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Eraclito e il Mutamento

Ultimo Aggiornamento: 11/03/2008 18:11
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Sesso: Femminile
Adoro Eraclito!!!!!!!!!

ERACLITO

(540-480 a.C. circa)



Eraclito visse ad Efeso, colonia ateniese sulle coste della Lidia, discendente di una famiglia di stirpe reale. Pare che conducesse vita appartata e che nutrisse un profondo disprezzo per le masse e per le istituzioni democratiche del tempo, disprezzo riassumibile nel suo motto "un uomo solo ne vale diecimila, ammesso che sia il migliore".

Questo suo carattere non facilitò certo la sua agiografia: di lui si racconta che scrivesse i suoi aforismi su sottili lamine d'oro che faceva conservare nelle casseforti del tempio, pensieri da rendere noti solamente dopo la sua morte. Sempre secondo la tradizione leggendaria, si diede egli stesso la morte all'età di sessant'anni nella piazza di Efeso facendosi divorare dai cani, non senza essersi prima cosparso di sterco.

Il pensiero di Eraclito ruota attorno a quattro punti fondamentali: il divenire, la contrapposizione tra i contrari, il Lògos, e il fuoco come stoichèion, come elemento naturale che rimane sempre identico a se stesso nel mutare degli altri elementi.

Il divenire. Il divenire è il continuo mutare di tutte le cose da uno stato all'altro. Tutto il cosmo è in continuo mutamento, niente permane nella stessa forma. Lo stesso vivere è un continuo mutare da una condizione all'altra. Pànta Rhei, tutto scorre e tutto va, incessantemente, ed è questo continuo mutare che costituisce il senso stesso del cosmo, il suo principio fondamentale, il suo significato ultimo. Per dirla come Eraclito "non ci si bagna mai nello stesso fiume e non si può toccare due volte una sostanza sensibile nello stesso stato".

Per Eraclito, il divenire costituisce il principio sul quale poggia il mondo, è l'arché. Ciò che vi è di identico e non muta, nel mutare di tutte le cose, è lo stesso mutamento. Ogni cosa, infatti, si trova, ad un certo punto della sua esistenza, in una situazione per la quale essa è opposta a tutte le altre, ogni cosa è tutto quello che non è altro. Per essere qualcosa, ogni cosa ha quindi bisogno del confronto con le altre molteplici cose per ricavarne la sua specificità, la sua identità.

Il divenire, il mutamento, è nell'evidenza stessa del tempo: ogni cosa è soggetta alla temporalità, ogni aspetto del mondo muta perché e il tempo che costutuisce questo stesso mutamento: il tempo si esprime nel passaggio delle cose da uno stato all'altro, e questo passare (questo diventare altro), costituisce l'essenza stessa del cosmo (il cosmo è ciò che è perché in esso si assiste ai molteplici spettacoli del mutamento delle cose).

Ma ancora prima di interpretarla come riflessione sul tempo, la testimonianza di Eraclito produce un senso del divenire ben preciso: il divenire, il mutare delle cose, è determinato dalla stessa contrapposizione tra le cose, il mutare è necessariamente legato al contrapporsi delle cose contrarie.

L'opposizione tra i contrari ('polemos'). Dunque, ogni cosa è ciò che è proprio perché ha delle altre cose che ne delimitano l'essenza (ad esempio sappiamo che è giorno perché conosciamo la notte: definiamo il giorno come ciò che si oppone alla notte, se non ci fosse la notte, non potremmo sapere cosa è il giorno). Eraclito afferma che non esisterebbe luce senza buio, salute senza malattia, sazietà senza fame, ogni cosa riceve la sua definizione dal confronto con le altre.

Ogni cosa, per esistere e per trovare la propria definizione, ha bisogno delle altre cose, in modo da esprimere la propria identità rapportandosi alle altre. Questo concetto è definito da Eraclito come polemos ("contesa", "guerra", "opposizione"), o contrasto tra i contrari. Le cose esistono e continuamente subentrano alle altre (ad esempio il giorno subentra alla notte, il freddo al caldo, l'umido al secco), ed è proprio questa contesa a creare quell'equilibrio necessario a perpetuare l'esistenza di ogni cosa.

"La strada in salita e in discesa è una sola e la medesima". La metafora testimonia che il molteplice mutare delle cose divenienti (rappresentate dalla discesa e dalla salita) è pur sempre soggetto allo stesso principio (la strada, ovvero l'esistenza stessa): cose opposte e contrarie fra loro sono indissolubilmente legate le une alle altre (se non esistesse la salita, non esisterebbe nemmeno la discesa).
"Tutte le cose sono uno" come afferma lo stesso Eraclito, ovvero ogni cosa che si contrappone alle altre ha in comune con le altre un determinato aspetto: il fatto di appartenere a una coppia di opposti, la coppia è "l'uno".

Nella polemos si esprime un'armonia, una forma di giustizia universale: la contrapposizione permanente di ogni aspetto della realtà genera un equilibrio che non permette ad alcun elemento di prevaricare il senso degli altri (ciò sarebbe ingiustizia). Nessun elemento può quindi essere prevaricante sugli altri, in quanto non può essere tolto dal suo contesto di relazioni senza perdere il suo stesso significato.

Il 'Logos'. La legge suprema che governa il mondo, ciò che esprime l'equilibrio tra i contrari, viene definita "logos". A questa parola possono essere attribuiti diversi significati: "discorso", "ragione", "intelligenza", "legge", "pensiero", "logica", "regola fondamentale del Tutto": il logos è la vera e autentica struttura del cosmo, così come si esprime in ogni sua parte. Il logos rispecchia e rende evidente la struttura di tutte quelle opposizioni tra le cose che rendono possibile il divenire e la vita stessa dell'universo, il logos è la stessa struttura, la legge che esprime la totalità delle relazioni.
Tutte le cose del cosmo, come abbiamo visto, sono accomunate dall'opposizione, dalla relazioni necessarie che si instaurano tra di loro, il logos rappresenta l'insieme stabile di queste relazioni, la loro stessa mappa e spiegazione.

Il rapporto degli uomini con il logos esprime il rapporto con la verità. "La legge e l'ordine del Tutto sono una sempiterna 'Parola' (logos) che si offre all'ascolto di tutti. I più la sentono, ma non sanno ascoltarla. Ogni giorno vi si imbattono e tuttavia non la intendono. Vivono quindi con in sogno, separati come sono da ciò che è 'comune', ossia dalla divina legge del Tutto". (E. Severino, La filosofia antica).
Eraclito divide gli uomini in svegli e dormienti (i primi sono i sapienti, i filosofi, i secondi la gente comune che ignora la conoscenza). La legge espressa dal logos, ovvero la comprensione delle vere relazioni che si instaurano tra le cose, è alla portata di tutti, ma tutti gli uomini non sono uguali, alcuni intendono questa legge meglio di altri in virtù delle proprie capacità intellettive. Chi più sarà in grado di rivolgersi alla comprensione del logos più avvicinerà la verità e la sapienza autentica. Per Eraclito non è sapiente colui che sa un gran numero di cose, bensì colui che sa cogliere meglio di altri la natura delle relazioni che si instaurano tra le cose.

Il fuoco come 'stoichèion'. Se il principio unitario che accomuna tutte le cose del mondo è il divenire, per Eraclito l'elemento fisico del quale tutti gli altri elementi sono composti (lo stoichèion), è il fuoco. Questo perché il fuoco è considerato come elemento destabilizzante, in grado di provocare quel cambiamento che permette alle cose di mutare da uno stato all'altro.

Secondo Eraclito, dal fuoco si sprigionano dei gas, i gas diventano acqua, l'acqua stessa, una volta evaporata, lascia dei residui che vanno a comporre tutti i solidi. Questa idea del fuoco come elemento distruttore e creatore, sarà ripreso più tardi dagli stoici (assieme al concetto di lògos).
www.forma-mentis.net/Filosofia/Milesi.html
"Morirei tra le tue braccia felice di vedere i tuoi occhi come ultima cosa"
"Vibro per Te"
11/03/2008 18:11
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