di uno sforzo degli uomini per accattivarsi la benevolenza del dio, cioè di ottenere la venia, il favore divino. L'uso dapprima religioso del termine (in origine venus era un termine astratto e neutro) si estese poi ad altri atteggiamenti volti ad ottenere compiacenza e favori, come nella sfera sessuale, e di qui, almeno secondo Robert Schilling, la probabile personificazione della seduzione e del desiderio con la Venus divenuta allora Dea (cfr. Georges Dumezil, La religione romana arcaica, Rizzoli, Milano, 1977).
Troviamo quindi una venerazione che sta a rappresentare la domanda di una grazia agli dei, onorata con la riverenza che potremmo cogliere nella persona che supplica la venia per il fallo commesso. Semanticamente si potrebbe concludere dunque che la venerazione sta a metà fra l'adorazione e la riverenza, ma non vorrei divagare troppo, quindi, per concludere con le parole neolatine, sgombriamo il campo da facili equivoci e diciamo che altre parole simili foneticamente non hanno invece nessi etimologici diretti con la venia, e qui parliamo di voci come venale, vendere e venatorio, più i loro annessi e connessi.
Nel frattempo, in parte del Nord Europa, la nostra Wunjo/Wen/Wynn, analogamente al Þ thorn/Thurisaz è diventata una vera e propria lettera dell'alfabeto, e viene scritta come una specie di P, e più precisamente Ƿ ƿ (maiuscolo e minuscolo). Si può tranquillamente presumere che il fonèma sia rimasto sostanzialmente inalterato nel tempo, rispetto alla nostra W. La grafia di Wen era invece troppo equivocabile con la la P latina, ed allora si pensò di rappresentarla con il dìgrafo della "doppia u" (la denominazione più corretta), segno questo che si è affermato nel tempo per ragioni pratiche di leggibilità.
Hagalaz
HAGALAZ è il sasso scagliato dal cielo, Hagalaz è la grandine, la Runa della Tempesta, la furia degli elementi che porta al cambiamento ed al rinnovamento dopo aver fatto tabula rasa. Attualmente Hagalaz sopravvive ancora col medesimo significato originale in inglese nella parola hail, la quale, in una delle due accezioni principali, vuol dire appunto grandine, e nel tedesco con hagel. Ad essa si è arrivati attraverso l'antico inglese hægl o hagol dall'antico Germanico Occidentale haglaz (cfr. Alto Tedesco hagal, Norreno Antico hagl).
Anche per questa Runa troviamo inequivocabili tracce del suo passaggio in varie culture occidentali, come i sassolini che Hänsel e Gretel si lasciavano dietro per ritrovare la strada. Questo paragone non è ovviamente buttato lì a caso, perché andiamo subito a trovare un'antica radice PIE *kaghlo- con il significato di ciottolo, sassolino levigato appunto, senza contare che il Pokorny riporta anche *aghl- per nube tempestosa. Ci vuole poco sforzo di immaginazione per vedere questa grandine che un nero cielo ci scaglia con violenza.
Tornando ai nostri ciottoli, possiamo rapidamente trasferirci in Grecia per trovare il καχλεξ, traslitterabile in kakhlex, con significato inalterato.
Nessun mutamento di significato nemmeno se ci trasferiamo nel latino calculus, anche se assistiamo ad una lieve metatesi della parola.
In italiano l'antico calcolo è rimasto dolorosamente solo nelle reni, perché il significato moderno più immediato è quello di operazione matematica. Nessuna sorpresa in questo, visto che anticamente ci si serviva di sassolini e pietruzze per fare quelli che oggi chiamiamo appunto calcoli, come ci insegnavano alle elementari, mostrando anche il pallottoliere che è poi l'evoluzione tecnologica dei "calculi" latini.
Il calcare, inteso come roccia sedimentaria, fu uno dei primi materiali edilizi che l'uomo conobbe, e da esso si ottenne la calce che tuttora è adoperata nelle opere murarie in alternativa al cemento per ottenere la malta; tanto per ribadire quanto esso fosse considerato il sasso, la "pietra" per eccellenza.
E di sassi, o di forme ad assimilabili all'antico ciottolo, ne troviamo anche nel corpo umano; e dove, se non nel calcagno? Per estensione del significato della calx (sì, in latino era al femminile) a tutto il piede, in italiano abbiamo ora il calcio che è comunemente il colpo dato con il piede, più propriamente detto pedata. Curiosamente questo tipo di calcio non si è trasferito in altre lingue neolatine, come il francese o lo spagnolo, e tantomeno nei paesi anglofoni dove abbiamo il kick (la pedata vera e propria) e dove inventarono il football (il gioco del calcio).
Non vorrei dilungarmi troppo con questo calcio che semanticamente ha poco a che vedere con la nostra Runa, che ha invece un significato piuttosto chiaro, ma vorrei concludere con una piccola curiosità: per i latini, dire che si arrivava alla calce, ad calcem pervenire, voleva dire tagliare il traguardo perché era con essa che si segnava la fine della corsa.
Per vie traverse, e con una certa libertà di interpretazione, abbiamo anche qui la fine di un ciclo e l'inizio di qualcos'altro, come Hagalaz indica.
Nauthiz
A prima vista NAUTHIZ mi dava pochi spunti di riflessione, in quanto non andavo oltre il filone Germanico, da cui sicuramente questa Runa prende il nome.
Dai principali vocabolari in mio possesso si apprende che esistono un Antico Inglese nied (più precisamente Sassone Occidentale), e un ned (sempre in ambito anglosassone) col significato di "necessità, bisogno"; e col medesimo concetto troviamo un proto-Germanico *nauthis (cfr. Antico Norreno nauðr, Antico Frisone ned, medio Olandese nood, Germanico not, Gotico nauþs - sempre analoghi all'inglese need cioè bisogno, necessità).
Evito di riportare ulteriori voci simili di tradizioni comunque legate al Nord Europa. A differenza delle altre Rune non riuscivo ad andare oltre il Basso Medio Evo, ed avevo già comunicato questa mia impressione ad un'altra persona che studia le Rune. Allora, stavo rileggendo la mail che le avevo mandato, e mi sono accorto di una coincidenza veramente indicativa. Sul video del mio computer era possibile visualizzare tre lati di un triangolo equilatero che univano le apofonie di Nauthiz; nella mia lettera erano infatti disposte perfettamente a triangolo NA in GiovanNA, NE di RuNE e NO in NOn (che avevo scritto nella mail senza preordinazione). Sarà stato un caso, ma ho deciso di allontanarmi un po' dai vocabolari e seguire un po' l'istinto ed il segnale che avevo ricevuto.
Sono tornato indietro di qualche decina di secoli e mi sono concentrato sulla radice PIE ne- che si può considerare la madre di tutte le negazioni. Da essa troviamo no, nihil, nulla, niente, negare, e in inglese troviamo degli analoghi nothing, never, none, not, ma anche naughty che mi ha colpito per l'assonanza quasi perfetta con la nostra Runa e col suo significato originale.
Infatti, se attualmente i suoi significati sono da collocare tra l'impertinente, il cattivo e l'indecente, bisogna altresì obiettare che queste accezioni sono successive al 1500, e che si tratta di interpretazioni del primitivo "colui che ha bisogno di tutto perché e vuoto, colui che è bisognoso". Fu quindi una mancanza di principi morali ad indirizzare il naughty moderno alla disobbedienza salace.
Sono quindi tornato sui miei dizionari e partendo dalla mia conclusione ho comunque trovato la conferma che effettivamente naughty è collegato alla radice ne-. Un senso di vuoto e di negazione collega dunque questa Runa al bisogno ed alla necessità che essa rappresenta.
Isa
Anche per ISA la collocazione in ambito germanico è relativamente semplice ed evidente. La connessione semantica e linguistica con ice (ghiaccio) è talmente chiara che non ha bisogno di spiegazioni. E c'è anche nel vocabolario italiano una parola straniera, ma comunemente accettata, che deriva da ice: iceberg, la montagna di ghiaccio, appunto. Come per Nauthiz abbiamo un florilegio di espressioni nord-europee che si assomigliano fra loro: si va dal proto-Germanico *isa- all'Antico Inglese is, poi Antico Norreno iss, Antico Frisone is, Olandese ijs e Tedesco Eis. Non si riesce ad andare un po' più indietro.
Anche stavolta ho chiesto una aiuto alla mia fervida immaginazione e quindi le osservazioni successive per questa Runa devono essere considerate mie elucubrazioni personali, anche se sfogliando i dizionari si trovano le prove evidenti di quanto scrivo.
Stavolta ho semplicemente cercato di immaginare il ghiaccio con gli occhi di uno scandinavo di mille anni fa.
Ci sono molti tipi di ghiaccio: quello delle superfici dei laghi, quello della neve fredda che non si riesce a scavare, quello dei blocchi che galleggiano nel mare invernale e anche quello che pende instabile da qualsiasi cornice esposta. Lame ghiacciate e splendenti, stalattiti luccicanti che sembrano spade...
Il ferro, la lama, linea sottile che scende dall'alto, vibra e fende...
A questo punto mi sono concentrato sul ferro, l'iron, e ho trovato subito quello che cercavo per confortare il mio vago indizio: iron era una di quelle parole che hanno subito il rotacismo, cioè quella modificazione fonetica che trasforma in [r] un altro fonema. Il fenomeno è effettivamente documentato in alcune lingue germaniche antiche. Insomma, mi sono ritrovato in un mondo di is e eis, vedi Antico Inglese isærn (col successivo rotacismo della -s-), dal proto-Germanico *isarnan, l'Antico Norreno isarn, e via discorrendo, fino ad arrivare ad un Celtico *isarnon da un PIE *eis- con il significato di "forte".
Questa è dunque la mia conclusione: ghiaccio e ferro potrebbero avere una relazione linguistica in ambito germanico, partendo da una originaria radice *eis- che si è mantenuta costante per ice e che ha subito un rotacismo per iron.
Lame delle spade e stalattiti di ghiaccio hanno la stessa forma della nostra Runa, immutata anche nel nostro alfabeto con la lettera "i".
Non so se tutto questo sia veritiero e dimostrabile, ma a me piace pensare sia così, ovviamente sino a prova contraria.
Jera
Con JERA ritroviamo una Runa che ha un'origine etimologica relativamente facile da identificare con una radice PIE che in questo caso è *yer-/*yor-; e già nell'antica lingua proto-indoeuropea da cui si pensa abbiano avuto origine la maggior parte dei dialetti e lingue occidentali troviamo subito un significato di "ciclo annuale" o "stagione".
Il glifo di Jera, con il suo andamento quasi a spirale, è quindi certamente attinente con il suo contenuto simbolico di periodo annuale.
Troviamo analoghe forme verbali in tutte le le lingue ed in ogni epoca, in cui la radice originaria *yer-/*yor- si diffuse mantenendo comunque il valore di "anno", o "stagione", o "periodo determinato". Si va dall'Avestano yare all'inglese year, passando in mezzo a un proto-Germanico *jæram-, a un Gotico jer, e poi un Antico Frisone ger, l'Olandese jaar e il Tedesco Jahr, sempre col medesimo significato di "anno".
Prendendo la strada greca troviamo un significato maggiormente legato a singoli periodi ciclici, più che a un riferimento univoco all'anno a cui accennavamo sopra. Quindi la ώρα - hora sarà anche solo una parte dell'anno, cioè una stagione, un intervallo limitato di tempo, e anche solo una parte del giorno: ed ecco la nostra "ora", che abbiamo ricevuto in eredità con la mediazione dei Latini, i quali con la loro hora indicavano ovviamente una delle parti in cui il giorno veniva appunto diviso, senza dimenticare che a Roma si indicava con hornus ciò che aveva durata annuale.
In italiano c'è comunque la parola "oroscopo" che rimane legata ad una visione di un ciclo periodico quale era l'antica ώρα greca, ma che non ha nulla a che vedere con la nostra ora, ovviamente. E ancora meno c'è qualcosa da spartire con l'oracolo, che è invece colui che tiene la oratio, cioè il discorso, da orare.
Eihwaz
Da un punto di vista etimologico EIHWAZ riserva molte sorprese. E questo non tanto per la sua probabile radice PIE *aiw- (forza vitale, vita, vita eterna e quindi eternità) con la sua variante *yeu- (da cui l'inglese yew - albero del tasso che è il primo significato della Runa, giùntoci così attraverso il filtro delle varie lingue germaniche che hanno preceduto l'inglese moderno). Andremo a scoprire invece numerosi derivati delle radici originarie che mettono quindi Eihwaz in relazione a concetti e cose che a prima vista sembrano molto distanti.
Cominciamo col dire che, per quanto riguarda l'italiano, il tasso ci è giunto direttamente dal nome latino taxus che ha seguito un percorso filologico del tutto differente dal yew inglese, e per questo preferisco non affrontarlo. Non mi dilungherei quindi sul nostro tasso, se non per sottolineare il fatto che il passaggio di una parola da una lingua all'altra senza soluzione di continuità implica il riconoscimento della solidità e del radicamento di questa parola nella tradizione.
In numerose tradizioni il tasso ha assunto anche il nome di "albero della morte", per via della tossicità delle sue foglie e dei semi. Proprio per questo motivo veniva usato in tempi antichi specialmente negli spiazzi davanti le chiese non solo come pianta ornamentale, ma anche per scoraggiare i contadini dal far pascolar nelle vicinanze gli animali.
Diversa però è la descrizione del tasso che viene fatta nei Poemi Runici
. Ad esempio, troviamo nel poema norvegese delle Rune:
Ýr er vetrgrønstr viða;
vænt er, er brennr, at sviða.
Il tasso è il più verde degli alberi d'inverno;
non crèpita quando brucia.
Mentre nel poema runico anglosassone troviamo che:
Eoh byþ utan unsmeþe treow,
heard hrusan fæst, hyrde fyres,
wyrtrumun underwreþyd, wyn on eþle.
Il tasso è un albero con una corteccia ruvida;
forte e saldo nella terra, sostenuto dalle sue radici, un guardiano di
splendore e una gioia sulla propria terra.
Qui il significato di morte è sconosciuto, per assumere invece connotazioni molto più analoghe al significato delle radici PIE *aiw- e *yeu- che citavamo all'inizio.
Ripartendo allora da *aiw- arriviamo al Latino aevum cui sono da ricollegarsi molte voci che hanno relazione con "età" ed "epoca", come, ad es. evo, coevo, longevo, medievale. Anche l'inglese ever ha seguito la stessa strada, ma non Eva, che ci arriva dall'ebraico Hawwah e che poco c'entra con Eihwaz.
Aggiungendo un suffisso, avremo *aiwo-t-erno-, per condurci all' eterno, eternità, sempiterno, anche questi filtrati da un Latino che in questo caso è aeternus. Con un altro suffisso avremo invece *aiw-en- che ci porterà agli Eoni, ere temporali che a me potrebbero anche ricordare Crowley, e non a caso, perché il Liber AL vel Legis gli fu dato da una entità che viene ricordata, guarda caso, Aiwass.
Concluderei con una rapida scorsa ai derivati della variante *yeu- da cui otteniamo il Latino iuvenis con i suoi "giovanili" junior, juventus digradando poi verso l'inglese young.
Pertho
Pertho credo sia una Runa su cui nessuno studioso possa attualmente dire qualcosa di definitivo.
Si ritiene sia apparsa attorno al 400 dell'era moderna, ma non è chiaro da dove provenga, e non ha successivamente lasciato tracce né nelle lingue nordiche né in altri idiomi. Ad essa sono stati inoltre associati molti significati che, se ad una prima vista possono sembrare disparati, hanno un filo di mistero che li unisce, un mistero che va svelato con Pertho, appunto
Posso quindi solo fare congetture, partendo da pochi elementi attendibili.
Innanzitutto la provenienza: si pensa che Pertho sia da collegare all'espressione usata nella lingua parlata dall'antico popolo dei Pitti per definire genericamente un "boschetto". Da qui il toponimo Perth che è presente in quasi tutte le nazioni di lingua anglosassone. Se in Australia abbiamo la città più popolosa con questo nome, in Scozia abbiamo invece una località in una zona già occupata da cacciatori del neolitico o giù di lì, e ininterrottamente poi abitata.
C'è poi da considerare una serie di innegabili relazioni con Berkana (Berchta, Birch). Foneticamente abbiamo lo stesso timbro consonantico iniziale con labiale (forte in Pertho e debole in Berchta) e la stessa vocale tonica, la "e". Semanticamente, se il "boschetto" è un gruppo di alberi, la birch - betulla - un albero lo è di sicuro. Graficamente pare proprio che sia l'apertura di Berkana a generare il glifo di Pertho .
Un'invitante abbraccio di Betulla.
Non ci sono di grande aiuto nemmeno i Poemi Runici: Pertho esiste solo nel poema runico anglosassone:
Peorð byþ symble plega and hlehter
wlancum [on middum], ðar wigan sittaþ
on beorsele bliþe ætsomne.
Peorth è una fonte di ricostruzione e di inganno al grande,
dove i guerrieri siedono gioiosamente insieme nel salone del banchetto.
Molto misterioso, no? sembra il tavolo della sala attorno al quale i guerrieri si ritrovano, giocano a dadi, bevendo e raccontando le loro storie. Un tavolo di legno, uno spiazzo dove celebrare una riunione, dove fare qualcosa dall'esito imprevedibile.
Come una specie di "boschetto dell'iniziazione", per ricollegare ed unire significati conosciuti di questa Runa.
Bibliografia:
The American Heritage® Dictionary of the English Language
Online Etymology Ditionary
Lista dgli etimi di Pokorny della University of Texas di Austin
Nordic Magic Healing
Runes, Alphabet of Mistery
Sopravvivenze della lingua e della cultura longobarda nel Pistoiese e nell'Alto Reno
Lezioni di Linguistica di Giovanni Flechia
Dizionario Etimologico Online
Il Timeo di Platone
The Rune Poems
... to be continued...