Il persiano

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00lunedì 24 novembre 2008 23:23


Il persiano [pārsī, o con pronuncia araba, fārsī] appartiene al ramo indoiranico delle lingue indoeuropee ed è oggi lingua ufficiale della repubblica dell'Īrān, dov'è parlato da circa sessanta milioni di persone, ma è anche presente in Tāğīkīstān ed in Afġanistān.

La fase più arcaica della lingua è l'antico persiano, diffuso nell'impero degli Achemenidi (558-331 a.C.) e attestato dalle iscrizioni monumentali lasciate dagli imperatori di questa dinastia, le più importanti delle quali si trovano a Behīstūm, a Ganğnāmé ed a Taht-e Ğamšīd [Persepoli]. Queste iscrizioni erano in caratteri di tipo cuneiforme, di evidente derivazione mesopotamica, ma laddove il cuneiforme assiro-babilonese era una scrittura mista, insieme sillabica e ideografica, il cuneiforme iranico era esclusivamente sillabico. Affine all'antico persiano era l'avestico, la lingua utilizzata dal profeta Zaraθuštra per i suoi inni, i Gāθā, che costituirono il nucleo attorno al quale sorse l'Avestā, il libro sacro della religione mazdea. L'alfabeto avestico era di tipo consonantico-vocalico, essendo derivato dall'aramaico, che intorno alla metà del Primo Millennio a.C. veniva utilizzato come lingua veicolare in tutto il Medio Oriente. Poiché durante il regno degli Achemenidi l'aramaico divenne la lingua amministrativa dell'impero persiano, fu necessario impiegare scribi aramei tanto nel cuore dell'impero fin nelle più lontane satrapie, fatto che influenzò la formazione delle scritture nazionali dell'età successiva e costituì un importante nesso culturale tra il mondo greco e la lontana India, le cui successive scritture furono parimenti di origine aramaica.

Dopo il crollo dell'impero degli Achemenidi ad opera di Alessandro Magno, che aprì il periodo ellenistico, si avvicendarono sull'Īrān prima gli Arsacidi (250 a.C.-224 d.C.), di origine partica, e quindi i Sassanidi (226-561 d.C.). La lingua entrò in una nuova fase, quella del mediopersiano o pahlavī, di cui rimangono però scarsi documenti. L'alfabeto pahlavico, di tipo consonantico, era ancora una volta di derivazione aramaica.

La conquista araba nel 651 segnò l'inizio di una nuova fase della cultura persiana. Per alcuni secoli l'arabo venne usato come lingua dei dotti e della cultura, mentre il popolo continuava ad esprimersi in persiano. La lingua, arricchita da un'infinità di termini di origine araba, intorno all'anno 1000 già cominciava a sviluppare la fisionomia attuale. Con la fase del persiano classico inizia una strepitosa fioritura letteraria. Rudāgī e Daqīqī utilizzarono per la poesia un persiano praticamente puro, e il successore di quest'ultimo, il grande Abū `l-Qasīm Ferdousī (940-1020), cantò nel suo Šāhnāmé ["Libro dei Re"] le glorie degli antichi sovani della tradizione mazdea, dando all'Īrān il suo poema nazionale. In persiano, Elyas Abū Moḥammed Neẓāmī di Ganğé (1141-1204 ca.) scrisse i suoi cinque deliziosi romanzi in versi, ancora oggi considerati capolavori di raffinata bellezza. In persiano compose parimenti una nutrita serie di grandissimi poeti, in cui il canto dei piaceri del mondo si confondeva in afflati di sottilissimi mistici, i cui nomi fanno oggi parte della letteratura mondiale: il notissimo ´Omar Hayyām (1048-1131 ca.) [VEDI], Moṣleḥ od-Dīn Sa´dī di Šīrāz (1184-1291) , Ğalāl od-Dīn Rūmī di Balh (1207-1273), Šams od-Dīn Hāfeẓ di Šīrāz (1326-1390). Nel campo della prosa si affermarono parimenti i grandi trattati di filosofia, scienza, geografia, le opere di favolistica, di istruzione e i dialoghi. Con i folli ġazal d'amore di Mollā Nūr od-Dīn Ğāmī (1414-1492) sembra chiudersi il periodo classico feconda letteratura classica.

Nel periodo di suo massimo splendore, il persiano godette di grande prestigio, come lingua della poesia e della mistica, ben al di fuori dei confini dell'Īrān. Fu coltivato nell'Impero Ottomano fino a tempi relativamente recenti, in ambito indiano da esuli sunniti sotto la protezione degli imperatori Moghul. In India, anzi, il neopersiano fu lingua ufficiale prima di venire soppiantato dall'inglese nel XIX secolo. Ancora oggi, in Īrān, il persiano è una valida e feconda lingua letteraria e alcuni autori hanno rinomanza internazionale.

La grammatica persiana non è difficile. La lingua ha perduto del tutto il genere grammaticale e utilizza un articolo che viene posposto al nome. I sostantivi di origine persiana formano il plurale con un semplice suffisso, al contrario delle parole di origine araba che hanno conservato le complicate inflessioni interne. Gli aggettivi, anch'essi invariabili, vengono posposti ai sostantivi. La coniugazione verbale mostra le medesime sei persone delle lingue europee (contro le tredici dell'arabo); tempi e modi vengono creati con prefissi e suffissi piuttosto regolari. Dal punto di vista del lessico, buona parte del vocabolario persiano è di origine araba, ma molte parole conservano tuttora le antiche radici indoeuropee.

LESSICO FONDAMENTALE


Uomo
Mard

Donna
Zan

Padre
Pedar

Madre
Māadar


Cielo
Āsmān

Terra
Zamīn

Sole
Āftāb

Luna
Qamar


Acqua
Āb

Albero
Deraht

Cane
Sag

Gatto
Gorbé


web.tiscali.it/angolodidario/unmondodiscritture/Persiano.html


BIBLIOGRAFIA E LETTURE CONSIGLIATE
Angelo De Martino: Grammatica persiana. [Hœpli 1911] Cisalpino-Goliardica 1993.
Faezeh Mardani: Dizionario italiano-persiano. Vallardi 2000.
Antonino Pagliaro - Alessandro Bausani: La letteratura persiana. Sansoni 1968.
´Omar Hayyām [a cura di Alessandro Bausani]: Quartine (Ruba`iyyāt). Einaudi 1956.
Ferdousi [a cura di Gabriella Agrati e Maria Letizia Magini]: Il Libro dei Re. Mondadori 1989.
Hamzah Roberto Piccardo [a cura di]: Il Corano. Newton 1994.
Henry Corbin: Corpo spirituale e Terra celeste. Adelphi 19
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